Certo
che fare il tempo (quello meteorologico) è diventato proprio un
mestieraccio. Un tempo gli uomini non erano così assillanti. Chi
accontentare prima? Come accordare il suo lavoro con il loro? Queste
bellissime giornate di sole che (finalmente) si era deciso a regalare
a una città storicamente triste e grigia come Milano e, oplà, al
solito rompono i coglioni. Stavolta con lo smog.
mercoledì 30 dicembre 2015
martedì 29 dicembre 2015
DELLO SMOG di Francesco Gambaro
lo smog si è impossessato dei giornali italiani. no, lo smog sono i giornalisti italiani.
IL BACIO DELLA MORTE di Francesco Gambaro
Con impeto
liberatorio la vecchia fattora confessò al marito, in principio
mortes, di avere avuto molte aventures, la prima con l'amato
fratello, da cui nacque il primogenitus, e altre susseguenti che
generarono i restanti duodecim. Osaccio, rispose il canuto
protovedovo, laggio sempre saputo. Messo alla prova dalle sue
multiple dominas, aveva scoperto la propria genetica infertilità. Ti
ho ammirato in silenzio, continuò, ogni figlio ca sfurnavi era pane
caldo per i miei denti. Grazie. La baciò in fronte e quello fu il
bacio della morte.
domenica 27 dicembre 2015
ALTRA MODA A PALERMO di Francesco Gambaro
La domenica Palermo
diventa elegante. Comunità negre, prevalentemente indiane, colorano
in modo smagliante crocicchi, adiacenze a luoghi di culto e feste di
ritrovo che allegrano i suoi più antichi punti fiduciali. Un offesa
per gli occhi dei palermitani vedere scendere dai pulman e sfilare
drappelli di alpini e alpine in salopette tally weijl, armati di
zaini e calzette bianche. Seppure in un caloroso dicembre.
sabato 26 dicembre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (15) di Francesco Gambaro
Da un po' di tempo,
con preoccupante frequenza e per via di certi dolori, a JFK succede
non lavarsi, non cambiarsi, dormire vestito, crogiolarsi nella sua e
nella puzza circondariale. Siccome i dolori sembrano venirgli dai
capelli, oramai grigi che stanno viavia perdendo il presidio della
piazza centrale, se li tira con rabbia e a ciuffo, stringendo
quest'ultimo come gli odierni stringono forteassai il telefonino.
Vegliare il proprio cadavere sarebbe agognata aspettativa
postnatalizia, avesse almeno uno specchio.
L’ALEPH A CASTELVETRANO di Gaetano Altopiano (Da LiveSicilia di ieri)
Quando
capì quello che sarebbe accaduto, la nausea lo colse come mai
maggiormente gli fosse successo. Il giovanotto fu costretto a tenersi
al telaio della scrivania per non vacillare, ed ebbe un conato di
vomito. Cominciò a emettere bava e un filo di muco gli colò giù da
una delle narici. I suoi occhi fissarono più attentamente l’articolo
e lesse ancora una volta. Non si trattava di pesce cattivo, ma solo
venduto abusivamente: “sequestrati dai carabinieri 53 piccoli
pescespada (140kg) per commercio illegale di prodotti ittici,
denunciato l’ambulante di 36 anni”. Si pose il problema della
deperibilità del prodotto. Fu allora che il giovanotto ebbe il suo
piccolo
Aleph:
ebbe in visione la fine che avrebbe fatto ogni singolo pesce
sequestrato.
giovedì 24 dicembre 2015
AUGURI AUGURI AUGURI di Gaetano Altopiano e Francesco Gambaro
Darsi
qualcosa in cambio di qualcosa. Sarebbe esatto dire: dare. E il
prendere? Ma insomma. Causa ed effetto, effetto e ulteriore causa. I
più sentiti calorosi auguri, ti mando un forte abbraccio, sii felice
e sia felice la famiglia, auguri auguri auguri, a presto. Intanto a
Narvik (siamo in Norvegia) fa meno 20 sul palo 35, e il freddo è
così intenso che il guanto di Felipe (siamo in Brasile, 21 anni –
lui è rimasto) resta attaccato come colla al perno che stava
stringendo. Gli servono 3 - 4 paia di guanti al giorno e il massimo
dell’attenzione, ci vuole un cazzo a volare giù dal palo, e sono
30 - 40 anche 50 metri: arrivi un niente, zero, capito? Auguri auguri
auguri. Il freddo tempra la carne, lo sappiamo, ma non soltanto. Lì
inizia, lì finisce, e sulle distese ghiacciate l’uomo diventa uomo
molto prima degli altri: “Sia
per te la grande
neve
il tutto, il nulla, Bambino dai primi passi incerti nell’erba, Gli
occhi ancora pieni dell’origine, Le mani aggrappate solo alla
luce.”
(con
le parole di Mastro Antonio, ieri imprenditore oggi muratore)
Io
lo coltivo l'orto. Dopo le sei quando stacco dal lavoro e tutte le
domeniche a giornata piena. Non è grande la terra, ma con 5 filari,
ci tiro 150 di finocchi, cicoria, cardi (ma quelli che non fanno i
carciofi perché qui in montagna restano minchia di picciriddu),
broccoli, melenzane. D'estate la rivolto la terra e ci vengono
melloni, fave e piselli. E che me ne faccio, dice lei, se non li
vendo, li faccio andare a male? No, li regalo, io ccelò come una
malattia del sangue quella di regalare. A mano a mano che sono
pronti. E' il mio piacere. Questa zucca è troppo pesante per lei,
aspetta che ci penso io a portarla in macchina.
martedì 22 dicembre 2015
REGRESSIONE (mistero Laura Pausini) di Francesco Gambaro
Dove va il mondo
della voce, della canzone. Hello, di Adele, milionaria su youtube.
Torna indietro: centinaia di voci, di canzoni, di starine
impellicciate e impiallicciate di soul anni sessanta/settanta. Sembra
che il mondo della musica non si muova più, sopravvive consumato dal
web regressivo, né il reinventarsi dei vecchi Eric Burdon Leonard
Cohen David Bowie segna la strada. Forse c'è un oscuro cantinato che
però facciamo fatica a trovare. Attendiamo l'autunno dei semi di
rosa che si risvegliano e intanto ci arrovelliamo nel mistero di
Laura Pausini o Eros Ramazzotti, starine nostrane e lontane dal
nostro spleen depressionario.
PISCIO di Gaetano Altopiano
La
sensazione di disagio non mi abbandona. Inutili i tentativi di
mettermi tranquillo. Sto proprio scomodo. Una signora, piuttosto
avanti tra l’altro (conosce bene buone maniere e attenzioni per
l’ospite – penso sia la padrona di casa), le sta tentando tutte.
Sorride, guarda con attenzione, chiama in continuazione la commessa.
E’ tempo perso. Inutile ammiccare o spargere odori nell’aria -
forse ha frainteso - a me occorre ben altro. Penso che debba farlo
ora o non posso più. Apro in un colpo la cerniera - corro verso
l’angolo del camerino – tiro selvaggiamente la tenda e
finalmente.
domenica 20 dicembre 2015
LA CATTIVA di Gaetano Altopiano
Non
tirare troppo la corda, fa lui, rivolgendosi a lei. Assume l’aria
più minacciosa che gli riesce ma lei, la signorina, lei lo sa bene,
è niente altro che un bluff. Tra poco faranno pace, altro che tirare
la corda: la tiro quanto mi pare, tanto finisce sempre così. Lei lo
sa bene. Ora indosseranno la sua vestaglia, calzeranno le sue
pantofole, laveranno le sue mani e spazzoleranno i suoi denti,
fumeranno una delle sue sigarette e berranno un sorso del suo gin
preferito. Poi si metteranno sul suo divano e guarderanno a lungo
fuori dalla sua finestra. Lui e la sua coscienza.
STORIE DEL SIGNOR JFK (14) di Francesco Gambaro
Scegliere cosa
pensare, selezionare i pensieri. Una scienza che in JFK va scemando.
L'esatto contrario della possibilità di astrazione di cui racconta
Jiulio Cortazar, piuttosto una impossibilità, pensa JFK:
l'impossibilità di tenerli a bada i pensieri. Invece di elaborare
l'interessante riflessione, derapa su quell'altro racconto di
Cortazar secondo cui posando la mano destra sulla pedata e la
sinistra sulla sua alzata si entrerà momentaneamente in possesso di
un gradino. Spensierando, per festeggiare con una birretta
l'efficienza della sua memoria, JFK si alza con l'intenzione di
raggiungere la cucina. Incontra prima la porta aperta del bagno,
raccoglie la montagnola di indumenti sporchi e torna indietro
depositandola sulla scrivania, esattamente sul sottobicchiere. La
osserva, si alza pensando lavatrice ma, incontrando prima della
lavanderia il frigorifero, lo apre e ve la ripone ordinatamente,
scappando, prima di chiuderlo, per telefonare all'antennista.
sabato 19 dicembre 2015
ALTRI INCIPIT (Wallace) di Francesco Gambaro
“Saluti,
ringraziamenti ai laureandi dell'anno accademico 2005. Ci sono due
giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce
anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice:
Salve ragazzi. Com'è l'acqua? - I due pesci giovani nuotano un altro
po', poi uno guarda l'altro e fa: - Che cavolo è l'acqua?”
David Foster
Wallace, Questa è l'acqua, in QUESTA E' L'ACQUA, Einaudi 2009
giovedì 17 dicembre 2015
ODE AL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA di Francesco Gambaro
Sono stato contrario
al ponte sullo stretto. Per difendere il concetto di isola e tenere
alta la guardia tra Sicilia e Resto. Da quando i siciliani ingolfano
Roma sin dalla testa del pesce, da quando la defunta fiera del
mediterraneo di palermo è diventata il lunapark di expo-milano,
capisco che non c'è più paese, che tutto è paese, è isola e
allora. Allora, che bellezza affacciarsi dalle finestre di Messina e
vedere i gabbiani accoppiarsi sulle ornate di un ponte ferroso e
immobile, sfottuto delle scorrerie argentee delle correnti. L'italia,
l'isola, è ormai un paese incapace di committenze, solo garbugli
politici, ritardi magistrali, merda affiorante dai pavimenti di
Rebibbia. Un ponte non ci salverebbe ma ci aiuterebbe a capire che le
grandi opere che hanno fatto di questo paese quello che tutti dicono
ma che nessun governo sa vendere, dovrebbero riprendere a riprodursi.
In culo agli ambientalisti e a chi considera l'arte imitazione e non
invenzione della natura. Hart Crane sì è annegato per amore della
meravigliosa religione dell'artifex, ha lasciato un poema che non è
spirituale, ma un ringraziamento all'umanità manuale che ha
realizzato il ponte di Brooklin. Nessuno qui in Sicilia, o in Italia
che è uguale, pensa più ad affidare a artisti o architetti piccole
o grandi opere. Le gestiscono le mortificano le abortiscono politici
e il loro braccio armato, cioé magistrati e burocrati. Il ponte
sullo stretto di Messina, per quanto così piccolo rispetto a quello
di Brooklin, potrebbe essere un grande poema che l'Italia-Sicilia,
regalerà a se stessa. Naturalmente con l'accortezza di non
affidarne il progetto al quel rovinachiese circense di renzo piano.
TO BROOKLYN BRIDGE
Per quante albe,
mentre si sveglia gelido dal suo
sonno ondeggiante,
le ali del gabbiano
lo faranno tuffare
e roteare, e spargeranno attorno
circoli bianchi di
tumulto, e leveranno alta
la Libertà, sopra
le incatenate acque della baia -
poi con curva
inviolata lasciano i nostri occhi,
spettrali come
vele che si incrociano
su qualche foglio
illustrato da archiviare;
fino a che gli
ascensori non ci spingono
fuori dal nostro
giorno...
Allora penso ai
cinema, i trucchi panoramici
di moltitudini
tese a una fulminea scena
mai del tutto
dischiusa e a cui sempre si accorre,
annunciata a altri
occhi sullo stesso schermo;
e tu attraverso il
porto, con passo d'argento
come se fosse il
sole a tenere il tuo passo, eppure un moto
mai consunto
lasciasse nella sua andatura,
come è implicito
il modo in cui la libertà ci tiene!
Da qualche sbocco
di metropolitana, da un abbaino oppure
da una cella,
un pazzo si
precipita ai tuoi parapetti, vi si sporge un attimo
con la camicia
rigonfia e schioccante, e una spiritosaggine
cade da quella
carovana ammutolita.
Giù a Wall
Street, dalla trave maestra il pomeriggio
si insinua nella
strada, un becco enorme
d'acetilene del
cielo; e tutto il pomeriggio
le gru volteggiano
spinte da una nuvola...
I tuoi cavi
respirano ancora il Nord Atlantico.
E oscura come il
cielo degli ebrei
ecco la tua
ricompensa... Quell'anonimo abbraccio che ci doni
non può
distruggerlo il tempo: tu dimostri a noi
una vibrante
grazia, un vibrante perdono.
Oh arpa e altare,
fuso dalla furia, (come poté la semplice
fatica allineare i
tuoi archi corali!)
soglia
terrificante del pegno del profeta,
tu preghiera di
paria e grido dell'amamte,
nuovamente
semafori che sfiorano il tuo rapido
ininterrotto
idioma, sospiro immacolato delle stelle,
e imperlano il tuo
corso – condensano l'eterno:
abbiamo visto la
notte sollevata, tenuta
stretta tra le tue
braccia. Attesi
presso i piloni e
sotto la tua ombra;
solo nel buio la
tua ombra è chiara.
Tutti i pacchi
infuocati della City ora sono disfatti,
e già la neve
sommerge un anno ferreo...
Oh, insonne come
il fiume sottostante,
tu che scavalchi
con un arco il mare
e la zolla
sognante delle praterie, slanciati
verso le nostre
bassezze, e qualche volta scendi,
e con la tua
curvatora presta un mito a Dio.
* Hart Crane, da
“Il ponte”, Guanda 1967, traduzione di Roberto Sanesi
CENESTESICA di Gaetano Altopiano
La
sensazione, mai è solo una sensazione. Comodo riferire un sintomo,
certo, che so, con la semplicità che è propria di ogni proscimmia
sperando che il signor medico possa capire. Nel riferire un senso di
malessere bisogna invece essere quanto più precisi, ma questo è
quasi impossibile considerando che la sensazione propriocettiva è
quella che determina sì la percezione della differenza tra stato di
malessere e benessere ma in funzione dello stato reale di salute, del
tono dell’umore, dell’equilibrio neurovegetativo, dell’eventuale
assunzione o astensione dal cibo, del caldo/freddo, della quantità
di riposo e persino delle condizioni meteo, con effetti talmente
diversi da indurre spesso in errore. Facile così sopravvalutare o
sottovalutare un sintomo. Facile, ahimè, confondere un dolore al
fegato con uno all’intestino per esempio.
mercoledì 16 dicembre 2015
RICORDATELO PERCHE' TI ROSICCHIERA' di Francesco Gambaro
Sino
a quando avrà bisogno di mangiare, di bere. Gli resterai solo tu.
Continuerà a guardarti dal basso verso l'alto ma con una presunzione
diversa, intimorata. Reviviscente come in un sogno. Proteso come un
avvoltoio sul tuo corpo caduco. Ultima firma sulla tua carta
d'identità. Finito tu, infinito lui nella speranza della permanenza.
Nè corteggiarlo più volte al giorno ti fu di aiuto. Prega per lui,
l'Illuso, il Topo.
L’ENERGIA DELL’ERRORE ( 2) di Gaetano Altopiano
Da
non so più quanto tempo non vedevo questa persona. A.V.
parrucchiere. 1980? Quando ci incontrammo la prima volta era magro e
capellone, lo ricordo benissimo, oltre che elegante e raffinato, ora
è un altro uomo. Anche la faccia è completamente diversa. E i modi.
Incredibile: è un altro uomo. E’ probabile che io gli abbia fatto
la stessa impressione, seppure mi sia controllato spesso negli ultimi
trentacinque anni senza notare granché di diverso. Ma siamo sicuri
che io e lui siamo io e lui?
martedì 15 dicembre 2015
SOLITUDINE di Gaetano Altopiano
In
India esiste ancora l’asino selvatico. L’onagro è vivo e vegeto
e vive a Bombay. E’ veloce come un cavallo e bello come una zebra.
Vederlo correre in branco a più di 65 chilometri l’ora mi ha fatto
una certa impressione. Quando se ne vedevano qui da noi procedevano
indistintamente a passo d’uomo. Erano animali solitari. Mai ho
visto correre un asino né mai ricordo di averne visti in compagnia.
domenica 13 dicembre 2015
UN COLPO DA PROFESSIONISTA di Francesco Gambaro
Ho spesso sognato di
dare il pugno definitivo al mio nemico. Carico indietro di spalla,
poi il colpo parte veloce come una fionda ma arriva moscio sulla
mascella. Un incubo ricorrente. Ora mi è capitato. Un rubaportafogli
da un metro e cinquanta, linea 101, un peso piuma contro un
mediomassimo. Il colpo è partito lento, si è fermato a un metro e
cinquanta dal suo nemico. Perché lascio andare via liberamente i
miei incubi?
VARIANTE AL BANO 2 di Gaetano Alto Piano
La
sproporzione tra Romina Power e Al bano Carrisi è gigantesca. A
cominciare dalla schiatta. I due non hanno mai avuto niente in
comune: lui un provinciale, lei addirittura figlia di Tyrone Power e
Linda Christian. Lui alquanto grossolano e lei bella come una
primavera. Mi sono spesso domandato come siano potuti finire insieme
e alla storiella che si sono conosciuti sul set del film “Nel sole”
ci credo poco . AlstaccatoBano nasconde di sicuro un segreto: la sua
mutazione genetica potrebbe essere molto più seria di quanto
pensiamo.
sabato 12 dicembre 2015
INFORMAZIONE (CATTIVA) 5 di Gaetano Altopiano
Tirare
fuori la “merda" anche dall’uomo più stitico è la
specialità di ogni detective che si rispetti: la gente non gradisce
gladioli, preferisce i crisantemi e ovviamente esclusivamente
all’indirizzo degli altri. Meglio se già puzzano di cadavere.
Questo, il primo comandamento. E sono soldoni, e carriera. Dovesse
trattarsi, invece, di uomini che la materia fecale ce l’hanno
davvero, e a iosa, allora siamo a posto. E’ una quaterna. Per la
cinquina però - attenzione - bisogna lavorarci parecchio. E di fino.
E’ questa che, se azzeccata, fa di un detective finalmente un
detective perfetto. Il massimo è fare cinquina con il più stitico
dei malcapitati. Qui sono supersoldoni. E supercarriera.
COSA MI PIACQUE DI
ITALO CALVINO di Francesco Gambaro
La sua bicicletta,
lui sulla bicicletta, una 26 non una 28, che lui sembra penalizzato a
pedalare per finta, che ci starebbe più comodo su una 28. Lo sterzo
retto non lo fanno più, il campanello figuriamoci mister trombetta,
la dinamo che ronza come una vespa, eppure, illumina il cammino. Poi
anche le brutte scarpe di vernice nera, le calzette corte o cadute e
il sorriso scemo e i pantaloni bianchi e l'equilibrio tra un sorriso
sincero e uno fotografico. Le risposte che non dava, la voglia di non
essere disturbato uguale alla disvoglia di essere amato.
Un'intervista mancata. Le risposte maleducate. Mi sono beccato da
vigile un: ma come si permette, chi gliel'ha dato il mio numero. E
poi venne Palomar, un succhiotto al Gruppo 63 e all'Incompiuto. Era
perduto, per questo l'ho amato.
venerdì 11 dicembre 2015
SOSPENDETE IL GIUDIZIO di Gaetano Altopiano
Vi
pregherei di sospendere qualsivoglia giudizio sulla sua propria
persona. Almeno fino quando non gli sarà data possibilità di difesa
e nelle sedi opportune. Il che, non so proprio quando possa avvenire
considerati i tempi della legge. Vi assicuro che ha la coscienza
pulita. Ma anche questo deve importarvi poco, astenetevi dal
formulare un verdetto poiché non è compito vostro. Né ora, né
dopo. Questo a motivo della seguente ipotesi – considerate : un
tempo che si ritorca su se stesso; che si involva contro ogni legge
fisica annientando l’idea di “durata”, rendendola, cioè,
perennemente presente al presente. Lo scricchiolio di una scarpa
durerebbe all’infinito. E ogni giudizio sarebbe solo un terribile
pregiudizio, dato che non muterebbe mai.
giovedì 10 dicembre 2015
FAME (ma non è Knut Hamsun) di Gaetano Altopiano
Se
si prova a pensare al “risparmio”, in termini simbolici, e non
solo, non credo ci siano dubbi: la prima cosa che viene in testa è
un salvadanaio. Non una banca. Questo, probabilmente, per la stretta
aderenza che nel nostro immaginario il risparmio ha con concetti come
Famiglia o Operosità, oltre che con la Fame (retaggio del nostro
tragico passato bellico e post-bellico). Ma il risparmio,
precisamente, è il valore positivo risultato dalla differenza tra
quello che spendo e quello che guadagno, che, moltiplicato per n
tempo non produce altro che “accumulo”, che in termini simbolici,
ma non solo, fa pensare inevitabilmente al “capitale”, ovverossia
a una banca. Non a un salvadanaio.
mercoledì 9 dicembre 2015
STORIE DEL SIGNOR DI JFK (13) di Francesco Gambaro
Scopando
sotto il divano JFK trascina senza volerlo il corpo di una giovane
lucertola. Sembra morte invece è letargo. Pietoso posa la scopa e
raccoglie lucertolina con la paletta. La depone sul dorso del muretto
di cinta della scala esterna della sua casetta di campagna e va in
cerca di un robusto e lungo filo d'erba. Trovatolo ne fissa
un'estremità al ramo d'ulivo con un nodo scorsoio. L'altra estremità
è un cappio a stringimento. Delicatamente vi inserisce la testolina.
Sistema il divano in direzione dell'improvvisato palcoscenico.
Aspetterà l'arrivo della stagione e il dilei risveglio per assistere
in primafila alla spettacolare autoimpiccagione.
martedì 8 dicembre 2015
PSICOSTASIA di Francesco Gambaro
Quando, dopo il
pauroso incidente, il mio amico uscì apparentemente vivo
dall'abitacolo della sua automobile, prese in mano la sua coscienza
e la depose sul ciglio della strada, come segno di devozione al dio
Thot. Il quale, giudice implacabile, ordinò ai suoi sottoposti, Ra,
Osiride e Iside di verificare sulla bilancia se la coscienza fosse
più leggera di una piuma di struzzo. Coscienza e piuma si
bilanciarono perfettamente e l'angoscia prevalse, sostituendosi alla
vita e alla morte del mio amico. Come si sa, secondo Anubi, se la
piuma è più pesante, il defunto è vivo, se è più pesante la
coscienza il defunto è defunto.
lunedì 7 dicembre 2015
LE MANI STREMANTI di Francesco Gambaro
Sono 4 minuti che
segano e segano. Si danno il turno. Niente. Metto Me and Bobby McGee,
nella versione riposante di Kris Kristofferson, trattengo di fare
pipì che dicono rafforza la ricarica di diesel. Chiedo a Kris di
farmela all'armonica. Sega e sega, addio, lascia perdere fratello il
tuo tempo non è il mio. Lallaà llalà, llala lala. Dovrei farfare
più ginnastica alle mani. Dopo 4 minuti attento ai crampi. Se almeno
ne venisse uno lì, non nelle dita delle mie mani stremanti.
VEGLIA FUNEBRE di Gaetano Altopiano
La
storia delle unghie che continuano a crescere anche nei giorni
successivi alla morte (così come i capelli, racconta J.L. Borges)
potrebbe essere vera. Ma anche non vera. Lo scrittore racconta di una
donna che, riesumata, fu trovata con 14 metri di capelli. Il che
ovviamente è pura “finzione” (tanto per usare le sue parole).
Di sicuro il corpo prosciugandosi dei propri liquidi si rinsecchisce
anche nelle mani e nei polpastrelli, che ritirandosi, danno
l’impressione che l’unghia sia più lunga, ma solo
apparentemente. Fatto analogo potrebbe riguardare il frangente
secondo il quale durante le prime ore successive al decesso (Borges
dice durante la veglia funebre) il volto del defunto assuma le
sembianze degli antenati. “Chi ha assistito a un evento del genere,
in cui il morto viene lavato, rivestito e composto in attesa
dell’arrivo di chi porta l’estremo saluto capisce di cosa parlo”.
domenica 6 dicembre 2015
LE MANI STAMANI di Francesco Gambaro
LE MANI STAMANI di Francesco Gambaro
Ho l'erba strappata
dai vasi di casa in mano. Il solito calcare in testa. Stamani ho
avviato per la prima volta, dasolochesonosolo, la lavatrice tetesca.
Sei perso dice mia nonna, ti dovrebbero cadere le mani. Sei morta
nonna, fammi riprovare o dimmi dove ho sbagliato. Scuoto i capelli e
un'altro po' di neve cade sulle mani. Stamani, dico, la mia vita la
stendo tra alluce e pedice, sotto la lamiera cacatoria delle
grondaie. E' una bella giornata di sole. Immagino che calze, mutande
e magliette asciugherebbero a vista d'occhio. Intanto che l'oblò
tetesco della lavatrice continua a non girare mi dedico alla manicure
pennellando le unghie di acetone. Aspiro. Per me, stamani, è come
farmi di crack.
ERINACEUS EUROPEUS di Gaetano Altopiano
Incontro
questo riccio due volte al giorno. Alle sei del mattino, quando passa
dal retro della casa e scende a valle, penso in cerca di cibo, e alle
sei del pomeriggio, quando presumibilmente fa ritorno al suo riparo
passando per il camminamento che porta da mio suocero. A parte la
puntualità - è incredibile come sia impeccabile nel presentarsi
all’orario consueto - è ammirevole anche per la sua precisione
viaria, altro che GPS: mai un tracciato diverso. Che era snob, però,
proprio non me l’aspettavo: da giorni metto mezza mela sul suo
cammino, ma lui niente. Non mi accetta niente.
sabato 5 dicembre 2015
QUANDO MI SOCCORSERO PERCHE' NON RESPIRAVO (in ricordo di Nunzio Incardona) di Francesco Gambaro
Respiravo benissimo,
era così bello fingere di non respirare più, coinvolgere amici,
amiche al pensiero che il respiro è un non pensiero. Ero taggato
alla facoltà di filosofia, il mio professore di teoretica voleva
fottermi alla grande. Io respiravo e in un fiato finsi il non
respiro, pensandolo parmenideo. Pensi, disse lui, non penso, dissi
io: lei pensa che io pensi invece non respiro. I think so I'm not.
LA VARIANTE AL BANO di Gaetano Altopiano
Volendo
togliere gli ultimi 4000, diciamo dall’invenzione della ruota, per
i restanti 2,6 o 2,7 milioni di anni dalla sua comparsa e dalla
conquista della posizione eretta l’uomo è stato praticamente un
animale camminatore. Si è evoluto come camminatore e il movimento
delle gambe è essenziale alla sua fisiologia. Ripeto: essenziale.
Impossibile disconoscerlo. (L’origine si fa risalire alla necessità
selettiva dei predecessori - ominidi di 20 milioni di anni fa - di
fornire individui in grado di avvistare le prede prima di essere a
loro volta avvistati e, ovviamente, di inseguirle più velocemente
sul terreno). Ciononostante, una parte dell’umanità si ostina a
non voler sentirne nulla. Come non vuol sentire ragioni per il resto
delle conquiste evolutive di natura diversa. Queste “diserzioni”
(inevitabili a quanto pare) sono uno dei fattori scatenanti la
mutazione: da queste nascerebbero le varianti della specie; alcune
delle quali di sicura vocazione al successo, altre miserabilmente
destinate al naufragio. Dove collocare Al Bano? E che futuro ci si
attende da questa variante?
venerdì 4 dicembre 2015
SAGGEZZA PER TUTTE LE TASCHE 2 (“Vecchioni e l’isola di merda”) di Gaetano Altopiano
Il titolo di un film porno con settantenni che si inculano.
COGLIONI 9/10 di Gaetano Altopiano
Non
avevo ancora letto l’Histoire d’O. di Madame Pauline Réage o
Dominique Aury, come dirsi voglia. Mi capita tra le mani veramente
per caso: una lacuna che sono stato lieto di colmare in
settantacinque minuti, se non altro per completezza d’informazione.
Nella prefazione (postfazione) di Jean Paulhan - edizioni ES -
certamente la parte più interessante, si avvisano i signori lettori
che dopo la scorsa di quelle pagine non saranno più gli stessi,
quindi attenzione. Vero. In effetti, dopo, ci si sente un po’ più
coglioni.
IN CRISTO E PER CRISTO E DOPO CRISTO DAVID BOWIE di Francesco Gambaro
Orfano da lustri
della fantascienza, offeso da lustri di piensiero dormiente, sgomento
per il retrogado populismo parrocchiale di Francesco Primo, cerco
parole antiche che mi ricatapultino nel futuro. Ricevo ascolto e vedo
Blackstar. E con il vecchio David Bowie risorge pure la parola
vaticinio. In Cristo e per Cristo e dopo Cristo.
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giovedì 3 dicembre 2015
SCELTA MENO IMPOSSIBILITA’ DI SCELTA di Gaetano Altopiano
SCELTA
MENO IMPOSSIBILITA’ DI SCELTA di Gaetano Altopiano
Se
quello che sbaglia direzione viene considerato persona in errore, che
dire di quello che invece va dritto verso una meta di cui alla fine
si pente amaramente? Il punto è che non c’è uomo che abbia piena
padronanza di cose come “chiarezza” e “coerenza” e questo
perché la razza umana non possiede una storia delle idee ma solo il
convincimento di averne avuta una (G. Scruton). Potremmo dire che
nessuno dei due è in errore se il termine fosse definito
diversamente ovvero che entrambi sono in errore. L’errore è perciò
contemplato. Anzi è assoluto. E’ il disavanzo (o resto) tipico di
una sottrazione: scelta - meno - impossibilità di scelta.
mercoledì 2 dicembre 2015
OLTRE CORTAZAR di Francesco Gambaro
Nel
Fama e l'Eucalipto Jiulio Cortazar scrive: un fama va per un bosco e
benché non abbia bisogno di legna guarda avidamente gli alberi. Gli
alberi hanno una paura terribile perché conoscono le abitudini dei
fama e temono il peggio. In mezzo a questi alberi c'è un eucalipto
bellissimo e il fama nel vederlo lancia un urlo di gioia e balla
aspetta e balla catellon catelloni attorno al perturbato eucalipto,
così dicendo: - Foglie antisettiche, inverno senza raffreddore,
grandissima igiene. Afferra un'ascia e colpisce l'eucalipto nello
stomaco, senza alcun rimorso. L'eucalipto geme, ferito a morte, e gli
altri alberi lo sentono dire tra i lamenti: e pensare che questo
imbecille aveva solo da comprare una scatola di Valda.
Nel
tardo pomeriggio di qualche giorno fa gli uomini della Squadra
Nautica, Sezione Volanti della Questura di Brindisi, hanno proceduto
al controllo del quarantunenne T.G. Che, alla vista della volante ha
cercato di guadagnare la fuga verso il quartiere Paradiso. Raggiunto
e fermato, la singolare scoperta degli agenti: l'uomo aveva ben
pensato di procurarsi datteri di mare spaccando interi pezzi di
fondale marino, portandoli a casa e. nella tranquillità del proprio
domicilio, frantumare le rocce per estrarne i mitili contenuti. Le 15
rocce, del peso di circa un quintale, contenenti i mitili, sono stati
reimmesse in mare.
Fonte: senzacolonnenews.it
Cfr.: Julio Cortazar, Storie di Cronopios e di Fama, Rodolfo Wilcock, Fatti inquietanti, Pauwels e Bergier, Il mattino dei maghi.
Cfr.: Julio Cortazar, Storie di Cronopios e di Fama, Rodolfo Wilcock, Fatti inquietanti, Pauwels e Bergier, Il mattino dei maghi.
martedì 1 dicembre 2015
ALZATI E DORMITI (per Gino De Dominicis) di Francesco Gambaro
Le
palpebre scattano sulle pupille mentre parla, non si rialzano. Una
scintilla di elettricità, della quale il nostro corpo è grande
donatore, una improvvisa interruzione della peristalsi circense
coniuga il brivido del trapezio con la noia dello spettacolo. Dunque
alzarsi e dormire. Le palpebre, non più costrette a subire alcuna
eccitazione muscolare, cadute senza ritegno, dormono anche loro: come
se la cinghia della serranda avesse ceduto senza sonoro né apparente
danno. Sbagliando, si può dire che quando il corpo affonda nel
materasso, è il materasso che ne affoga il corpo. Allora, in quel
momento, niente comincia e niente finisce, tutto si palpebra si
annuvola si confonde in concetti incapaci di alfabetizzare un inizio
o una fine. Misteriosamente si ritrova a tenere in mano le dita di
porcellana di una fidanzata mai fidanzatasi, lisce e finte. Questo è
il segnale. Si alza con gesto lento e atletico, senza darsi aiuto con
la mano libera, con la quale invece gira la maniglia della finestra.
Scavalca, pochi passi sul cornicione sino al punto in cui tutti i
corncioni cessano di esistere, e spicca il volo.
(L'OCCHIAIA. 12.) di Elio Coniglio
Una pioggia sottile mi turbina attorno , mi punzecchia , offusca la mia vista. Tuttavia, sia pure con le opportune precauzioni, scanso abilmente ogni pozzanghera, detrito, carcassa informe d’animale disseminata su questo vasto spiazzo. Ho con me una palla di morbida plastica colorata. Sulla sua superficie, in perfetta sincronia con ognuno dei miei cauti passi, si formano e si dissolvono, di continuo, ingranaggi complicatissimi, gelide stelle, numeri, galassie … La tengo tra le mani, le braccia allungate ben oltre il mio petto ansante quasi come se, da un istante all’altro, dovessi offrirla in dono a qualcosa o a qualcuno. Mi sfugge giusto mentre raggiungo la via da cui si diramano tutte le possibili vie. Uno due rimbalzi dopo, eccola, girogiro al marciapiede, rotolare giùgiù lentamente fianco a fianco ad un cinguettante rivoletto d’acqua piovana che, di tanto in tanto, incespica fra le sconnesse commessure della cunetta. La inseguo, caparbiamente! E sto per riacciuffarla ma, una altra palla, più grande sì ma incolore, spinta da una improvvisa ondata di piena, la cozza, la travolge. Trasportate dalla furia dell’acqua, entrambe trottolano impazzite giùgiù poi, scompaiono dal mio orizzonte visivo. La rivoglio! Ho le ali ai piedi quando, girato l’angolo, la vedo… Chi la stringe al suo ventre umido mi fissa con occhi inespressivi e ad un tempo mi ignora. Da ciascuna delle sue mille e più bocche socchiuse fuoriescono non parole ma gorgoglii che io intendo… e subito so che non c’è accordo: ciò che l’acqua ghermisce appartiene alle acque…
L’INTRUSO di Gaetano Altopiano
Non
sapendo decidersi sopra questa questione: leggere un libro sul
minimalismo orientale o uno sulla vite combattiva dell’Irpinia,
risolve di farsi fare un pompino. JFK lascia Tusa e piomba
letteralmente nel mio mondo. Mi costringe ad assistere a questo
spettacolo osceno e alla fine mi chiede anche i soldi per pagare la
ragazza. Un fango. La sobrietà ad oltranza non lo entusiasma. Meno
che mai dovere vivere di porzioncine di riso, bocconcini di pesce e
microscopici sorsi di acquavite né calda né fredda. Dice che solo
il risucchio lo arricchisce.
sabato 28 novembre 2015
LA PAROLA PIU’ ANTICA di Gaetano Altopiano
Se c’è un momento in cui mi sento povero, è quello
in cui faccio la doccia. Non c’entrano concetti come Pietas, la nudità del verme o il corpoacorpo con sé stessi, meno
che mai quelle carezze che consolatoriamente mi concedo. Non è provare “pena
per sé stessi”, non c’entrano gli umori corporali, quando mai. E’ il
bagnoschiuma che non va: il suo ignobile odore di mela verde. Mi dà la nausea. La
mia signora è un’ostinata economa: costa treecinquanta in meno di tutti gli
altri e in più ha un quarto di prodotto in più. Come controbattere? Profondamente
commovente, puntualmente mi viene in testa un verso di Wallace Stevens: “E’ la
parola della povertà che più ci cerca. Più antica della parola più antica di
Roma…”
BRUTTE FACCE di Francesco Gambaro
Quelle
di Sputinik, quella di Erdogan-pomata-antiemorroidi, quella di Assad
Il Lungo, quella piagnisteo spermatico di Ollando il Marsigliese. Io,
frocio senescente e bavosissimo di fanciullini come loro, per il bene
che mi voglio, cercherò in terra d'Affrica culetti migliori. A.R.
Nelle
azzurre sere d'estate, / andrò per i sentieri, / punzecchiato dal
grano, / a pestare l'erba tenera: / trasognato sentirò la frescura
sotto i piedi / e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
Io
non parlerò, non penserò più a nulla: / ma l'amore infinito mi
salirà nell'anima, / e me ne andrò lontano, molto lontano come uno
zingaro, / nella natura, lieto come una donna. //
venerdì 27 novembre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (12) di Francesco Gambaro
JFK torna in
gioielleria. E' incazzato. Philippe Soupault è incazzato più di
lui. Gli fa da spalla ma anche da anca. Lui vuole la scarpa di peltro
esposta in vetrina. Anche la sinistra. JFK chiede insistentemente
quelle cazzo di scarpe di peltro per il suo amico Philippe Soupault.
Destra e sinistra. Sono di peltro, risponde tremando il gioelliere.
Fossero pure d'argento, dice Philippe, le voglio e della misura dei
suoi piedi. Qui non si vendono scarpe, dice il gioielliere, solo
scarpette posacenere di peltro. JFK sfila la pistola. Non scherziamo
dice, non vorrà dire che questi posacenerini li faccia diventare di
piombo insieme al suo cuore. Che misura, chiede cremolando il
gioellere. Una doppia 44 e niente scherzi.
giovedì 26 novembre 2015
MI SONO SCORDATO UNA PAROLA di Francesco Gambaro
Dove? Forse in
macchina, ora ridiscendo. Deve essere scivolata sul sedile
posteriore. Forse mentre pisciavo, pisciare mi distrae
maledettemente. Mentre dormivo? Forse. O piuttosto in quel negozio
che vendevano mobili di betulla svedesi. In via Mazzini? Tra un drink
e l'altro. O da Francesco? Tra una vodka e l'altra. Dentro qualcosa
sarà caduta quella parola. Un quadro, tra le mutande, sulla firma di
una ricevuta, su un rigo sbagliato. Le avevo messo pure una x mi
ricorda la consulente bancaria. A matita. Allora alzo gli occhi e
ripeto, a matita, e gli occhi mi si illuminano, la vedo, lei, la
parola scordata, e le dico: seppure non l'ho conosciuta, non l'ho mai
dimenticata. Lei deve per forza chiamarsi misonoscordato.
mercoledì 25 novembre 2015
IMPOSSIBILE PATTINARE di Francesco Gambaro
Odio quelli
che dicono mi sta bene, quelli che dicono ti voglio bene, quelli che
quelli non lo sbrocchiamo più jannacci, sergio rubini che dobbiamo
parlare, bruno vespa che dice adesso e abbassa gli occhi sulla
scaletta cartacea, il caldo il freddo li sopprimerei, turchi e curdi
li lascerei fare, eppoi, ma forse si potrebbe, eppoi, ma se non ho
capito male, il soliloquio collettivo, la prossima assemblea
nazionale del PD, l'arcifrancesco che va in affrica senza portarsi in
tasca vita di un uomo di giuseppe ungaretti. Impossibile fare guerra
o pattinare in Brasile, non c'è ghiaccio.
martedì 24 novembre 2015
COSE CHE ANCORA MI SONO ANCORA di Francesco Gambaro
La targhetta
Rag. Gambaro che ancora presiede dal 1982 la casa paterna del fu mio
padre. Senza nome ma con un titolo di studio. La lettera C perduta da
Gaetano e sostituita da una K kafkiana. La Q di qulo con cui Giovanni
non si degnava di descrivere meglio l'oggetto dei suoi desideri. La R
di Furvio, che accettava il cambio con la L, ma non la sottrazione
della B del suo cognome Abbate. Il QUARTORDICI intramontabile dei
palermitani e l'anno Ventuno dello mezzadro nato spagnolo, Francisco,
all'anagrafe castelbuonese.
lunedì 23 novembre 2015
NEURODECRETO di Gaetano Altopiano
In
questi giorni non riesco proprio a sintetizzare. Strano. In genere
non ho particolari difficoltà a esprimere un giudizio compiuto, né
tantomeno a trasferirlo su un pezzo di carta. Ma questa quindicina di
novembre mi ha reso volubile e incline a un certa apatia generale.
Potrebbe essere, magari, che non ci sia un tubo da sintetizzare e
molto più tecnicamente il mio “deperimento” sia invece studiato
a tavolino. Il freddo, le ultime frequentazioni, il film che ho
visto ieri pomeriggio: viste le premesse, impossibile ogni azione.
LE SUOLE FANGOSE DELL'ASSASSINO di Francesco Gambaro
Mi piacciono le
farfalline della notte addormentate sulla stanga del portone che col
dito setaccio. I gechi che entrano dalle fessure delle finestre e
mentre dormo mi cadono in bocca e mangio. Le lucertole che scovo in
letargo e non scappano. Il fango secco sulle suole che svela
l'ingresso in casa dell'assassino, che assassino.
domenica 22 novembre 2015
SUL CONCETTO DI DESIDERIO di Francesco Gambaro
La vita è
acclamazione del proprio passato o eccitazione verso un futuro
passato? Si desidera dormire o animare un sogno? Desiderio è una
parola vuota o desiderio di una parola vuota. Desideri morire una
volta o almeno un'altra volta? Essere tutta la vita un senatore, per
esempio è un desiderio o la morte di un senatore?
sabato 21 novembre 2015
EL TOPO di Francesco Gambaro
Il topo non
ragiona, non pensa, aspetta. Lavora a ritmo costante. Se si blocca è
per ascoltare. Ama ascoltare i passi di animali strani che
improvvisamente tornano a abitare la casa di campagna. Disdegnano le
torte, soprattutto se alla fragola, soprattutto se ben confezionate
in cartavelina. Invece assaltano con goduria famelica i cavi dei
computer, le vecchie persiane rammollite. Si affacciano dove nessuno
immagina ci si possa affacciare, dalla commessura di una porta, dalla
fuga dei cotti mattoni, dalla ringhiera come signori in cerca di
esposizione al sole. Osservano i calcinacci dei muri scrostati con
piglio architettonico, programmano di ritinteggiare o abbattere.
Cliccano sul tasto di un mangiadischi a ricarica solare e ballano
cubano. Il topo non ragiona, è pazzo, infila la testa nella
ghigliottina al camambert, in gloria barbarica dei formaggi francesi.
venerdì 20 novembre 2015
CORRENTECONTROCORRENTE di Gaetano Altopiano
Anche
se sognare è una normalissima, banalissima umana prerogativa, farlo
“professionalmente” è soltanto appannaggio di pochi. Soltanto
pochi, infatti, riescono a metterci tanta passione e ancora meno sono
quelli che di questo riescono a convincere gli altri (esiste persino
un partito). Secondo alcuni si tratta di signori dotati di uno
straordinario talento, temerari e imperterriti tanto da sollevare il
clamore di chi li si osserva remare controcorrente. Per altri non
sarebbero che persone confuse: hanno semplicemente sbagliato
direzione.
CONTROLANGONE ULTIMA di Francesco Gambaro
Si
chiama olloubecco l'altro langone, “metti la lingua, un po’, sul
mio cazzo / prima che non ci sia più niente affatto”. Metti che
non sia un cazzo in questi sversi di olloubecco che, per langone
camillo, è un grande poeta. Più grande del romanziere olloubecco
stesso e della fallaci che non sapeva sverseggiare come invece
olluebecco, bello come le mosche tavane, emaciato esattamente come il
langone che su cinque a salve ne spara un'altra a salve e che quando
entra in una chiesa ha un'erezione. Pound non si rimuove dalla tomba,
assente.
Michel
Houellebecq “Configurazioni dell'ultima riva”, Bompiani
giovedì 19 novembre 2015
SOTTO L'ALA DI PUTIN di Francesco Gambaro
Il mesto letta,
l'imbranato bersani, il lanugginoso monti, il parolaio fiorenzuolo,
il comico prestato alla politica grillo, il politico prestato alla
comicità de luca. Ma com'è che ancora non riuscite a sostituire il
joker berlusconi? Ancora sotto l'ala di putin?
mercoledì 18 novembre 2015
IL SOUFFLE' DELLA MORTE di Francesco Gambaro
A 16 anni c'ho
tentato, era il sesto piano, poteva riuscire benissimo. Miei amici:
s'è appeso al lampadario, solo ferite, per via che il lampadario c'è
finito sulla testa. Altro amico, deciso con la pistola di suo padre
comandante dell'arma, l'arma ha cileccato. Altro amico, non lo voleva
proprio, ma scivolando col culo sul passamano della tromba delle
scale, c'è riuscito proprio. Altro amico, qualche annetto in meno,
sosteneva che la dauphine di suo padre fosse anche anfibia. Ha
centrato sulla banchina la bitta di porfido ed è rimasto tutta la
notte a fissare il mare terrorizzato dall'idea di dovere tornare a
casa. Soprattutto gli adolescenti sentono insensatamente, poco
professionalmente e per una corta stagione il soufflé della morte.
Chi li recluta e li ammaestra a farsi saltare e a fare saltare in
aria dona loro un senso alla morte.
ENDORFINE di Gaetano Altopiano
“L’appuntamento”
si è fatto interessante solo verso la fine. Anzi, unicamente alla
fine. Cioè quando ci siamo salutati. Per il resto è stato un vero e
proprio disastro. Ordinario. Prevedibile. Lei che in più si
esprimeva in modo del tutto sgrammaticato. Da subito mi ha fatto
pensare all’esercizio fisico. “Rilascio delle meritate endorfine
solo dopo almeno un’ora di faticaccia.” Mi sono fatto forza e ho
aspettato pazientemente che mi consegnasse l’assegno.
martedì 17 novembre 2015
(L'OCCHIAIA. 11). di Elio Coniglio
Di spalle contro lo stipite del portone, più che appoggiato, da come si muove sotto i timidi raggi di questo primo sole primaverile, sembra appeso per la collottola ad un grosso chiodo. Simile ad un grosso insetto intorpidito da poco svegliatosi da un profondo sonno larvale, costui ha stampata sul volto la tipica espressione beota di chi tenta, astenendosi dall’agire, di scrollarsi di dosso le messicanerie alcoliche della notte appena trascorsa. Lo guardo. Lascio che i miei occhi rimangano appiccicati a lungo ai miei occhi riflessi sulle lenti scure dei suoi occhiali :- guardo me stesso che guarda se stesso… Ben oltre il vicino piazzale, seduto sotto una sbilenca tettoia di canne alta su un terrazzino sopraelevato di una decina circa di metri dal piano stradale, Qualcuno mi guarda e sorride. In fondo in fondo al piazzale un fabbro dà maldestri colpi di martello contro una cancellata. Un ragazzino imprudente quanto ostinato forza con la ruota anteriore del proprio scooter uno dei cancelli d’ingresso per entrare nel piazzale…
lunedì 16 novembre 2015
MARSIGLIESE Sì MARSIGLIESE NO di Francesco Gambaro
Ma non c'è qualcosa
di colpevolmente preoccupante in un paese che dopo il discorso del
suo Presidente si alza a camere riunite intonando la Marsigliese. Non
sa un po' di Corea del nord? Ve lo immaginate, che so, la bonanima di
Andreotti, alzarsi dal seggio parlamentare e cantare in coro Fratelli
d'Italia, dopo l'assassinio di Aldo Moro?
ERRORE R4 di Francesco Gambaro
L'hanno rifatta, la
più brutta. Ricordo quando, alla guida Gian Mauro Costa, scendevamo
da Trabia a Palermo in folle: la 2 CV ci faceva presagire il mare, il
maldimare e un concerto di Keith Jarret. Era niente più che un
furgone, le linee delle Citroen le tagliavano ogni volta la gola. DS
21 per esempio. Oggi l'hanno rifatta, più brutta, più rifatta.
Verrà la morte e avrà i tuoi due orribili occhi. I reviviscenti
Maggiolino o Mini Cooper o 500 Fiat sono baci per la nostra salute
oculistica. La neorinata R4 è l'orribile conclamato. Non guardatela,
o dovrete andare dall'oculista.
domenica 15 novembre 2015
AMORE PER LA MUSICA di Gaetano Altopiano
Seppure
Murakami Haruki sia un narratore instancabile e di indubbia bravura
(uno dei giapponesi migliori) qualcosa dei suoi personaggi
puntualmente non quadra, e questo solo per l’inguaribile passione
che lo scrittore “nutre” per la musica classica. Ognuno ha i suoi
limiti. Haruki non resiste e, in ogni libro, deve per forza rompere
il cazzo e metterci un sottofondo musicale, fosse anche nella
descrizione del bar più malfamato dove i suoi personaggi si sono
fermati al volo solo per mangiare un panino. Il peggio accade perché
regolarmente i protagonisti riconoscono alla perfezione il nome, il
numero dell’opera e addirittura chi sta eseguendo quel particolare
brano e in quale sala di concerto, oltre che casa discografica e anno
di incisione, ci mancherebbe. Insopportabile.
TI ESTI, DOTT.VESPA di Francesco Gambaro
A Porta a Porta si
sta parlando degli attentati parigini. Il dott. Vespa, nel mezzo
della trasmissione, annuncia l'arrivo in poltrona del prof. Paolo
Magri. Scoppiano gli applausi. Vorrei essere in studio. Non per
zittire il prof. Magri o per contestare gli applausi, solo per
ricordare che nella passata Pasqua, in Kenya a Garissa, 147 studenti
sono stati mitragliati dai terroristi somali di al Shabab. Una
mattanza molto poco parigina, molto poco televisiva, vero,
dott.Vespa? Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
sabato 14 novembre 2015
LA PIU' BELLA PAROLA DEL MONDO di Francesco Gambaro
Si usa cosa, quando
non si sa indicare cosa. Avevo un amico, me lo rimproverava. Diceva
che tutte le cose devono essere nominate. Quando dici cosa è come se
stessi dimenticandoti il tuo stesso nome, quello che sei. Ogni parola
ha un significato, cosa non lo ha, è vuoto, un buco nel vocabolario,
un comodo arrendersi e sciuparsi alla fiera della svendita della
parola. Per me cosa, quando è diventata cosa? La parola delle
parole, la più bella cosa del mondo. Quando ho detto al vocabolario
accucciati, e lui, spaventato, si è accucciato.
TRILOBITI di Gaetano Altopiano
E’
inevitabile che accadesse. Ma, nondimeno, i sottoscritti cercarono
sempre di pensare ad altro. Fino alla fine. Concentrati più sul 2/4,
4/4 del Tango, su stinchi femminili - Sunderland Club, Lugones3161
Buenos Aires- (persino sul potere delle parole immaginifiche)
piuttosto che su Tempo ed Esperienza che inesorabilmente produssero
l’unico effetto per il quale ogni cosa era stata creata:
deperimento. Nel secolo 3milionesimo un tizio puntiglioso punterà il
bastone scostando la polvere della pampa siciliana: un tacco di
cuoio, un mucchiettino di falangi - scoperta secolare – una
milonga con la stratificazione fossile del piede.
venerdì 13 novembre 2015
AL BAR DELLA CAMPANA DI VETRO CON SYLVIA PLATH di Francesco Gambaro
Il titolare di un
pub di via Chiavettieri a Palermo protesta per incidenti occorsi (da
mettere nel conto). Rendere viva una strada è renderla rumorosa.
Movida è la parola chiave che ne giustifica l'impennata. Movida non
è una parola italiana, nemmeno palermitana. Un po' si diventa
farlocchi con tutti questi spagnoli davanti. A me sta bene che in
strada si arrostisca la merda. Ubriachi si mangia tutto. Ma da che
parte sta il silenzio. Indicatemi una via, un bar, che non siano
cantieri a turni rotativi, dove leccare con gli occhi, sobri, le
ciglia delle ragazze. La promisquità movidica arroste pure il
silenzio.
“...Prima del
loro arrivo l'aria era alquanto calma, andava e veniva, respiro dopo
respiro, senza tante storie. Poi i tulipani l'hanno riempita con il
loro frastuono, ora l'aria si impiglia e vortica intorno a loro come
un fiume s'impiglia e vortica intorno a un motore affondato,
arrugginito. Concentrano la mia attenzione che felicemente giocava e
riposava senza troppo impegno. Perfino le pareti sembrano
accalorarsi. I tulipani andrebbero messi dietro le sbarre come
animali pericolosi;...” (da 'Ariel' 1961, traduzione di Erminia
Passannanti)
PICCOLA POSTA di Gaetano Altopiano
“Una
delle domande che mister C. rivolgeva più frequentemente a se stesso
riguardava la natura delle sue occupazioni. Questo, secondo quanto ci
scrisse la signora G., sua legittima moglie. Quello che non
convinceva il nostro amico, creandogli non pochi pensieri, era il
rapporto tra il costo impiegato e il beneficio ottenuto dalle sue
profusioni fisico-mentali che arrivò addirittura a definire
malauguratamente investite (parole della signora). Orbene, la donna,
attraverso costanti missive, riferì puntualmente il disagio creatosi
in casa loro ma in modo altrettanto puntuale dimenticò di scrivere
il proprio indirizzo e (soprattutto) mai specificò di che
occupazioni si trattasse, rendendo impossibile, come è immaginabile,
formulare il benché minimo consiglio.”
Gentili
lettori, graziose lettrici:
Quante
cazzo di volte vi devo ricordare che una lettera senza mittente non
potrà mai ricevere una risposta? Ricordatevi di scrivere sempre il
vostro indirizzo ma
chère,
ma anche expressément
la natura concreta del vostro problema. Il nome insomma.
La
redazione
giovedì 12 novembre 2015
UN POPOLO DI CT E ARBITRI di Francesco Gambaro
Ma è tramontana, no
è grecale; ma è levante, no è scirocco; ma è ostro, non è
libeccio; ma è ponente, no è maestrale. Si trova sempre il modo di
mettersi daccordo tra noi metereologi dilettanti. Daccordo, no
d'accordo.
mercoledì 11 novembre 2015
NEL TRAMVAI DI GIORNALISTI E MAGISTRATI di Francesco Gambaro
C'è questo tramvai,
dal giornalismo rotativo al conduzionismo televisivo, dal
magistratorismo silenzioso allo starismo magistrale. Chi li
bacchetta i magistratri che, volendo uscire dalla gabbia dell'algido
linguaggio forense, scrivono, libri, fiction, retroscena corvacei. O
i giornalisti che fanno il salto più lungo della gamba. Il caso di
Massimo Giannini - che, helas, non è un fuoriclasse caro Pietrangelo
Buttafuoco, i fuoriclasse non fanno salti falsi - non pesa tanto per
il perdonabile desiderio di passare al carro dei vincitori, alla
squadra di chi paga di più, al palcoscenico dalle quinte. Stare
davanti la telecamera o scrivere thriller è altro mestiere, e chi ci
è nato dietro le telecamere o tra i libri ha partita vinta
(Camilleri vs Carofiglio). Ma il punto è un altro. Questo tramvai
porta da una cacca, quella rotativa, a un'altra cacca, quella
televisiva, non c'è sostituto-prostituto che sappia più inventare,
prendere le distanze dalle mezze notizie, dai lenti rinvii dal primo
al fantasmatico quarto grado di giudizio. Niente più brilla, la noia
non la addomesticherà Giannini né il futuro best-seller di Ingroia.
Non sarà demerito loro se il tramvai delle loro ambizioni li porterà
a un punto di non ritorno. Il futuro sta lontano dai giornali, dalla
televisione, dalla senescenza precoce che Coloro auspicano
rinascenza.
martedì 10 novembre 2015
RILEGGERSI di Francesco Gambaro
Rileggere, dopo anni,
è quasi ferale. Non siamo costruiti su colonne stabili, la
criticità, che pure non ci appartenne, inevitabilmente sgretola la
vacuità della memoria. Così il poeta che amammo una volta oggi lo
decliniamo al passato. L'apocalittico prosatore in rima della fine
del mondo, un annoiato riccastro di provincia assimilabile al
protagonista de 'I delfini' di Francesco Maselli. L'accostamento è
casuale, non commemorativo. Intanto però scopriamo nuove sue pagine,
ingiustamente mandate in polvere dalla irresponsabile memoria: “Sono
andato dove non so, dove non sono forse arrivato, dove mi è piaciuto
andare, perché la gente se ne avesse a male.”*. Perché succede
anche questo, di chi abbiamo amato, rileggendo, scopriamo di averlo
amato di amore disattento.
*(Antonio Delfini,
'La passeggiata' in Autore ignoto presenta)
lunedì 9 novembre 2015
IL SECONDO CALLOZZO DEL COLON di Francesco Gambaro
E' quello che nessuno
conosce. Nemmeno il mio amico anochirurgo. E' il callozzo fantasma.
Sta tra il primo e il terzo. Dalla biopsia si rileva questo fenomeno
inspiegabile: un fermo immagine e poi un salto perfetto alla fratelli
D'Inzeo. C'è un ostacolo insisto, si chiama otturazione. Ma niente.
Chiedo i favori dell'idraulico. Molti idraulici sono più pratici
degli anochirurghi. Chiamati a visitare il mio colon dal mio ano ne
escono affranti. C'è un buco ma non è un'otturazione. Come un buco?
Si passa. Che sia aria concentrata, azzarda il più brillante degli
esploratori. Una loffa stantia, ma come si spiega che ci si passa.
Anzi che ci si salta. L'ultimo idraulico bioptico ecco che dal terzo
ritorna al primo senza nemmeno accorgersene. All'interno del
salsicciotto del colon, plaff, buio, e si è nel primo callozzo. Il
secondo manca sempre al radar dell'occhio. Dov'è finito si chiedono
gli spazzini della sala operatoria. Gli idraulici tornano alla luce,
uno dopo l'altro, scuotendo la testa. Che Oriana Fallaci abbia
chiamato luce PPP mi ha definitivamente rotto ogni speranza.
sabato 7 novembre 2015
IL GIORNO DOPO LA MORTE DI GIANNI AGNELLI di Francesco Gambaro
Pino Aprile scriveva
su Oggi: “Il re non incoronato d'Italia, come lo chiamavano gli
americani, è morto. Era il nostro connazionale più stimato nel
mondo. E non per i suoi soldi, la storia, la famiglia... Gianni
Agnelli, l'Avvocato, era unico per lo stile: quello non te lo compri,
è tuo... Lo stile è la personale forma di pudore che ognuno di noi
matura; ed è così importante, perché il pudore è 'l'abito della
virtù', inteso alla latina, del proprio valore. Dice quanto vali
davvero. E questo che si intende con: 'un uomo è il suo stile'...
Una cosa non potremo perdonargli: gli imitatori. Credono di essere
come lui perché più ricchi; di averne l'eleganza, perché comprano
gli abiti dagli stessi sarti; di essere affascinanti perché regalano
gioielli e un fiore alle compagne di una notte; importanti perché
frequentano gli stessi ambienti.” Sarà, caro Pino, però imitando
si impara, si cresce: oggi, vuoi paragonare quel flaner di Agnelli
allo stile alla ricchezza al fascino all'importanza di un Briatore di
un Della Valle di quel coniglio bagnato di Luca Succhiabaci?
venerdì 6 novembre 2015
VECCHIE CIABATTE di Francesco Gambaro
E'
importante. Ultimo riconoscimento critico a Adele Cambria da parte di
Adriano Sofri: “Io l’ho stimata, le sono
stato grato, e le ho voluto bene.” Cazzo che fior di pezzo
giornalistico. Ragazzi, domani tutti in libreria.
giovedì 5 novembre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (11) di Francesco Gambaro
JFK si sveglia con un
senso di oppressione che non sa spiegarsi. In pigiama, per
liberarsene al più presto, apre il portoncino del suo sottoscala per
fare il solito giro della casa. Sull'ottavo e ultimo gradino uno
straccio chiaro intriso di quello che, ad occhio, sembra sangue. Sul
marciapiedi, ad angolo, una federa decisamente macchiata di sangue.
Si preoccupa. Procede per la circonvallazione, subito dopo la prima
curva, un pugno di lenzuolo stracciato stropicciato e insanguinato.
Sempre più preoccupato procede verso l'altro portoncino del
pianterreno, seguendo una brillante scia di gocce porporina. Entra e
sotto l'abat jour dell'ingresso i resti di un reggipetto,
dell'inconfondibile culotte regalatole per l'anniversario di
matrimonio e di un ciuffo smbagiato di assorbente. Si inoltra in
corridoio, unghia spezzate e colorate di rosso. Apre con orrorosa
circospezione la stanza da letto. Sangue schizzato dappertutto,
pendente pure dai pendenti del lampadario. Nessun corpo, né una
sagoma sul materasso, nessun'ombra. Scuote avvilito la testa
maledicendosi per il suo alzhaimer galoppante. Si gratta la testa.
Dove diavolo avrà occultato questa volta il cadavere di sua moglie?
CLAC, CLAC, TRE VOLTE di Gaetano Altopiano
Non
possiedo oggetti che mi somiglino. Nemmeno i ritratti dei miei
antenati. Dovrebbero, fra tutti, essere quelli più somiglianti,
molto più di un posacenere, di un candelabro o un’alzatina. Ma
neanche i miei antenati mi somigliano. Non più di quanto mi somigli
un bicchiere di latta, una calamita, una brocca di creta secca.
L’unico oggetto - non riesco a ammettere altro - è una rivoltella:
qui riconosco una vaga rassomiglianza. Ho imparato a usarla per il
semplice gusto di farlo, non amo sparare: impugnarla, girare il
tamburo, sentire il rumore e contare. Clac. Clac. Sei volte. Come
quando ripeto un libro - non leggere, mi capite - compitando parola
dopo parola per il semplice gusto di farlo. Il polpo comune (Octopus
Vulgaris) ha tre cuori. Anche questo è incredibile. Uno che
addirittura usa solo per nuotare. Cellule nervose a milioni lungo i
tentacoli, proprio come avere centinaia di cervelli. Dopo
l’accoppiamento deperisce fino alla morte, che in genere
sopraggiunge in un tempo brevissimo.
“Di
cose nient’altro che tre.
Doris:
E son?
Sweeney:
Nascita, e copula, e morte. Tutto è qui, tutto è qui, tutto è
qui. Nascita,
e copula, e morte.”
(Fragment
of an Agon, T.S.Eliot, The Waste Land)
mercoledì 4 novembre 2015
LE UNGHIE DI UN VECCHIO CIECO di Francesco Gambaro
Il vecchio carezza
l'orlo delle unghie. Così percepisce il passaggio del tempo.
Mettiamo che questo vecchio sia Sherwood Anderson e, mettiamo che, di
belbello, le sue unghie cessino di crescere. Che dal suo letto,
innalzato all'altezza della finestra dai suoi cari per suo desiderio,
veda impolverarsi i vetri, poi ingiallire. Mettiamo tenti di alzare
le palpebre e che le dita ormai quasi disunghiate trovino le palpebre
già spalancate.
martedì 3 novembre 2015
L'OCCHIAIA (10) di Elio Coniglio
Incontro
la bambina, di buon mattino a passeggio mano nella mano con il padre,
a pochi passi da casa mia. Mi chiede, di botto, usando un tono di
voce che si fa sempre più duro, di una sua scarpa smarrita giorni fa
giocando in strada. So dove si trova e per un solo attimo mi
tenta l’idea di mandare mio figlio a prendergliela in garage dove
l’ho vista in bella mostra fra le altre cianfrusaglie. Ma ho
fretta e i crisantemi che cullo fra le braccia, cominciano a
sfiorire…. Vaghiamo per ore nei viali che attraversano
in lungo e in largo il camposanto prima di trovare la tomba.
Isolata dalle altre, questa, un massiccio parallelepipedo di pietra
color ruggine, emerge dal terreno erboso scostante come un fungo
appenappena spuntato ma non disdegna la tremula ombra bluastra di uno
lanciatissimo cipresso cresciuto nelle immediate vicinanze. Più
e più volte, a turno, inseguiamo con l’indice occhiuto la
spirale di numeri incisi da mani esperte che dal coperchio
s’allarga giùgiù sugli altri lati, in cerca di un ‘ottantatre’
che non c’è. Per di più, una vecchia dal volto ossuto di un
olivastro che denuncia una lunga permanenza in questo luogo ci
molesta di continuo urlandoci contro un potentissimo mantra.
Intimiditi, ci allontaniamo di quel tanto che basta per non avvertire
sulla pelle questa rabbia incontenibile poi, con la cocciutaggine di
chi deve compiere un’azione anche se non ne ricorda più il motivo,
ci rimettiamo sulle tracce della tomba….
GLI OCCHI DI UN VECCHIO CIECO di Francesco Gambaro
Agli occhi del
vecchio cieco, l'alluce valgo del suo piede destro, svetta in maniera
anomala verso scappatoie che la vecchia scarpa non riesce a
governare. Anche il dito è vecchio, pensa il vecchio, perché
continua a crescere mentre io rimpicciolisco? L'artrosi dilata le
ossa, i capelli dei morti continuano a crescere dentro la tomba gli
fa esempio il podologo, è la vita prima della morte. Però, dice il
vecchio, non sono ancora un morto, sono un vecchio, che me ne faccio
di un alluce valgo che continua a crescere, che vuole sbucare fuori
dalla mia vecchia scarpa destra prima di morire. Senza un alluce
sopravviverò. Lo resecasse bene, dice il vecchio al podologo, come
bene mi taglia unghie, ragadi e calli.
INFORMAZIONE (CATTIVA) 4 di Gaetano Altopiano
Sembra
che la notizia della relazione tra consumo di carni rosse e rischio
cancro (rapporto OMS di qualche giorno fa) sia solo una notizia
riciclata, vecchia di almeno 50 anni, che un burocrate troppo
efficiente ha deciso di diffondere solo oggi. Non solo. Sembra anche
che l’OMS abbia puntualizzato, subito dopo, che tale relazione sia
il frutto di un valore statistico risultante da studi fatti tra gli
anni 60 e 90 del secolo scorso e riguardanti “esclusivamente” le
neoplasie dell’intestino in America (dove il consumo pro-capite
settimanale è di kg.1 di carne). Altri studi dell’OMS sono: i
tumori allo stomaco negli asiatici causati dall’ingestione di Tè
bollente.
lunedì 2 novembre 2015
LA DAMA NERA di Gaetano Altopiano
Mi
dispiace Andrea Marcenaro, ma non sono d’accordo (Andrea’s
version – il Foglio – la Dama nera delle tangenti Anas). Lei ha
esasperato la funzione del “soprannome” e facendocelo notare,
semmai, ha fatto il gioco degli aguzzini. Semmai. E’ prassi
consolidata che i protagonisti della cronaca si vedano attribuire
nomignoli tra i più fantasiosi e in
primis
(guarda un po’) proprio dai giornali, e questo non produce poi
tutto questo grande botto sul risultato finale, altro che effetto
cancerogeno: il destino di un indagato non è legato a un soprannome
ma a quello che veramente ha fatto o non ha fatto. Amen. Tra qualche
settimana la “dama nera” prenderà una strada che nessuno dei
lettori avrà più interesse a seguire. Un noiosissimo processo che
non si caca più nessuno. Lei il primo.
SENZA COLLERA di Francesco Gambaro
Allora ci vediamo
domani. (mia suocera): se vuole dio, senza collera. (Io): o
dopodomani. (mia suocera) o dopodomani, senza collera. (io) forse
toccherà a me. (mia suocera) o a me e chi lo può sapere. forse dio.
forse non lo sa neppure lui. (io) ciao ciao. (mia suocera) addio
addio. (io) allora a domani alle 8. (mia suocera): va bene. (io):
buonanotte. (mia suocera): altrettanto per te.
domenica 1 novembre 2015
BITORZOLI di Francesco Gambaro
Sentirsi la fronte a
bitorzoli. Orzi che riscaldano la testa e la animano. Orzi,
animaletti fattisi grandi per imitare i giganti. Detti anche pietre
di zole, cabezzoli imbazziti. Bozzoli, zoli, zenza zapere di essere
soli. Io non zono zolo mi comunica Solo. Giusto te cercavo, e con le
unghie degli indigi lo sghiaccio.
sabato 31 ottobre 2015
COGLIONI (7) di Francesco Gambaro
Mi avete distrutto
maradona, mi avete distrutto pantani, forse mi distruggerete pure
nibali, mi volete distruggere valentino che è un nome non un
cognome, ma andate a fare in culo voi che valutate e avete distrutto
dorando pietri, merda sciolta nel buco della raccolta differenziata
delle vostre vite, viva i drogati e chi da se stesso vuole tirarsi
fuori per amarvi cari pezzi di merda che vivete la vita a pezzi di
regolamenti.
WOLF 359 di Gaetano Altopiano
Quando
fu stabilito in via pressoché definitiva che il tempo è un concetto
relativo e non assoluto, tanto che di due gemelli che fossero stati
spediti uno su Wolf 359 (8 anni luce dal nostro pianeta) e l’altro
in Engadina, o più semplicemente uno al mare e l’altro in
montagna, dei due, al di là del paradosso che dava un po’ ragione
a Einstein e Born e un po’ a Dingle (il più accanito confutatore
della teoria dei primi due), uno sarebbe comunque rimasto più
giovane dell’altro, rimase irrisolta l’incognita più importante:
si sa, infatti, che di due o più gemelli uno deve per forza vedere
prima degli altri la luce determinando ab
origine
una differenza d’età tra i fratelli (il primo sarà sempre più
vecchio dei successivi).
venerdì 30 ottobre 2015
FUORI DI COMPUTER di Francesco Gambaro
Graffiato da
parecchie frane il computer non si collega più con me. Olga ti amavo
ma avrei comunque staccato la spina. Ciccio non so come né perché
mi rispondi. Vale, se puoi pagarmi il biglietto per Valencia. Ari
quando non sei a Roma cerca di essere da qualche parte. Ro, non
commuovermi quando dormi. Alea scrivimi da belluno in belluino. Tà
sii spietato ogni tanto anche con me. Simo quanto mi piaci quando
imiti Quentin Tarantin. Tommaso soffiati il naso. Sonia non
dimenticarti di dormire. Fofò salutami quel tallone di Achille. Gea
come faccio a accorciare il tuo nome. Ago, non sei una stagione,
nessuno te l'ha mai promessa. Pà dove sei. Alt, ti aspetto ma ti
fermi sempre al telefonino. Konsta sei un monte sei un quisquino
gigante. Io qui, fuori dal computer e a bocce ferme, marco il
territorio facendomi pipì addosso.
DANDISMO INARRIVABILE di Gaetano Altopiano
1).
Arthur Stanley Jefferson, al secolo Stan Laurel, uno dei più grandi
comici di tutti i tempi in coppia con Oliver Norvell “Babe”
Hardy, morì a 74 anni (23 febbraio ‘65) nella camera d’albergo
che divideva con la sesta moglie, Ida Kitaeva Raphael. Non una camera
qualsiasi, come si può immaginare, ma la suite 203 dell’hotel
Oceana a Santa Monica, California, dove abitò praticamente per tutta
la vecchiaia senza mai degnarsi di vuotare un posacenere. 2). Di
Marianne Moore si conosce abbastanza poco (rispetto alla qualità
delle sue poesie - vi assicuro - è veramente molto poco celebrata)
tranne che nacque nel Missouri nel 1887 e morì a New York nel ’72
e che fu amica di poeti molto più famosi, Eliot per esempio,
Stevens, Pound. Memorabile il verso in cui racconta di suo padre:
“Mio padre era un uomo che restava senza parole per parole che lo
avevano colpito. Il sentire più profondo si rivela sempre nel
silenzio. E non era insincero quando diceva: fate della mia casa il
vostro albergo. (Ma gli alberghi non sono residenze).”
giovedì 29 ottobre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (10) di Francesco Gambaro
Stanotte JFK vuole
fare il preventivo della propria vita. Chiama a raduno nessuno.
Nemmeno il commercialista. Si limita a guardarsi allo specchio e
lisciarsi i baffi. Domani sarà un'altra giornata così. L'immagine
dallo specchio va via, esce e chiude a chiave JFK nella stanza da
bagno.
mercoledì 28 ottobre 2015
BASTA LEGGERE GIORNALI di Francesco Gambaro
Che i
giornali comincino a perdere vocali, sillab anziché sillabe, a
perdere sillabe, silla anziché sillaba, a raddoppiarsi, sillabba,
anziché, a accentarsi, sillabbà, anziché, a riprodursi,
sillabbabbà, anzi a contorcersi, si, ansi a confondersi, ansiché
zi, a modificarsi in o ansi che in on, o in om om om, a troncarsi an
anz ch
martedì 27 ottobre 2015
VALENTINO di Francesco Gambaro
Solo che la carcagnata
gliela stava dando marquez puntando a culo fitto, in una curva
impossibile, la moto di valentino. Che ha un nome, l'altrui è solo
cognome, fans, collina non certo montagna.
lunedì 26 ottobre 2015
QUELLO CHE NON MI PIACE MI PIACE di Francesco Gambaro
Quello che non mi
piace mi piace, cliccato con minimo sforzo dell'indice pinocchiesco,
senza l'obolo di un commento di una risposta non segregata in
aggettivi o punti esclamativi o icone da formaggino Mio. Anche se non
mi piace ci resto, tentando di capire perché mi ci piaccio e mi ci
faccio. Quello che non mi piace mi piace, le porsone si ritrovano o
fingono ritrovarsi senza mai cercarsi. Forse perché è rinato lo
spirito, lo spirito di comarca: è questo che veramente importa e il
messaggio è che non esistono più gli amici. I link sono il mare
aperto, gli amici il mare chiuso. Ma le amicizie si stringono non si
allargano (ops, avevo scritto allagano).
domenica 25 ottobre 2015
LE SORELLE BALLANTINE'S di Francesco Gambaro
Le sorelle
Ballantine's sono due graziose bottigline che mi stanno a guardare
quando apro il frigobar dell'albergo. Osano provocarmi, sfidarmi
svestendosi come ballerine da tre euro a notte. Con le sorelle
Ballantine's, già affogate in corpo, non aspetto che di duplicare il
duplice delitto puntando due spilungone, le sorelle Campari. La testa
è un paso doble, dura poco, poi non funziona più. Ha il sapore e la
velocità di una morsicata di mela.
sabato 24 ottobre 2015
MILLENIAL di Francesco Gambaro
Poi, nel giro di
pochi giorni, compaiono ciliege che una tira l'altra, parole nuove,
mai sentite prima, su giornali e libri, su manifesti pubblicitari e
web. L'ultima è millenial, che pare debba sostituire Generazione X o
Y, capite quanto può essere importante. Si entra nell'imbuto della
proliferazione decostruttiva, nel modaiolo mondo del cambio abito. Se
parli così ci sei, altrimenti non esisti. Ci aveva suggesteniato
tempo fa, su wilkpedia, la parola disambiguazione, un invito a
suggerire errori e correzioni di lettura ma, anche, una specie di
richiesta di aiuto che giustificasse la ingombrante presenza di
parole come divisivo, naturalmente 'in attesa di disambiguazione'.
Offese caduche alla lingua che però se ne libera, sprigionando i
suoi anticorpi in pochi mesi che, rispetto al millennio, sono appena
un attimino.
DIGITAL PICS di Gaetano Altopiano
Mi
si chiede quale possa essere stata la ragione che abbia spinto
Cotroneo Roberto ad avventurarsi nella stesura di un saggio tanto
accorato contro la fotografia digitale. Lo
sguardo rovesciato
-come la fotografia sta cambiando le nostre vite -, Utet, -
scattate fotografie orribili senza saperlo, vi stanno ingannando -.
Dove tratta l’argomento come piaga sociale pari all’alcolismo e i
lettori come perfetti imbecilli cui occorre indicare col dito quello
che è buono
o nobuono.
Davvero non so rispondere. Forse un
selfie
venutogli male? Ricordandoci a monito la bravura di Henri
Cartier-Bresson (di questo lo ringraziamo) di cui ha appena visitato
una mostra, dopo aver detto peste e corna della fotografia via
smartphone mette la ciliegina sulla torta: una sequela di banalità
sulla bellezza. “E mi accorgevo di due cose (riferendosi ovviamente
a H. Cartier-Bresson). La sua impressionante capacità di comporre
la foto nella sua naturalezza. Il limite ottico e cromatico delle sue
foto. Le due cose erano la sua bellezza, la sua vera grandezza. La
bellezza non è mai perfetta, ed è per questo che non è mai
innaturale.”
venerdì 23 ottobre 2015
UN TAGLIAUNGHIE PER L'ISPETTORE MAGNUM di Francesco Gambaro
Magnum A: Prima
riuscivo a tagliarmi le unghie in due colpi, zac zac e venivano
perfette. Ora in tre e, con alcune di loro, devo ricorrere alla
limetta. Ogni tanto me ne capita una che ce ne vogliono quattro. Cosa
mi succede?
Magnum B: Perdi
colpi, ispettore Magnum.
giovedì 22 ottobre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (9) di Francesco Gambaro
Posato, non seduto.
JFK, molto stanco della giornata non vissuta, si è posato su un ramo
del gelso rosso che d'estate fa ombra alla sua casa, che d'autunno si
scrolla le foglie al primo colpo di vento. JFK comincia anche lui a
spogliarsi, il vento porta via calzini, ginz, salopette, forse
domani ritroverà le mutande sul solito rovo spinoso delle more.
Stanotte non dovrà indossare il piagiama né spegnere la luce.
mercoledì 21 ottobre 2015
MINISTRI E SOTTOSEGRETARI OGGI di Francesco Gambaro
In tutti i nostrani
talk show ministri e sottosegretari vengono da un po' di tempo
intervistati in camera caritatis, lontani dagli interlocutori,
lontani dal pubblico in studio, seppure pagato per applaudire, vicini
alle boccucce servili di conduttori o giornalisti, propalando
messaggini parasubliminari in assoluta libertà e autonomia
declamatoria. Sono redivivi ospiti d'onore, cui viene così
risparmiata ogni flatulenza anale.
martedì 20 ottobre 2015
EXPO 2015 di Francesco Gambaro
5 ore in fila per
entrare, essere gli ultimi fortunati lemmings, voltarsi indietro e
compatire chi non arriverà a gustare il samurchio al rigogolo
innaffiato con vino di serpente e contorno di ossi di seppia flambé.
Peccato che il padiglione cinese riservi ai visitatori una cocente
delusione, essendo stata vietata la carne di cane, che mezzo facebook
sarebbe andato in tilt.
lunedì 19 ottobre 2015
NON SOMIGLIERO' PIU' A ME STESSO di Francesco Gambaro
Non somigliare a se
stessi è arduo osservandosi allo specchio. L'antinarcisismo una meta
fantasiosa. Fantascientifica ci corresse Bob Shaw che in Altri
giorni, altri occhi inventò per noi devoti dell'inapparenza, la
retardite. Una tipologia di vetro che modificando la formula chimica
Si04 in Si04n (infinito) rallenta il passaggio della luce. Le
immagini attaversano il vetro con un ritardo temporale variabile e
controllabile. Nel periodo sperimentale, montato sui parabrezza delle
automobili, causò una quantità di incidenti mortali (i guidatori
svoltavano all'altezza del civico 273, o passavano col verde mentre
era di nuovo rosso) ma questo fu la prova dell'efficienza della
retardite. Esposti nella stagione estiva alle Eolie, venivano, nella
stagione invernale, sostituiti ai vetri delle finestre cittadine, e
l'estate e le Eolie entravano in casa per sempre. Il suo
perfezionamento fu poi allargato agli specchi. Così che ogni
mattina, facendomi la barba, vedo farsi la barba mio padre.
domenica 18 ottobre 2015
IL KIMONO DI OLIVA di Francesco Gambaro
Alla palestra del
maestro Oliva di via Bonanno si andava perché non era possibile
prenderle ogni giorno dai fascisti a scuola. Era la palestra dei
compagni e degli anarchici. Io non ho capito mai perché il maestro
aveva fama di compagno e di anarchico. Con noi non parlava mai,
svestitevi, rivestitevi. Non l'ho neppure mai sentito gridare,
chessò, taighitò, né mettere piedi sul tappeto di gomma. Ordinava
da fuori campo, era un pacchione, cinturato nero, che poi scompariva
in una gabbietta da cui ricompariva a orario finito. Noi ce le davamo
di santa ragione, cinture bianche che a ogni colpo si slacciavano e
mentre le raccoglievamo ci beccavamo pedate, piadate, piedate. Però
ero felice di quel kimono di cotone grezzo, rigato, fresco e bianco
come l'Immacolata. Più in là negli anni l'ho rispolverato usandolo
come giacca e ci facevo la mia figura con le ragazze, uguale che
d'inverno con quell'altra color cacchina alla maotze o con la mia
prima camicia a fiori. Comunque sono rimasto cintura bianca e rette
da pagare che dopo un anno non ce l'ho fatta più, non per i soldi ma
per le tante legnate prese da compagni e anarchici. (che dai fascisti
dell'Extrabar o del Cannizzaro, solo qualche calcio in culo).
OGGETTIVO-SOGGETTIVO di Gaetano Altopiano
Per
metterci finalmente un punto, anzi no,
un punto due punti e un punto e virgola,
durante una discussione tipo “percezione della realtà, realtà
unica, percezione soggettiva e multipla, non esiste una verità ma
molte verità, interpretazioni, variabili, realtà oggettiva e
soggettiva” e ancora “ogni percezione della realtà è frutto
della posizione particolare del soggetto che la interpreta, quindi
vera in quelle condizioni e solo in quelle, l’entrata in scena di
altre variabili non smentisce la realtà precedente ma ne produce
un’altra non meno vera”, ecco che mi soccorre un argomento serio:
un oggettivo, ma soggettivo, attacco di diarrea.
sabato 17 ottobre 2015
"IL GENIO ITALIANO" di Francesco Gambaro
Sui
Casamonica nulla da dire, l'idea di tappezzare la chiesa del defunto
con poster papalini, ci sono tanti papi a Roma, si sa, volevano
essere tre ma ora sono rimasti in due. Di mr Geox che a Venezia,
sulla facciata della chiesa dei Carmelitani Scalzi piazza la sua
pubblicità delle sue scarpe che sfiatano dalle suole pure lo Spirito
Santo, vogliamo mettere. Come a Palermo, dove
ex detenuti disoccupati pip dentro la Cattedrale e sui cornicioni,
che avevano chiesto al presidente della Regione Crocetta, di mettere
una crocetta sulla retroattività del provvedimento che li avrebbe
esclusi dal sussidio. Blasfemi irriverenti palermitani, geniali
italiani che Christo vorrebbe coprire come fece a Roma a Porta
Pinciana nel 74, che poi con i pip che si muovono tentando di
scappare sotto le lenzuola sarebbe pure un tableau vivant.
NELLA MISCHIA di Gaetano Altopiano
Trovarsi
nel bel mezzo di una rissa senza avere fatto nulla perché capitasse.
Ossia. Il fatto che siano sempre gli altri a farsi la guerra non vi
salva da una possibile gragnuola di colpi. Mettere in campo ogni
precauzione serve a ben poco, avete niente da dichiararvi svizzeri.
Nessuno è al sicuro. Se è così, smettiamola di fare i provinciali
e guardiamo le cose in grande: lanciamoci nella mischia.
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