mercoledì 30 dicembre 2015

GIOVE di Gaetano Altopiano



Certo che fare il tempo (quello meteorologico) è diventato proprio un mestieraccio. Un tempo gli uomini non erano così assillanti. Chi accontentare prima? Come accordare il suo lavoro con il loro? Queste bellissime giornate di sole che (finalmente) si era deciso a regalare a una città storicamente triste e grigia come Milano e, oplà, al solito rompono i coglioni. Stavolta con lo smog.


martedì 29 dicembre 2015

DELLO SMOG di Francesco Gambaro


lo smog si è impossessato dei giornali italiani. no, lo smog sono i giornalisti italiani.

IL BACIO DELLA MORTE di Francesco Gambaro




Con impeto liberatorio la vecchia fattora confessò al marito, in principio mortes, di avere avuto molte aventures, la prima con l'amato fratello, da cui nacque il primogenitus, e altre susseguenti che generarono i restanti duodecim. Osaccio, rispose il canuto protovedovo, laggio sempre saputo. Messo alla prova dalle sue multiple dominas, aveva scoperto la propria genetica infertilità. Ti ho ammirato in silenzio, continuò, ogni figlio ca sfurnavi era pane caldo per i miei denti. Grazie. La baciò in fronte e quello fu il bacio della morte.

domenica 27 dicembre 2015

ALTRA MODA A PALERMO di Francesco Gambaro




La domenica Palermo diventa elegante. Comunità negre, prevalentemente indiane, colorano in modo smagliante crocicchi, adiacenze a luoghi di culto e feste di ritrovo che allegrano i suoi più antichi punti fiduciali. Un offesa per gli occhi dei palermitani vedere scendere dai pulman e sfilare drappelli di alpini e alpine in salopette tally weijl, armati di zaini e calzette bianche. Seppure in un caloroso dicembre.

sabato 26 dicembre 2015

STORIE DEL SIGNOR JFK (15) di Francesco Gambaro




Da un po' di tempo, con preoccupante frequenza e per via di certi dolori, a JFK succede non lavarsi, non cambiarsi, dormire vestito, crogiolarsi nella sua e nella puzza circondariale. Siccome i dolori sembrano venirgli dai capelli, oramai grigi che stanno viavia perdendo il presidio della piazza centrale, se li tira con rabbia e a ciuffo, stringendo quest'ultimo come gli odierni stringono forteassai il telefonino. Vegliare il proprio cadavere sarebbe agognata aspettativa postnatalizia, avesse almeno uno specchio. 

L’ALEPH A CASTELVETRANO di Gaetano Altopiano (Da LiveSicilia di ieri)




Quando capì quello che sarebbe accaduto, la nausea lo colse come mai maggiormente gli fosse successo. Il giovanotto fu costretto a tenersi al telaio della scrivania per non vacillare, ed ebbe un conato di vomito. Cominciò a emettere bava e un filo di muco gli colò giù da una delle narici. I suoi occhi fissarono più attentamente l’articolo e lesse ancora una volta. Non si trattava di pesce cattivo, ma solo venduto abusivamente: “sequestrati dai carabinieri 53 piccoli pescespada (140kg) per commercio illegale di prodotti ittici, denunciato l’ambulante di 36 anni”. Si pose il problema della deperibilità del prodotto. Fu allora che il giovanotto ebbe il suo piccolo Aleph: ebbe in visione la fine che avrebbe fatto ogni singolo pesce sequestrato.

giovedì 24 dicembre 2015

AUGURI AUGURI AUGURI di Gaetano Altopiano e Francesco Gambaro


(coi versi di Yves Bonnefoy)

Darsi qualcosa in cambio di qualcosa. Sarebbe esatto dire: dare. E il prendere? Ma insomma. Causa ed effetto, effetto e ulteriore causa. I più sentiti calorosi auguri, ti mando un forte abbraccio, sii felice e sia felice la famiglia, auguri auguri auguri, a presto. Intanto a Narvik (siamo in Norvegia) fa meno 20 sul palo 35, e il freddo è così intenso che il guanto di Felipe (siamo in Brasile, 21 anni – lui è rimasto) resta attaccato come colla al perno che stava stringendo. Gli servono 3 - 4 paia di guanti al giorno e il massimo dell’attenzione, ci vuole un cazzo a volare giù dal palo, e sono 30 - 40 anche 50 metri: arrivi un niente, zero, capito? Auguri auguri auguri. Il freddo tempra la carne, lo sappiamo, ma non soltanto. Lì inizia, lì finisce, e sulle distese ghiacciate l’uomo diventa uomo molto prima degli altri: “Sia per te la grande neve il tutto, il nulla, Bambino dai primi passi incerti nell’erba, Gli occhi ancora pieni dell’origine, Le mani aggrappate solo alla luce.”

(con le parole di Mastro Antonio, ieri imprenditore oggi muratore)

Io lo coltivo l'orto. Dopo le sei quando stacco dal lavoro e tutte le domeniche a giornata piena. Non è grande la terra, ma con 5 filari, ci tiro 150 di finocchi, cicoria, cardi (ma quelli che non fanno i carciofi perché qui in montagna restano minchia di picciriddu), broccoli, melenzane. D'estate la rivolto la terra e ci vengono melloni, fave e piselli. E che me ne faccio, dice lei, se non li vendo, li faccio andare a male? No, li regalo, io ccelò come una malattia del sangue quella di regalare. A mano a mano che sono pronti. E' il mio piacere. Questa zucca è troppo pesante per lei, aspetta che ci penso io a portarla in macchina.









martedì 22 dicembre 2015

REGRESSIONE (mistero Laura Pausini) di Francesco Gambaro




Dove va il mondo della voce, della canzone. Hello, di Adele, milionaria su youtube. Torna indietro: centinaia di voci, di canzoni, di starine impellicciate e impiallicciate di soul anni sessanta/settanta. Sembra che il mondo della musica non si muova più, sopravvive consumato dal web regressivo, né il reinventarsi dei vecchi Eric Burdon Leonard Cohen David Bowie segna la strada. Forse c'è un oscuro cantinato che però facciamo fatica a trovare. Attendiamo l'autunno dei semi di rosa che si risvegliano e intanto ci arrovelliamo nel mistero di Laura Pausini o Eros Ramazzotti, starine nostrane e lontane dal nostro spleen depressionario.

PISCIO di Gaetano Altopiano




La sensazione di disagio non mi abbandona. Inutili i tentativi di mettermi tranquillo. Sto proprio scomodo. Una signora, piuttosto avanti tra l’altro (conosce bene buone maniere e attenzioni per l’ospite – penso sia la padrona di casa), le sta tentando tutte. Sorride, guarda con attenzione, chiama in continuazione la commessa. E’ tempo perso. Inutile ammiccare o spargere odori nell’aria - forse ha frainteso - a me occorre ben altro. Penso che debba farlo ora o non posso più. Apro in un colpo la cerniera - corro verso l’angolo del camerino – tiro selvaggiamente la tenda e finalmente.  

domenica 20 dicembre 2015

LA CATTIVA di Gaetano Altopiano




Non tirare troppo la corda, fa lui, rivolgendosi a lei. Assume l’aria più minacciosa che gli riesce ma lei, la signorina, lei lo sa bene, è niente altro che un bluff. Tra poco faranno pace, altro che tirare la corda: la tiro quanto mi pare, tanto finisce sempre così. Lei lo sa bene. Ora indosseranno la sua vestaglia, calzeranno le sue pantofole, laveranno le sue mani e spazzoleranno i suoi denti, fumeranno una delle sue sigarette e berranno un sorso del suo gin preferito. Poi si metteranno sul suo divano e guarderanno a lungo fuori dalla sua finestra. Lui e la sua coscienza.  

STORIE DEL SIGNOR JFK (14) di Francesco Gambaro




Scegliere cosa pensare, selezionare i pensieri. Una scienza che in JFK va scemando. L'esatto contrario della possibilità di astrazione di cui racconta Jiulio Cortazar, piuttosto una impossibilità, pensa JFK: l'impossibilità di tenerli a bada i pensieri. Invece di elaborare l'interessante riflessione, derapa su quell'altro racconto di Cortazar secondo cui posando la mano destra sulla pedata e la sinistra sulla sua alzata si entrerà momentaneamente in possesso di un gradino. Spensierando, per festeggiare con una birretta l'efficienza della sua memoria, JFK si alza con l'intenzione di raggiungere la cucina. Incontra prima la porta aperta del bagno, raccoglie la montagnola di indumenti sporchi e torna indietro depositandola sulla scrivania, esattamente sul sottobicchiere. La osserva, si alza pensando lavatrice ma, incontrando prima della lavanderia il frigorifero, lo apre e ve la ripone ordinatamente, scappando, prima di chiuderlo, per telefonare all'antennista. 

sabato 19 dicembre 2015

ALTRI INCIPIT (Wallace) di Francesco Gambaro



Saluti, ringraziamenti ai laureandi dell'anno accademico 2005. Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: Salve ragazzi. Com'è l'acqua? - I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa: - Che cavolo è l'acqua?”


David Foster Wallace, Questa è l'acqua, in QUESTA E' L'ACQUA, Einaudi 2009

giovedì 17 dicembre 2015

ODE AL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA di Francesco Gambaro



Sono stato contrario al ponte sullo stretto. Per difendere il concetto di isola e tenere alta la guardia tra Sicilia e Resto. Da quando i siciliani ingolfano Roma sin dalla testa del pesce, da quando la defunta fiera del mediterraneo di palermo è diventata il lunapark di expo-milano, capisco che non c'è più paese, che tutto è paese, è isola e allora. Allora, che bellezza affacciarsi dalle finestre di Messina e vedere i gabbiani accoppiarsi sulle ornate di un ponte ferroso e immobile, sfottuto delle scorrerie argentee delle correnti. L'italia, l'isola, è ormai un paese incapace di committenze, solo garbugli politici, ritardi magistrali, merda affiorante dai pavimenti di Rebibbia. Un ponte non ci salverebbe ma ci aiuterebbe a capire che le grandi opere che hanno fatto di questo paese quello che tutti dicono ma che nessun governo sa vendere, dovrebbero riprendere a riprodursi. In culo agli ambientalisti e a chi considera l'arte imitazione e non invenzione della natura. Hart Crane sì è annegato per amore della meravigliosa religione dell'artifex, ha lasciato un poema che non è spirituale, ma un ringraziamento all'umanità manuale che ha realizzato il ponte di Brooklin. Nessuno qui in Sicilia, o in Italia che è uguale, pensa più ad affidare a artisti o architetti piccole o grandi opere. Le gestiscono le mortificano le abortiscono politici e il loro braccio armato, cioé magistrati e burocrati. Il ponte sullo stretto di Messina, per quanto così piccolo rispetto a quello di Brooklin, potrebbe essere un grande poema che l'Italia-Sicilia, regalerà a se stessa. Naturalmente con l'accortezza di non affidarne il progetto al quel rovinachiese circense di renzo piano.

TO BROOKLYN BRIDGE

Per quante albe, mentre si sveglia gelido dal suo
sonno ondeggiante, le ali del gabbiano
lo faranno tuffare e roteare, e spargeranno attorno
circoli bianchi di tumulto, e leveranno alta
la Libertà, sopra le incatenate acque della baia -

poi con curva inviolata lasciano i nostri occhi,
spettrali come vele che si incrociano
su qualche foglio illustrato da archiviare;
fino a che gli ascensori non ci spingono
fuori dal nostro giorno...

Allora penso ai cinema, i trucchi panoramici
di moltitudini tese a una fulminea scena
mai del tutto dischiusa e a cui sempre si accorre,
annunciata a altri occhi sullo stesso schermo;

e tu attraverso il porto, con passo d'argento
come se fosse il sole a tenere il tuo passo, eppure un moto
mai consunto lasciasse nella sua andatura,
come è implicito il modo in cui la libertà ci tiene!

Da qualche sbocco di metropolitana, da un abbaino oppure
da una cella,
un pazzo si precipita ai tuoi parapetti, vi si sporge un attimo
con la camicia rigonfia e schioccante, e una spiritosaggine
cade da quella carovana ammutolita.

Giù a Wall Street, dalla trave maestra il pomeriggio
si insinua nella strada, un becco enorme
d'acetilene del cielo; e tutto il pomeriggio
le gru volteggiano spinte da una nuvola...
I tuoi cavi respirano ancora il Nord Atlantico.

E oscura come il cielo degli ebrei
ecco la tua ricompensa... Quell'anonimo abbraccio che ci doni
non può distruggerlo il tempo: tu dimostri a noi
una vibrante grazia, un vibrante perdono.

Oh arpa e altare, fuso dalla furia, (come poté la semplice
fatica allineare i tuoi archi corali!)
soglia terrificante del pegno del profeta,
tu preghiera di paria e grido dell'amamte,

nuovamente semafori che sfiorano il tuo rapido
ininterrotto idioma, sospiro immacolato delle stelle,
e imperlano il tuo corso – condensano l'eterno:
abbiamo visto la notte sollevata, tenuta
stretta tra le tue braccia. Attesi

presso i piloni e sotto la tua ombra;
solo nel buio la tua ombra è chiara.
Tutti i pacchi infuocati della City ora sono disfatti,
e già la neve sommerge un anno ferreo...

Oh, insonne come il fiume sottostante,
tu che scavalchi con un arco il mare
e la zolla sognante delle praterie, slanciati
verso le nostre bassezze, e qualche volta scendi,
e con la tua curvatora presta un mito a Dio.

* Hart Crane, da “Il ponte”, Guanda 1967, traduzione di Roberto Sanesi


CENESTESICA di Gaetano Altopiano




La sensazione, mai è solo una sensazione. Comodo riferire un sintomo, certo, che so, con la semplicità che è propria di ogni proscimmia sperando che il signor medico possa capire. Nel riferire un senso di malessere bisogna invece essere quanto più precisi, ma questo è quasi impossibile considerando che la sensazione propriocettiva è quella che determina sì la percezione della differenza tra stato di malessere e benessere ma in funzione dello stato reale di salute, del tono dell’umore, dell’equilibrio neurovegetativo, dell’eventuale assunzione o astensione dal cibo, del caldo/freddo, della quantità di riposo e persino delle condizioni meteo, con effetti talmente diversi da indurre spesso in errore. Facile così sopravvalutare o sottovalutare un sintomo. Facile, ahimè, confondere un dolore al fegato con uno all’intestino per esempio.

mercoledì 16 dicembre 2015

RICORDATELO PERCHE' TI ROSICCHIERA' di Francesco Gambaro




Sino a quando avrà bisogno di mangiare, di bere. Gli resterai solo tu. Continuerà a guardarti dal basso verso l'alto ma con una presunzione diversa, intimorata. Reviviscente come in un sogno. Proteso come un avvoltoio sul tuo corpo caduco. Ultima firma sulla tua carta d'identità. Finito tu, infinito lui nella speranza della permanenza. Nè corteggiarlo più volte al giorno ti fu di aiuto. Prega per lui, l'Illuso, il Topo.

L’ENERGIA DELL’ERRORE ( 2) di Gaetano Altopiano





Da non so più quanto tempo non vedevo questa persona. A.V. parrucchiere. 1980? Quando ci incontrammo la prima volta era magro e capellone, lo ricordo benissimo, oltre che elegante e raffinato, ora è un altro uomo. Anche la faccia è completamente diversa. E i modi. Incredibile: è un altro uomo. E’ probabile che io gli abbia fatto la stessa impressione, seppure mi sia controllato spesso negli ultimi trentacinque anni senza notare granché di diverso. Ma siamo sicuri che io e lui siamo io e lui?

martedì 15 dicembre 2015

SOLITUDINE di Gaetano Altopiano



In India esiste ancora l’asino selvatico. L’onagro è vivo e vegeto e vive a Bombay. E’ veloce come un cavallo e bello come una zebra. Vederlo correre in branco a più di 65 chilometri l’ora mi ha fatto una certa impressione. Quando se ne vedevano qui da noi procedevano indistintamente a passo d’uomo. Erano animali solitari. Mai ho visto correre un asino né mai ricordo di averne visti in compagnia.


domenica 13 dicembre 2015

UN COLPO DA PROFESSIONISTA di Francesco Gambaro




Ho spesso sognato di dare il pugno definitivo al mio nemico. Carico indietro di spalla, poi il colpo parte veloce come una fionda ma arriva moscio sulla mascella. Un incubo ricorrente. Ora mi è capitato. Un rubaportafogli da un metro e cinquanta, linea 101, un peso piuma contro un mediomassimo. Il colpo è partito lento, si è fermato a un metro e cinquanta dal suo nemico. Perché lascio andare via liberamente i miei incubi?

VARIANTE AL BANO 2 di Gaetano Alto Piano





La sproporzione tra Romina Power e Al bano Carrisi è gigantesca. A cominciare dalla schiatta. I due non hanno mai avuto niente in comune: lui un provinciale, lei addirittura figlia di Tyrone Power e Linda Christian. Lui alquanto grossolano e lei bella come una primavera. Mi sono spesso domandato come siano potuti finire insieme e alla storiella che si sono conosciuti sul set del film “Nel sole” ci credo poco . AlstaccatoBano nasconde di sicuro un segreto: la sua mutazione genetica potrebbe essere molto più seria di quanto pensiamo.


sabato 12 dicembre 2015

INFORMAZIONE (CATTIVA) 5 di Gaetano Altopiano




Tirare fuori la “merda" anche dall’uomo più stitico è la specialità di ogni detective che si rispetti: la gente non gradisce gladioli, preferisce i crisantemi e ovviamente esclusivamente all’indirizzo degli altri. Meglio se già puzzano di cadavere. Questo, il primo comandamento. E sono soldoni, e carriera. Dovesse trattarsi, invece, di uomini che la materia fecale ce l’hanno davvero, e a iosa, allora siamo a posto. E’ una quaterna. Per la cinquina però - attenzione - bisogna lavorarci parecchio. E di fino. E’ questa che, se azzeccata, fa di un detective finalmente un detective perfetto. Il massimo è fare cinquina con il più stitico dei malcapitati. Qui sono supersoldoni. E supercarriera. 
COSA MI PIACQUE DI ITALO CALVINO di Francesco Gambaro


La sua bicicletta, lui sulla bicicletta, una 26 non una 28, che lui sembra penalizzato a pedalare per finta, che ci starebbe più comodo su una 28. Lo sterzo retto non lo fanno più, il campanello figuriamoci mister trombetta, la dinamo che ronza come una vespa, eppure, illumina il cammino. Poi anche le brutte scarpe di vernice nera, le calzette corte o cadute e il sorriso scemo e i pantaloni bianchi e l'equilibrio tra un sorriso sincero e uno fotografico. Le risposte che non dava, la voglia di non essere disturbato uguale alla disvoglia di essere amato. Un'intervista mancata. Le risposte maleducate. Mi sono beccato da vigile un: ma come si permette, chi gliel'ha dato il mio numero. E poi venne Palomar, un succhiotto al Gruppo 63 e all'Incompiuto. Era perduto, per questo l'ho amato.

venerdì 11 dicembre 2015

SOSPENDETE IL GIUDIZIO di Gaetano Altopiano





Vi pregherei di sospendere qualsivoglia giudizio sulla sua propria persona. Almeno fino quando non gli sarà data possibilità di difesa e nelle sedi opportune. Il che, non so proprio quando possa avvenire considerati i tempi della legge. Vi assicuro che ha la coscienza pulita. Ma anche questo deve importarvi poco, astenetevi dal formulare un verdetto poiché non è compito vostro. Né ora, né dopo. Questo a motivo della seguente ipotesi – considerate : un tempo che si ritorca su se stesso; che si involva contro ogni legge fisica annientando l’idea di “durata”, rendendola, cioè, perennemente presente al presente. Lo scricchiolio di una scarpa durerebbe all’infinito. E ogni giudizio sarebbe solo un terribile pregiudizio, dato che non muterebbe mai.

giovedì 10 dicembre 2015

FAME (ma non è Knut Hamsun) di Gaetano Altopiano




Se si prova a pensare al “risparmio”, in termini simbolici, e non solo, non credo ci siano dubbi: la prima cosa che viene in testa è un salvadanaio. Non una banca. Questo, probabilmente, per la stretta aderenza che nel nostro immaginario il risparmio ha con concetti come Famiglia o Operosità, oltre che con la Fame (retaggio del nostro tragico passato bellico e post-bellico). Ma il risparmio, precisamente, è il valore positivo risultato dalla differenza tra quello che spendo e quello che guadagno, che, moltiplicato per n tempo non produce altro che “accumulo”, che in termini simbolici, ma non solo, fa pensare inevitabilmente al “capitale”, ovverossia a una banca. Non a un salvadanaio. 

mercoledì 9 dicembre 2015

STORIE DEL SIGNOR DI JFK (13) di Francesco Gambaro




Scopando sotto il divano JFK trascina senza volerlo il corpo di una giovane lucertola. Sembra morte invece è letargo. Pietoso posa la scopa e raccoglie lucertolina con la paletta. La depone sul dorso del muretto di cinta della scala esterna della sua casetta di campagna e va in cerca di un robusto e lungo filo d'erba. Trovatolo ne fissa un'estremità al ramo d'ulivo con un nodo scorsoio. L'altra estremità è un cappio a stringimento. Delicatamente vi inserisce la testolina. Sistema il divano in direzione dell'improvvisato palcoscenico. Aspetterà l'arrivo della stagione e il dilei risveglio per assistere in primafila alla spettacolare autoimpiccagione.

martedì 8 dicembre 2015

PSICOSTASIA di Francesco Gambaro




Quando, dopo il pauroso incidente, il mio amico uscì apparentemente vivo dall'abitacolo della sua automobile, prese in mano la sua coscienza e la depose sul ciglio della strada, come segno di devozione al dio Thot. Il quale, giudice implacabile, ordinò ai suoi sottoposti, Ra, Osiride e Iside di verificare sulla bilancia se la coscienza fosse più leggera di una piuma di struzzo. Coscienza e piuma si bilanciarono perfettamente e l'angoscia prevalse, sostituendosi alla vita e alla morte del mio amico. Come si sa, secondo Anubi, se la piuma è più pesante, il defunto è vivo, se è più pesante la coscienza il defunto è defunto.

lunedì 7 dicembre 2015

LE MANI STREMANTI di Francesco Gambaro




Sono 4 minuti che segano e segano. Si danno il turno. Niente. Metto Me and Bobby McGee, nella versione riposante di Kris Kristofferson, trattengo di fare pipì che dicono rafforza la ricarica di diesel. Chiedo a Kris di farmela all'armonica. Sega e sega, addio, lascia perdere fratello il tuo tempo non è il mio. Lallaà llalà, llala lala. Dovrei farfare più ginnastica alle mani. Dopo 4 minuti attento ai crampi. Se almeno ne venisse uno lì, non nelle dita delle mie mani stremanti. 

VEGLIA FUNEBRE di Gaetano Altopiano




La storia delle unghie che continuano a crescere anche nei giorni successivi alla morte (così come i capelli, racconta J.L. Borges) potrebbe essere vera. Ma anche non vera. Lo scrittore racconta di una donna che, riesumata, fu trovata con 14 metri di capelli. Il che ovviamente è pura “finzione” (tanto per usare le sue parole). Di sicuro il corpo prosciugandosi dei propri liquidi si rinsecchisce anche nelle mani e nei polpastrelli, che ritirandosi, danno l’impressione che l’unghia sia più lunga, ma solo apparentemente. Fatto analogo potrebbe riguardare il frangente secondo il quale durante le prime ore successive al decesso (Borges dice durante la veglia funebre) il volto del defunto assuma le sembianze degli antenati. “Chi ha assistito a un evento del genere, in cui il morto viene lavato, rivestito e composto in attesa dell’arrivo di chi porta l’estremo saluto capisce di cosa parlo”.

domenica 6 dicembre 2015

LE MANI STAMANI di Francesco Gambaro

LE MANI STAMANI di Francesco Gambaro


Ho l'erba strappata dai vasi di casa in mano. Il solito calcare in testa. Stamani ho avviato per la prima volta, dasolochesonosolo, la lavatrice tetesca. Sei perso dice mia nonna, ti dovrebbero cadere le mani. Sei morta nonna, fammi riprovare o dimmi dove ho sbagliato. Scuoto i capelli e un'altro po' di neve cade sulle mani. Stamani, dico, la mia vita la stendo tra alluce e pedice, sotto la lamiera cacatoria delle grondaie. E' una bella giornata di sole. Immagino che calze, mutande e magliette asciugherebbero a vista d'occhio. Intanto che l'oblò tetesco della lavatrice continua a non girare mi dedico alla manicure pennellando le unghie di acetone. Aspiro. Per me, stamani, è come farmi di crack. 

ERINACEUS EUROPEUS di Gaetano Altopiano



Incontro questo riccio due volte al giorno. Alle sei del mattino, quando passa dal retro della casa e scende a valle, penso in cerca di cibo, e alle sei del pomeriggio, quando presumibilmente fa ritorno al suo riparo passando per il camminamento che porta da mio suocero. A parte la puntualità - è incredibile come sia impeccabile nel presentarsi all’orario consueto - è ammirevole anche per la sua precisione viaria, altro che GPS: mai un tracciato diverso. Che era snob, però, proprio non me l’aspettavo: da giorni metto mezza mela sul suo cammino, ma lui niente. Non mi accetta niente.


sabato 5 dicembre 2015

QUANDO MI SOCCORSERO PERCHE' NON RESPIRAVO (in ricordo di Nunzio Incardona) di Francesco Gambaro




Respiravo benissimo, era così bello fingere di non respirare più, coinvolgere amici, amiche al pensiero che il respiro è un non pensiero. Ero taggato alla facoltà di filosofia, il mio professore di teoretica voleva fottermi alla grande. Io respiravo e in un fiato finsi il non respiro, pensandolo parmenideo. Pensi, disse lui, non penso, dissi io: lei pensa che io pensi invece non respiro. I think so I'm not.

LA VARIANTE AL BANO di Gaetano Altopiano




Volendo togliere gli ultimi 4000, diciamo dall’invenzione della ruota, per i restanti 2,6 o 2,7 milioni di anni dalla sua comparsa e dalla conquista della posizione eretta l’uomo è stato praticamente un animale camminatore. Si è evoluto come camminatore e il movimento delle gambe è essenziale alla sua fisiologia. Ripeto: essenziale. Impossibile disconoscerlo. (L’origine si fa risalire alla necessità selettiva dei predecessori - ominidi di 20 milioni di anni fa - di fornire individui in grado di avvistare le prede prima di essere a loro volta avvistati e, ovviamente, di inseguirle più velocemente sul terreno). Ciononostante, una parte dell’umanità si ostina a non voler sentirne nulla. Come non vuol sentire ragioni per il resto delle conquiste evolutive di natura diversa. Queste “diserzioni” (inevitabili a quanto pare) sono uno dei fattori scatenanti la mutazione: da queste nascerebbero le varianti della specie; alcune delle quali di sicura vocazione al successo, altre miserabilmente destinate al naufragio. Dove collocare Al Bano? E che futuro ci si attende da questa variante?

venerdì 4 dicembre 2015

SAGGEZZA PER TUTTE LE TASCHE 2 (“Vecchioni e l’isola di merda”) di Gaetano Altopiano





Il titolo di un film porno con settantenni che si inculano. 

COGLIONI 9/10 di Gaetano Altopiano




Non avevo ancora letto l’Histoire d’O. di Madame Pauline Réage o Dominique Aury, come dirsi voglia. Mi capita tra le mani veramente per caso: una lacuna che sono stato lieto di colmare in settantacinque minuti, se non altro per completezza d’informazione. Nella prefazione (postfazione) di Jean Paulhan - edizioni ES - certamente la parte più interessante, si avvisano i signori lettori che dopo la scorsa di quelle pagine non saranno più gli stessi, quindi attenzione. Vero. In effetti, dopo, ci si sente un po’ più coglioni. 

IN CRISTO E PER CRISTO E DOPO CRISTO DAVID BOWIE di Francesco Gambaro



Orfano da lustri della fantascienza, offeso da lustri di piensiero dormiente, sgomento per il retrogado populismo parrocchiale di Francesco Primo, cerco parole antiche che mi ricatapultino nel futuro. Ricevo ascolto e vedo Blackstar. E con il vecchio David Bowie risorge pure la parola vaticinio. In Cristo e per Cristo e dopo Cristo.


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giovedì 3 dicembre 2015

SCELTA MENO IMPOSSIBILITA’ DI SCELTA di Gaetano Altopiano

SCELTA MENO IMPOSSIBILITA’ DI SCELTA di Gaetano Altopiano


Se quello che sbaglia direzione viene considerato persona in errore, che dire di quello che invece va dritto verso una meta di cui alla fine si pente amaramente? Il punto è che non c’è uomo che abbia piena padronanza di cose come “chiarezza” e “coerenza” e questo perché la razza umana non possiede una storia delle idee ma solo il convincimento di averne avuta una (G. Scruton). Potremmo dire che nessuno dei due è in errore se il termine fosse definito diversamente ovvero che entrambi sono in errore. L’errore è perciò contemplato. Anzi è assoluto. E’ il disavanzo (o resto) tipico di una sottrazione: scelta - meno - impossibilità di scelta. 

LA DOMADA CHE L'OCCIDENTE NON PUO' FARSI di Francesco Gambaro





Oggi quanti morti a Raqqa?

mercoledì 2 dicembre 2015

OLTRE CORTAZAR di Francesco Gambaro



Nel Fama e l'Eucalipto Jiulio Cortazar scrive: un fama va per un bosco e benché non abbia bisogno di legna guarda avidamente gli alberi. Gli alberi hanno una paura terribile perché conoscono le abitudini dei fama e temono il peggio. In mezzo a questi alberi c'è un eucalipto bellissimo e il fama nel vederlo lancia un urlo di gioia e balla aspetta e balla catellon catelloni attorno al perturbato eucalipto, così dicendo: - Foglie antisettiche, inverno senza raffreddore, grandissima igiene. Afferra un'ascia e colpisce l'eucalipto nello stomaco, senza alcun rimorso. L'eucalipto geme, ferito a morte, e gli altri alberi lo sentono dire tra i lamenti: e pensare che questo imbecille aveva solo da comprare una scatola di Valda.

Nel tardo pomeriggio di qualche giorno fa gli uomini della Squadra Nautica, Sezione Volanti della Questura di Brindisi, hanno proceduto al controllo del quarantunenne T.G. Che, alla vista della volante ha cercato di guadagnare la fuga verso il quartiere Paradiso. Raggiunto e fermato, la singolare scoperta degli agenti: l'uomo aveva ben pensato di procurarsi datteri di mare spaccando interi pezzi di fondale marino, portandoli a casa e. nella tranquillità del proprio domicilio, frantumare le rocce per estrarne i mitili contenuti. Le 15 rocce, del peso di circa un quintale, contenenti i mitili, sono stati reimmesse in mare.


Fonte: senzacolonnenews.it
Cfr.: Julio Cortazar, Storie di Cronopios e di Fama, Rodolfo Wilcock, Fatti inquietanti, Pauwels e Bergier, Il mattino dei maghi.

martedì 1 dicembre 2015

ALZATI E DORMITI (per Gino De Dominicis) di Francesco Gambaro



Le palpebre scattano sulle pupille mentre parla, non si rialzano. Una scintilla di elettricità, della quale il nostro corpo è grande donatore, una improvvisa interruzione della peristalsi circense coniuga il brivido del trapezio con la noia dello spettacolo. Dunque alzarsi e dormire. Le palpebre, non più costrette a subire alcuna eccitazione muscolare, cadute senza ritegno, dormono anche loro: come se la cinghia della serranda avesse ceduto senza sonoro né apparente danno. Sbagliando, si può dire che quando il corpo affonda nel materasso, è il materasso che ne affoga il corpo. Allora, in quel momento, niente comincia e niente finisce, tutto si palpebra si annuvola si confonde in concetti incapaci di alfabetizzare un inizio o una fine. Misteriosamente si ritrova a tenere in mano le dita di porcellana di una fidanzata mai fidanzatasi, lisce e finte. Questo è il segnale. Si alza con gesto lento e atletico, senza darsi aiuto con la mano libera, con la quale invece gira la maniglia della finestra. Scavalca, pochi passi sul cornicione sino al punto in cui tutti i corncioni cessano di esistere, e spicca il volo.

(L'OCCHIAIA. 12.) di Elio Coniglio



   Una pioggia sottile mi turbina attorno , mi punzecchia , offusca la mia vista. Tuttavia, sia pure con le opportune precauzioni, scanso abilmente ogni pozzanghera, detrito, carcassa informe d’animale disseminata su questo vasto spiazzo.  Ho con me una palla di morbida plastica colorata. Sulla sua superficie, in perfetta sincronia con ognuno dei miei cauti passi, si formano e si dissolvono, di continuo,  ingranaggi complicatissimi, gelide stelle, numeri, galassie …  La tengo tra le mani, le braccia allungate ben oltre il mio petto ansante quasi come se, da un istante all’altro, dovessi offrirla in dono a qualcosa o a  qualcuno.  Mi sfugge  giusto mentre raggiungo la via da cui si diramano tutte le possibili vie. Uno due rimbalzi dopo, eccola, girogiro al marciapiede, rotolare giùgiù lentamente fianco a fianco ad un cinguettante rivoletto d’acqua piovana che, di tanto in tanto, incespica fra le sconnesse commessure della cunetta. La inseguo, caparbiamente!  E sto per riacciuffarla ma, una altra palla, più grande sì ma incolore, spinta da  una improvvisa ondata di piena, la cozza, la travolge. Trasportate dalla furia dell’acqua, entrambe trottolano impazzite  giùgiù poi, scompaiono dal mio orizzonte visivo. La rivoglio! Ho le ali ai piedi quando, girato l’angolo, la vedo… Chi la stringe al suo ventre umido mi fissa con occhi inespressivi  e ad un tempo mi ignora. Da ciascuna delle sue mille e più bocche socchiuse fuoriescono non parole ma gorgoglii che io intendo…  e subito so che non c’è accordo: ciò che l’acqua ghermisce appartiene alle acque…          

L’INTRUSO di Gaetano Altopiano




Non sapendo decidersi sopra questa questione: leggere un libro sul minimalismo orientale o uno sulla vite combattiva dell’Irpinia, risolve di farsi fare un pompino. JFK lascia Tusa e piomba letteralmente nel mio mondo. Mi costringe ad assistere a questo spettacolo osceno e alla fine mi chiede anche i soldi per pagare la ragazza. Un fango. La sobrietà ad oltranza non lo entusiasma. Meno che mai dovere vivere di porzioncine di riso, bocconcini di pesce e microscopici sorsi di acquavite né calda né fredda. Dice che solo il risucchio lo arricchisce. 

sabato 28 novembre 2015

LA PAROLA PIU’ ANTICA di Gaetano Altopiano

Se c’è un momento in cui mi sento povero, è quello in cui faccio la doccia. Non c’entrano concetti come Pietas, la nudità del verme o il corpoacorpo con sé stessi, meno che mai quelle carezze che consolatoriamente mi concedo. Non è provare “pena per sé stessi”, non c’entrano gli umori corporali, quando mai. E’ il bagnoschiuma che non va: il suo ignobile odore di mela verde. Mi dà la nausea. La mia signora è un’ostinata economa: costa treecinquanta in meno di tutti gli altri e in più ha un quarto di prodotto in più. Come controbattere? Profondamente commovente, puntualmente mi viene in testa un verso di Wallace Stevens: “E’ la parola della povertà che più ci cerca. Più antica della parola più antica di Roma…”

BRUTTE FACCE di Francesco Gambaro

Quelle di Sputinik, quella di Erdogan-pomata-antiemorroidi, quella di Assad Il Lungo, quella piagnisteo spermatico di Ollando il Marsigliese. Io, frocio senescente e bavosissimo di fanciullini come loro, per il bene che mi voglio, cercherò in terra d'Affrica culetti migliori. A.R.
Nelle azzurre sere d'estate, / andrò per i sentieri, / punzecchiato dal grano, / a pestare l'erba tenera: / trasognato sentirò la frescura sotto i piedi / e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
Io non parlerò, non penserò più a nulla: / ma l'amore infinito mi salirà nell'anima, / e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro, / nella natura, lieto come una donna. //

venerdì 27 novembre 2015

STORIE DEL SIGNOR JFK (12) di Francesco Gambaro

JFK torna in gioielleria. E' incazzato. Philippe Soupault è incazzato più di lui. Gli fa da spalla ma anche da anca. Lui vuole la scarpa di peltro esposta in vetrina. Anche la sinistra. JFK chiede insistentemente quelle cazzo di scarpe di peltro per il suo amico Philippe Soupault. Destra e sinistra. Sono di peltro, risponde tremando il gioelliere. Fossero pure d'argento, dice Philippe, le voglio e della misura dei suoi piedi. Qui non si vendono scarpe, dice il gioielliere, solo scarpette posacenere di peltro. JFK sfila la pistola. Non scherziamo dice, non vorrà dire che questi posacenerini li faccia diventare di piombo insieme al suo cuore. Che misura, chiede cremolando il gioellere. Una doppia 44 e niente scherzi.

giovedì 26 novembre 2015

MI SONO SCORDATO UNA PAROLA di Francesco Gambaro

Dove? Forse in macchina, ora ridiscendo. Deve essere scivolata sul sedile posteriore. Forse mentre pisciavo, pisciare mi distrae maledettemente. Mentre dormivo? Forse. O piuttosto in quel negozio che vendevano mobili di betulla svedesi. In via Mazzini? Tra un drink e l'altro. O da Francesco? Tra una vodka e l'altra. Dentro qualcosa sarà caduta quella parola. Un quadro, tra le mutande, sulla firma di una ricevuta, su un rigo sbagliato. Le avevo messo pure una x mi ricorda la consulente bancaria. A matita. Allora alzo gli occhi e ripeto, a matita, e gli occhi mi si illuminano, la vedo, lei, la parola scordata, e le dico: seppure non l'ho conosciuta, non l'ho mai dimenticata. Lei deve per forza chiamarsi misonoscordato.

mercoledì 25 novembre 2015

IMPOSSIBILE PATTINARE di Francesco Gambaro

Odio quelli che dicono mi sta bene, quelli che dicono ti voglio bene, quelli che quelli non lo sbrocchiamo più jannacci, sergio rubini che dobbiamo parlare, bruno vespa che dice adesso e abbassa gli occhi sulla scaletta cartacea, il caldo il freddo li sopprimerei, turchi e curdi li lascerei fare, eppoi, ma forse si potrebbe, eppoi, ma se non ho capito male, il soliloquio collettivo, la prossima assemblea nazionale del PD, l'arcifrancesco che va in affrica senza portarsi in tasca vita di un uomo di giuseppe ungaretti. Impossibile fare guerra o pattinare in Brasile, non c'è ghiaccio.

martedì 24 novembre 2015

COSE CHE ANCORA MI SONO ANCORA di Francesco Gambaro

La targhetta Rag. Gambaro che ancora presiede dal 1982 la casa paterna del fu mio padre. Senza nome ma con un titolo di studio. La lettera C perduta da Gaetano e sostituita da una K kafkiana. La Q di qulo con cui Giovanni non si degnava di descrivere meglio l'oggetto dei suoi desideri. La R di Furvio, che accettava il cambio con la L, ma non la sottrazione della B del suo cognome Abbate. Il QUARTORDICI intramontabile dei palermitani e l'anno Ventuno dello mezzadro nato spagnolo, Francisco, all'anagrafe castelbuonese.

lunedì 23 novembre 2015

NEURODECRETO di Gaetano Altopiano

In questi giorni non riesco proprio a sintetizzare. Strano. In genere non ho particolari difficoltà a esprimere un giudizio compiuto, né tantomeno a trasferirlo su un pezzo di carta. Ma questa quindicina di novembre mi ha reso volubile e incline a un certa apatia generale. Potrebbe essere, magari, che non ci sia un tubo da sintetizzare e molto più tecnicamente il mio “deperimento” sia invece studiato a tavolino. Il freddo, le ultime frequentazioni, il film che ho visto ieri pomeriggio: viste le premesse, impossibile ogni azione.


LE SUOLE FANGOSE DELL'ASSASSINO di Francesco Gambaro

Mi piacciono le farfalline della notte addormentate sulla stanga del portone che col dito setaccio. I gechi che entrano dalle fessure delle finestre e mentre dormo mi cadono in bocca e mangio. Le lucertole che scovo in letargo e non scappano. Il fango secco sulle suole che svela l'ingresso in casa dell'assassino, che assassino.

domenica 22 novembre 2015

SUL CONCETTO DI DESIDERIO di Francesco Gambaro

La vita è acclamazione del proprio passato o eccitazione verso un futuro passato? Si desidera dormire o animare un sogno? Desiderio è una parola vuota o desiderio di una parola vuota. Desideri morire una volta o almeno un'altra volta? Essere tutta la vita un senatore, per esempio è un desiderio o la morte di un senatore?

sabato 21 novembre 2015

EL TOPO di Francesco Gambaro

Il topo non ragiona, non pensa, aspetta. Lavora a ritmo costante. Se si blocca è per ascoltare. Ama ascoltare i passi di animali strani che improvvisamente tornano a abitare la casa di campagna. Disdegnano le torte, soprattutto se alla fragola, soprattutto se ben confezionate in cartavelina. Invece assaltano con goduria famelica i cavi dei computer, le vecchie persiane rammollite. Si affacciano dove nessuno immagina ci si possa affacciare, dalla commessura di una porta, dalla fuga dei cotti mattoni, dalla ringhiera come signori in cerca di esposizione al sole. Osservano i calcinacci dei muri scrostati con piglio architettonico, programmano di ritinteggiare o abbattere. Cliccano sul tasto di un mangiadischi a ricarica solare e ballano cubano. Il topo non ragiona, è pazzo, infila la testa nella ghigliottina al camambert, in gloria barbarica dei formaggi francesi.

venerdì 20 novembre 2015

CORRENTECONTROCORRENTE di Gaetano Altopiano

Anche se sognare è una normalissima, banalissima umana prerogativa, farlo “professionalmente” è soltanto appannaggio di pochi. Soltanto pochi, infatti, riescono a metterci tanta passione e ancora meno sono quelli che di questo riescono a convincere gli altri (esiste persino un partito). Secondo alcuni si tratta di signori dotati di uno straordinario talento, temerari e imperterriti tanto da sollevare il clamore di chi li si osserva remare controcorrente. Per altri non sarebbero che persone confuse: hanno semplicemente sbagliato direzione. 

CONTROLANGONE ULTIMA di Francesco Gambaro

Si chiama olloubecco l'altro langone, “metti la lingua, un po’, sul mio cazzo / prima che non ci sia più niente affatto”. Metti che non sia un cazzo in questi sversi di olloubecco che, per langone camillo, è un grande poeta. Più grande del romanziere olloubecco stesso e della fallaci che non sapeva sverseggiare come invece olluebecco, bello come le mosche tavane, emaciato esattamente come il langone che su cinque a salve ne spara un'altra a salve e che quando entra in una chiesa ha un'erezione. Pound non si rimuove dalla tomba, assente.



Michel Houellebecq “Configurazioni dell'ultima riva”, Bompiani

giovedì 19 novembre 2015

SOTTO L'ALA DI PUTIN di Francesco Gambaro

Il mesto letta, l'imbranato bersani, il lanugginoso monti, il parolaio fiorenzuolo, il comico prestato alla politica grillo, il politico prestato alla comicità de luca. Ma com'è che ancora non riuscite a sostituire il joker berlusconi? Ancora sotto l'ala di putin?

mercoledì 18 novembre 2015

IL SOUFFLE' DELLA MORTE di Francesco Gambaro

A 16 anni c'ho tentato, era il sesto piano, poteva riuscire benissimo. Miei amici: s'è appeso al lampadario, solo ferite, per via che il lampadario c'è finito sulla testa. Altro amico, deciso con la pistola di suo padre comandante dell'arma, l'arma ha cileccato. Altro amico, non lo voleva proprio, ma scivolando col culo sul passamano della tromba delle scale, c'è riuscito proprio. Altro amico, qualche annetto in meno, sosteneva che la dauphine di suo padre fosse anche anfibia. Ha centrato sulla banchina la bitta di porfido ed è rimasto tutta la notte a fissare il mare terrorizzato dall'idea di dovere tornare a casa. Soprattutto gli adolescenti sentono insensatamente, poco professionalmente e per una corta stagione il soufflé della morte. Chi li recluta e li ammaestra a farsi saltare e a fare saltare in aria dona loro un senso alla morte.

ENDORFINE di Gaetano Altopiano

L’appuntamento” si è fatto interessante solo verso la fine. Anzi, unicamente alla fine. Cioè quando ci siamo salutati. Per il resto è stato un vero e proprio disastro. Ordinario. Prevedibile. Lei che in più si esprimeva in modo del tutto sgrammaticato. Da subito mi ha fatto pensare all’esercizio fisico. “Rilascio delle meritate endorfine solo dopo almeno un’ora di faticaccia.” Mi sono fatto forza e ho aspettato pazientemente che mi consegnasse l’assegno. 

martedì 17 novembre 2015

(L'OCCHIAIA. 11). di Elio Coniglio


Di spalle contro lo stipite del portone, più che appoggiato, da come si muove sotto i timidi raggi di questo primo sole primaverile, sembra appeso per la collottola ad un grosso chiodo. Simile ad un grosso insetto intorpidito  da poco svegliatosi  da un profondo sonno larvale, costui ha stampata sul volto la tipica espressione beota di chi tenta, astenendosi dall’agire, di scrollarsi di dosso le messicanerie  alcoliche della notte appena trascorsa. Lo guardo. Lascio che i miei occhi rimangano appiccicati a lungo  ai miei occhi riflessi sulle lenti scure dei suoi occhiali :-  guardo me stesso che guarda se stesso…  Ben oltre il vicino piazzale, seduto sotto una sbilenca tettoia di canne alta su un terrazzino sopraelevato di una decina circa di metri dal piano stradale, Qualcuno mi guarda e sorride. In fondo in fondo al piazzale un fabbro dà maldestri colpi di martello contro una cancellata. Un ragazzino imprudente quanto ostinato forza con la ruota anteriore del proprio scooter uno dei cancelli d’ingresso per entrare nel piazzale…

lunedì 16 novembre 2015

MARSIGLIESE Sì MARSIGLIESE NO di Francesco Gambaro


Ma non c'è qualcosa di colpevolmente preoccupante in un paese che dopo il discorso del suo Presidente si alza a camere riunite intonando la Marsigliese. Non sa un po' di Corea del nord? Ve lo immaginate, che so, la bonanima di Andreotti, alzarsi dal seggio parlamentare e cantare in coro Fratelli d'Italia, dopo l'assassinio di Aldo Moro?

ERRORE R4 di Francesco Gambaro

L'hanno rifatta, la più brutta. Ricordo quando, alla guida Gian Mauro Costa, scendevamo da Trabia a Palermo in folle: la 2 CV ci faceva presagire il mare, il maldimare e un concerto di Keith Jarret. Era niente più che un furgone, le linee delle Citroen le tagliavano ogni volta la gola. DS 21 per esempio. Oggi l'hanno rifatta, più brutta, più rifatta. Verrà la morte e avrà i tuoi due orribili occhi. I reviviscenti Maggiolino o Mini Cooper o 500 Fiat sono baci per la nostra salute oculistica. La neorinata R4 è l'orribile conclamato. Non guardatela, o dovrete andare dall'oculista.

domenica 15 novembre 2015

AMORE PER LA MUSICA di Gaetano Altopiano

Seppure Murakami Haruki sia un narratore instancabile e di indubbia bravura (uno dei giapponesi migliori) qualcosa dei suoi personaggi puntualmente non quadra, e questo solo per l’inguaribile passione che lo scrittore “nutre” per la musica classica. Ognuno ha i suoi limiti. Haruki non resiste e, in ogni libro, deve per forza rompere il cazzo e metterci un sottofondo musicale, fosse anche nella descrizione del bar più malfamato dove i suoi personaggi si sono fermati al volo solo per mangiare un panino. Il peggio accade perché regolarmente i protagonisti riconoscono alla perfezione il nome, il numero dell’opera e addirittura chi sta eseguendo quel particolare brano e in quale sala di concerto, oltre che casa discografica e anno di incisione, ci mancherebbe. Insopportabile. 

TI ESTI, DOTT.VESPA di Francesco Gambaro

A Porta a Porta si sta parlando degli attentati parigini. Il dott. Vespa, nel mezzo della trasmissione, annuncia l'arrivo in poltrona del prof. Paolo Magri. Scoppiano gli applausi. Vorrei essere in studio. Non per zittire il prof. Magri o per contestare gli applausi, solo per ricordare che nella passata Pasqua, in Kenya a Garissa, 147 studenti sono stati mitragliati dai terroristi somali di al Shabab. Una mattanza molto poco parigina, molto poco televisiva, vero, dott.Vespa? Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.



sabato 14 novembre 2015

LA PIU' BELLA PAROLA DEL MONDO di Francesco Gambaro

Si usa cosa, quando non si sa indicare cosa. Avevo un amico, me lo rimproverava. Diceva che tutte le cose devono essere nominate. Quando dici cosa è come se stessi dimenticandoti il tuo stesso nome, quello che sei. Ogni parola ha un significato, cosa non lo ha, è vuoto, un buco nel vocabolario, un comodo arrendersi e sciuparsi alla fiera della svendita della parola. Per me cosa, quando è diventata cosa? La parola delle parole, la più bella cosa del mondo. Quando ho detto al vocabolario accucciati, e lui, spaventato, si è accucciato.

TRILOBITI di Gaetano Altopiano

E’ inevitabile che accadesse. Ma, nondimeno, i sottoscritti cercarono sempre di pensare ad altro. Fino alla fine. Concentrati più sul 2/4, 4/4 del Tango, su stinchi femminili - Sunderland Club, Lugones3161 Buenos Aires- (persino sul potere delle parole immaginifiche) piuttosto che su Tempo ed Esperienza che inesorabilmente produssero l’unico effetto per il quale ogni cosa era stata creata: deperimento. Nel secolo 3milionesimo un tizio puntiglioso punterà il bastone scostando la polvere della pampa siciliana: un tacco di cuoio, un mucchiettino di falangi - scoperta secolare – una milonga con la stratificazione fossile del piede. 

venerdì 13 novembre 2015

AL BAR DELLA CAMPANA DI VETRO CON SYLVIA PLATH di Francesco Gambaro

Il titolare di un pub di via Chiavettieri a Palermo protesta per incidenti occorsi (da mettere nel conto). Rendere viva una strada è renderla rumorosa. Movida è la parola chiave che ne giustifica l'impennata. Movida non è una parola italiana, nemmeno palermitana. Un po' si diventa farlocchi con tutti questi spagnoli davanti. A me sta bene che in strada si arrostisca la merda. Ubriachi si mangia tutto. Ma da che parte sta il silenzio. Indicatemi una via, un bar, che non siano cantieri a turni rotativi, dove leccare con gli occhi, sobri, le ciglia delle ragazze. La promisquità movidica arroste pure il silenzio.

...Prima del loro arrivo l'aria era alquanto calma, andava e veniva, respiro dopo respiro, senza tante storie. Poi i tulipani l'hanno riempita con il loro frastuono, ora l'aria si impiglia e vortica intorno a loro come un fiume s'impiglia e vortica intorno a un motore affondato, arrugginito. Concentrano la mia attenzione che felicemente giocava e riposava senza troppo impegno. Perfino le pareti sembrano accalorarsi. I tulipani andrebbero messi dietro le sbarre come animali pericolosi;...” (da 'Ariel' 1961, traduzione di Erminia Passannanti)

PICCOLA POSTA di Gaetano Altopiano

Una delle domande che mister C. rivolgeva più frequentemente a se stesso riguardava la natura delle sue occupazioni. Questo, secondo quanto ci scrisse la signora G., sua legittima moglie. Quello che non convinceva il nostro amico, creandogli non pochi pensieri, era il rapporto tra il costo impiegato e il beneficio ottenuto dalle sue profusioni fisico-mentali che arrivò addirittura a definire malauguratamente investite (parole della signora). Orbene, la donna, attraverso costanti missive, riferì puntualmente il disagio creatosi in casa loro ma in modo altrettanto puntuale dimenticò di scrivere il proprio indirizzo e (soprattutto) mai specificò di che occupazioni si trattasse, rendendo impossibile, come è immaginabile, formulare il benché minimo consiglio.”
Gentili lettori, graziose lettrici:
Quante cazzo di volte vi devo ricordare che una lettera senza mittente non potrà mai ricevere una risposta? Ricordatevi di scrivere sempre il vostro indirizzo ma chère, ma anche expressément la natura concreta del vostro problema. Il nome insomma.

   La redazione 

giovedì 12 novembre 2015

UN POPOLO DI CT E ARBITRI di Francesco Gambaro

Ma è tramontana, no è grecale; ma è levante, no è scirocco; ma è ostro, non è libeccio; ma è ponente, no è maestrale. Si trova sempre il modo di mettersi daccordo tra noi metereologi dilettanti. Daccordo, no d'accordo.

mercoledì 11 novembre 2015

NEL TRAMVAI DI GIORNALISTI E MAGISTRATI di Francesco Gambaro

C'è questo tramvai, dal giornalismo rotativo al conduzionismo televisivo, dal magistratorismo silenzioso allo starismo magistrale. Chi li bacchetta i magistratri che, volendo uscire dalla gabbia dell'algido linguaggio forense, scrivono, libri, fiction, retroscena corvacei. O i giornalisti che fanno il salto più lungo della gamba. Il caso di Massimo Giannini - che, helas, non è un fuoriclasse caro Pietrangelo Buttafuoco, i fuoriclasse non fanno salti falsi - non pesa tanto per il perdonabile desiderio di passare al carro dei vincitori, alla squadra di chi paga di più, al palcoscenico dalle quinte. Stare davanti la telecamera o scrivere thriller è altro mestiere, e chi ci è nato dietro le telecamere o tra i libri ha partita vinta (Camilleri vs Carofiglio). Ma il punto è un altro. Questo tramvai porta da una cacca, quella rotativa, a un'altra cacca, quella televisiva, non c'è sostituto-prostituto che sappia più inventare, prendere le distanze dalle mezze notizie, dai lenti rinvii dal primo al fantasmatico quarto grado di giudizio. Niente più brilla, la noia non la addomesticherà Giannini né il futuro best-seller di Ingroia. Non sarà demerito loro se il tramvai delle loro ambizioni li porterà a un punto di non ritorno. Il futuro sta lontano dai giornali, dalla televisione, dalla senescenza precoce che Coloro auspicano rinascenza.

martedì 10 novembre 2015

RILEGGERSI di Francesco Gambaro

Rileggere, dopo anni, è quasi ferale. Non siamo costruiti su colonne stabili, la criticità, che pure non ci appartenne, inevitabilmente sgretola la vacuità della memoria. Così il poeta che amammo una volta oggi lo decliniamo al passato. L'apocalittico prosatore in rima della fine del mondo, un annoiato riccastro di provincia assimilabile al protagonista de 'I delfini' di Francesco Maselli. L'accostamento è casuale, non commemorativo. Intanto però scopriamo nuove sue pagine, ingiustamente mandate in polvere dalla irresponsabile memoria: “Sono andato dove non so, dove non sono forse arrivato, dove mi è piaciuto andare, perché la gente se ne avesse a male.”*. Perché succede anche questo, di chi abbiamo amato, rileggendo, scopriamo di averlo amato di amore disattento.


*(Antonio Delfini, 'La passeggiata' in Autore ignoto presenta)

lunedì 9 novembre 2015

IL SECONDO CALLOZZO DEL COLON di Francesco Gambaro

E' quello che nessuno conosce. Nemmeno il mio amico anochirurgo. E' il callozzo fantasma. Sta tra il primo e il terzo. Dalla biopsia si rileva questo fenomeno inspiegabile: un fermo immagine e poi un salto perfetto alla fratelli D'Inzeo. C'è un ostacolo insisto, si chiama otturazione. Ma niente. Chiedo i favori dell'idraulico. Molti idraulici sono più pratici degli anochirurghi. Chiamati a visitare il mio colon dal mio ano ne escono affranti. C'è un buco ma non è un'otturazione. Come un buco? Si passa. Che sia aria concentrata, azzarda il più brillante degli esploratori. Una loffa stantia, ma come si spiega che ci si passa. Anzi che ci si salta. L'ultimo idraulico bioptico ecco che dal terzo ritorna al primo senza nemmeno accorgersene. All'interno del salsicciotto del colon, plaff, buio, e si è nel primo callozzo. Il secondo manca sempre al radar dell'occhio. Dov'è finito si chiedono gli spazzini della sala operatoria. Gli idraulici tornano alla luce, uno dopo l'altro, scuotendo la testa. Che Oriana Fallaci abbia chiamato luce PPP mi ha definitivamente rotto ogni speranza.

sabato 7 novembre 2015

IL GIORNO DOPO LA MORTE DI GIANNI AGNELLI di Francesco Gambaro

Pino Aprile scriveva su Oggi: “Il re non incoronato d'Italia, come lo chiamavano gli americani, è morto. Era il nostro connazionale più stimato nel mondo. E non per i suoi soldi, la storia, la famiglia... Gianni Agnelli, l'Avvocato, era unico per lo stile: quello non te lo compri, è tuo... Lo stile è la personale forma di pudore che ognuno di noi matura; ed è così importante, perché il pudore è 'l'abito della virtù', inteso alla latina, del proprio valore. Dice quanto vali davvero. E questo che si intende con: 'un uomo è il suo stile'... Una cosa non potremo perdonargli: gli imitatori. Credono di essere come lui perché più ricchi; di averne l'eleganza, perché comprano gli abiti dagli stessi sarti; di essere affascinanti perché regalano gioielli e un fiore alle compagne di una notte; importanti perché frequentano gli stessi ambienti.” Sarà, caro Pino, però imitando si impara, si cresce: oggi, vuoi paragonare quel flaner di Agnelli allo stile alla ricchezza al fascino all'importanza di un Briatore di un Della Valle di quel coniglio bagnato di Luca Succhiabaci? 

venerdì 6 novembre 2015

VECCHIE CIABATTE di Francesco Gambaro

E' importante. Ultimo riconoscimento critico a Adele Cambria da parte di Adriano Sofri: “Io l’ho stimata, le sono stato grato, e le ho voluto bene.” Cazzo che fior di pezzo giornalistico. Ragazzi, domani tutti in libreria.

giovedì 5 novembre 2015

STORIE DEL SIGNOR JFK (11) di Francesco Gambaro

JFK si sveglia con un senso di oppressione che non sa spiegarsi. In pigiama, per liberarsene al più presto, apre il portoncino del suo sottoscala per fare il solito giro della casa. Sull'ottavo e ultimo gradino uno straccio chiaro intriso di quello che, ad occhio, sembra sangue. Sul marciapiedi, ad angolo, una federa decisamente macchiata di sangue. Si preoccupa. Procede per la circonvallazione, subito dopo la prima curva, un pugno di lenzuolo stracciato stropicciato e insanguinato. Sempre più preoccupato procede verso l'altro portoncino del pianterreno, seguendo una brillante scia di gocce porporina. Entra e sotto l'abat jour dell'ingresso i resti di un reggipetto, dell'inconfondibile culotte regalatole per l'anniversario di matrimonio e di un ciuffo smbagiato di assorbente. Si inoltra in corridoio, unghia spezzate e colorate di rosso. Apre con orrorosa circospezione la stanza da letto. Sangue schizzato dappertutto, pendente pure dai pendenti del lampadario. Nessun corpo, né una sagoma sul materasso, nessun'ombra. Scuote avvilito la testa maledicendosi per il suo alzhaimer galoppante. Si gratta la testa. Dove diavolo avrà occultato questa volta il cadavere di sua moglie?

CLAC, CLAC, TRE VOLTE di Gaetano Altopiano

Non possiedo oggetti che mi somiglino. Nemmeno i ritratti dei miei antenati. Dovrebbero, fra tutti, essere quelli più somiglianti, molto più di un posacenere, di un candelabro o un’alzatina. Ma neanche i miei antenati mi somigliano. Non più di quanto mi somigli un bicchiere di latta, una calamita, una brocca di creta secca. L’unico oggetto - non riesco a ammettere altro - è una rivoltella: qui riconosco una vaga rassomiglianza. Ho imparato a usarla per il semplice gusto di farlo, non amo sparare: impugnarla, girare il tamburo, sentire il rumore e contare. Clac. Clac. Sei volte. Come quando ripeto un libro - non leggere, mi capite - compitando parola dopo parola per il semplice gusto di farlo. Il polpo comune (Octopus Vulgaris) ha tre cuori. Anche questo è incredibile. Uno che addirittura usa solo per nuotare. Cellule nervose a milioni lungo i tentacoli, proprio come avere centinaia di cervelli. Dopo l’accoppiamento deperisce fino alla morte, che in genere sopraggiunge in un tempo brevissimo.
Di cose nient’altro che tre.
Doris: E son?
Sweeney: Nascita, e copula, e morte. Tutto è qui, tutto è qui, tutto è qui. Nascita, e copula, e morte.”

(Fragment of an Agon, T.S.Eliot, The Waste Land)

mercoledì 4 novembre 2015

LE UNGHIE DI UN VECCHIO CIECO di Francesco Gambaro

Il vecchio carezza l'orlo delle unghie. Così percepisce il passaggio del tempo. Mettiamo che questo vecchio sia Sherwood Anderson e, mettiamo che, di belbello, le sue unghie cessino di crescere. Che dal suo letto, innalzato all'altezza della finestra dai suoi cari per suo desiderio, veda impolverarsi i vetri, poi ingiallire. Mettiamo tenti di alzare le palpebre e che le dita ormai quasi disunghiate trovino le palpebre già spalancate.

martedì 3 novembre 2015

L'OCCHIAIA (10) di Elio Coniglio

Incontro la bambina, di buon mattino a passeggio mano nella mano con il padre, a pochi passi da casa mia. Mi chiede, di botto, usando un tono di voce che si fa sempre più duro, di una sua scarpa smarrita giorni fa giocando in strada. So dove si trova  e per un solo attimo mi tenta l’idea di mandare mio figlio a prendergliela in garage dove l’ho  vista in bella mostra fra le altre cianfrusaglie. Ma ho fretta e i crisantemi che cullo fra le braccia, cominciano a sfiorire….  Vaghiamo  per ore nei viali che attraversano in lungo e in largo il camposanto  prima di trovare la tomba.  Isolata dalle altre, questa, un massiccio parallelepipedo di pietra color ruggine, emerge dal terreno erboso scostante come un fungo appenappena spuntato ma non disdegna la tremula ombra bluastra di uno lanciatissimo cipresso  cresciuto nelle immediate vicinanze. Più e più volte, a turno,  inseguiamo con l’indice occhiuto la spirale di numeri  incisi da mani esperte che dal coperchio s’allarga giùgiù sugli altri lati, in cerca di un ‘ottantatre’ che non c’è. Per di più, una vecchia dal volto ossuto di un olivastro che denuncia una lunga permanenza in questo luogo ci molesta di continuo urlandoci contro un potentissimo mantra. Intimiditi, ci allontaniamo di quel tanto che basta per non avvertire sulla pelle questa rabbia incontenibile poi, con la cocciutaggine di chi deve compiere un’azione anche se non ne ricorda più il motivo, ci rimettiamo  sulle tracce della tomba….

GLI OCCHI DI UN VECCHIO CIECO di Francesco Gambaro

Agli occhi del vecchio cieco, l'alluce valgo del suo piede destro, svetta in maniera anomala verso scappatoie che la vecchia scarpa non riesce a governare. Anche il dito è vecchio, pensa il vecchio, perché continua a crescere mentre io rimpicciolisco? L'artrosi dilata le ossa, i capelli dei morti continuano a crescere dentro la tomba gli fa esempio il podologo, è la vita prima della morte. Però, dice il vecchio, non sono ancora un morto, sono un vecchio, che me ne faccio di un alluce valgo che continua a crescere, che vuole sbucare fuori dalla mia vecchia scarpa destra prima di morire. Senza un alluce sopravviverò. Lo resecasse bene, dice il vecchio al podologo, come bene mi taglia unghie, ragadi e calli.

INFORMAZIONE (CATTIVA) 4 di Gaetano Altopiano

Sembra che la notizia della relazione tra consumo di carni rosse e rischio cancro (rapporto OMS di qualche giorno fa) sia solo una notizia riciclata, vecchia di almeno 50 anni, che un burocrate troppo efficiente ha deciso di diffondere solo oggi. Non solo. Sembra anche che l’OMS abbia puntualizzato, subito dopo, che tale relazione sia il frutto di un valore statistico risultante da studi fatti tra gli anni 60 e 90 del secolo scorso e riguardanti “esclusivamente” le neoplasie dell’intestino in America (dove il consumo pro-capite settimanale è di kg.1 di carne). Altri studi dell’OMS sono: i tumori allo stomaco negli asiatici causati dall’ingestione di Tè bollente. 

lunedì 2 novembre 2015

LA DAMA NERA di Gaetano Altopiano

Mi dispiace Andrea Marcenaro, ma non sono d’accordo (Andrea’s version – il Foglio – la Dama nera delle tangenti Anas). Lei ha esasperato la funzione del “soprannome” e facendocelo notare, semmai, ha fatto il gioco degli aguzzini. Semmai. E’ prassi consolidata che i protagonisti della cronaca si vedano attribuire nomignoli tra i più fantasiosi e in primis (guarda un po’) proprio dai giornali, e questo non produce poi tutto questo grande botto sul risultato finale, altro che effetto cancerogeno: il destino di un indagato non è legato a un soprannome ma a quello che veramente ha fatto o non ha fatto. Amen. Tra qualche settimana la “dama nera” prenderà una strada che nessuno dei lettori avrà più interesse a seguire. Un noiosissimo processo che non si caca più nessuno. Lei il primo. 

SENZA COLLERA di Francesco Gambaro

Allora ci vediamo domani. (mia suocera): se vuole dio, senza collera. (Io): o dopodomani. (mia suocera) o dopodomani, senza collera. (io) forse toccherà a me. (mia suocera) o a me e chi lo può sapere. forse dio. forse non lo sa neppure lui. (io) ciao ciao. (mia suocera) addio addio. (io) allora a domani alle 8. (mia suocera): va bene. (io): buonanotte. (mia suocera): altrettanto per te.

domenica 1 novembre 2015

BITORZOLI di Francesco Gambaro

Sentirsi la fronte a bitorzoli. Orzi che riscaldano la testa e la animano. Orzi, animaletti fattisi grandi per imitare i giganti. Detti anche pietre di zole, cabezzoli imbazziti. Bozzoli, zoli, zenza zapere di essere soli. Io non zono zolo mi comunica Solo. Giusto te cercavo, e con le unghie degli indigi lo sghiaccio.

sabato 31 ottobre 2015

COGLIONI (7) di Francesco Gambaro

Mi avete distrutto maradona, mi avete distrutto pantani, forse mi distruggerete pure nibali, mi volete distruggere valentino che è un nome non un cognome, ma andate a fare in culo voi che valutate e avete distrutto dorando pietri, merda sciolta nel buco della raccolta differenziata delle vostre vite, viva i drogati e chi da se stesso vuole tirarsi fuori per amarvi cari pezzi di merda che vivete la vita a pezzi di regolamenti.

WOLF 359 di Gaetano Altopiano

Quando fu stabilito in via pressoché definitiva che il tempo è un concetto relativo e non assoluto, tanto che di due gemelli che fossero stati spediti uno su Wolf 359 (8 anni luce dal nostro pianeta) e l’altro in Engadina, o più semplicemente uno al mare e l’altro in montagna, dei due, al di là del paradosso che dava un po’ ragione a Einstein e Born e un po’ a Dingle (il più accanito confutatore della teoria dei primi due), uno sarebbe comunque rimasto più giovane dell’altro, rimase irrisolta l’incognita più importante: si sa, infatti, che di due o più gemelli uno deve per forza vedere prima degli altri la luce determinando ab origine una differenza d’età tra i fratelli (il primo sarà sempre più vecchio dei successivi).  

venerdì 30 ottobre 2015

FUORI DI COMPUTER di Francesco Gambaro

Graffiato da parecchie frane il computer non si collega più con me. Olga ti amavo ma avrei comunque staccato la spina. Ciccio non so come né perché mi rispondi. Vale, se puoi pagarmi il biglietto per Valencia. Ari quando non sei a Roma cerca di essere da qualche parte. Ro, non commuovermi quando dormi. Alea scrivimi da belluno in belluino. Tà sii spietato ogni tanto anche con me. Simo quanto mi piaci quando imiti Quentin Tarantin. Tommaso soffiati il naso. Sonia non dimenticarti di dormire. Fofò salutami quel tallone di Achille. Gea come faccio a accorciare il tuo nome. Ago, non sei una stagione, nessuno te l'ha mai promessa. Pà dove sei. Alt, ti aspetto ma ti fermi sempre al telefonino. Konsta sei un monte sei un quisquino gigante. Io qui, fuori dal computer e a bocce ferme, marco il territorio facendomi pipì addosso.

DANDISMO INARRIVABILE di Gaetano Altopiano

1). Arthur Stanley Jefferson, al secolo Stan Laurel, uno dei più grandi comici di tutti i tempi in coppia con Oliver Norvell “Babe” Hardy, morì a 74 anni (23 febbraio ‘65) nella camera d’albergo che divideva con la sesta moglie, Ida Kitaeva Raphael. Non una camera qualsiasi, come si può immaginare, ma la suite 203 dell’hotel Oceana a Santa Monica, California, dove abitò praticamente per tutta la vecchiaia senza mai degnarsi di vuotare un posacenere. 2). Di Marianne Moore si conosce abbastanza poco (rispetto alla qualità delle sue poesie - vi assicuro - è veramente molto poco celebrata) tranne che nacque nel Missouri nel 1887 e morì a New York nel ’72 e che fu amica di poeti molto più famosi, Eliot per esempio, Stevens, Pound. Memorabile il verso in cui racconta di suo padre: “Mio padre era un uomo che restava senza parole per parole che lo avevano colpito. Il sentire più profondo si rivela sempre nel silenzio. E non era insincero quando diceva: fate della mia casa il vostro albergo. (Ma gli alberghi non sono residenze).” 

giovedì 29 ottobre 2015

STORIE DEL SIGNOR JFK (10) di Francesco Gambaro

Stanotte JFK vuole fare il preventivo della propria vita. Chiama a raduno nessuno. Nemmeno il commercialista. Si limita a guardarsi allo specchio e lisciarsi i baffi. Domani sarà un'altra giornata così. L'immagine dallo specchio va via, esce e chiude a chiave JFK nella stanza da bagno.

mercoledì 28 ottobre 2015

BASTA LEGGERE GIORNALI di Francesco Gambaro

Che i giornali comincino a perdere vocali, sillab anziché sillabe, a perdere sillabe, silla anziché sillaba, a raddoppiarsi, sillabba, anziché, a accentarsi, sillabbà, anziché, a riprodursi, sillabbabbà, anzi a contorcersi, si, ansi a confondersi, ansiché zi, a modificarsi in o ansi che in on, o in om om om, a troncarsi an anz ch

martedì 27 ottobre 2015

VALENTINO di Francesco Gambaro

Solo che la carcagnata gliela stava dando marquez puntando a culo fitto, in una curva impossibile, la moto di valentino. Che ha un nome, l'altrui è solo cognome, fans, collina non certo montagna.

lunedì 26 ottobre 2015

QUELLO CHE NON MI PIACE MI PIACE di Francesco Gambaro

Quello che non mi piace mi piace, cliccato con minimo sforzo dell'indice pinocchiesco, senza l'obolo di un commento di una risposta non segregata in aggettivi o punti esclamativi o icone da formaggino Mio. Anche se non mi piace ci resto, tentando di capire perché mi ci piaccio e mi ci faccio. Quello che non mi piace mi piace, le porsone si ritrovano o fingono ritrovarsi senza mai cercarsi. Forse perché è rinato lo spirito, lo spirito di comarca: è questo che veramente importa e il messaggio è che non esistono più gli amici. I link sono il mare aperto, gli amici il mare chiuso. Ma le amicizie si stringono non si allargano (ops, avevo scritto allagano).

domenica 25 ottobre 2015

LE SORELLE BALLANTINE'S di Francesco Gambaro

Le sorelle Ballantine's sono due graziose bottigline che mi stanno a guardare quando apro il frigobar dell'albergo. Osano provocarmi, sfidarmi svestendosi come ballerine da tre euro a notte. Con le sorelle Ballantine's, già affogate in corpo, non aspetto che di duplicare il duplice delitto puntando due spilungone, le sorelle Campari. La testa è un paso doble, dura poco, poi non funziona più. Ha il sapore e la velocità di una morsicata di mela.  

sabato 24 ottobre 2015

MILLENIAL di Francesco Gambaro

Poi, nel giro di pochi giorni, compaiono ciliege che una tira l'altra, parole nuove, mai sentite prima, su giornali e libri, su manifesti pubblicitari e web. L'ultima è millenial, che pare debba sostituire Generazione X o Y, capite quanto può essere importante. Si entra nell'imbuto della proliferazione decostruttiva, nel modaiolo mondo del cambio abito. Se parli così ci sei, altrimenti non esisti. Ci aveva suggesteniato tempo fa, su wilkpedia, la parola disambiguazione, un invito a suggerire errori e correzioni di lettura ma, anche, una specie di richiesta di aiuto che giustificasse la ingombrante presenza di parole come divisivo, naturalmente 'in attesa di disambiguazione'. Offese caduche alla lingua che però se ne libera, sprigionando i suoi anticorpi in pochi mesi che, rispetto al millennio, sono appena un attimino.

DIGITAL PICS di Gaetano Altopiano

Mi si chiede quale possa essere stata la ragione che abbia spinto Cotroneo Roberto ad avventurarsi nella stesura di un saggio tanto accorato contro la fotografia digitale. Lo sguardo rovesciato -come la fotografia sta cambiando le nostre vite -, Utet, - scattate fotografie orribili senza saperlo, vi stanno ingannando -. Dove tratta l’argomento come piaga sociale pari all’alcolismo e i lettori come perfetti imbecilli cui occorre indicare col dito quello che è buono o nobuono. Davvero non so rispondere. Forse un selfie venutogli male? Ricordandoci a monito la bravura di Henri Cartier-Bresson (di questo lo ringraziamo) di cui ha appena visitato una mostra, dopo aver detto peste e corna della fotografia via smartphone mette la ciliegina sulla torta: una sequela di banalità sulla bellezza. “E mi accorgevo di due cose (riferendosi ovviamente a H. Cartier-Bresson). La sua impressionante capacità di comporre la foto nella sua naturalezza. Il limite ottico e cromatico delle sue foto. Le due cose erano la sua bellezza, la sua vera grandezza. La bellezza non è mai perfetta, ed è per questo che non è mai innaturale.”


venerdì 23 ottobre 2015

UN TAGLIAUNGHIE PER L'ISPETTORE MAGNUM di Francesco Gambaro

Magnum A: Prima riuscivo a tagliarmi le unghie in due colpi, zac zac e venivano perfette. Ora in tre e, con alcune di loro, devo ricorrere alla limetta. Ogni tanto me ne capita una che ce ne vogliono quattro. Cosa mi succede?

Magnum B: Perdi colpi, ispettore Magnum. 

giovedì 22 ottobre 2015

STORIE DEL SIGNOR JFK (9) di Francesco Gambaro

Posato, non seduto. JFK, molto stanco della giornata non vissuta, si è posato su un ramo del gelso rosso che d'estate fa ombra alla sua casa, che d'autunno si scrolla le foglie al primo colpo di vento. JFK comincia anche lui a spogliarsi, il vento porta via calzini, ginz, salopette, forse domani ritroverà le mutande sul solito rovo spinoso delle more. Stanotte non dovrà indossare il piagiama né spegnere la luce.

mercoledì 21 ottobre 2015

MINISTRI E SOTTOSEGRETARI OGGI di Francesco Gambaro

In tutti i nostrani talk show ministri e sottosegretari vengono da un po' di tempo intervistati in camera caritatis, lontani dagli interlocutori, lontani dal pubblico in studio, seppure pagato per applaudire, vicini alle boccucce servili di conduttori o giornalisti, propalando messaggini parasubliminari in assoluta libertà e autonomia declamatoria. Sono redivivi ospiti d'onore, cui viene così risparmiata ogni flatulenza anale.  

martedì 20 ottobre 2015

EXPO 2015 di Francesco Gambaro

5 ore in fila per entrare, essere gli ultimi fortunati lemmings, voltarsi indietro e compatire chi non arriverà a gustare il samurchio al rigogolo innaffiato con vino di serpente e contorno di ossi di seppia flambé. Peccato che il padiglione cinese riservi ai visitatori una cocente delusione, essendo stata vietata la carne di cane, che mezzo facebook sarebbe andato in tilt. 

lunedì 19 ottobre 2015

NON SOMIGLIERO' PIU' A ME STESSO di Francesco Gambaro

Non somigliare a se stessi è arduo osservandosi allo specchio. L'antinarcisismo una meta fantasiosa. Fantascientifica ci corresse Bob Shaw che in Altri giorni, altri occhi inventò per noi devoti dell'inapparenza, la retardite. Una tipologia di vetro che modificando la formula chimica Si04 in Si04n (infinito) rallenta il passaggio della luce. Le immagini attaversano il vetro con un ritardo temporale variabile e controllabile. Nel periodo sperimentale, montato sui parabrezza delle automobili, causò una quantità di incidenti mortali (i guidatori svoltavano all'altezza del civico 273, o passavano col verde mentre era di nuovo rosso) ma questo fu la prova dell'efficienza della retardite. Esposti nella stagione estiva alle Eolie, venivano, nella stagione invernale, sostituiti ai vetri delle finestre cittadine, e l'estate e le Eolie entravano in casa per sempre. Il suo perfezionamento fu poi allargato agli specchi. Così che ogni mattina, facendomi la barba, vedo farsi la barba mio padre.

domenica 18 ottobre 2015

IL KIMONO DI OLIVA di Francesco Gambaro

Alla palestra del maestro Oliva di via Bonanno si andava perché non era possibile prenderle ogni giorno dai fascisti a scuola. Era la palestra dei compagni e degli anarchici. Io non ho capito mai perché il maestro aveva fama di compagno e di anarchico. Con noi non parlava mai, svestitevi, rivestitevi. Non l'ho neppure mai sentito gridare, chessò, taighitò, né mettere piedi sul tappeto di gomma. Ordinava da fuori campo, era un pacchione, cinturato nero, che poi scompariva in una gabbietta da cui ricompariva a orario finito. Noi ce le davamo di santa ragione, cinture bianche che a ogni colpo si slacciavano e mentre le raccoglievamo ci beccavamo pedate, piadate, piedate. Però ero felice di quel kimono di cotone grezzo, rigato, fresco e bianco come l'Immacolata. Più in là negli anni l'ho rispolverato usandolo come giacca e ci facevo la mia figura con le ragazze, uguale che d'inverno con quell'altra color cacchina alla maotze o con la mia prima camicia a fiori. Comunque sono rimasto cintura bianca e rette da pagare che dopo un anno non ce l'ho fatta più, non per i soldi ma per le tante legnate prese da compagni e anarchici. (che dai fascisti dell'Extrabar o del Cannizzaro, solo qualche calcio in culo).

OGGETTIVO-SOGGETTIVO di Gaetano Altopiano

Per metterci finalmente un punto, anzi no, un punto due punti e un punto e virgola, durante una discussione tipo “percezione della realtà, realtà unica, percezione soggettiva e multipla, non esiste una verità ma molte verità, interpretazioni, variabili, realtà oggettiva e soggettiva” e ancora “ogni percezione della realtà è frutto della posizione particolare del soggetto che la interpreta, quindi vera in quelle condizioni e solo in quelle, l’entrata in scena di altre variabili non smentisce la realtà precedente ma ne produce un’altra non meno vera”, ecco che mi soccorre un argomento serio: un oggettivo, ma soggettivo, attacco di diarrea.


sabato 17 ottobre 2015

"IL GENIO ITALIANO" di Francesco Gambaro

Sui Casamonica nulla da dire, l'idea di tappezzare la chiesa del defunto con poster papalini, ci sono tanti papi a Roma, si sa, volevano essere tre ma ora sono rimasti in due. Di mr Geox che a Venezia, sulla facciata della chiesa dei Carmelitani Scalzi piazza la sua pubblicità delle sue scarpe che sfiatano dalle suole pure lo Spirito Santo, vogliamo mettere. Come a Palermo, dove ex detenuti disoccupati pip dentro la Cattedrale e sui cornicioni, che avevano chiesto al presidente della Regione Crocetta, di mettere una crocetta sulla retroattività del provvedimento che li avrebbe esclusi dal sussidio. Blasfemi irriverenti palermitani, geniali italiani che Christo vorrebbe coprire come fece a Roma a Porta Pinciana nel 74, che poi con i pip che si muovono tentando di scappare sotto le lenzuola sarebbe pure un tableau vivant.

NELLA MISCHIA di Gaetano Altopiano

Trovarsi nel bel mezzo di una rissa senza avere fatto nulla perché capitasse. Ossia. Il fatto che siano sempre gli altri a farsi la guerra non vi salva da una possibile gragnuola di colpi. Mettere in campo ogni precauzione serve a ben poco, avete niente da dichiararvi svizzeri. Nessuno è al sicuro. Se è così, smettiamola di fare i provinciali e guardiamo le cose in grande: lanciamoci nella mischia.