Mario
Monicelli - in un'ultima intervista, prima di lanciarsi dal 5° piano
dell'Ospedale San Giovanni di Roma – racconta che la morte gli
secca, non gli fa paura, che soltanto gli secca “per le cose che i
miei i occhi avrebbero potuto vedere e non vedranno mai quando sarò
morto”. Fissa le coordinate della storia. Prende aria. Non sa se
Talete avesse ragione. L'elemento di cui tutti abbiamo bisogno è
l'aria. Non l'acqua. L'acqua serve solo per sopravvivere. Non la
carne, non le emozioni*. Lucio Battisti deve averlo capito,
altrimenti non avrebbe abbandonato Mogol per Pasquale Panella. In
cerca d'aria, in cerca di un'ora d'aria anche Battisti. Con la
sigaretta tra le labbra Monicelli, anche negli studi televisivi dove
si parla di niente, per scapparne via, perché fumare è via di fuga,
voglia d'aria. Fumare sino a stare male, quindi bene.
*Io
non parlo di emozioni, io sono l’emozione, questo è il punto. Non
esiste parlare di emozioni, è ridicolo, ma ti rendi conto, il
pubblico ti chiede “Parlami di emozioni?!” Ma che, sei un
commerciante? In cosa tratti? Tratto in emozioni, ti parlo di
emozioni. Io sono l’emozione. Un’altra cosa che detesto è la
speranza... O
sono l’emozione o sono niente, non parla l’emozione: io sono la
speranza o sono niente, non parlo della speranza né la do; non c’è
la speranza, ci sono io, ma la speranza no. (Pasquale
Panella, intervista tratta da "Lucio Battisti - Al di là del
mito"
Alfonso Amodio, Mauro Ronconi ARCANA editrice, 1999, Padova. Pagg. 133 - 146)
Alfonso Amodio, Mauro Ronconi ARCANA editrice, 1999, Padova. Pagg. 133 - 146)
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