domenica 28 dicembre 2014

"All'editore" di Gaetano Altopiano

Gentile editore,
allegati i 140 franchi che le dovevo. La prego di scusare il ritardo ma, con il dovuto rispetto, è evidente che a quella cifra noi due attribuiamo importanza diversa. La prego inoltre di esimersi, in futuro, dovesse ancora capitare, di reclamare i suoi crediti attraverso i miei amici: è l’azione più spregevole che lei abbia potuto mettere in atto. Sia gentile, li chieda a me i suoi soldi, solo e soltanto a me. In quanto al resto, mi risulta non avere avuto con lei altri rapporti che quelli oggetto della presente, dunque, le dirò in tutta franchezza che medito di girare la sua lettera a un avvocato. Lei ha gratuitamente gettato discredito sopra la mia persona.

Distinti saluti

"Riceviamo e pubblichiamo 17" di Francesco Gambaro

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venerdì 26 dicembre 2014

"734 a.C." di Gaetano Altopiano


Di Buttafuoco (Pietrangelo) ho sempre avuto buona considerazione. E’ un ottimo giornalista, oltre che un tipo originale: in generale articoli strepitosi fuori da ogni schema editoriale. Tranne che 24 Dicembre 2014 però, titolo del suo Riempitivo di due giorni fa. Siracusa la culla del pensiero occidentale. Cazzo mi dico, è strepitosa sta’ cosa qua, poi leggo bene la data, 734 a.C., mica oggi.’ A solita manfrina: me so sentito male. Come scoprire un buco nee proprie carze mentre a commessa porta ‘e scarpe da prova’. 

"Buon Natale (versione corretta)" di Gaetano Altopiano


Anch’io ho un jack russel, ma il mio non è una borsetta. Lui, le borsette se le mangia, altro che cazzi. Morde tutto quello che gli capita a tiro, e se non gli capita (che è il più delle volte) va proprio a cercarselo: scarpe, divani, sedie, scope, e pure le borsette. Quando queste accidentalmente finiscono nel suo mondo: la dimensione rasoterra. L’analisi scientifica dimostra che la mordacità è tipica dell’indole di certi “esserini” (bestie piccole o molto piccole) più che in quelle di taglia superiore. Dipenderebbe dal fatto che ormai i check-in aerei si fanno direttamente da casa, e dal colore troppo lucido di certe scarpe (nero): entrambi hanno dell’incredibile. Buon Natale. 

"Quello che temiamo di Maurizio Milani" di Francesco Gambaro

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martedì 23 dicembre 2014

"La faccia di Hedayat" di Gaetano Altopiano


Era una di quelle facce senz’anima, apatiche, modellata per la lotta con la vita, di chi considera ogni propria azione lecita al fine di assicurarsi la sopravvivenza. La natura era stata previdente.” (Sadeq Hedayat, “La civetta cieca”). Ecco un dato di fatto: si pretende di decifrare la natura dell’uomo attraverso la sua faccia. Niente di più che un’equazione con la soluzione, dove il fattore incerto, però, conta ben più dell’elemento certo. Non la materia costituente (naso, bocca, occhi, fronte, orecchie), ma simmetria, proporzione, luce, espressione, determinerebbero veramente una faccia. La faccia, sia inteso, come specchio dell’anima. Il fatto attesta una verità biologica, poiché la relazione tra faccia e carattere è un rapporto effettivo, anche se relegato al solo ambito personale, ossia, a un relazione esclusivamente “interna”, ed è possibilissimo che l’espressione tradisca un comportamento rituale. L’una vive dell’altro in fondo, finendo, così, col divenire prevedibile. Questo creerebbe il probabile “tipo”. 

"Questa mia zia" di Francesco Gambaro

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domenica 21 dicembre 2014

"L'incompiuto" di Gaetano Altopiano


Le opere incompiute restano le migliori. Ci sta a cuore puntualizzarlo. Gli esempi si sprecano ma a noi di questo non ci importa granché: abbiamo ottima capacità di giudizio e della storia fondamentalmente ce ne impipiamo. Non abbiamo, cioè, bisogno della protezione “dell’universalmente riconosciuto” per trovare il coraggio di esprimere un parere, ciò che scegliamo è frutto solo del nostro gusto personale e della nostra natura critica. Fosse anche la prima volta che ci imbattiamo con l’incompiuto, infatti, non abbiamo dubbi, è il nostro preferito. Noi, tutti d’accordo. E la ragione è anche molto semplice: dell’incompiuto ci affascina soprattutto il numero delle possibilità che potevano essere e che non furono mai. L’illusione che ogni ipotetica conclusione poteva essere un’altra, e così all’infinito. Un numero incalcolabile di eventi, in sostanza, tutti probabili. Questo ci spinge, però, a un’ulteriore considerazione: 

"Notizie incoraggianti" di Gaetano Altopiano

E’ assodato ormai che a prescindere dall’argomento nel mondo giornalistico ogni notizia tende ad avere natura terroristica. Anche se si racconta solo la cronaca della sagra del cannolo di Piana degli Albanesi. La paura, si è capito, è risultata essere l’unico possibile sostituto dell’induzione alla “risata”, che un tempo era il solo modo per tenere i telespettatori incollati allo schermo. A proposito dello sciame sismico che ha colpito ieri per buona parte del giorno l’intera regione toscana, il TG5 delle 20, nella persona di Cesara Buonamici, difatti, volendo garantire a tutti la giusta dose di paura, riferiva testualmente: “…i toscani sono scappati per strada, si è diffuso il panico, purtroppo lo sciame sismico potrebbe durare per settimane, mesi…”


"Divisivo" di Francesco Gambaro

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lunedì 8 dicembre 2014

"La sostanza della vostra cena" di Gaetano Altopiano

Non riesco a immaginare un Thomas Bernhard a colori. Spiacente amico. Mai visto, tra l’altro. In tutte le foto che lo ritraggono, quelle che ho avuto modo di vedere naturalmente, è sempre e soltanto in bianco e nero. Come se quest’uomo fosse stato consegnato all’universo col solo compito di non prendere mai un colore che fosse diverso dall’ombra o dal chiaroscuro. L’argomento del mio cric, però, è un altro. Per quanto possa fare schifo, sono costretto a riferire un fatto che non posso tacere: ho conosciuto un tale che afferma di avere un naso sopraffino, dice di potere decifrare la natura della vostra cena dall’odore della vostra merda. Vi pare possibile?


"Il maglione di Thomas Bernhard" di Francesco Gambaro

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domenica 7 dicembre 2014

"Il movimento del vento" di Gaetano Altopiano



Potremmo dire, condividendo l’ottavo verso della “Sconfitta”, poesia di pagina 13 della raccolta Dalla vita degli oggetti di Adam Zagajewski, Adelphi, che “solo il vento è immoto”, senza timore di smentita. L’affermazione è vera, oltre che bella, e solo all’apparenza paradossale. E’ un falso ossimoro. Nella scienza sperimentale, dove un principio è indimostrabile in senso assoluto ma viene assunto per vero in base a tutte le osservazioni che lo verificano e viene meno in presenza anche di una sola evidenza sperimentale che lo neghi, sarebbe impossibile dimostrare come vera l’affermazione: “il movimento del vento”, poiché l’unica condizione contraria verificabile (il vento non si muove) negherebbe la prima rendendola indimostrabile in senso assoluto: se il vento è fermo, infatti, non c’è vento. Il vento non esiste. L’indimostrabilità dell’affermazione “il movimento del vento” ne sancisce, di conseguenza, la falsità: riferire un fatto simile come vero in senso assoluto è falso. E dato che “falso” altro non è che il contrario di qualcosa che si suppone vero, “solo il vento è immoto”, per quanto contraddittoria è senz’altro un’affermazione vera.   

"Riceviamo e pubblichiamo 15" di Francesco Gambaro

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