domenica 30 aprile 2017
MA IO SONO MORTO? di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/29/ma-io-sono-morto/
sabato 29 aprile 2017
UN PENSIERINO di Gaetano Altopiano
UN PENSIERINO
di Gaetano Altopiano
Allampanato e solitario, il pazzo. Chiedeva la carità per conto degli animali: cuccioli, cani bastonati, gatti randagi e cardellini ancora in gabbia. Tutte cause sacrosante. Per me non tengo nulla, diceva a chi gliene dava, ma un pensierino, un pensierino, diceva. Lo trovarono impiccato alla trave maestra di una stamberga che abitava saltuariamente insieme a altri poveri disgraziati. Una tana, più che altro - zona Oreto. La Caritas - si è saputo dopo - ogni tanto provvedeva a rifornire lui e gli altri di quello che poteva, latte, vestiti, pasti caldi, quando poteva e solo mentre dormivano, perché erano tipi intrattabili. Lui stesso un giorno - raccontavano gli Angeli della notte - pubblicamente prese a pedate una signora che non volle contribuire alla causa: ma un pensierino, un pensierino, gridava mentre scalciava. Il traffico bloccato tra piazza Croci e l’aeroporto di Orly.
Allampanato e solitario, il pazzo. Chiedeva la carità per conto degli animali: cuccioli, cani bastonati, gatti randagi e cardellini ancora in gabbia. Tutte cause sacrosante. Per me non tengo nulla, diceva a chi gliene dava, ma un pensierino, un pensierino, diceva. Lo trovarono impiccato alla trave maestra di una stamberga che abitava saltuariamente insieme a altri poveri disgraziati. Una tana, più che altro - zona Oreto. La Caritas - si è saputo dopo - ogni tanto provvedeva a rifornire lui e gli altri di quello che poteva, latte, vestiti, pasti caldi, quando poteva e solo mentre dormivano, perché erano tipi intrattabili. Lui stesso un giorno - raccontavano gli Angeli della notte - pubblicamente prese a pedate una signora che non volle contribuire alla causa: ma un pensierino, un pensierino, gridava mentre scalciava. Il traffico bloccato tra piazza Croci e l’aeroporto di Orly.
BIOGRAFIA AUTENTICA NON CONCORDATA DI GRILLO DETTO BEPPE di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/29/biografia-autentica-non-concordata-di-grillo-detto-beppe/
venerdì 28 aprile 2017
ALIGHIERO NOSCHESE, IMITATORE DI VOCI di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/28/alighiero-noschese-imitatore-di-voci/
FOCUS BENJAMINUS di Francesco Gambaro
Mi si sono svegliato camaleonte. Tutto verde stamattina. Forse per contrastare il fuoco che ancora arde e rifrange da dietro i boschi di Tusa, dalle parti di Pollina. Mi sono svegliato che ce l'avevo in testa, che mi era entrato per svegliarmi Aveva gli occhi verdi dell'amore. Quale buondio me l'ha recapitato dai recessi della memoria?
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Mi si sono svegliato camaleonte. Tutto verde stamattina. Forse per contrastare il fuoco che ancora arde e rifrange da dietro i boschi di Tusa, dalle parti di Pollina. Mi sono svegliato che ce l'avevo in testa, che mi era entrato per svegliarmi Aveva gli occhi verdi dell'amore. Quale buondio me l'ha recapitato dai recessi della memoria?
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giovedì 27 aprile 2017
LA VISITATRICE di Gaetano Altopiano
La visitatrice, da due settimane, non visitava più nessuno. Era invecchiata di colpo, inaspettatamente e voracemente, proprio come se il suo corpo si fosse svegliato all’improvviso con una fame di se stesso incontenibile. Quando il dottore entrò per l’iniezione aveva non so più quanti anni e la pelle cadente. Il dentista le aveva appena cavato tre mole marce, e un infermiere ormai la conduceva per casa con un girello e le cambiava tre volte al giorno la biancheria. Ma i turni prevedevano un numero di quindici famiglie che la visitatrice avrebbe dovuto visitare in quelle ultime due settimane, e tutte erano ancora in attesa. Lei era speranzosa, rivolgendosi all’infermiere diceva: appena mi rimetto andrò. L’uomo le sorrideva, girava dalla cucina e la portava sul balcone a prendere l’aria.
DA ME VOGLIONO TUTTI LA STESSA COSA di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/27/da-me-vogliono-tutti-la-stessa-cosa/
mercoledì 26 aprile 2017
STORIE DEL SIGNOR JFK (81) di Francesco Gambaro
Mai
pensato a quegli stupidi esperimenti di Icaro. JFK cammina
immaginando sotto di sé l'acqua. La terracqua. Fa questi esercizi di
mattina. Approfittando della brina si alleggerisce di passo in passo.
Sono un hovercraft, si convince, né Icaro né Gesù Cristo.
Definisce questo suo desiderio di levità, felicità indotta. Allunga
la gamba e prima che questa si poggi lancia l'altra. Sicché si
trova, di sforbiciata in sforbiciata, come Dorando Pietri staccato
dalla terra per nanosecondi. Accelera, e i nanosecondi diventano
tanti che più non si raccapezza. Il sangue pulsa violento in testa
sino all'ammaraggio nella grande vasca da bagno della sua piccoletta
casa di montagna. Il sangue ora sbocca dai piedi, colora di
rossocielo la masse d'eau. Allora è tutto un arrestare, fasciare,
coprire papole, pustole, bubboni, felici ferite indotte. Pegno che
JFK consegna volentieri all'insano desiderio di volare.
martedì 25 aprile 2017
IL DESOLATO di Gaetano Altopiano
Durante l’ora di applicazioni tecniche, sostenendo l’inutilità di cose come imparare a traforare un foglio di compensato o costruire un circuito elettrico elementare, il professore ci insegnò a usare una pistola. Gli allenamenti, per i seguenti fatti pratici, non cominciarono prima di aprile di quell’anno, 1974, periodo in cui i topi, sbucando dai tombini di via Emerico Amari, si arrampicavano lungo i canaloni del palazzo di fronte la scuola seguendo le scie odorose generate dalle prime ondate di caldo. Passavano sotto gli scarichi del secondo piano e tentavano l’arrembaggio al terzo, dove qualcuno, puntualmente, stoccava grossi sacchi di spazzatura sul balcone per giornate intere. Inutile, quindi, specificare chi o che cosa fosse il nostro bersaglio. Ma il preside, un bel giorno, inoltrò ugualmente una formale richiesta di chiarimento al professor Terrana, dicendosi desolato ma costretto a quell’indagine da fatti sopraggiunti il giorno prima. Erano i topi? Erano i sacchi di spazzatura? O era l’uomo che li depositava tutte le mattine?
lunedì 24 aprile 2017
RIELABORAZIONE DI UN COETANEO DI DRESDA E CORREZIONE DELLA DEFINIZIONE DI VESCICA NATATORIA di Gaetano Altopiano
Prima
che si parli di tradizioni, le introduzioni. Nell’Altopiano
dimezzato (foto) o in Durs Grunbein A metà partita (libro) + la
vescica natatoria (definizione), questo: “E la mattina cosa schizza
fuori dalla doccia? Acqua, che altro. Il rosso e il blu sul rubinetto
vogliono dire solamente caldo e freddo. Ma che la pelle a strofinarla
arrivi a squamarsi resta soltanto un sogno: l’asciugamani non ha
spine, non colerà sangue sulle piastrelle e l’acqua dello scarico
(che sembra un rantolo di morte) è solo igiene e profilassi. Eppure
distruggere un corpo è più facile di quanto pensiate: basta un ago,
una lama, un disegno, uno schizzo, un termometro introdotto in gola,
una tempia sfondata, una forchetta.” Questo, ora, è un organo
interno dell’anatomia dei pesci. Essa viene utilizzata per adattare
il peso specifico del pesce all’ambiente riempiendosi di gas,
sfruttando il principio (poi scoperto da Archimede) in modo da poter
nuotare consumando meno energia e da poter effettuare spostamenti
verticali senza nuotare. (E non “sfruttando il principio di
Archimede”, Wikipedia). (f.to di f. gambaro)
INTRAMOENIA (Alfred Döblin) di Francesco Gambaro
Poco
dopo era di nuovo intento a contare i suoi passi, uno, due, tre. Un
piede dopo l'altro, le braccia ciondolanti dalle spalle.
Improvvisamente, mentre il suo sguardo vagava vuoto sul ciglio del
viale, il signor Michael Fiscer vide una figura tarchiata, se stesso,
indietreggiare dal prato, avventarsi sui fiori e troncare di netto la
testa di un ranuncolo. Davanti a lui si svolse, reale e tangibile, la
scena che era accaduta dianzi sul viale oscuro. Questo fiore era
preciso identico agli altri. Ma esso solo attirava il suo sguardo, la
sua mano, il suo bastone. Il suo braccio si sollevava, il bastoncino
sibilava nell'aria, colpiva, recideva la testa. La testa si
catapultava in aria, scompariva nell'erba. Il cuore del commerciante
si mise a battere all'impazzata. La testa recisa della pianta
sprofondava ora pesantemente sotterrandosi nell'erba. Più giù,
sempre più giù, attraverso il tappeto erboso, dentro nel terreno.
Ora cominciava a girare vorticosamente nel ventre della terra,
nessuna mano poteva fermarla. E dall'alto, dal moncone del corpo,
cadevano gocce, dal collo bianco sgorgava sangue che colava nel buco,
prima a poco a poco, come la saliva dall'angolo della bocca d'un
paralitico, poi con un denso rivolo che si dirigeva viscido, con una
schiuma giallastra, verso il signor Michael. Egli cercava inutilmente
di sfuggirlo balzando di qua e di là, tentando di saltarlo via,
mentre esso già gli lambiva i piedi. (Alfred Döblin, L'assassinio
di un ranuncolo e altri racconti, Sugarco,
1980)
domenica 23 aprile 2017
VIA DAL BUGIARDINO di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/22/via-dal-bugiardino/
sabato 22 aprile 2017
SULLE RIVE DEL TONTO (3) di Elio Coniglio (per il mio buon compleanno)
SULLE
RIVE DEL TONTO (3) di Elio Coniglio (per il mio buon compleanno)
La giovane donna non è sola. Seduta accanto a Qualcuno, gli parla e mentre gli parla mi guarda e fa sfarfallare a bella posta entrambe le mani davanti alla bocca per non consentimi di leggervi le parole che di continuo sbocciano tra le sue labbra vermiglie. Non so quanti Martini dopo, infiamma le sue pallide guance con il fard, si alza, mi guarda, poi esce ancheggiando vistosamente. Non mi è difficile tallonarla senza farmi notare: ostacolata com'è nell'incedere dai tacchi alti che di continuo sbandano sui balatoni luccicanti d'acqua piovana e dalla pesante valigia che si trascina appresso, deve fermarsi spesso, a riprendere forze e fiato, mentre percorre questa stretta viuzza dove due bellicose bande di giovinastri con bandiere e stendardi - vecchi cenci legati in cima a lunghi bastoni - si fronteggiano guardandosi in cagnesco. La stazione ferroviaria non è lontana e, a quest'ora della sera, sulle panchine illuminate da una luce di un giallognolo malato c'è una affaccendata folla di bipedi in partenza, un insopportabile odore di olio di motore surriscaldato e un rumore assordante, persistente. Blocco la donna prima che s'infili in una carrozza e, di punto in bianco, le comunico che, a giorni, parto per Malta. "Malta non è l'America!" mi dice con un filo di voce nel preciso istante in cui due rapidi sferragliando sulle rotaie s'incrociano: le facce incollate al vetro, da uno dei finestrini - tutti illuminati a giorno -, Elio e Francesco ci guardano...
La giovane donna non è sola. Seduta accanto a Qualcuno, gli parla e mentre gli parla mi guarda e fa sfarfallare a bella posta entrambe le mani davanti alla bocca per non consentimi di leggervi le parole che di continuo sbocciano tra le sue labbra vermiglie. Non so quanti Martini dopo, infiamma le sue pallide guance con il fard, si alza, mi guarda, poi esce ancheggiando vistosamente. Non mi è difficile tallonarla senza farmi notare: ostacolata com'è nell'incedere dai tacchi alti che di continuo sbandano sui balatoni luccicanti d'acqua piovana e dalla pesante valigia che si trascina appresso, deve fermarsi spesso, a riprendere forze e fiato, mentre percorre questa stretta viuzza dove due bellicose bande di giovinastri con bandiere e stendardi - vecchi cenci legati in cima a lunghi bastoni - si fronteggiano guardandosi in cagnesco. La stazione ferroviaria non è lontana e, a quest'ora della sera, sulle panchine illuminate da una luce di un giallognolo malato c'è una affaccendata folla di bipedi in partenza, un insopportabile odore di olio di motore surriscaldato e un rumore assordante, persistente. Blocco la donna prima che s'infili in una carrozza e, di punto in bianco, le comunico che, a giorni, parto per Malta. "Malta non è l'America!" mi dice con un filo di voce nel preciso istante in cui due rapidi sferragliando sulle rotaie s'incrociano: le facce incollate al vetro, da uno dei finestrini - tutti illuminati a giorno -, Elio e Francesco ci guardano...
venerdì 21 aprile 2017
ZIVILISATION di Gaetano Altopiano
La morte lo colse in piena “Zivilisation”. Non fece in tempo a godersi il succo di pomodoro, né riuscì a spegnere la sigaretta che aveva appena arrotolato. Schiattò sul selciato del Cafè di Boubois, dove eleganti ragazze si baciavano tra di loro. Nel cadere investì sedie, bicchieri, disseminò monetine tutt’intorno e il tonfo ricordò il rumore di un sacco di spazzatura che precipita da una piccola altezza. La folla compose un semicerchio. La moglie fu rintracciata solo un paio d’ore dopo: usciva da una riunione, per tutto il tempo non era stata raggiungibile. Ora, ci sono tre modi di preparare un Bloody Mary e uno è senza la salsa Worcestershire. Il terzo è la variante analcolica Michelada, che prevede l’uso di birra messicana piuttosto che della vodka. Sul termine “Civilizzazione” invece non ci sono dubbi: decadenza, mantenimento in vita di modelli culturali già morti; termine usato da Oswald Spengler (1918) per definire il processo di disfacimento della civiltà occidentale; processo già iniziato nel XIX secolo e caratterizzato dallo strapotere della finanza e dell’informazione. In pieno svolgimento.
giovedì 20 aprile 2017
(L'OCCHIAIA. 30.) di Elio Coniglio
Neanche l’ombra di un filo d’erba sulla spiaggia. Solo la donna e il bambino, distesi fianco a fianco sulla sabbia rossa, si abbandonano a questo sole implacabile. Ed io,che, con cocciutaggine, mi ostino a inseguire orme sognate e risognate, un tempo,forse, mie. Incrocio l’uomo poco prima di raggiungere la foce inguadabile del torrente le cui torbide acque rumoreggiano sotto le arcate di un ponte di pietra che naufraga tra i flutti, a largo. Si muove con naturalezza sulla battigia nonostante l’elegante, attillato vestito di un chiaro fresco, arioso. Mi guarda, mi sorride, senza fermarsi. Il suo volto mi è familiare e, strano a credersi, sulle sue scarpe lucidate a specchio non sbrilluccica un solo granello di sabbia. Torno indietro sui miei passi. Chiedo alla donna se ha riconosciuto quell’uomo che, di certo, poco fa, le è scivolato accanto. Sgrana gli occhi sbalordita: davanti a loro, giura, non è passata anima viva… Ora non sono più solo: il bambino mi tallona. Sento scoppiare la sua risata argentina ogni qualvolta finisco a gambe all’aria in acqua. e ciò accade, immancabilmente, tutte le volte che io, fermamente intenzionato a intrappolare negli occhi tutto il visibile e non solo che riesco a catturare con lo sguardo, me li tappo con entrambe le mani.
IL DUBBIO DELLE STRISCE di Gaetano Altopiano
Guardare come si blocca davanti a una confezione di surgelati mi conduce lontano: nel suo atteggiamento ricordo l’austerità di una veglia funebre. Non è il 3 agosto del ‘59, non siamo a Buenos Aires e l’altro non è l’Erudito, ma i pensieri che furono di uno ora probabilmente attanagliano l’altro. Per quanto qui, adesso, nessuno dei presenti immaginerebbe bestie striate di Sumatra che decimano mandrie di bufali, né potrebbe temere di vederne tra gli scaffali le ombre allungate. In merito ai fatti, però, tutto potrebbe esistere, e devo riconoscerlo. E se il Poeta pensò avventure indefinite, perseveranza, ricerca di una tigre che non fosse nei versi, l’altro si chiede cosa ci sia oltre un codice a barre, e come sarà la sua prima notte da morto. Considerato che le strisce sono altrettanto inquietanti.
LE FATE DEL GIOVEDI' di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/19/le-fate-del-giovedi/
mercoledì 19 aprile 2017
MA LA SPERANZA NO di Francesco Gambaro
Mario
Monicelli - in un'ultima intervista, prima di lanciarsi dal 5° piano
dell'Ospedale San Giovanni di Roma – racconta che la morte gli
secca, non gli fa paura, che soltanto gli secca “per le cose che i
miei i occhi avrebbero potuto vedere e non vedranno mai quando sarò
morto”. Fissa le coordinate della storia. Prende aria. Non sa se
Talete avesse ragione. L'elemento di cui tutti abbiamo bisogno è
l'aria. Non l'acqua. L'acqua serve solo per sopravvivere. Non la
carne, non le emozioni*. Lucio Battisti deve averlo capito,
altrimenti non avrebbe abbandonato Mogol per Pasquale Panella. In
cerca d'aria, in cerca di un'ora d'aria anche Battisti. Con la
sigaretta tra le labbra Monicelli, anche negli studi televisivi dove
si parla di niente, per scapparne via, perché fumare è via di fuga,
voglia d'aria. Fumare sino a stare male, quindi bene.
*Io
non parlo di emozioni, io sono l’emozione, questo è il punto. Non
esiste parlare di emozioni, è ridicolo, ma ti rendi conto, il
pubblico ti chiede “Parlami di emozioni?!” Ma che, sei un
commerciante? In cosa tratti? Tratto in emozioni, ti parlo di
emozioni. Io sono l’emozione. Un’altra cosa che detesto è la
speranza... O
sono l’emozione o sono niente, non parla l’emozione: io sono la
speranza o sono niente, non parlo della speranza né la do; non c’è
la speranza, ci sono io, ma la speranza no. (Pasquale
Panella, intervista tratta da "Lucio Battisti - Al di là del
mito"
Alfonso Amodio, Mauro Ronconi ARCANA editrice, 1999, Padova. Pagg. 133 - 146)
Alfonso Amodio, Mauro Ronconi ARCANA editrice, 1999, Padova. Pagg. 133 - 146)
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martedì 18 aprile 2017
MISTERO JULIA ROBERTS di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/18/mistero-julia-roberts/
lunedì 17 aprile 2017
INTRA VS INTRA (Ennio Flaiano vs Giuseppe D'Agata) di Francesco Gambaro
E
i miei viaggi in Cina sono davvero poca cosa se li confronto a quei
passi a tentoni nel buio, dal letto alla cucina, in cerca di un
bicchier d'acqua. (Ennio Flaiano, Diario notturno, Adelphi 1994)
Ha
cambiato passo. Macché zoppo. Ma quale zoppo. Salta. Si sente che
salta. E' un passo dispari. Come il valzer. Un due-tre un due-tre un
due-tre. Sai cosa? Balla scalciando come fanno i clown. I clown.
Quelli sì che mi fanno paura. Niente mi dà i brividi come i clown.
Con quella allegria dipinta spalmata sulla faccia. Balla. Balla?
(Giuseppe D'Agata, I passi sulla testa, Bompiani 2007)
domenica 16 aprile 2017
L’IMPREVISIONE SECONDA di Gaetano Altopiano
Ho cercato di essere il meno disonesto possibile. Dal balcone del mio appartamento - solo una finestrella, in verità - ho guardato passare la folla senza occuparmene, per esempio. Per esempio ho raccolto gli avanzi di quello di cui mi cibo con diligenza e in diverse ore del giorno ne ho addirittura ricavato altro cibo. Per esempio, per quanto mi è stato possibile ho mantenuto disposizione al mobilio voluto da lei. Tuttavia, nel corso degli anni, mi sono rammaricato con certa frequenza di un fatto contro il quale non è stato possibile porre rimedio: la mia tendenza a nascondermi in camera e a chiudermi a chiave. Penso più spesso che sia scorretto nei suoi confronti e il fatto che bussi ossessivamente, quando succede, mi regredisce ancor più agli anni in cui ero cocciuto e solitario e lei non ancora la mia donna. Anche se in verità, allora, nessuno avrebbe potuto rassicurarmi su cose come quale sarebbe stato il suo vero nome, quali parole avrebbe usato o quante volte avrebbe preteso di pulire un pavimento.
(L'OCCHIAIA. 29.) di Elio Coniglio
nessuno
mi segue mentre con la padronanza dettatami da un’ esperienza
oramai ultratrentennale mi arrampico sulle maiuscole filiformi di un
neon pubblicitario che veleggia solitario sui chiaroscuri della
piazza un solo piccolo balzo dall’ultima lettera utile ed eccomi su
un terrazzo che in realtà non è un terrazzo ma l’inizio sprintoso
di una via che sale a spirale stretta fra edifici altissimi fino ad
un giardino rosseggiante di fichi maturi lo attraversa in tutta la
sua lunghezza tagliandolo in diagonale poi di punto in bianco
rallenta si blocca muore davanti a un muro gorgogliante
d’acqua dove sono conficcati questi pioli scivolosi su cui
mi avventuro riappaio nella piazza irregolare ora dominata dai
corpi di fabbrica speculari di un antico monastero occhiuto di
finestre dietro le quali di tanto in tanto risona uno scalpiccio un
brusio una cantilena infantile
sabato 15 aprile 2017
BACI AMORE 2 di Gaetano Altopiano (virgolettato confuciano)
Perché non ci diciamo quasi più niente? Mi guardo bene dal dirglielo, ma lo penso. Lei accarezza il gatto e mi sorride, con un sorriso muto: ancora e ancora senza parlare. “A quindici anni, mi applicai allo studio. A trenta, mi feci un’opinione. A quaranta, non ebbi più dubbi. A cinquanta, conobbi il volere del Cielo. A sessanta, il mio orecchio si mise in sintonia. A settanta, seguo tutti i desideri del mio cuore senza infrangere nessuna regola.” Noi, però, non abbiamo gatti.
ADAMO IN CITTA' di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/15/adamo-in-citta/
venerdì 14 aprile 2017
QUEL VECCHIO AMICO di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/14/quel-vecchio-amico/
giovedì 13 aprile 2017
INTRAMOENIA (Jurij Olesa) di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/13/intramoenia-jurij-olesa/
mercoledì 12 aprile 2017
STORIE DEL SIGNOR JFK (80) di Francesco Gambaro
Da
quando JFK passeggia trascinato del suo buffo alpaca, si sente un
ottantaquattrenne destinato a miglior vita. Non quella prescritta dai
codici cristiani, quella più avventurosa di un reviviscente. L'ha
ricevuto per fermo posta da uno sconosciuto amico australiano di
facebbok. Forse un disguido. Sono stati i vigili urbani a
recapitarlielo in campagna e volendo presto lavarsene le mani hanno
consegnato il batuffolo di lana senza punto approfondire.
L'alpachino, un maschio secondo il pedigree, è oggi più alto di JFK
di trenta centimetri. Gli ha imposto una corda al collo e lo
trasporta in giro intorno alla casa come il fiero servitore porta a
spasso il basset hound del padrone. A malincuore JFK si fa
rimorchiare ma, ogni volta che l'alpaca si volta per controllarlo,
sboccia in un sorriso di codarda sottomissione e le orecchie gli si
allungano sino alle zampe.
martedì 11 aprile 2017
IL FONDO DI UN BICCHIERE IN CONTROLUCE di Gaetano Altopiano
Qualcuno,
ieri sera, mi ha chiesto se per caso avessi ancora qualcosa da
aggiungere. Probabilmente intendeva chiedermi se non fosse stato
meglio concludere quella conversazione, dato che aveva preso una
piega spiacevole un po’ per tutti. Ma ha usato il verbo
“aggiungere”, me lo ricordo bene. Credo l’abbia detto mentre
guardava il fondo del bicchiere controluce. Cioè, affrontandomi
indirettamente. Non come Sharon Olds, in The Father, che nelle ultime
settimane di vita ebbe il permesso di nutrire il padre malato e
infilava il cucchiaio di semolino nella sua bocca tirandolo fuori
dalle labbra serrate. E attraverso il metallo sentiva la suzione
della sua lingua, il suo palato, la sua testa, e la morte che le
tirava la mano.
SULLA DECADENZA DELLE BILANCE di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/11/sulla-decadenza-delle-bilance/
lunedì 10 aprile 2017
MI APPENDONO A UNA RINGHIERA E SCIVOLO di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/10/mi-appendono-a-una-ringhiera-e-scivolo/
domenica 9 aprile 2017
sabato 8 aprile 2017
L'ARTE DI BUTTARE di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/08/larte-di-buttare-ritratti-assorbenti/
venerdì 7 aprile 2017
HASHI di Gaetano Altopiano
Ci
sarà una relazione ( non solo teorica) tra la frugalità e il
pragmatismo dei popoli orientali con l’uso di bastoncini di legno
per imboccarsi. Il fatto di ingerire il cibo in minuscole porzioni e
da piccole ciotole, conduce a una riflessione di questo tipo: a
tavola vigono moralità e ordine, nutrirsi non è una necessità
corporale (soltanto e semplicemente), tantomeno un allegro convivio,
ma un rito. E anche nel caso di consumo di minestre il cucchiaio
non è metallico ma di terracotta e di dimensioni e spessore
maggiori. In ognuno dei casi, comunque, quello che si nota è la
“distanza” dall’alimento che si ha intenzione di consumare. Nel
caso delle bacchette la mano del commensale rimane lontana dalla
bocca più di quanto non conceda una forchetta, aumentando la
distanza tra l’uomo e il suo nutriente; nel caso del cucchiaio lo
spessore della ceramica costringe a un contatto di natura simile a
quello, aumentando la distanza tra la lingua e il cibo.
giovedì 6 aprile 2017
STORIE DEL SIGNOR JFK (79) di Francesco Gambaro
La
domanda che più affatica JFK è: ma tu, tutti questi libri li hai
letti? La risposta ovviamente è: no. Nessuno della gran parte di
questi libri sono stati letti. Una infima parte sì probabilmente,
quelli dell'usato delle bancarelle. Nessun libro dovrebbe essere
letto, sostiene JFK. Aggiunge: li ho soltanto comprati, rubati,
orecchiati, odorati, sistemati, fotografati, aperti, chiusi,
spolverati, stropicciati. E basta. Non ne ho letto nessuno, mai
nessuno di loro si è infilato nel mio letto. Le donne e gli uomini
si amano senza leggersi. I libri sono prostitute. Amores perros,
concede a fatica JFK.
mercoledì 5 aprile 2017
INTESTINO VEGANO di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/05/intestino-vegano/
lunedì 3 aprile 2017
CHI CI GUARDA IN CONTROLUCE di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/03/chi-ci-guarda-in-controluce/
domenica 2 aprile 2017
E' STATO UN BEL MATRIMONIO di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/02/e-stato-un-bel-matrimonio-a-nino-gennaro/
L’UNICO TESTIMONE di Gaetano Altopiano
Sbucò all’improvviso dal rettilineo che portava all’ultima stazione di servizio prima di Valguarnera. Da dove veniva, che intenzioni avesse, cosa avesse fatto in quelle ore della notte non poteva saperlo nessuno. Sventrò un sacco di spazzatura abbandonato: dei cani abbaiarono in lontananza. Si raggomitolò contorcendosi. Spiccò un salto. Un tredicenne, unico testimone, giurò di averlo visto sparire in una scia luminosa.
sabato 1 aprile 2017
IMMOTO PECORECCIO di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2017/04/01/immot0-pecoreccio/
L’ORA SENZ’OMBRA (a Osvaldo Soriano) di Gaetano Altopiano
La simultaneità prevede che a New York scocchino le 12 nel medesimo istante in cui a Roma scoccano le 18 dello stesso giorno solare. Potremmo definire quell’istante però “l’istante delle 12 e delle 18”, indifferentemente, altrettanto realisticamente, riferendoci a una porzione di tempo di 24 ore che accade all’interno della Terra considerata come sistema chiuso, poiché quel momento è - in assoluto - teso in modo simultaneo allo zenit e al nadir di quel sistema chiuso. Eppure non lo facciamo. Perché il tempo del nostro sistema è percepito come tempo solare, e non come tempo assoluto, sul quale non ha alcuna influenza la luce. Quell’istante - sulla Terra - non è un istante qualsiasi di una scansione oraria universale, ma l’istante di luoghi di uno stesso sistema chiuso esposti diversamente a una fonte di luce e di uomini che notano una differenza nella proiezione della loro ombra a quella medesima ora. Ma esistendo un’ora senz’ombra (siamo nel campo delle supposizioni – ma l’ora universale non ha ombra né luce) si scalerebbero pareti e si esplorerebbero abissi procedendo nello stesso tempo verso un punto più alto e uno più basso senza essere smentiti. L’ora senz’ombra vedrebbe l’uomo tendere simultaneamente alla vecchiaia e alla gioventù.
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