Le opere incompiute
restano le migliori. Ci sta a cuore puntualizzarlo. Gli esempi si
sprecano ma a noi di questo non ci importa granché: abbiamo ottima
capacità di giudizio e della storia fondamentalmente ce ne
impipiamo. Non abbiamo, cioè, bisogno della protezione
“dell’universalmente riconosciuto” per trovare il coraggio di
esprimere un parere, ciò che scegliamo è frutto solo del nostro
gusto personale e della nostra natura critica. Fosse anche la prima
volta che ci imbattiamo con l’incompiuto, infatti, non abbiamo
dubbi, è il nostro preferito. Noi, tutti d’accordo. E la ragione è
anche molto semplice: dell’incompiuto ci affascina soprattutto il
numero delle possibilità che potevano essere e che non furono mai.
L’illusione che ogni ipotetica conclusione poteva essere un’altra,
e così all’infinito. Un numero incalcolabile di eventi, in
sostanza, tutti probabili. Questo ci spinge, però, a un’ulteriore
considerazione:
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