venerdì 31 gennaio 2014

"Separazioni 3" di Gaetano Altopiano

Quella che Vito Mancuso (Teologo) definisce: “naturale tendenza del genere umano all’ordine, all’armonia e all’amore, Logos”, a proposito di un suo studio sulla nascita dell’Universo e sulla Creazione, non vale per il condominio di via Salvatore Meccio 25 in Palermo. Lì vige imperterrito il secondo principio della Termodinamica, cioè: dentro un qualunque sistema chiuso, mantenuto a temperatura costante, l’energia  tende a raggiungere la massima entropia possibile (perdita assoluta di calore). Difatti, l’ostilità dei condomini, a proposito di un trasloco (dopo trentanni) e dell’inevitabile uso dell’ascensore.


"Preghiera (gli anni da ricordare) di Francesco Gambaro

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giovedì 30 gennaio 2014

"Separazioni 2" di Gaetano Altopiano

Anche una mia parente si è separata per un colpo di vento. Sposata da qualche mese poté constatare quanto Madre natura governasse la durata di un matrimonio. Inaspettatamente, una bella mattina, le accadde quello che accade a innumerevoli coppie, ultimamente, un soffio di scirocco le rapì il marito. Puff. Lei giurò di volergli ancora bene, che, era per lei, sarebbero stati sempre insieme. Lui, naturalmente, gridava le stesse cose mentre volava via, direzione nord nord-ovest mi pare. 


"Lamelio Checché" di Francesco Gambaro

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mercoledì 29 gennaio 2014

"Separazioni" di Gaetano Altopiano

Si racconta che la Sicilia si staccò dal continente a causa dei venti impetuosi che soffiavano in tutto il Mediterraneo. Eolo, figlio di Poseidone e di Arne, ebbe allora incarico di controllarli. Zeus ne fece il dio e gli diede residenza a Stromboli (isole Lipari) dove “il veloce” li teneva rinchiusi in un otre che apriva a sua discrezione: Austro, Borea, Euro, Zefiro, i quattro fratelli. Il problema fu così risolto. Ma la Sicilia, ormai, si era irrimediabilmente staccata.  

"L'ultima biblioteca" di Gaetano Altopiano

So di non avere piacere nel raccontare di quest’uomo, ma mi rassegno al fatto che non tutte le nostre azioni procurano piacere e nondimeno non possiamo evitare di farle. Considero questa, quindi, una di quelle. Un uomo privo di spirito, inutile ai propri simili, eppure duro e intransigente al punto che non meriterebbe menzione. Proverò comunque a riferirne mettendoci del mio dove dovrebbero mancarmi motivo e materia per farlo. Tanto, ogni storia, altro non è che il riflesso della storia di chi la sta scrivendo con una conseguenza che sappiamo essere devastante e monotona. L’uso perpetuo dello stesso alfabeto, l’unica biblioteca, per quanto vasta, a cui attingere: un solo racconto scritto in milioni di modi possibili. Per gli “Anulari” la storia è un circolo, e niente esiste che non sia già esistito e che non esisterà nuovamente, letteratura compresa. Penso di nuovo a scale che non portano da nessuna parte, a finestre irraggiungibili, all’ultima frase di un racconto che si ripete alla fine di ogni racconto possibile (un’ossessione). Concludo: conosco per certo che l’uomo avrebbe voluto vivere in solitudine ma la mia facoltà mi concede la libertà di collocarlo in qualunque luogo io voglia. La fine è inevitabile.     

"Ho visto Ezra Pound" di Francesco Gambaro

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lunedì 27 gennaio 2014

"Arghentina" di Gaetano Altopiano

Chi fosse interessato può andare in Argentina con soli 39 euro. Prendere alloggio in un albergo di lusso a 12 euro a notte. Farsi grigliate di carne memorabili praticamente gratis, 1 euro al chilo (vino compreso). Avere una storia d’amore, certificata, con una ragazza da scegliere tra un’infinità di possibili candidate. Addirittura creare un impero economico nel giro di pochi mesi. Poi, bruciare tutto in un colpo e spararsi per la disperazione.   

"Traslochi Marinella" di Francesco Gambaro

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domenica 26 gennaio 2014

"Contro cosa?" di Gaetano Altopiano

La catena delle dipendenze è enormemente più lunga di quanto si possa pensare, si estende in connessioni inimmaginabili e in reticoli e labirinti dove è impossibile scorgere inizio e fine. Ricordate: impossibile scorgerne inizio e fine. Ma dipendere dagli altri, ammettiamolo, non è poi tanto terribile: nell’attimo in cui viene meno il sostegno si conquista il diritto di protestare. Comodo no? Contro chi si lamenta, infatti, contro cosa, chi è vittima della propria autosufficienza? Contro nessuno. Noi invece abbiamo la società in subbuglio, popoli che borbottano, generazioni che si ribellano. Ma contro chi?  

"Oscurate l'araba fenice" di Francesco Gambaro

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sabato 25 gennaio 2014

"Diario di un delicato, all'amico La Rochelle e ad altri" di Gaetano Altopiano

Aspetterà la bella stagione per dichiararsi. Mancano pochi mesi e lui, veramente, non ha molta fretta, anzi, gli piace l’attesa. Lo rinvigorisce. Del resto l’inverno ci rende cupi, evvero? di malumore, magari anche indisponibili: non vuole rischiare. Intanto studierà la sua faccia ogni volta che passa, con discrezione ovviamente (lei lavora in un casalinghi e regali). Se guarda, se accenna un sorriso, dovesse arrossire. Siamo d’accordo. Un pomeriggio di aprile, allora, forse anche maggio, lei non starà dentro ma davanti al negozio (come lo sa? e come potrebbe non farlo? da noi, tra le cinque e le sei, c’è una luce e un tepore che non vi dico) e quello sarà il momento. Naturalmente con la massima delicatezza, nel maggiore riserbo possibile, meglio se tra parentesi. Faremo così.    

"Di trasloco in trasloco" di Francesco Gambaro

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venerdì 24 gennaio 2014

"L'inimmaginabile" di Gaetano Altopiano

Sappiamo che il nostro pensiero funziona in modo umanamente possibile. Chiaro. Nell’unico modo che gli è possibile: quello umano. In quanto umani (vivendo sulla Terra, respirando ossigeno, assumendo proteine e vitamine locali, cioè avendo dei limiti) sappiamo anche che non possiamo conoscere tutto. E’ conseguente che pure il nostro pensiero dovrebbe essere limitato, proprio perché deriva dalla conoscenza. Bene. Ora, dal punto di vista logico, l’affermazione non fa una grinza, ma questo non vuol dire che sia la verità. Se infatti fosse non solo logica ma anche vera (l’affermazione) noi non potremmo pensare a niente di sconosciuto e invece, questo, non ci accade: riusciamo a pensare a cose che non conosciamo, a immaginare persino quello che potrebbe esserci fuori dalla nostra “umanità”, l’inimmaginabile.


"Una madre aspetta" di Francesco Gambaro

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giovedì 23 gennaio 2014

"Bomba" di Gaetano Altopiano

Mentre cerco un libro ne trovo un altro. Lo apro, lo sfoglio, cade un foglietto per terra. Leggo: “incalzatrice della storia  freno del tempo  Tu   Bomba   Giocattolo dell’universo  Massima rapinatrice di cieli  Non posso odiarti  Forse che odio il fulmine scaltro  la mascella di un asino  La mazza nodosa di Un Milione di A.C.” Mi fermo. Penso a tutti i fantasmi che vivono in questo libro. Gregory Corso, Kerouac, Ginsberg, Ferlinghetti, Ron Loewinsohn (il mio preferito). Penso al fantasma della Pivano: lei vive all’ultima pagina. Ed è rimasta astemia.


(Fernanda Pivano, Poesia degli ultimi americani, Feltrinelli) 

"Fotografia" di Francesco Gambaro

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mercoledì 22 gennaio 2014

"Estetica" di Gaetano Altopiani

Uno, della bellezza che può dire. Si eredita, si conquista, si compra. Possibile, dunque, pensare possa essere fonte di serenità? Piuttosto è motivo di disperazione e di affanno. Chi la porta in eredità la considera sempre un peso, un ostacolo addirittura (la ragazza bella “come” la madre a esempio), raramente darà a questa il valore che gli altri invece le riconoscono. La conquista, in generale, porta in sé sempre qualcosa di equivoco: è un desiderio di possesso tanto forte da spingere anche ad atti che normalmente non ci si sognerebbe di mettere in pratica. Il detentore, perciò, sarà visto con diffidenza e lui stesso (nel timore di perdere ciò che ha raggiunto) vivrà soltanto di sospetto. Comprarla, poi, è quasi sempre un pessimo affare: tentando di fare colpo, ci si deve affidare agli esperti, a tecnici competenti, che, è risaputo, in estetica hanno gusti completamente diversi.


"Diagrammi e algebra" di Francesco Gambaro

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martedì 21 gennaio 2014

"Renziane" di Emanuele Diliberto


"Equazioni senza soluzioni" di Gaetano Altopiano

“Irrisolto” è l’ultimo aggettivo con cui vorremmo avere a che fare. Inevitabilmente la  radice porta al passo successivo: Irrimediabile, e questa, alla parola Immortale, che di per sé non è poi grande cosa tranne nel caso di “qualcuno che ragioni sulla sua propria immortalità”. Una prigione che non si aprirà mai. Pierre de Fermat, matematico, nel 1630, scoprì l’equazione senza soluzione e Marco Flaminio Rufo, venuto alla Città degli Immortali, racconta di scale che non portano da nessuna parte, di porte enormi che si aprono su stanza piccolissime, di finestre irraggiungibili. A Bagdad si favoleggia di una partita a scacchi durata trentanni (il cui esito, tra l’altro, si risolse in parità) e “irrisolto” è anche il motivo per il quale nei bassifondi di Tripoli, negli anni 50, una donna costringeva l’unico figlio a cenare soltanto dopo che avesse risolto un enigma. A undici anni accadde l’irrimediabile: ne trovarono il corpo parzialmente sbranato (come da cani, si disse) in cucina. Del figlio non c’era più traccia. 


"Riceviamo e pubblichiamo 3 (per Claudio Abbado)" di Francesco Gambaro

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lunedì 20 gennaio 2014

"Rotte involontarie" di Gaetano Altopiano

La vicenda si divide in due parti. Nella prima, l’uomo, nasce in un sobborgo di Copenaghen e compie studi regolari fino al diploma superiore. Si impiega in un negozio d’antiquariato e conosce un russo che lo inizia al gioco d’azzardo. Il gioco lo porterà alla rovina, ma in compenso lo istruirà a un punto tale da renderlo in grado di formulare teorie matematiche che molti riterranno attendibili (A. Norgaard, emerito professore di matematica, gli sarà amico). Nella seconda, vuole chiamare la moglie e invitarla ad andare a letto. La signora è abituata a restare in salotto e lì spesso si addormenta prima dell’ora consueta. Dalla bocca, però, stranamente non esce il nome della donna ma il suo. E’ terribile. Lui prova e riprova, ma niente. L’unico nome che esce è il suo.  

"La grande bellezza (ecco dove l'ho visto)" di Francesco Gambaro

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domenica 19 gennaio 2014

"Invito a cena" di Gaetano Altopiano

Niente di più difficile che pranzare con degli estranei. Siete fatto così, amico mio. Dentro, o fuori, vi spaventano le differenze, non le reggete, e ogni volta vi sentite venire meno. Ogni volta si prospettano ostacoli insormontabili. Chi sono quelle persone? Come farete a capirle? Vi chiudete nel bagno comune e aspettate un minuto: pronto. Quello, ad esempio, non è nato con voi, non l’avete mai visto, l’altra non vive a casa vostra e la signora che vi siede di fronte ha la faccia di un animale, è figlia di quale madre? La lingua che sentite non è la vostra lingua, persino i bicchieri tintinnano in modo diverso dal vostro. Ma Empedocle pensava che l’universo avesse prima una forma e dopo la forma opposta, in un perpetuo avvicendarsi. Questo, naturalmente, vi fa tremare.   

"Milano collezione moda 2012 2013 2014" di Francesco Gambaro

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sabato 18 gennaio 2014

"Somiglianze" di Gaetano Altopiano

Nell’elenco delle possibilità, aggiungi anche questa: che un tuo gemello ti ha preceduto. E a lui direi, l’avessi visto, la stessa cosa: nell’elenco delle possibilità, aggiungi questo, sembri il gemello di uno che ti ha preceduto. Le vostre facce si ripetono, chissà da quanto tempo, ma in modo che non siano mai perfettamente uguali. Questo è sorprendente. Non c’è identità, ma solo fortissima “somiglianza”.

I tratti replicati lasciano spazio al verosimile, al margine di errore. Tanto che la certezza è quella di trovarsi sempre davanti a un originale, mai a una copia. Ma per Rosetta Rapisarda Federico, signora palermitana, non è proprio così. Seduta al Metropolitan Museum of Art di Nuova York è imbambolata: l’uomo ritratto da Velazquez nel ‘600 non è Juan de Pareja, ma il figlio suo.  

"Nel caso di Nunzia De Girolamo" di Francesco Gambaro

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venerdì 17 gennaio 2014

"Luoghi in assenza di tempo" di Gaetano Altopiano

Fosse possibile viaggiare fino al centro di un “buco nero”, nel caso, indossando anche un orologio da polso, notereste che questo, avvicinandovi alla meta, rallenterebbe il suo movimento fino a fermarsi del tutto. Tale esperienza dimostrerebbe che all’interno del “buco nero” non esiste il tempo. Ma l’orologio, mi dico, non è alimentato dal tempo, lo misura soltanto: il motivo del suo meccanismo è essenzialmente elettrico (pila) o manuale (forza dell’uomo). L’esperienza, semmai, dimostrerebbe soltanto che all’interno di un “buco nero” è impossibile l’azione di forze fisiche. Aggiungo: luoghi in assenza di tempo non sono concepibili, poiché Tempo e Luogo sono imprescindibili all’esistenza umana. Ovvero, alla sua materia “organizzata per percepirli”. Potremmo, poi, ammetterne l’esistenza, ma mai la loro comprensione.  

"Riceviamo e pubblichiamo 2" di Francesco Gambaro

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giovedì 16 gennaio 2014

"Risarcimento economico" di Gaetano Altopiano

Alla fine della guerra mondiale l’America pretese i diritti sull’Aspirina a titolo di risarcimento per le spese di guerra: parliamo di miliardi di dollari. Nel 1929 l’Italia riconobbe allo Stato Pontificio la stratosferica somma di un mille milioni di lire per i danni provocati dalla perdita del potere temporale. Cinque miliardi di dollari, invece, il risarcimento alla Libia per i danni coloniali. E noi? Chiediamo risarcimento a tutti i paesi che trattengono opere d’arte italiane e ne fanno quattrini esponendole nei  musei. Facciamogli causa: o i quadri, o i soldoni. Sarebbero miliardi di euri, eh. 

"E le puttane di Baudelaire cosa c'entrano" di Francesco Gambaro

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mercoledì 15 gennaio 2014

"Crocicchio" di Emanuele Diliberto


"Quello che non si può cambiare" di Gaetano Altopiano

Non “Il giovane Holden”, ma i “Nove racconti”. E dentro i Nove racconti, “Un giorno ideale per i pesci banana”. Questo è  Salinger. Lo sparo che conclude il racconto vale cento Caulfield. Lui stesso, appena finito di scrivere, rimase mezzo minuto in attesa: pensava a quello che aveva fatto. Fissando la finestra del suo studio sperava che qualcosa cambiasse, che la mano tornasse a scrivere modificando il corso degli eventi. Ma non accadde nulla, Salinger non si  mosse. E così per una buona mezzora. Poi per un’ora. Poi per giorni, e settimane. 


"Niente più merda a Palermo" di Francesco Gambaro

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martedì 14 gennaio 2014

"NELLA 'MISERIA IN BOCCA' DI FLANN O’BRIEN PIOVE PER TUTTO IL TEMPO" di Gaetano Altopiano

Saverio Bellante è nato a Palermo nel 1980. Nel 2011, per mancanza di lavoro, si trasferisce a Dublino, Irlanda, dove si impiega in un’azienda farmaceutica. Nella notte di domenica 12, tra l’una e le due, dopo una partita a scacchi uccide Tom O’Gordon, suo coinquilino, e ne mangia il cuore. In realtà, secondo l’autopsia, mancherebbe uno dei polmoni o un pezzo, almeno. Naturalmente pioveva.   


"Disapprovatemi" di Francesco Gambaro

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lunedì 13 gennaio 2014

"Ricordi di Sky" di Gaetano Altopiano

“La mia prima madre era generosa, sincera, una donna robusta di cui mi fidavo: parlavamo, mi dedicava del tempo, mi voleva bene. La mia seconda madre non è mai stata tanto solida, poi, dopo la malattia, si ritirò per sempre in se stessa e ci abbandonò al nostro destino: crescemmo come un branco selvaggio facendoci la guerra l’un l’altro. La mia terza madre era una vecchia che si trascinava per casa badando solo a non prendere freddo: chiudeva di continuo le imposte, anche in piena estate; di lei non ho alcun buon ricordo, anzi, è come se non ci fosse mai stata.”  

(Sky, 22.30, domenica 12)

"Grazia dice grazie" di Francesco Gambaro

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domenica 12 gennaio 2014

"Il bivio di Borges" di Gaetano Altopiano

Cosa saremmo se non fossimo quello che siamo stati? Il signor Borges non aveva dubbi: davanti a un bivio non ci sono scelte, o l’una o l’altra strada. Amen. Grande saggista, ma tronfio e insopportabile poeta, mise definitivamente al bando ogni dietrologia. Poi, però, scrisse un racconto memorabile, e in questo, nel ‘43, steso sul pianerottolo della cantina di Carlos Argentino Daneri, racconta di aver visto l’Aleph, il punto dello spazio che contiene tutti i punti. Ebbe in visione l’inizio e la fine, ogni essere umano e ogni pensiero, tutto l’universo nello stesso istante, la circolazione del suo sangue, la modificazione della morte, nell’Aleph la terra e di nuovo nella terra l’Aleph, e riconsiderò radicalmente il concetto. Non era più soltanto quello che era stato, ma anche quello che avrebbe potuto essere. Di fronte a un bivio, ora, imboccava entrambe le strade.

"Controlangone 3" di Francesco Gambaro

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sabato 11 gennaio 2014

"Fatti" di Emanuele Diliberto


"Ragionano per conto loro (due)" di Gaetano Altopiano

Non so proprio decidermi. Venerdì ore 20,21: i due marò italiani, arrestati e ancora carcerati in India, rischiano la pena di morte; ore 20,26: un giubbotto di salvataggio, con tanto di fischietto e segnalatore, percorre mille miglia marine e dall’isola del Giglio approda sulle coste della Sardegna, c’è scritto bello chiaro che è della Concordia. Mi sono deciso: i cuochi più famosi pensano di essere degli artisti, inventano difatti, stupiscono, partecipano ai programmi TV e ci annoiano a morte. Vorrebbero che il mondo intero riconoscesse loro il giusto posto, dicono che l’impiattamento è un’arte. Ma quando mai.  

"La mafia è fuffa" di Francesco Gambaro

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venerdì 10 gennaio 2014

"Migrazioni due" di Gaetano Altopiano

Non come Pirsig, che s’imbarcò in Minnesota e sbarcò nel Pacifico mettendoci la faccia, i nervi e tutta la forza fisica. Né come la sua motocicletta che era stata fatta apposta per le distanze. Né come un Przewalski, cavallino della Mongolia, capace di cavalcare per settimane nutrendosi solo di magra sterpaglia. Voi andrete ben oltre: avrete modo di verificare la vostra durata. Seppure condividete lo stesso tetto, mangiate allo stesso tavolo, usate il medesimo bagno, potreste giurare di non conoscere il vostro partner. Non fino in fondo, voglio dire. Durare, aspettare, concedersi, invecchiare. Partire, infine.

"Migrazioni" di Gaetano Altopiano

Pensando ai batteri, non possiamo che provare disgusto. A chi non è mai capitato di vederli in azione accaniti su ferite in cancrena, su carcasse di cani, o di gatti, o magari del più piccolo degli uccelli lungo il bordo di una strada o all’angolo di un marciapiede? Miliardi di miliardi di organismi senza alcuna intelligenza ma con un compito ben preciso: colonizzare. Madre natura li ha ben dislocati: praticamente ovunque. Sono la forma viva più diffusa del pianeta. Sull’autobus, sugli Urali, nella lingua dell’amante, dentro un condotto d’areazione. Mentre scrivo, addirittura, li sento scendere dal colon verso vescica e apparato genitale: stanno migrando.

"Il cazzo ci condiziona la vita" di Francesco Gambaro

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mercoledì 8 gennaio 2014

"Ragionano per conto loro" di Gaetano Altopiano

Gli organi umani, come quelli di ogni animale, reagiscono agli urti espandendosi. E’ il tentativo di ridurre la pressione esercitata dal trauma: cento chili su un metro quadro non sono, ovviamente, sopportabili quanto lo sono su una superficie, poniamo, del doppio. E’ come se ragionassero per conto loro. Anzi, ragionano per conto loro. 

"Gli occhiali di Gogol" di Francesco Gambaro

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martedì 7 gennaio 2014

"Eleonora Duse" di Gaetano Altopiano

Da Treviso a Palermo l’aereo impiega una ora e 10 minuti. Da Palermo a Treviso, invece, ben 15 minuti in più. Questo è spiegato dalla seguente circostanza: venuti al cimitero di Sant’Anna, in Asolo, si troveranno le tombe di Eleonora Duse (attrice) e Tracy Stark (scrittrice) rivolte verso il Montegrappa (suppongo il nord geografico).

"Riceviamo e pubblichiamo" di Francesco Gambaro

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giovedì 2 gennaio 2014

"Limiti" di Gaetano Altopiano

Non è possibile riprodurre a voce un suono lungo 1,3 decimi di secondo. E’ un termine enormemente breve perché chi ne tenti la riproduzione possa interrompersi allo scadere esatto del tempo. Sembra strano anche che la postura di un corpo non sia altro che il suo adattamento all’ambiente terrestre e la sua mutazione, soltanto millimetrica, provochi la scoliosi. Pensare che una minima variazione della forza di gravità (9,82 m/s2), che nemmeno avvertiamo,  impedisca al genere umano di procreare. 

"In ospedale per San Silvestro" di Francesco Gambaro

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mercoledì 1 gennaio 2014

"Balera, viale Campania" di Gaetano Altopiano

Uno si tinge i capelli. Due volte al mese sabato pomeriggio altre due volte domenica mattina, e non si scappa. Un rito. Uno si mette allo specchio, dopo lo sciampo, e s’impomata tutto. Usa un pennello da imbianchino, piccolo certamente, e parte dall’attaccatura delle tempie andando verso la nuca, via. I toni vanno dal nero, nero corvino, al rosso, fuoco o cardinale, ma uno senza dubbio preferisce il “mogano”. Lo adora. Nella balera, uno, letteralmente fa vo-la-re la compagna. Due volte al mese sabato sera e altre due volte la domenica nel pomeriggio (lei è la badante di una del corso Olivuzza, tanto per cronaca). Uno, se balla troppo suda. Normale no? Quando succede perde il colore e la tintura scende sul collo in rivoli che macchiano la camicia. Lei in quel momento vuole a uno due volte bene: lecca quel filo di colore con la lingua. Tre, quattro volte, a secondo. 

"Germogli corna e spirito di patate" di Francesco Gambaro

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