domenica 28 dicembre 2014

"All'editore" di Gaetano Altopiano

Gentile editore,
allegati i 140 franchi che le dovevo. La prego di scusare il ritardo ma, con il dovuto rispetto, è evidente che a quella cifra noi due attribuiamo importanza diversa. La prego inoltre di esimersi, in futuro, dovesse ancora capitare, di reclamare i suoi crediti attraverso i miei amici: è l’azione più spregevole che lei abbia potuto mettere in atto. Sia gentile, li chieda a me i suoi soldi, solo e soltanto a me. In quanto al resto, mi risulta non avere avuto con lei altri rapporti che quelli oggetto della presente, dunque, le dirò in tutta franchezza che medito di girare la sua lettera a un avvocato. Lei ha gratuitamente gettato discredito sopra la mia persona.

Distinti saluti

"Riceviamo e pubblichiamo 17" di Francesco Gambaro

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venerdì 26 dicembre 2014

"734 a.C." di Gaetano Altopiano


Di Buttafuoco (Pietrangelo) ho sempre avuto buona considerazione. E’ un ottimo giornalista, oltre che un tipo originale: in generale articoli strepitosi fuori da ogni schema editoriale. Tranne che 24 Dicembre 2014 però, titolo del suo Riempitivo di due giorni fa. Siracusa la culla del pensiero occidentale. Cazzo mi dico, è strepitosa sta’ cosa qua, poi leggo bene la data, 734 a.C., mica oggi.’ A solita manfrina: me so sentito male. Come scoprire un buco nee proprie carze mentre a commessa porta ‘e scarpe da prova’. 

"Buon Natale (versione corretta)" di Gaetano Altopiano


Anch’io ho un jack russel, ma il mio non è una borsetta. Lui, le borsette se le mangia, altro che cazzi. Morde tutto quello che gli capita a tiro, e se non gli capita (che è il più delle volte) va proprio a cercarselo: scarpe, divani, sedie, scope, e pure le borsette. Quando queste accidentalmente finiscono nel suo mondo: la dimensione rasoterra. L’analisi scientifica dimostra che la mordacità è tipica dell’indole di certi “esserini” (bestie piccole o molto piccole) più che in quelle di taglia superiore. Dipenderebbe dal fatto che ormai i check-in aerei si fanno direttamente da casa, e dal colore troppo lucido di certe scarpe (nero): entrambi hanno dell’incredibile. Buon Natale. 

"Quello che temiamo di Maurizio Milani" di Francesco Gambaro

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martedì 23 dicembre 2014

"La faccia di Hedayat" di Gaetano Altopiano


Era una di quelle facce senz’anima, apatiche, modellata per la lotta con la vita, di chi considera ogni propria azione lecita al fine di assicurarsi la sopravvivenza. La natura era stata previdente.” (Sadeq Hedayat, “La civetta cieca”). Ecco un dato di fatto: si pretende di decifrare la natura dell’uomo attraverso la sua faccia. Niente di più che un’equazione con la soluzione, dove il fattore incerto, però, conta ben più dell’elemento certo. Non la materia costituente (naso, bocca, occhi, fronte, orecchie), ma simmetria, proporzione, luce, espressione, determinerebbero veramente una faccia. La faccia, sia inteso, come specchio dell’anima. Il fatto attesta una verità biologica, poiché la relazione tra faccia e carattere è un rapporto effettivo, anche se relegato al solo ambito personale, ossia, a un relazione esclusivamente “interna”, ed è possibilissimo che l’espressione tradisca un comportamento rituale. L’una vive dell’altro in fondo, finendo, così, col divenire prevedibile. Questo creerebbe il probabile “tipo”. 

"Questa mia zia" di Francesco Gambaro

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domenica 21 dicembre 2014

"L'incompiuto" di Gaetano Altopiano


Le opere incompiute restano le migliori. Ci sta a cuore puntualizzarlo. Gli esempi si sprecano ma a noi di questo non ci importa granché: abbiamo ottima capacità di giudizio e della storia fondamentalmente ce ne impipiamo. Non abbiamo, cioè, bisogno della protezione “dell’universalmente riconosciuto” per trovare il coraggio di esprimere un parere, ciò che scegliamo è frutto solo del nostro gusto personale e della nostra natura critica. Fosse anche la prima volta che ci imbattiamo con l’incompiuto, infatti, non abbiamo dubbi, è il nostro preferito. Noi, tutti d’accordo. E la ragione è anche molto semplice: dell’incompiuto ci affascina soprattutto il numero delle possibilità che potevano essere e che non furono mai. L’illusione che ogni ipotetica conclusione poteva essere un’altra, e così all’infinito. Un numero incalcolabile di eventi, in sostanza, tutti probabili. Questo ci spinge, però, a un’ulteriore considerazione: 

"Notizie incoraggianti" di Gaetano Altopiano

E’ assodato ormai che a prescindere dall’argomento nel mondo giornalistico ogni notizia tende ad avere natura terroristica. Anche se si racconta solo la cronaca della sagra del cannolo di Piana degli Albanesi. La paura, si è capito, è risultata essere l’unico possibile sostituto dell’induzione alla “risata”, che un tempo era il solo modo per tenere i telespettatori incollati allo schermo. A proposito dello sciame sismico che ha colpito ieri per buona parte del giorno l’intera regione toscana, il TG5 delle 20, nella persona di Cesara Buonamici, difatti, volendo garantire a tutti la giusta dose di paura, riferiva testualmente: “…i toscani sono scappati per strada, si è diffuso il panico, purtroppo lo sciame sismico potrebbe durare per settimane, mesi…”


"Divisivo" di Francesco Gambaro

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lunedì 8 dicembre 2014

"La sostanza della vostra cena" di Gaetano Altopiano

Non riesco a immaginare un Thomas Bernhard a colori. Spiacente amico. Mai visto, tra l’altro. In tutte le foto che lo ritraggono, quelle che ho avuto modo di vedere naturalmente, è sempre e soltanto in bianco e nero. Come se quest’uomo fosse stato consegnato all’universo col solo compito di non prendere mai un colore che fosse diverso dall’ombra o dal chiaroscuro. L’argomento del mio cric, però, è un altro. Per quanto possa fare schifo, sono costretto a riferire un fatto che non posso tacere: ho conosciuto un tale che afferma di avere un naso sopraffino, dice di potere decifrare la natura della vostra cena dall’odore della vostra merda. Vi pare possibile?


"Il maglione di Thomas Bernhard" di Francesco Gambaro

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domenica 7 dicembre 2014

"Il movimento del vento" di Gaetano Altopiano



Potremmo dire, condividendo l’ottavo verso della “Sconfitta”, poesia di pagina 13 della raccolta Dalla vita degli oggetti di Adam Zagajewski, Adelphi, che “solo il vento è immoto”, senza timore di smentita. L’affermazione è vera, oltre che bella, e solo all’apparenza paradossale. E’ un falso ossimoro. Nella scienza sperimentale, dove un principio è indimostrabile in senso assoluto ma viene assunto per vero in base a tutte le osservazioni che lo verificano e viene meno in presenza anche di una sola evidenza sperimentale che lo neghi, sarebbe impossibile dimostrare come vera l’affermazione: “il movimento del vento”, poiché l’unica condizione contraria verificabile (il vento non si muove) negherebbe la prima rendendola indimostrabile in senso assoluto: se il vento è fermo, infatti, non c’è vento. Il vento non esiste. L’indimostrabilità dell’affermazione “il movimento del vento” ne sancisce, di conseguenza, la falsità: riferire un fatto simile come vero in senso assoluto è falso. E dato che “falso” altro non è che il contrario di qualcosa che si suppone vero, “solo il vento è immoto”, per quanto contraddittoria è senz’altro un’affermazione vera.   

"Riceviamo e pubblichiamo 15" di Francesco Gambaro

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giovedì 27 novembre 2014

"Numero zero" di Gaetano Altopiano

Ha sempre dell’incredibile scoprire la differenza che rivela di sé un corpo visto da lontano e da vicino: l’occhio vede due cose assolutamente diverse. E sono diverse infatti. Un naso visto al microscopio, ad esempio, non è più un naso ma solo la materia di cui è fatto. Lo stesso non possiamo dire dei numeri, che, essendo concetti astratti, non potranno mai essere sottoposti a simili analisi. Il numero uno, quindi, non potrà mai essere altro che un numero uno. E questo anche per qualsiasi altro numero. Tranne che per lo zero, l’unico che al tempo stesso è solo quello che è ma sempre diverso da quello che è. Non c’è uno zero che sia uguale all’altro.

"Da Nicola Di Maio" di Francesco Gambaro

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sabato 22 novembre 2014

"Studio medico" di Gaetano Altopiano


Presenzialismo cimiteriale in una sala d’aspetto. Niente, a parte che ombre. Nessun cliente (paziente è più corretto). Dalla finestra del terzo piano si vede il traffico scorrere pressappoco con queste misure (espresse in metri): meno 9 in altezza, più 20 in larghezza, più 300 in lunghezza. Sembra che il volume del prosencefalo umano sia di 1100 / 1300 centimetricubi, per soldoni, cioè, che potrebbe contenere 1 / 1,3 litri di un qualsiasi liquido presente in natura. Vino, acqua, sidro. Uno qualunque. Quanto normalmente consumato in un pasto, o in due. Non di più. Tra traffico e prosencefalo, però, non c’è alcuna relazione, né ce n’è con lo studio medico, che del resto è chiuso da anni. Almeno apparentemente. 

"Scegli un amarone" di Francesco Gambaro

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mercoledì 19 novembre 2014

"L'incendio" di Gaetano Altopiano


Aprire un cassetto e ritrovare un assegno. Mastrandrea Domenico, lire 38.000, anno 2000, non trasferibile. ‘U zu Micu. E che ci fa st’assegno qua? Un giorno che adesso mi è impossibile datare con esattezza mi trovai per cena a casa Gambaro, a Camarretta, Tusa. Un focolaio di incendio, a una trentina di metri dalla casa, provocò il fuggi fuggi generale. E’ noto che la proporzione di ogni reazione è variabile e che una supposta sproporzione è vista solo da chi, per l'appunto, vive diversamente gli eventi, magari anche in modo inopportunamente drammatico. Se poi la sproporzione risulta essere condivisa dalla maggior parte delle persone finisce che la reazione giustamente proporzionata non può che essere quella errata. Secondo la legge dei grandi numeri. Che nella fattispecie non importava affatto a ‘u zu Micu, del quale ricordo distintamente le risate mentre andava incontro alle fiamme.

"Mario Monicelli, Carlo Lizzani e altri" di Francesco Gambaro

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lunedì 17 novembre 2014

"Diversità di vedute" di Gaetano Altopiano

La proporzione di ogni ragionamento è variabile. E non senza conseguenze. Lo stesso ragionamento, insomma, che condurrebbe cioè sempre allo stesso risultato (a -10° c’è freddo per esempio), può risultare distorto, al rialzo o al ribasso, in virtù di fattori che hanno poco a che fare con la ragione ma molto con l’impensabile. L’umore, una sgridata, un colpo di vento, un calo glicemico, la mancanza d’acqua. A volte, sottostimando, si rischia di avere reazioni che gli altri possono considerare inappropriate: a -10° c’è freddo ma io esco lo stesso senza piumino. Oppure, sovrastimando, di essere scambiati per degli esagerati: un’erezione per un lembo di coscia piuttosto che per un corpo nudo in spiaggia. La verità sta nella condivisione della proporzione: non si è mai né temerari né esagerati, solo diversi.

"Rosetta sulla cometa" di Francesco Gambaro

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domenica 16 novembre 2014

"Ambiguità" di Gaetano Altopiano


Capisco quanto sia ambiguo lo studio di Ingegneria Edile-Architettura (si chiama proprio così, ambiguamente così). Si è, a fine corso, identicamente ingegneri e architetti. Naturalmente solo per la branca edilizia. Lo scopo era quello di creare architetti con cognizioni tecniche e ingegneri con cognizioni artistiche fondando una sola figura. A dimostrazione della totale incompetenza architettonica degli ingegneri che progettavano case e della medesima incompetenza, ma tecnica, degli architetti che progettavano case. O dell’incompetenza di chi ha rimodulato l’ordinamento universitario convito di fare il bene delle due categorie ma fallendo miseramente persino il conio di un nuovo nome. E’ senz’altro così lo suppongo

"Famigghia" di Francesco Gambaro

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sabato 15 novembre 2014

"Senza titolo" di Gaetano Altopiano










Ho il timore di avere dimenticato qualcosa. Mi guardo allo specchio. Controllo le tasche. Guardo la scrivania, il pc, un’ultima occhiata. Ma che è? Ripasso mentalmente le ultime cose che ho fatto: è tutto a posto, c’è tutto, ma intanto la sensazione mi assilla. Ricominciamo. Guardarsi allo specchio, controllare le tasche, guardare la scrivania, il pc, ripassare in testa le ultime cose che ho fatto. Il titolo, cazzo. 

"Breve storia dei piedi 2" di Francesco Gambaro

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mercoledì 12 novembre 2014

"Deflagrazioni" di Gaetano Altopiano


Fabbricai la mia prima bomba nel ‘78. In realtà fu anche l’ultima e non si trattava neanche di una bomba vera. Solo una bottiglia di latte Stella mezzo piena di benzina e uno straccetto che fungeva da miccia. Una scarsissima, ma proprio scassatissima, molotov che non riuscì manco a prendere fuoco. “Diversamente abile”, diremmo oggi. Il primo concetto compiuto, invece, in tema di esplosioni, l’avevo formulato già qualche anno prima dopo uno schiaffone consegnatomi da mio padre per motivi scolastici: avevo capito che al lancio di un oggetto potenzialmente pericoloso seguiva inevitabilmente un effetto deflagrante. Fu solo intorno agli anni 90 però che conobbi il significato algebrico di una “bomba” e certo non per merito di Gregory Corso né per tutti i possibili riferimenti bellici. La fruttivendola di Via Umberto I a Marineo che si diceva avesse ben 3 amanti oltre al marito: due tette da guinness dei primati. Mi capitò di sfiorargliele e mi illuminai: contatto / energia x velocità = propagazione cinetica del calore x 2.

"Riceviamo e publichiamo 12" di Francesco Gambaro

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martedì 11 novembre 2014

"Traguardi" di Gaetano Altopiano


Arrivano primi quelli che parlano a braccio. Poi, quelli che fanno orecchio da mercante, quelli che a naso pensano di capire e quelli che hanno fiuto per certe cose. Seguono certi che a occhio stimano le misure e altri che hanno l’orecchio musicale, alcuni che a pelle riconoscono le persone e altri ancora che sempre vogliono dare una mano. C’è poi un pollice verde, due mani d’oro, una lingua di serpente, un dente avvelenato, un occhio di riguardo, un pelo nell’uovo, un bernoccolo per certe cose e uno che fa da spalla, uno che fa sangue, uno che ha un piede nella fossa, uno che invece è una roccia e uno che fa lettera muta. Gli ultimi sono una faccia di bronzo, due teste di cuoio, uno che non ha peli sulla lingua e uno con uno stomaco di ferro.

"Siamo scapole" di Francesco Gambaro

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domenica 9 novembre 2014

"Sogni e misfatti" di Gaetano Altopiano


Siccome tutti i protagonisti dei nostri sogni soggiacciono a un’unica regia, la nostra, la mattina non possiamo che svegliarci esausti. Dare voce e compiti ad ognuno è un lavoraccio. Assegnare le parti, far coincidere luoghi e situazioni, fare in modo che i dialoghi abbiano un senso, tentando, alla fine, di creare una storia che sia più avvincente possibile. In più occuparsi di scenografia, montaggio, luce, suono. E questo tutto tutto da soli. Risultato? Ovvio, ogni sogno è quasi sempre un fallimento, se non addirittura un evento angosciante: ci sfugge tutto di mano, le ambientazioni si distorcono e non c’è uno dei protagonisti che non finisca coll’infischiarsene della parte e recitare per cazzi propri. Stanotte, ad esempio, ho cercato disperatamente di far dire a uno dei miei figli “sì papà”. Quello invece non faceva che ripetere “dammi i soldi dammi i soldi dammi i soldi”. Mi sono svegliato distrutto. 

"Vorrei dire stronzo" di Francesco Gambaro

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sabato 8 novembre 2014

"La scala della necessità" di Gaetano Altopiano


Non sono a corto di idee. Sono solo a corto di desideri. Che poi non è nemmeno esatto, ecco, trovato: giustissimamente non ho nessuna voglia stamattina. Mentre prendo un caffé penso, perciò, alla vecchia regola della classificazione dei bisogni. A scuola, in economia, ci insegnarono questo, una legge tanto sciocca che allora mi lasciò di stucco per la sua incredibile banalità: la scala dei bisogni. Che poi suddivideva le necessità in primarie, secondarie ecc. Nel caso qualcuno non avesse chiaro, ad esempio, che quando si ha lo stimolo cacare è più urgente di mangiare, se si ha sete passeggiare è meno urgente che bere, respirare necessario in assoluto più che immergersi in apnea. 

"L'uomo si presenta bene in trattoria" di Francesco Gambaro

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"L'uomo si presenta bene in trattoria" di Francesco Gambaro

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mercoledì 5 novembre 2014

"Proposizioni" di Gaetano Altopiano

Il mondo è tutto ciò che accade, scirve Ludwig Wittgenstein. Fissando al tempo presente, e solo a quello, la proposizione 1 del suo Tractatus logico-philosophicus. Senza sbagliare di una virgola. Se il mondo è tutto ciò che accade, allora, l’unico mondo è quello che ci sta accadendo. L’unico possibile. Che, se considerato come unico possibile, è per forza di cose anche un mondo inevitabile. Il mondo, infatti, continua Witt, è anche la totalità dei fatti (proposizione 1,1). Desiderando essere obiettivi, dunque, dobbiamo smettere di lamentarci e fare un passo avanti andando oltre le critiche inutili di cui abbiamo un po’ tutti le scatole piene: perché, ad esempio, scandalizzarsi di un cartello con sopra scritto “qui si noleggiano borse Chanel a euro 50 a settimana”? Questo è il mondo. E' inevitabile. Difatti alcune signore entrano subito.


"L'eleganza della decomposizione" di Francesco Gambaro

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lunedì 3 novembre 2014

"In difesa della debolezza" di Gaetani Altopiano

Quando in un ménage a deux la moglie è molto più bella del marito, se non l’unica dei due a essere bella, creare pettegolezzo è inevitabile. Se poi, oltre a non essere adeguatamente bello, “lui” ha anche un’aria un po’ comica e servile, si assiste a una congiura vera e propria: ogni maschio che ne abbia voglia si sentirà autorizzato a provarci. E infine, tra tanti, qualcuno riuscirà certo a far tombola. Bene. Confesso che vista così, la cosa, non suscita in me il minimo interesse: l’effetto è solo un sordido tentativo di copulare, che non necessita di alcuna indagine tanto mi è chiaro. La causa, però, merita un approfondimento. Domanda: è veramente la bellezza di lei, o non piuttosto la bruttezza di lui a stimolare il pretendente? Magari se questa “lei” fosse libera, cioè non parametrata al compagno, non sarebbe altrettanto allettante. Anzi, è quasi sicuro. E ancora: forse non è veramente la prorompenza di lei, quanto invece la tragica dimissione di lui a provocare il corteggiatore. Potrebbe? Io vado per la seconda ipotesi. Se così fosse saremmo di fronte né più né meno che a un atto umanitario. Una difesa della debolezza contro la tirannia della bellezza. Ma maschio pro maschio. Ricordo, a supporto, che uno dei verbi più usati nel lessico del dongiovanni, infatti, è “castigare”, riferito al trattamento riservato all’amante. 


"Cachemere" di Gaetano Altopiano

La faccia di Brunello Cucinelli. I modi di Brunello Cucinelli. Gli abiti di Brunello Cucinelli = Paolo Hendel coi capelli. Paolo Hendel sulla scena. Paolo Hendel che spara cifre astronomiche. Una cosa però: Cucinelli è uno dei pochi industriali del made in Italy di lusso a non sfottere il cliente (al contrario di Prada, della Valle, ecceteraeccetera, che predicano bene e razzolano male = cifre astronomiche per prodotti fatti in Romania). Le sue cose sono fatte esclusivamente in Italia, da personale italiano, con prodotti italiani.

(Reporter, Raitre, ore 23 di ieri sera)

"Bandiera bianca" di Francesco Gambaro

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domenica 2 novembre 2014

"Yahoo" di Gaetano Altopiano


Quello rimane a guardare a bocca mezzo aperta. Gli altri si aspettano qualcosa, ma un sibilo tra il risucchio salivare e il singhiozzo incipiente è tutto ciò che riesce a produrre. Pensava che Yahoo fosse solo una delle società pilota di internet, non che in realtà la parola avesse origini molto antiche. Gli Yahoos, infatti, sono personaggi inventati da Jonathan Swift nei Viaggi di Gulliver. Ma lui che non è né vivo né morto, né alto né basso, né magro né grasso, né caldo né freddo, che cosa poteva saperne?

"I morti" di Francesco Gambaro

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sabato 1 novembre 2014

"Reazione a catena 3" di Gaetano Altopiano


A causa dello studio di una certa teoria che supporrebbe l’assoluta erroneità della pratica della cremazione dei corpi a discapito del processo di corruzione che equivarrebbe in termini biologici né più né meno che alla gestazione del feto umano ma in un processo di dissolvenza considerando quella teoria l’esistenza umana veramente finita solo calcolando oltre alla vita anche la gestazione e il disfacimento, provo a documentarmi sulla decomposizione cadaverica . Errore. Fotografie a dir poco raccapriccianti. Nausea e vomito, mio malgrado, meglio avrei fatto a occuparmi d’altro. “Un clic, dopotutto è un colpo di pistola.” Dice mastro Ciccio. “Allo stomaco” aggiunge mastro Gaetano. 

"L'adultero (o dell'ultima scena)" di Francesco Gambaro

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venerdì 31 ottobre 2014

"Come in un film" di Gaetano Altopiano

Niente di vero in quello che mi ha detto, io mica sono scemo, tutto tutto un trucco per impressionarmi: momenti, ci sono, pochi in verità, in cui tutta la vita te la vedi scorrere davanti proprio come in un film, mi dice. Momenti come questo, per esempio. Bellissimo, no? Quando un totale mancamento ci pervade. Il mancamento più prossimo alla trance, ancora un poco e rischi il passo successivo, che è il migliore, però. Svenimento. Poi abbandono. Poi delizia incomparabile. Dovremmo perseguire simili obiettivi, non credi? Il conto comunque viene duemila. Vedo scorrere, non la mia vita, ma gli ultimi trenta secondi: cento, duecento, millenovecento. Puttanaeva a duemila, in effetti, entro in trance.

"Palermo si prona" di Francesco Gambaro

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mercoledì 29 ottobre 2014

"Reazione a catena 2" di Gaetano Altopiano


Ieri poco prima di pranzo subito dopo aver chiuso il telefono e salutato l’amico Ciccio in autostrada sorpasso una Ford capri colore arancione che non ne vedevo da un secolo ero tentato di richiamarlo per dargli la notizia ma alla fine non se ne è fatto niente stamattina apro il suo buona giornata e vedo la Ford consul ssssssssssssssssssssstraordinario.

"Ford Consul" di Francesco Gambaro

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martedì 28 ottobre 2014

"Il corso della storia" di Gaetano Altopiano

Dopo tanto bordello,” Alla fine tutto ci stanca, Pastora o Torre Eiffel, stamattina i tuoi ponti belano. Ne hai abbastanza di vivere nell’età greco-romana, perfino le automobili qui sembrano antiche…”. Nigella Lawson finisce col fumare Marijuana davanti ai figli, la signora Boschetti lascia 87.059 dobloni al cane e un cazzo ai parenti, la Germania (la meno euroscettica) sarà la prima che entro i prossimi due anni uscirà dall’euro, e, in fin dei conti, ma proprio in fondo in fondo, ora come ora non c’è uno che non abbia le palle piene. L’unico che resiste, imperterrito, è questo seme di pomodoro che ho incastrato tra i denti: sfruculio, sfruculio, ma lui niente, fa finta di non capire che la storia deve fare il suo corso.

(Guglielmo Apollinaire, Alcool)

"Chi odi" di Francesco Gambaro

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lunedì 27 ottobre 2014

"Reazione a catena" di Gaetano Altopiano


Mi capita un fatto che sembra abbastanza frequente sugli autobus ma che a me non era mai capitato: mi toccano il culo. Non ho dubbi, il contatto c’è stato, pensando a un fatto incidentale però mi sposto di qualche centimetro e continuo a guardare dal finestrino. Dopo neanche un minuto la cosa si ripete. Minchia, mi dico, allora non è una cosa così, è una toccata a tutti gli effetti, e cerco di capire chi possa essere stato. L’autobus è strapieno, c’è poco da indagare, la folla mi sta appiccicata come volesse risucchiarmi. Scruto, guardo verso il basso, comincio a innervosirmi ma non cavo un ragno dal buco. Nada. La mia fermata è ancora troppo lontana, e bè, temo proprio che dovrò rassegnarmi al palpeggio. Come spesso succede, però, nei casi che sembrano disperati la soluzione è più vicina di quanto si pensi: davanti a me, letteralmente incollato, infatti, altro culo pronto al contatto. Non voglio manco sapere di chi sia. Eccomi.

"Pheraps pheraps pheraps" di Francesco Gambaro

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domenica 26 ottobre 2014

"Erba" di Gaetano Altopiano

Vivere di sentimentalismi è esattamente come essere vegani, ma non per libera scelta. Si è onnivori come il resto del mondo, indosseremmo senza problemi una pelliccia di leopardo, maperò un tiranno spinge inesorabile verso cicoria e cespi di radicchio seppure li si detesti entrambi. Si finisce col vivere soltanto di una cosa, insomma, d’erba, con tutti i problemi che ne conseguono. E’ più forte di noi, sappiamo che ci farà male ma non riusciamo a fermarci: nessuno che viva di sentimentalismi è disposto a rinunciare a un piacere tanto sublime. Vomitare.ualcoQQ


"Nuovi droni (o delle mosche) di Francesco Gambaro

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sabato 25 ottobre 2014

"Effetti della circolazione linfatica" di Gaetano Altopiano


Mi chiedevo chi fosse il marito di Nigella Lawson, la procace giornalista inglese (di cui sono un po’ innamorato) che conduce “Nigella bites”, l’easy-cooking del Gambero rosso, dato che è l’unico che non si sia mai visto in quella trasmissione. Gli amici, il fruttivendolo, i parenti, i figli Bruno e Mimì, cazzo, sono sempre tutti presenti ma lui? Intanto scopro che si chiama Charles Saatchi che fa l’uomo d’affari e che si sono lasciati l’anno scorso. La mancata presenza è giustificatissima ora che lo vedo: ha una faccia di culo incredibile. Scopro anche dell’altro però. Che il papà del mio amoruccio si chiama Nigel Lawson, Barone di Blaby, 82 anni, importante uomo politico inglese, e infine la cosa più importante: guardandoli insieme in una foto non recente capisco come il tempo possa agire su di noi in modo assolutamente differente. Il padre, ora bellissimo nella sua vecchiaia, era grassoccio e poco piacente, lei, invece, che adesso ha qualche chilo di troppo, era di una bellezza innaturale. Come se la circolazione linfatica, nei due, procedesse in uno dall’alto verso il basso nell’altro dal basso verso l’alto. 

"Vietato ai minori" di Francesco Gambaro

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venerdì 24 ottobre 2014

"Mestieri" di Gaetano Altopiano


Di certo succede qualcosa nella testa di chi si ostina alla nostalgia. Qualcosa di diverso da quello che accade comunemente quando ognuno ricorda il passato. La tipica adesione al ricordo, in condizioni normali e con le dovute eccezioni, è identica a ogni latitudine geografica e volendola rassomigliare a un sistema sociale direi che è molto simile a quello di tipo anglosassone, dove la conservazione della tradizione convive amabilmente con una grande fiducia nei giovani. Il nostalgico non ha capacità di adattarsi è irrispettoso del progresso e inoltre è privo di argomenti. E questo non sarebbe ancora niente se almeno fosse solitario e inoffensivo. Purtroppo, invece, in genere fa uno di questi catastrofici mestieri: il politico, il terrorista o l’insegnante. 

"Berlusconi è tornato" di Francesco Gambaro

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giovedì 23 ottobre 2014

"Do it yourself" di Gaetano Altopiano


Bel finale di pezzo a opera di Riccardo Arena su le Feuille de aujourd’hui. Si parla del personaggio Ciancimino Massimo (molto poco personaggio ormai, in verità) e di come sia stato inesorabilmente sgamato. Conclude: “forse (Ciancimino) è tutto questo o nulla di tutto questo. Forse è solo una pessima storia di ordinaria giustizia. Della quale non frega più niente a nessuno, se non alla giustizia stessa.” Aggiungerei: SOLO alla giustizia stessa, per ovvie ragioni di sopravvivenza. Lo taggo e scrivo mi piace + 1.  

"Si può scordare un piede sul letto?" di Francesco Gambaro

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mercoledì 22 ottobre 2014

"Ai Cantieri" di Gaetano Altopiano


Trenta/quaranta scrittori (tranne un paio) che tentano di raccontare una città senza riuscirci: Palermo, io, proprio non la sento e non la vedo. Che posso farci? Sudore, ciance a profusione, asfissia, questo sì che si vede (e si sente) ma in questo luogo niente ricorda la città, nemmeno la totalità di quelle facce che io so per certo essere tutte palermitane. Sembrano milanesi che spiegano la mappa del Cairo a dei norvegesi. Il risultato è zero. Non sanno un cazzo, questa è la verità. O forse non sanno raccontare, seconda, possibile verità. Non basta intitolare un pezzo “Bonagia”, ad esempio, perché il quartiere come per magia si materializzi: nessuno ha simile forza evocativa, e chi volesse veramente “visitarlo”, il quartiere dico, non ha che da andarci. Quello è uno dei modi. Altro modo è non raccontarne affatto: tutti sanno che la distrazione è l’unico sistema che renda tollerabile un’ossessione. 

"Hotel Mamiani" di Gaetano Altopiano


Ricerca della bellezza persino in una latrina, questo sì è ragionare. Bene. Si tenta la perfezione. Marmi, ottone, alabastro, il tutto nel migliore dei sincretismi: oggetti tanto diversi formano un corpo unico, si chiama bagno degli ospiti, e sembrano collocati per restare in eterno, pardon, per “passare alla storia”. Ricerca dell’attimo d’oro (direi di un buon quarto d’ora) a ogni costo. Con tanto di arte, ingegneria, calcolo statico. Ogni cacata qui sarà un’esperienza mistica. No? Proviamo. 

"Divorzi gay" di Francesco Gambaro

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martedì 21 ottobre 2014

"Dal morto" di Gaetano Altopiano


Decisamente negativa la risposta: no no no, io quegli stracci non li indosserò, né ora e né mai. E quelle scarpe? Orribili. Non se ne parla proprio. Perché non te le metti tu? La madre, sconfitta, guarda il risultato di una vita: sei anni di fidanzamento, venti di matrimonio, quindici di allevamento e due fibromi (causa della gravidanza) uguale, quell’ingrata. E’ mai possibile, si chiede? C’è da spararsi. La ragazzina oggi è proprio insopportabile. Lei chiude gli occhi e intanto conta mentalmente quanto le rimane. L’altra blatera blatera, ma lei ormai è lontana un chilometro. Esattamente il contrario di quando uno le cose le vede da vicino, si dice dal vivo no? Ora le vede dal morto.

"Amo Asia Argento odio suo papà" di Francesco Gambaro

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lunedì 20 ottobre 2014

"Una difesa della natura" di Gaetano Altopiano

A chi gli chiede una difesa della natura, risponde che da sempre la natura ci è contro-natura. L’uomo non cerca la natura, non l’ha mai cercata. Anzi. Dai tempi in cui sfregò la selce e cacciò il primo urlo l’Homo fugge dal paesaggio cercando solo un riparo. Casa. Ogni sua opera non è volta che a questo, persino gli acquedotti, le autostrade, i porti, altro non sono che sentieri che conducono a casa. Appropriazione biologica versus riappropriazione biologica. Il tentativo di urbanizzazione dello spazio contro un ripensamento: avremmo fatto meglio  a indietreggiare?  Intanto, però, ogni conquista è un caposaldo contro contro-natura,  si inventa il “luogo” (l’antitesi del “posto” per intenderci). Alcuni addirittura memorabili: Londra, Babilonia, San Pietroburgo, l’acquedotto romano di Segovia e il circo Massimo. Bellezza tipicamente umana: innaturale. 

"Tartufi" di Gaetano Altopiano

Il fatto che il tartufo si riproponga stupisce mia moglie ma non me che conosco bene il tipo. Come potrebbe non essere così data la sua natura controversa? Non solo non riesce a decidersi tra l’essere un fungo o un tubero ma in più vive di un evidente paradosso: pur essendo di indole ostinatamente sotterranea, ipogea, si dice, emana quell’odore inebriante al solo scopo di essere rintracciato dai predatori che ne spargeranno le spore

"Riceviamo e pubblichiamo 11" di Francesco Gambaro

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giovedì 16 ottobre 2014

"Lo foco in crome" di Francesco Gambaro

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"Un padre modello" di Gaetano Altopiano


Trattandosi di figli, si fermano gli orologi. Sono pochi i genitori che resistono alle lusinghe. I padri vantano la prole tanto quanto le madri solo, però, per poter essere fieri di se stessi, ogni progresso di quelli infatti è come fosse fatto da loro personalmente. Perciò incontro st’amico e mi fa: mio figlio? Oh se sapessi, ha preso la laurea, fa l’attore, tra poco farà una fiction importante, forse va pure in America, sapessi come mi somiglia. Peccato, penso: ecco un altro coglione. Spera che il figlio gli somigli ma non sa che il massimo dell’uniformità è proprio essere simili ai genitori. La razza non si affina. E quando mai. Non gli ha insegnato niente Nietzsche “Le nature superiori hanno la loro origine infinitamente più indietro, per arrivare a esse si è dovuto raccogliere, risparmiare, accumulare come per nessun altro.”

"L'uccisione del fuoco" di Francesco Gambaro

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martedì 14 ottobre 2014

"Torna cca'" di Gaetano Altopiano


Mastro Peppino Gagliardi, scomparso dalla tivvù da non so quanto tempo, dimenticò il grido dei gabbiani e il flutto profondo del mare, e il guadagno e la perdita. Una corrente rap + pop + rock gli spolpò le ossa in sussurri. Mentre affiorava e affondava, l’Harvey Keitel nazionale, traversò gli stadi della maturità e della gioventù, entrando nei gorghi di Voice of Italy e di XFactor. Restarono a imperitura memoria i suoi colletti aeroportuali e “Settembre” 1970. Altro che Diego della Valle, una pippa gli fa. O Mastro Peppino, addò stai? Torna ccà, torna ccà. “l’estate se ne andrà insieme al sole…”

"Il vuoto" di Francesco Gambaro

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domenica 12 ottobre 2014

"Acqua in bocca" di Gaetano Altopiano


Discutevamo dell’uomo che cantava sotto la doccia, antico quanto il morto che si rivoltava nella tomba, occhei, e arrivammo alla conclusione che, per quanto improbabili, delle due la seconda era l’ipotesi più realistica anche se ci sembrava la più assurda: un minimo smottamento del terreno potrebbe in effetti provocare un movimento del cadavere dentro la bara. Ma che un uomo poteva cantare immerso nell’acqua non lo accettammo né io né lui, oltre che per la seguente palese contraddizione. La retorica, infatti, madre di quelle figure, partorì pure la locuzione “acqua in bocca” per indicare il silenzio assoluto. 

"Qualamano" di Francesco Gambaro

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sabato 11 ottobre 2014

"La confraternita dell'uovo" di Gaetano Altopiano

(anche la mia sul “riempitivo” di Buttafuoco di ieri, prego)

Mi aggiungo addì undici ottobre alla cumarca buttanissima e dico: se questo signor Andrew Wylie è veramente l’agente letterario più potente al mondo sia benvenuta l’Amazon e il semi-analfabetismo. Prego, prego, ora si spiega tutto. Creatività zero. Si esprime con le frasi fatte più vecchie di cui disponga il genere letterario: il morto che si rivolta nella tomba e l’uomo che canta sotto la doccia.


"Simone Car'ella ha cambiato indirizzo" di Francesco Gambaro

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venerdì 10 ottobre 2014

"Coerenza fino alla perdizione" di Gaetano Altopiano


Manipolazione del linguaggio”. Nell’accezione peggiore del termine: “Altopiano, nei suoi versi, non va al di là della semplice manipolazione del linguaggio”. Questa l’accusa rivoltami in occasione della mia tentata partecipazione a un concorso di poesia (rivista Anterem, anno 2008 mi pare). In pratica, capacità di fare una frittata senza mai, però, riuscire a servirla in tavola. Dare in pagamento un assegno che non si può incassare o, peggio ancora, correre una corsa che non si conclude. Non ho argomenti per difendermi, né ne avevo allora. Tranne il seguente brano che stralcio dalla prima pagina della rivista appena visitata: “Smarrita è la pace, decaduta è la sicurezza della prima nominazione. Le parole che pronunciamo sono ridotte a semplici segni semantici, strumenti d’intesa. Non sono più essenziali, né in cielo né in terra. Meglio affidarsi a una scrittura destinata fin dal principio al disordine, all’anti-discorso, all’incompiutezza, fino alla perdizione”.

"Una leggera erezione" di Francesco Gambaro

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giovedì 9 ottobre 2014

"Umanissimo bisogno di calore" di Gaetano Altopiano

Ho sognato di aver perso il cofano della macchina. Che brutta sensazione: la mia bella bmw sembrava il rottame di un motoscafo, tutto il davanti era ridotto a un ammasso nero. Mi sono sentito stranamente nudo. Come avere perso scarpe e pantaloni. Come, piuttosto che guidare, condurre un pedalò a mare o come se mi avessero scoperto le gambe all’improvviso. Era stata mia moglie infatti, tirando la coperta tutta dal suo lato, a scoprirmi. Quello che non capisco è perché fatti così semplici, come appunto poter sentire freddo di notte, o magari sentire un rumore, nel sonno, puntualmente diventino complicati, a volte persino irrisolvibili tanto sono staccati dalla realtà. Ci sarà pure una ragione e gli psicologi lo sapranno. Il dubbio borgesiano secondo il quale tutti potremmo immaginare come possibile la notizia della presenza di unicorni sulla luna, ma nessuno ammetterebbe come possibile il fatto che sulla luna il numero 3 possa essere un 14 nei sogni, dunque, non avrebbe senso. Nella voragine di un viaggio notturno tutto è possibile. Tranne una cosa: che la donna possa perdere il suo senso pratico. La tiratina di coperta della mia signora non nasceva da un sogno, ma da umanissimo bisogno di calore. Lei lo ha detto. 

"Tagliacollo" di Francesco Gambaro

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martedì 7 ottobre 2014

"Pag,178, rigo 14" di Gaetano Altopiano


Pensavo che la terza persona singolare del passato remoto del verbo Redigere fosse “egli redisse” ma è “egli redasse”, che invece pensavo fosse l’imperfetto del congiuntivo che invece è “che egli redigesse”. Ero pronto a denunciare l’errore presente a pagina 178, rigo 14, delle “Letterature germaniche medioevali” di Borges e Vazquez nel paragrafo dedicato alla Volsunga Saga. Mi sono sbagliato. Immutato lo sconcerto del mio orecchio. 

"Non chiamatemi ragno" di Francesco Gambaro

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lunedì 6 ottobre 2014

"Escape from town" di Gaetano Altopiano



Nella “Città ideale”, tempera su tavola del 1490, attribuita a Piero della Francesca, Luciano Lurana, Francesco di Giorgio Martini, Giuliano da Sangallo, Leon Battista Alberti e a qualche altro e conservata a Urbino nella Galleria nazionale della Marche, tutte le finestre dei palazzi sono spalancate e al buio. Una città, non da abitare, ma disabitata, o meglio, abbandonata per una qualche ragione sconosciuta. Questo penso. Altro elemento strano, il più inquietante, l’unico non ben definito segnale della presenza umana in quella città: un puntino bianco nel buio della prima finestra del terzo piano (palazzo a destra della piazza). Appena percettibile. Una candela? 

"La caduta" di Francesco Gambaro

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domenica 5 ottobre 2014

"Cugini 2" di Gaetano Altopiano


Tra tutte le implicazioni sentimentali quella che ha per oggetto una giovane parente è la peggiore. Vero, tranne che in un caso: quando si è coetanei. Una cugina di cui non posso fare il nome fu mia fidanzatina nel 1970, pressappoco quando avevamo entrambi 8/9 anni. Ci toccammo nel letto della casa di una delle mie nonne e per quanto ricordi, l’esperienza, anche se si trattò solo di carezze, fu voluttuosa e inebriante. Fu il caso in cui la mancanza di spazio tra le nostre età coincise con la mancanza di spazio tra le nostre vite private (cosa che non mi riuscì più replicare): volevamo le stesse cose, ma in più godemmo delle comodità di una vera coppia. Due sposini. 

"Autunno" di Gaetano Altopiano


Piccola cronaca di un malumore annunciato. Ieri, quattro ottobre, mezzora di pioggia piuttosto intensa. I lavori fatti sul terrazzo, che io non volevo fare, si sono rivelati inutili (continua a entrare acqua in garage). Le crepe sul muro della cucina, che per fortuna non ho imbiancato, si sono ripresentate e ho fatto una mezza nottata a causa di una cena troppo pesante (pesce crudo). Sto sotto il livello di guardia. Leggendo il Foglio di Oggi, però, mi rincuoro. Secondo Andrea Ballarini è tutta colpa del mio bioritmo, ergo, devo solo aspettare che mi passi. Non c’entrano niente mia moglie che ha imprudentemente insistito per quei lavori, niente quel coglione del progettista che ha fatto la casa senza calcolare le fondazioni, niente l’indigeribilità scientifica di scampi e gamberoni.

"Matematicamente impossibile" di Francesco Gambaro

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venerdì 3 ottobre 2014

"Cugini" di Gaetano Altopiano


Tra tutte le implicazioni sentimentali quella che ha per oggetto una giovane parente è la peggiore. Arriverete a un certo punto in cui, inevitabilmente, vi sentirete vittima di un ricatto ed è probabile allora che perdiate la testa rischiando di essere scoperti. E’ solo un vostro problema, nella realtà nessuno vi starà ricattando, soltanto che quello spazio tra i vostri e i suoi anni e quella mancanza di spazio tra la sua vita privata e la vostra è incancellabile e non senza conseguenze. Quello che chiederà, data la sua giovinezza, e di cui non potrete in alcun modo liberarvi, data la vicinanza, assumerà sempre di più la consistenza di un “tentato prelievo”. Ma solo ai vostri occhi, ovviamente. Finirete col provare un unico, maledetto stato d’animo: ribrezzo per voi stessi. Ciononostante comincerete a pagare. 

"U Cuppitieddu" di Gaetano Altopiano


Non è inconsueto dimenticare le facce che abbiamo avuto quando eravamo ragazzi, le nostre o quelle dei nostri amici. Direi anzi che è abbastanza comune. Eravamo altre persone, e non basta guardarsi allo specchio per ricordare. Occorre una foto. Strano è invece che ieri tra tutte una improvvisamente si materializzi in tutta la sua straordinaria presenza, e senza alcun motivo : Nino “cuppitieddu” a diciottanni, redivivo. Mi si presenta in testa proprio come lo vedevo venirmi incontro quell’estate che andammo a stonarcela al boschetto. Persino la pelle mi ricordo, bianca, liscia e senza peli. Le cose sono due: o quest’uomo ha una carica plastica inusuale (capacità di imprimersi nella memoria) o io ricordo male, ossia, penso di ricordare ma non ricordo. Tutto questo, però, smette di avere un senso quando lo incontro davvero, appena un paio d’ore dopo. Devo smetterla con questa fissa delle facce.

"L'urna" di Gaetano Altopiano

Gli oggetti della sua vita da scapolo li custodisce in una teca a cui ciclicamente rende omaggio. Il primo di ogni mese, da più di ventanni, la sua signora madre assiste a questo rito con gli occhi gonfi di commozione. All’inizio era quasi felice che il figlio, seppure con modesta cerimonia, tornasse a celebrare il tempo in cui fece vita migliore, ma ora considera tra sé la possibilità che questo sia pazzo. Un pettine, qualche gingillo, due cravatte, tre cinture, uno di quei rasoio all’antica, diverse foto: tutto dentro quell’urna che la vecchia non riesce più a tenere pulita. Per giunta ultimamente l’uomo comincia a lamentarsi di tanta scarsa igiene e un paio di volte ha pure rimproverato la vecchia. Ma poi, che cosa sono tutti quei pezzi di pollo marcio che si porta in tasca?

"Lo bello addormentato" di Francesco Gambaro

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lunedì 29 settembre 2014

"La prima parte del discorso" di Gaetano Altopiano

“Lasciare il mondo meglio di come l’abbiamo trovato”. Frase moltissimamente equivoca. Per la stragrande maggioranza ha solo un significato ecologico: non sporcare, non sprecare l’acqua, combattere l’inquinamento, cose di questo tipo. Lo stesso vale per ladri e assassini i quali, come i primi, vorrebbero ripulire il mondo (lasciandone uno più netto) ma non in senso strettamente naturalistico. Il boia penserà che lasciare un mondo migliore sia solo compito suo, e anche Bin Laden la pensava allo stesso modo. Potremmo continuare abbastanza a lungo. Ricordiamo, invece, un’ultima importante categoria: quelli che, una volta sentita la frase, si concentrano solo sulla prima parte: lasciare il mondo. 

"Maccalube" di Francesco Gambaro

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domenica 28 settembre 2014

"Cappelli" di Gaetano Altopiano


Il desiderio di ogni ragazzo haredi (ebrei ultraortodossi) è quello di poter possedere un cappello Borsalino. Mai uno di loro andrebbe a capo scoperto, in segno di rispetto verso Dio, e a Mea Sharim, quartiere di Gerusalemme, la mitica griffe tiene un negozio frequentatissimo. Armadi a muro riempiono le pareti: pile e pile di cappelli, solo cappelli, e tutti di un unico colore. Il nero. Ma in decine di modelli diversi, uno, probabilmente, per ogni diversa yeshiva. Gli chabad, per esempio, li usano con la testa più bassa, i lituani più alta, e uno che vuole sembrare rispettabile indosserà sempre un cappello alto e largo. Altra cosa che non sapevo è che a un ebreo taglieranno i capelli per la prima volta a tre anni, e mai prima di allora, che a tredici comincerà a coprirsi la testa e che mai e poi mai potrà toccare una donna che non sia sua parente. Nemmeno per una stretta di mano. 

"Palermo non perdona" di Francesco Gambaro

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sabato 27 settembre 2014

"Terital" di Gaetano Altopiano

Capirete, ora, con quanta grazia il signor Paolo Conte riuscì a trasformare una cosa insignificante in un vero e proprio evento sensoriale col solo uso della parola. Fu illuminato. Lo rese alle nostre orecchie incredibilmente convincente e plausibile, oltre che emozionante, tanto che da allora è largamente dimostrato che si usa collegare al rumore del cellofan quello del terital e quello a immagini di corpi nudi che sbocciano.


(Incipit di “Bartali”, Paolo Conte, da Un gelato al limon: farà piacer un bel mazzo di rose e il rumore che fa il cellofan…)

"Dal diario" di Francesco Gambaro

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venerdì 26 settembre 2014

"Lo sprone" di Gaetano Altopiano

Avesse ragione Yeats, potrei spararmi. Confido invece nell’errore, non che lussuria e furia, ma anni e leggerezza mi facciano scorta nella vecchiaia. Leggere tutto il tempo della mia anzianità. Come potrei sennò? E, ancor più, proprio quei libri che non ho mai voluto leggere, che furono sconfinati per la mia poca pazienza e che da giovane non mi sembrarono tanto assillanti: L’uomo senza qualità, L’Ulisse, Il ramo d’oro, Paideia, Il tramonto dell’occidente. Nella campagna dove io mi ritirerò, nove filari di fave avrò, e sentirò la quiete delle stagioni, mai come prima, nella profonda intimità del cuore. Tutto questo mi resterà, allora, per spronarmi a cantare.  

"Kadraj" di Francesco Gambaro

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giovedì 25 settembre 2014

"Ritratto di famiglia in un esterno" di Gaetano Altopiano

Staticità. Fila di formiche a nord nord-ovest, gechi in agguato, ragni. Carlo Conti a volume spento sul canale 1 del digitale terrestre. Macchie di vino e materia organica sparsi su tovagliato di fattura locale. Famiglia che divora nature morte.



(collezione privata della Signora Rizzo, mia suocera, esterno – osservazione registrata il 24 settembre alle 20 e 30 a cena servita)

"Le invasioni barbariche 2" di Gaetano Altopiano


La natura dei miei parenti rivela la grossolanità più sconfortante. A nulla serve provare a dissimulare, aver studiato, avere girato un po’ il mondo, sono uno fotocopia dell’altro. Giocassimo a scacchi, non ci sarebbe storia: conoscerei con incredibile anticipo tutte le mosse dei miei avversari. Tutte pessime mosse, naturalmente. Il fatto è che quando si tratta di leggere la schiatta tradisce l’origine: “noli me tangere”. E non si scappa. Tutti, indistintamente, hanno preteso una copia di SESCION che né hanno letto né leggeranno. 

"For eric burdon" di Francesco Gambaro

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mercoledì 24 settembre 2014

"Importanza di una virgola" di Gaetano Altopiano


Un rimprovero a tutti quelli che non hanno mai saputo usare la punteggiatura. Una dedica, invece, a quelli che pur sapendola usare hanno omesso di farlo, considerandola del tutto inutile se non addirittura un vero e proprio ostacolo. A entrambi, però, un monito: tale Corrado Weber, incisore di professione in Ginevra, fu condannato al rogo proprio per il cattivo uso di una virgola. Il nominato aveva inciso una bella stampa raffigurante Gesù tra i discepoli sotto la quale aveva inciso anche il Padrenostro. La preghiera cominciava così: Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Il Concistoro, esaminata la stampa, la ritenne colpevole di errore contro la verità, poiché mettendo la punteggiatura come Weber aveva fatto la frase “che sei nei cieli” risultava un’infima proposizione incidentale, invece di essere specificissima e determinativa; cioè senza virgola prima del che. Lo scrivente, per questo, pretendeva affermare che Dio può non essere nei cieli, commettendo eresia.


(da Quadrivio laico, di Horacio Quiroga)

"No selfie 2" di Gaetano Altopiano


Speravamo che i nostri figli avessero molto capito, ma a quanto pare: millenni di studio della natura umana dritti dritti nel cesso. Plaff. Lasciare traccia, sempre, comunque, altro che “vivi nascosto”. Noi, che abbiamo omaggiato tombe del neolitico scavate in buche di terra, e recitato un Requiem aeternam stringendo la mano alle nostre mogli commossi per tanta inarrivabile discrezione (Venezia, solo una macchia di alloro, solo un nome scolpito sul marmo), desiderato annullarci in moltitudine e sparire con la dignità dei cani. Non potevamo che sottoscrivere il disgusto per questa abitudine: lasciare traccia, sempre, comunque.   

"Qulo" di Francesco Gambaro

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lunedì 22 settembre 2014

"Piccola legenda a Golden hour di Gaetano Altopiano" di Francesco Gambaro

“Da quel momento incominciò il grido, che durò tre giorni, senza arrestarsi, così tremendo che non si poteva ascoltarlo neanche dietro le porte chiuse, senza sentirne orrore... Per tutti quei tre giorni, durante i quali per lui il tempo era scomparso, egli si dimenò dentro il sacco nero, dove l'aveva ficcato una invisibile, invincibile forza... Sentiva che il suo tormento era nell'essere risucchiato dentro quella buca nera e, ancor di più, nel non potervi penetrare... All'improvviso una forza sconosciuta lo colpì nel petto, nel fianco, gli soffocò il respiro con accresciuta energia; ed egli precipitò nella buca. Laggiù, in fondo alla buca, s'illuminò qualcosa... E il dolore, si chiese, dov'è andato? Dove sei, dolore? Si mise in ascolto. Ah sì, eccolo. Non importa, resta pure lì! Cercò la sua solita paura della morte e non la tyrovò. Dov'era? Ma quale morte? Non c'era nessuna paura, perché non c'era neanche la morte. Invece della morte c'era la luce.” da 'Morte di Ivan Il'ic” di Lev Tolstoj


“Riprese a respirare, ma ormai c'era qualcosa di diverso in lui che non sapeva definire. Seppe che stava aspettando qualcosa, una specie di conoscenza, ma gli sembrava di avere tutto il tempo del mondo.” da 'Stoner' di John Williams

"Golden hour" di Gaetano Altopiano

(la vita fugge et non s’arresta una hora/et la morte vien dietro a gran giornate – Francesco Petrarca)


Non c’è alcun “momento magico”, dice il Dr. Bryan Bledsoe , entro il quale si potrà salvare il paziente critico. L’ora d’oro è un mito e sembrerebbe mancare di solide basi scientifiche. Ma per Adams Cowley, chirurgo militare e capo del centro traumatologico della clinica universitaria del Maryland non era così: “Vi è una golden hour tra la vita e la morte. Se si è stati traumatizzati in modo critico si hanno meno di sessanta minuti per sopravvivere (e per intervenire). Forse si potrà non morire proprio in quel momento, ma dopo giorni, o settimane più tardi, ma qualcosa è successo nel delicato equilibrio dell’organismo che è ormai irreparabile”.


"Perché ossequio le repliche del commissario Cordier" di Francesco Gambaro

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sabato 20 settembre 2014

"Dietro/davanti/dietro" di Gaetano Altopiano

Una tesi talmente banale che non credo alle mie orecchie. La domanda non è da meno, in effetti: quanto conti la bellezza (fisica) nella politica. Lui arranca, fa tutto un discorso, si ravvia più volte i capelli (com’è solito fare), ma arriva da nessuna parte. Non convince. E’ al microonde. Sa di niente. Dice un sacco di cose ridicole che comprovano che è un uomo spompato. “Dietro al successo delle donne politiche (le belle però) c’è sempre un uomo,” dice. Anche davanti, aggiungo io. Professò, oh professò…ma che ti succede?



(Vittorio Sgarbi intervistato a Porta a Porta)

"Les livres en plein air" di Francesco Gambaro

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venerdì 19 settembre 2014

"Le invasioni barbariche" di Gaetano Altopiano


Essere violentati in autobus non farà certo piacere, ma è pur sempre un fatto eccezionale, magra consolazione, sì, ma almeno questo. Prenderle in casa propria, invece, è un vero dramma, è cento volte peggio: smacco alla potenza 2. Oltre alla sconfitta fisica si ha la conferma che qualcuno ci vuole male, e da tempo. Premeditazione, in sostanza: c’è chi è convinto di potervi inculare franco destinazione. Si aggiunge la sconfitta morale. Stanchi delle continue vessazioni io e mio fratello Ciccio, dunque, abbiamo deciso di passare all’azione. Un contrattacco preparato nei minimi dettagli, ma che in sostanza si fonda su un’unica mossa esclusiva: travestirci da pezzi di merda e calare in città. 

"Scorreggimi se sbaglio" di Francesco Gambaro

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giovedì 18 settembre 2014

"Una web cam filosofica" di Gaetano Altopiano


Stamattina, su mia richiesta, una certa signora finalmente mi manda una foto del culo. Tutto eccitato apro la posta, mi tremano quasi le mani, ma appena clicco rimango di stucco. Merda. L’immagine è troppo ravvicinata, sproporzionata, questa vuole fare la toca ma è solo un’incompetente: ha zummato troppo sul buco e il risultato è mostruosamente preciso. Che cacchio è questa cosa? E’ un maledetto particolare. Anatomia umana, per giunta delle migliori. Pagina vattelappesca del tomo del cazzo di proctologia di pincopallino. Tirato fuori dal contesto e prepotentementeingrandito così, quel ricettacolo di piacere non sembra più quello che mi aspettavo, ma quello che è. Così imparo.   

"Quelli di Repubblica" di Francesco Gambaro

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mercoledì 17 settembre 2014

"Trip intercondominiali" di Gaetano Altopiano


Sappiate che anche se il viaggio resta pur sempre, e soltanto, una banalissima azione, ogni destinazione conduce a modificazioni del respiro che potrebbero esservi fatali (in Tibet, ad esempio, appena sbarcati vi fanno stendere per terra per attenuare lo choc da mancanza di ossigeno). Si aspetti il peggio, dunque, pure il viaggiatore più modesto: alterazioni della pressione osmotica avvengono a qualunque latitudine, e anche a brevissime distanze. Si può passare da una capacità respiratoria di 5.8 litri, al fiato corto, persino andando dal vicino di piano. 

"Dove vivono le vespe" di Francesco Gambaro

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martedì 16 settembre 2014

"Sordità 4" di Gaetano Altopiano

Parlare con Edoardo (mio figlio) non è semplice. Farmi capire, addirittura complicato. Stamattina, ad esempio, mentre sorbiamo caffè come vecchi amici e l’argomento è di suo interesse. Parliamo la stessa lingua, condividiamo lo stesso tetto, ci legano legami indissolubili. Eppure. Sarà sordo?

(A proposito del fatto che dopo un mese che rompe i coglioni per avere riparata la macchina, finalmente, sborsando parecchi euri, ieri sera gliela riporto a casa. Lui felicissimo. Stamattina però decide di andare in moto)

"Come mi sendo" di Francesco Gambaro

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lunedì 15 settembre 2014

"Sordità 3" di Gaetano Altopiano


Il bello del tu come stai, io come sto, che mi dici di te, che ti dico di me, la tua famiglia, che tempo c’è, che porta a distanze galattiche, milionidichilometrioltreilquielà, e ancora di più, la cosa inaspettata, che mai avresti potuto, più che qualcosa, molto, moltissimo, l’abisso, un’enormità, niente, scricchiare le orecchie, morire a milano, era destino, l’onore vostro, oh vostro onore, che sapete ha lo svantaggio di essere inevitabile, vedevo l’uomo venire incontro al mio tram, l’appuntamento, non ho frenato, fatto di proposito, non c’era alternativa, era il destino, all’improvviso ero sordo.   

"A Carola romana che dalla finestra sente i grilli delle ferrovie" di Francesco Gambaro

e

sabato 13 settembre 2014

"Gli appuntamenti" di Gaetano Altopiano

Quest’uno pensò a una faccia che non conosceva. Mai vista, si disse. Guardò nel proprio archivio personale e ripetè a voce alta: mai, sono sicuro. La immaginò mentre sorbiva la terza tazza di tè e il quarto bicchiere d’acqua (non contemporaneamente, ovviamente). Ne azzeccò il colore degli occhi, la forma del naso, il taglio di capelli e persino la chiocciola dell’orecchio. Lo stesso succedeva, però, a quest’altruno. Pensava pure lui a una faccia d’uomo che non conosceva. E si diceva: non l’ho mai vista, sono sicuro, mai, ma com’è che mi viene in testa? Era un secolo buio e il sole spuntava solo due volte l’anno, la strada in cui si davano appuntamento, infatti, era nera e terribile.


"Il primaldino" di Francesco Gambaro

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giovedì 11 settembre 2014

"Sordità 2" di Gaetano Altopiano


Pensavo di rettificare il finale del cric precedente (Sordità, con Hopkins e Foster protagonisti) ma mi sarei imbarcato in un’impresa disperata: dimostrare che, in quella frase, affermazione e negazione non erano due contrari. Che cazzo me ne frega? Ho preferito così metterci una pietra sopra e dedicarmi all’alcol. Che, come tutti sanno, oltre alle canoniche altre buone qualità ha anche quella di rendere sordi. E in caso di ipoacusia già presente, di rendere ancora più sordi. Totalmente, direi. Tanto da non sentire più niente. Stadio ideale ma inutile alla speculazione.  

"Sordità" di Gaetano Altopiano

Mangiare polvere. Poi, mangiare gallette. Poi, a quasi cinquantadue sentire Hannibal Lecter che dice: “la risposta non è in quelle scarpe di seconda scelta,” riferendosi agli scarponcini di Jodie Foster e a proposito della di lei infanzia sconvolta dalla perdita dei genitori (del padre in particolare). Il trauma ha reso la poliziotta quanto di meglio l’amministrazione penale poteva sperare: un funzionario furbo e determinato. Ma alle 21e30, qualche minuto dopo, mi trovo davanti a un curioso dilemma: Hopkins ha detto “la risposta non è in quelle scarpe di seconda scelta o la risposta è in quelle scarpe di seconda scelta”? Il senso cambierebbe, e c’entrerebbe niente lo choc infantile con la capacità professionale della Foster/agente FBI. Non mi ricordo più. Che i traumi favoriscano certe capacità ormai però è sancito: la sordità, ad esempio, è indispensabile alla speculazione. 

"In margine a un articolo di Gianni Bonina su Manlio Sgalambro" di Francesco Gambaro

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mercoledì 10 settembre 2014

"Cklebnikov alle ottoettrenta" si Gaetano Altopiano

Solo due mammiferi, in natura, possiedono escrescenze fatte di cheratina (la sostanza di cui sono fatti i capelli): l’uomo e il rinoceronte. Il resto ha corna su base ossea. Senza eccezioni. Chlebnikov, di sicuro, conosceva questa analogia singolare e non a caso scrisse quella meraviglia che si intitola La legge delle altalene, che oggi scopro avere anche basi scientifiche. In quella, per l’appunto, signori della terra sono riconosciuti unicamente ora l’uomo, sì sì sì, ora il rinoceronte.


"Iosif Brodskij alle diciottoetrenta" di Gaetano Altopiano

Oggi disinfestazione. Finalmente. Mangiato due ostriche, pane integrale, prosciutto crudo, bevuto un bicchiere di vino. Piccola discussione con mia moglie a proposito di certe spesucce che lei, ovviamente, ritiene indispensabili. Euro 2000. Voli low cost, alberghi last minute, tempo e temperatura del fine settimana. Tutto verificato. Guardo dalla finestra e vedo solo un filo di fumo. Concludo: non ho voglia di scrivere. Non ne ho mai avuta. Ossia: “Anche se è un corvo, di profilo, ogni uccello nel cuore è un canarino. Ma la volpe, quando azzanna la gola, non distingue il sangue del tenore.” 

"Vi sembra che si assomiglino" di Francesco Gambaro

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martedì 9 settembre 2014

"The waste land in Ficarazzi" di Gaetano Altopiano


Mister Jo, famoso fruttivendolo, aveva un forte raffreddore, nondimeno passa per il miglior negoziante di Marineo e dintorni nel suo ramo. Salutandolo, mi stringe al suo solito col rito stracotto del doppio bacio. Spero non mi attacchi l’influenza, penso cinicamente: ho fatto Ficarazzi/Aspra Aspra/Ficarazzi a passo sostenuto (Km. 4 per 2) stamani, e sono abbastanza sudato e ricettivo. Città irreali quelle, sotto il cielo azzurro di questa mattina d’estate, ciclisti, maratoneti, corridori, si riversavano sul Ficarazzelli Bridge in così tanti che io mai potevo pensare che morte tanti ne avesse disfatti. 

"Belle più belle" di Gaetano Altopiano

Il desiderio di restare piacenti, che aumenta inevitabilmente col passare degli anni, sembra faccia netta distinzione di sesso e di latitudine: le americane sarebbero le più interessate all’articolo. Dipende, con grande probabilità, dalla loro natura civettuola poiché fin da bambine (più che in altre parti del mondo) sono istruite ai concorsi di bellezza e al travestimento. Direi, alla possibilità che esista una chance supplementare: essere belle, più belle se volete, grazie al trucco estetico. Dai banali cosmetici alla chirurgia più temeraria, poi, passano solo una decina d’anni. Non è raro incontrare ventenni che hanno già seno, glutei e zigomi rifatti. Disposte a patire degenze dolorosissime pur di essere belle, o più belle se volete.



"The baby" di Francesco Gambaro

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venerdì 5 settembre 2014

"Involvement" di Gaetano Altopiano


Clienti selezionati al Caffè Berlino, roba di gran classe. Vi chiedono la tessera, ah no? E la vogliono perfetta, senza smagliature, proprio pari pari alla frontiera inglese. Massima garanzia di serietà, senz’altro. Qualità, qualità, questo il motto. Non tutto però è come sembra: quella che vi sembra una cuccagna, appena entrati, si rivela in realtà un luogo tragico. Si beve a occhi bassi, si mangiano bocconcini di roba, ci si trucca per depistare e ogni Lei vi guarda come se ogni momento potrebbe essere l’ultimo. La cosa più sconfortante è che riescono a coinvolgervi.

"Un cane filosofo" di Gaetano Altopiano


Suoni senza significato il mio cane ne conterà a decine, se solo sapesse contare. Noi gli parliamo come fosse un bambino: curuzzo, ciccino, miluzzo (si chiama milo), ci siamo capiti. E ci mettiamo pure il tono, parliamo sottovoce, proprio come fosse un cucciolo d’uomo. Suppongo che la parola “amore” l’abbia sentita decine di volte e per quello che mi risulta questa parola per lui non significa niente. Un suono come un altro, niente a cui corrisponda un pasto. E’ votato alla Teoria meccanicista.