E'
poco meno di mezzogiorno ma, a telefono, lui mi dice, scusami ma devo
andare a coricarmi. Dorme la notte, dorme il giorno. La successione,
blatera, la dichiarazione dei redditi, l'agenzia delle entrate. E io:
allora? Lui: proprio devo andare a dormire. Ma sono il tuo
commercialista! Lui: buonanotte. Rimescolo le carte, osservo e
confondo le mie con le sue. Telefono. Non risponde. Ancora lo devono
inventare un telefono che risponde se ci si chiama.
giovedì 30 giugno 2016
PERIZIE di Gaetano Altopiano
Riguardo le mie letture devo dire che ho avuto maestri eccellenti. Mai la minima “defaillance”, il più piccolo sbandamento, sempre e soltanto consigli impeccabili. E se ho una libreria così fornita, non tanto in termini numerici ma, soprattutto, qualitativi, è quasi esclusivamente merito loro: mai mi sarei avvicinato a certi autori (e allontanato da altri) senza la loro guida. Per fortuna. E se adesso affermo che la poesia contemporanea mi interessa molto poco è un fatto: evidentemente sono diventato un esperto.
mercoledì 29 giugno 2016
IL CONTROLLORE di Gaetano Altopiano
Reputo la persona taciturna non più interessante della ciarliera. Né meno. Poiché se è vero che l’uomo discreto difficilmente tiene banco in una conversazione e anche vero che questo possa accadere senza che la sua discrezione venga minimamente scalfita. Il mio è piuttosto un lavoro di controllo: verifico il numero di parole sensate che il mio interlocutore mi consegna. Mi piace scoprire in lui quelle virtù che non lo rendono virtuoso.
LETTERA DAL DISASTRO di Francesco Gambaro
Cazzo (un giorno mi
disse) tutte a te capitano? Aveva appena scoperto un'alopecia al
centro della foresta dei mie capelli sessantottini. Avevo anche
l'asma, lo sterno a pettodipollo, una disastrosa sudorazione delle
mani e dei piedi, la crosta lattea alle ascelle delle ginocchia, un
pene esattamente la metà del suo. Cazzo, cosa ho sbagliato, piangeva
mio padre, spalmandomi di unguento valda il petto (quel giorno avevo
pure l'influenza). Diario di guerra del 17 maggio 1969
martedì 28 giugno 2016
L'IMPORTANZA DI NON ESSERE FRANCESI di Francesco Gambaro
Da
un momento all’altro le cose cambiano nome. Retré gabinetto
vuccì. Pitrichigno vulva cunt. Tricorfa cazzo obama. Ma quelli
niente, arruginiti sulla Loi travail, impermeabili al Jobs act del
nostro toscanissimo inglesse. E giù a stilare bibliografie in
finissima saliva francese del Mein Kampf.
lunedì 27 giugno 2016
UN AMICO DICE di Francesco Gambaro
Che
i poeti di oggi amano sentirsi chiamare poeti. Come i dottori che non
sono dottori dai posteggiatori. Per questo si moltiplicano in versi.
Eppure, quando leggono, leggono tutto d'un fiato senza rispettare
accapo o punteggiatura. Sono donne che mettono i tacchi per farsi
riconoscere donne. Ma una donna è donna anche senza scarpe.
“Sta
dunque per piovere: l'aria in questi casi è grandiosa, diventa la
padrona; sembra una ragazza anziana che decide di farla finita con la
sua purezza. Decide lei, da gran signora che abbia perduto
accidentalmente le mutande.” da Madrid, di Cristina Annino
ANTIGONE di Gaetano Altopiano
Ernst Junger, a proposito del rispetto verso i defunti, osservava: “la cultura si basa sulla cura dei morti; la cultura svanisce con la decadenza dei sepolcri”. Nella Cina e nella Grecia antiche, civiltà alla cui levatura morale spesso ci riferiamo, sarebbe stato impensabile l’assenza di rispetto verso i morti o anche soltanto per chi era in lutto. Valga a memoria l’esempio di Antigone. Raymond Carver, che fu uno dei più sensibili testimoni della nostra decadenza culturale, racconta un evento agghiacciante (Con tanta di quell’acqua a due passi da casa, da Da dove sto chiamando, Minimum Fax): durante una gita tre amici si imbattono nel corpo nudo di una donna assassinata; poiché non intendono rovinarsi il week end di pesca decidono cinicamente di denunciarne il ritrovamento solo al loro rientro, appunto due giorni dopo; la moglie di uno di loro venuta a conoscenza del fatto sentirà il bisogno irrefrenabile di partecipare al funerale della povera disgraziata.
domenica 26 giugno 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (38) di Francesco Gambaro
JFK
trova offensivo dovere pagare bollette. Non approva che le bollette
non si paghino da sole. Dunque le mette in fila su in terrazza,
secondo la data di ricevimento. Non si meravoglia del fatto che, pur
aggiungendone di continuo, la fila non cresce mai. Bagna l'indice, lo
alza verso il cielo per assicurarsi che il vento abbia soffiato
giusto in direzione dei quattro uffici postali vicinori. Ridiscende
soddisfatto tornando a stendersi sul suo amato letto.
FACCE (ancora una, e importante) di Gaetano Altopiano
Se quest’uomo si fosse votato a quella vita ascetica e spirituale di cui traboccano le sue canzoni, defilandosi alla maniera di Lucio Battisti o di Mina, per intenderci, ossia azzerando le sue apparizioni pubbliche e lasciando che il mondo godesse della sua genialità senza mai vederne lo strumento, forse ne avrebbe giovato in tutta la sua persona: ha una faccia irrimediabilmente triste. La sua ossessione per certe montature d’occhiali, ma, soprattutto, per quei colletti abbottonati che ostenta senza il minimo pudore estetico depongono a suo sfavore.
sabato 25 giugno 2016
IL BICCHIERE VUOTO DELLA STAFFA di Francesco Gambaro
Era
l'ultimo bicchiere. Attendeva impaziente che tornassi dal bagno.
Presi al volo il manico e mi impietrii. Un tappeto di moscerini,
uguale uguale al tappeto di granatina di ghiaccio del margarita che
servono a Boston, si era sostituito alla schiuma e bloccava il libero
ingresso del liquido dentro la bocca. Non così ubriaco da forzarlo
con un unico cieco e gargantuesco sorso mi cimentai nell'arte propria
del chirurgo acqueo. Johnny passami quel cucchiaino. Inforcai gli
occhiali e cominciai la pesca. Un canadair scatenato. Quella notte
non mi addormentai. Amici, non ci si addormenta facilmente ricordando di
avere bevuto da un bicchiere vuoto.
LA SUA di Gaetano Altopiano
venerdì 24 giugno 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (37) di Francesco Gambaro
JFK
non sa piantare chiodi. Ci tenta, ci ha tentato tutta la vita. Ogni
volta, dopo il primo colpo di martello, sente un lamento sordo
fievole discreto che lo blocca. JFK si volta indietro con sguardo
colpevole verso i quadri che da una vita vorrebbero essere appesi.
Soffre di vertigini e, anche se è appena al secondo gradino, si
rigira spaventato verso la parete. Per non cadere, per appoggiarsi
con tutt'e due le mani mentre chiodo e martello precipitano dabbasso
sulle teste dei quadri, facendoli infuriare come morti viventi. JFK resta
immobile, ha paura. La parete conforta le sue mani rinfrescandole.
Intanto una marea di quadri montano, sono già al primo gradino. La
copia dell'urlo di Munch tenta di morsicare il tallone sguarnito di
scarpe di JFK.
giovedì 23 giugno 2016
A CERTI UCCELLETTI BIRBANTI di Francesco Gambaro
A certi uccelletti birbanti piacciono le foglie della pomelia. Io chi devo proteggere? Le foglie di pomelia o i birbanti?
ANTI- 4 (a Edmondo Bernacca) di Gaetano Altopiano
Tra i cambiamenti epocali passati praticamente in sordina la scomparsa del generale Edmondo Bernacca, meteorologo (15 settembre 1993). L’uomo che da noi tra il ’60 e l’80 fece il bello e il cattivo tempo e non solo in senso metaforico. Giustappunto, con lui, nel giro di qualche anno scomparvero anche i suoi cavalli di battaglia. Com’è possibile? La nebbia della Val padana e l’anticiclone delle Azzorre. La prima diminuita del 47% a causa dell’innalzamento medio delle temperature. Il secondo, prepotente negli anni 60-70, praticamente soppiantato dall’anticiclone subtropicale africano, causa di queste strane piogge a carattere temporalesco.
mercoledì 22 giugno 2016
NATURE JOURNALS di Gaetano Altopiano
Che sia stato “il pensiero politico” ad avere guidato le sorti dell’umanità è anche fin troppo ovvio. Errato, però, pensare che questo sia frutto esclusivo di materie di lignaggio come la filosofia o il diritto. Il pensiero politico dipende da una serie di interferenze che solo apparentemente sembrano non avere influenza: la dieta alimentare, le abitudini igieniche, la farmacologia. Una rivista come Nature Journals, per esempio, che pubblica uno studio su un farmaco di tipo x, da quel momento ha il potere di incidere sulla vita di milioni di uomini, oltre che sull’indirizzo culturale di un’intera comunità, più degli editoriali del Times o della modifica geografica di un confine di stato legata a un problema di diritto internazionale. Ma la difficoltà di replicare un esperimento scientifico (parliamo del 70% dei casi – dati ufficiali ) dovrebbe farci riflettere. Quello che ogni volta viene pubblicato come “nuovo traguardo della scienza” non è che un esperimento la cui attendibilità può essere testata solo in teoria dalla comunità scientifica. Pochi, o nessuno potrà mai verificarlo in laboratorio, se non col passare anche di molti anni.
Guglielmo Apollinare)
DEFICIT DI ATTENZIONALITA' UGUALE STANDARD DEVIATION di Francesco Gambaro
E'
quando scambi la destra con la sinistra, un uomo per una donna, un
carciofo per un uovo e vai fuori strada o fuori di sesso o affoghi
nel desk. Ma un deficit è una sottrazione, cioé un ritardo di
attenzione, o invece un acceleratore delle nostre conoscenze? La
necessità del caso-guidato-dalla-distrazione devia la nostra
astronave verso l'astrazione. Può provocare incidenti ma, anche,
improvvise evoluzioni metereologiche dell'intelligenza standard.
martedì 21 giugno 2016
ANTI – 3 di Gaetano Altopiano
Si prova un piacere liberatorio, come di averla appena spuntata, nel trovare qualcuno che è riuscito a esprimere compiutamente il tuo pensiero: “Ciò che si chiama letteratura, oggi, e, più estesamente, cultura, non è che la faccia edonistica di un nichilismo di cui l’anti-qualcosa (mia libera modifica) è il ramo terrorista.” (L’antirazzismo come terrore letterario, Richard Millet, Liberilibri). Non mi interessa aggiungere altro. Anzi sì. “L’anti contemporaneo non è altro che una manifestazione isterica ma al tempo stesso fredda e calcolata dell’odio per gli altri”.
lunedì 20 giugno 2016
domenica 19 giugno 2016
ANTI- 2 di Gaetano Altopiano
Il tempo dovrebbe vergognarsi per la pioggia di oggi. Sempre fuoriluogo lui. Perché non ha piovuto quando c’era bisogno? il 16 giugno, per esempio.
COLONSCOPIA (ovvero il domani del tuo culo) di Francesco Gambaro
Un piatto leggero
prima di svegliarsi, 2 buste senza fili, ore 9 e 21, un chilo e mezzo
d'acqua da mangiare in mezz'ora, camomille camomille camomille, una
meglio due meglio tre preghiere per il papa che porta il tuo stesso
nome ciccio, e a don bosco che ti guarda da sotto il tuo balcone,
altro mezzo litro d'acqua al gatorade + agpeg plus alle, oddio oddio oddio, 17, 19
e 30, 30 e 19? facciamo un litro ettré. 2 buste con fili, ore 21 e
30, 6 buste omaggio 4+2 di agpeg plus alle 23 zero zero + 7, eppoi eccolo, alle 9
punto zero il domani del tuo culo è arrivato.
sabato 18 giugno 2016
CARTA INGIENICA di Francesco Gambaro
Certe volte la carta gienica, se la osservate prima di cestinarla, ha la consistenza, i colori, il sapore di quello che avete mangiato. Ovvero, la consistenza i colori il sapore e magari un pelo di baffo, del tovagliolo appena riposato sulle vostre sinistre o destre o ginocchie. Esempio classico, nel giornodopo di una abbuffata di pasta con le seppie. Anche, certe volte, vedete tra le vostre dita questo piatto di carta quadrata da gran gourmet, rosato di arancione con punte a spillo rossopomodorino e tridimensionali con contorno vivo di fogliette di basilico verdeintonso. O, talaltra volta, giallo languido di tisana al semolino che precede il vuoto di una seconda strisciata gienica in cui il bianco, rimasto bianco, riempie di paura i vostri occhi come un polpettone. Davvero, stare attenti a questi momenti di confusione, di ritorno di fame.
STORIA DI UN GIARDINIERE di Gaetano Altopiano
Di Ludwig Wittgenstein, uno dei padri della Logica moderna e della Filosofia del linguaggio, si dice fosse di natura estremamente mite e religiosa; che l’uomo che ci ha lasciato il Tractatus logico-philosophicus, seppure rampollo di una delle famiglie più ricche d’Europa, abbandonò le fortune paterne per andare a fare il giardiniere nel monastero di Hutteldorf, l’insegnante di scuola elementare e forse anche il prete, se avesse potuto; del suo spirito francescano, si dice, beneficiarono con lasciti consistenti persino Reiner Maria Rilke e Georg Trakl e non si sa quanti altri; si dice abbia vissuto una vita semplice e austera, che fosse omosessuale, soffrisse di una particolare forma di autismo e che finì col morire in casa di un amico. Tutto questo, però, senza nessuna certezza assoluta. Contrariamente a Gottlob Frege, difatti, che sosteneva come la proposizione possa essere vera o falsa ma mai contemporaneamente, Wittgenstein sostenne che dall’interno del linguaggio non sia possibile determinarne la verità: ogni proposizione può essere vera e falsa allo stesso tempo fino alla sua verifica (atto reale che avviene fuori dal linguaggio).
giovedì 16 giugno 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (36) di Francesco Gambaro
Sciucatele
queste mani. JFK se le sciucò. Poi mise inavvertitamente il piede su
una canna che scricchiola. E stai tento duve meti le piedi. JFK si
guardò i piedi. Saranno state le sei, le sette del pomeriggio o
della mattina. La vocina tacque e JFK scelse una pietà comoda dove
sedersi comodo. Subito squilla il telefono, è troppo lontano per
raggiungerlo, mente. JFK sa di non essere lontano anche se non
particolarmente vicino. E' quando senti una voce che ti chiede ma tu
non vuoi rispondere, magari perché sei nello sforzo di un conatus.
E' questa la giusta distanza che noi chiamiamo di comodo temporale,
riflette JFK. Basta fare finta di non sentire, ghigna JFK, con dentro
le orecchie ancora lo scricchiolo della punta della canna schiacciata
per un errore di passo, per disattenzione o, forse, per inconscio
desiderio di musica.
UNO STUDIO SUL PIACERE E IL DISPIACERE di Gaetano Altopiano
Sulla consolidata opposizione dei sostantivi “piacere” e “dispiacere” avrei qualcosa da ridire. Erroneamente l’uno viene considerato l’antitesi dell’altro. Non è così. Entrambi, infatti, definiscono uno stato emozionale più o meno duraturo che nel “regime d’esercizio standard” della propria vita l’uomo non prova, ma solo quelle volte che sopraggiunga un evento in grado di modificarlo (in modo piacevole o spiacevole). Altrimenti che senso avrebbe avuto cercare parole che definissero queste variazioni? Ma se il sostantivo “piacere” è puntuale poiché definisce una variazione del regime d’esercizio standard verso il livello superiore +, il sostantivo “dispiacere”, non essendo una variazione del piacere, ma solo del regime d’esercizio standard verso il livello inferiore – mai e poi mai potrebbe chiamarsi dis-piacere.
mercoledì 15 giugno 2016
CONSIGLI A ME STESSO PER QUANDO SARO' GIOVANE di Francesco Gambaro
Consigli
a me stesso per quando sarò vecchio è il titolo di un librino
pubblicato da Henry Beyle le cui edizioni nessun umano, a meno non
sia di razza milanese, dovrebbe mai comprare, in ossequio alla
propria economia familiare, ai futuri lasciti testamentari, al decoro
della propria biblioteca in cui l'oro risiede oltre l'affettazione di
carta pregiata. Consigli a me stesso per quando sarò
vecchio ma, diavolo di un Jonathan Swift, essendo vecchio, devo per
forza ribattezzarlo e riscriverlo in Consigli a me stesso per quando
sarò giovane. Donc: non sposare una donna vecchia. Non cercare la
compagnia di vecchi, anche se sono loro a desiderarlo. Essere
stizzoso, imbronciato, diffidente e, anche pocopoco frocio.
Disprezzare gli usi del tempo, amare i tonti ma, anche, le mode dei
tonti e fare, ton ton ton, guerra alla pace. Vezzeggiare i bambini
sino all'arresto in teatro. Come Bob Dylan, raccontare la stessa
canzone, sempre con lo stesso giro di do. Essere ladro di barboni e
con loro apprezzare lo sgradevole olezzo della cacca rinsecchita tra
i peli del culo. Essere severissimo con i vecchi e obbligarli a
autoeliminarsi. Lasciarsi influenzare dai berlusconi e godere
dell'essere servi. Consigliare a tutti di sproloquiare soprattutto
sopra chi non è disposto ad ascoltarti. Desiderare di non avere
amici piuttosto che avere amici che ti dicano, vacci piano. Parlare
molto, soprattutto di me stesso. Vantarmi della debolezza, della
mancanza di forze, e del non desiderio di gioventù. Prestare
orecchio alle lusinghe, e al piacere della donna vecchia che mi
maneggia con acqua calda nel bidé. Essere perentorio, categorico,
mussoliniano di marmo. Cercare di osservare queste regole, rischiando
di osservarle tutte.
martedì 14 giugno 2016
FITNESS A GO GO di Francesco Gambaro
Nel mio nuovo locale che inaugurerò a sorpresa nei prossimi
giorni, in un posto che non ho ancora immaginato, in un luogo dove non sono mai
nato, campeggiaggià la scritta: IL TUO PASSATO NON E’ INVITATO. Orario di
apertura mezzanotte. Orario di chiusura, la stessa mezzanotte.
lunedì 13 giugno 2016
BARBONCINO BIANCHI BARBONCINO ROSSI di Francesco Gambaro
Ieri,
dopo mesi, sono riuscito a togliere una goccia di sangue che
macchiava il pavimento. Tonda, giottesca, secca. Tardavo a toglierla
perché accoccolato sulla sedia sembrava osservarmi. Un barboncino
bianco mi aspetta, con la lingua di fuori, ogni notte, ansimando su
due zampe. Ieri, dopo mesi, sono riuscito a lavare il pavimento,
incrostato di sangue a forma di palle natalizie, rosse lucide accese
dalla figura convessa della faccia. Barboncini bianchi, ogni volta
che entro nella stanza, sembrano puntarmi, lingua di fuori, ansimo,
gemito e zampe anteriori in alto. Ieri, dopo mesi, sono riuscito a
cacciare via con la lingua e con le zampe, dagli occhi dal naso dalla
bocca dalla gola, il sangue di quest'uomo steso da mesi sul pavimento
della stanza. Un barboncino bianco, sporco di sanguesecco, aspetta,
coda tra le gambe, muso colpevole e non più ansimante schiacciato
sotto le zampe, aspetta che qualcuno apra la porta della stanza per
scappare.
domenica 12 giugno 2016
SPIAGGE (DI THAILANDIA, STAVOLTA) di Gaetano Altopiano
Mi si spieghi perché l’artigianato della pornografia di Amsterdam viene definito un fenomeno sociale e non, invece, un innocuo prodotto tipico come lo sono le ceramiche di Santo Stefano o la paella di Valencia. Nessuno storcerebbe il naso di fronte a un bel piatto decorato o a una profumatissima padellata di riso e peperoni, ma riguardo a sessualità non si riesce a mollare la zavorra. Il vetro di Murano è un prodotto tipico, naturalmente, proprio come le lane leggere della Tasmania o il salmone affumicato norvegese, ma pure le ladyboys di Pattaya lo sono, eppure le “signorine” vengono bollate come fenomeno sociale. Perché? Nessuna di loro sceglie di essere un transessuale - raramente esiste la vocazione - ma viene “educato” alla materia fin da ragazzo con un vero e proprio investimento familiare. Non è dunque un prodotto tipico della cultura locale?
VARIABILI DELFINIANE (ma lui scherzava così) di Francesco Gambaro
Non sono riuscito a
capire, da scienziato, dove nel corpo abbia residenza il mostro che
in noi divora ogni sapienza, come un piacevole tavolo di lavagna
affiliato ad amabili commensali tracci l'oscura nascita del male,
perché se siamo tutti venuti dalla medesima terra, calpestata dalla
furia delle scarpe, la medesima non rigetti e vomiti il suo
dispiacere, dispiacersi è brutto quando ci sinnamora del male, del
brutto e dell'imperfetto infinito del cielo, suonando sulla tastiera
come su uno stupido perfetto cielo stellato, continuando a testarsi
senza avere in oggetto un progetto, pensando e non pensando che in
fondo vivendo si pensa e ci si pensa, grattandosi per eliminare la
rabbia o mettendo da parte i ricordi individuabili, con la torcia
accesa chi trova la sua luce nella luce?
“Mercanti,
banchieri, avvocati, ingegneri, cocchieri, non siete che polvere di
rotti bicchieri, di cui faremo carta vetrata per sfregiare la faccia
dei nostri irricordabili ricordi di ieri!” Antonio Delfini, Poesie
della fine del mondo
sabato 11 giugno 2016
IERI HO VISTO MARTE (31.5.16) (libera riscrittura di una poesia di Antonio Delfini) di Francesco Gambaro
Vorrei almeno
essere mangiato caldo e rosolato, per due euro sono stato svenduto,
ho occhi che furono diamanti, fossero stati bene intagliati,
valrebbero, vedrebbero più di quanto non mi è stato dato, per il
pullover blu non merito di essere indagato, alla cassa dei pegni
giuro non l'ho imbucato, Marte è così vicino a noi stanotte, una
ranocchia, ancora più vicina, gracida senza pensieri a quella strana
luna, mi incazzo per non essere stato mangiato, pur essendo stato
comprato, affronto da solo la morte su un piatto gelato. Ecco, quella
che paghino senza consumare, è una usanza che nemmeno su Marte ho
visto rimare.
ANTI - (libera riscrittura di un brano di Elias Canetti) di Gaetano Altopiano
In effetti le vittorie ci appaiono sempre più sospette. Negli ultimi trent’anni sono state riportate numerosissime, ma così dispendiose, inutili e insensate che oramai la maggior parte della gente, e non solo chi è in grado di rifletterci sopra, di fronte a una nuova vittoria è colta da un senso di nausea che prima non conosceva. Ormai persino i gesti che indicano vittoria suscitano il nostro disgusto.
venerdì 10 giugno 2016
CERTIFICAZIONE DI MORTE di Francesco Gambaro
Come non confermare agli auguranti la morte di Berlusconi una loro postdatata e confermata certificazione di morte.
STORIE DEL SIGNOR JFK (35) di Francesco Gambaro
JFK,
avendo l'abitudine di tenere il cellulare nella tasca lato cuore
della cammicia, avendo bisogno e passione, appena accasa, di disfarsi
della cammicia con gesto alato e liberatorio, ne scassa uno al
giorno. Poco male, il giorno dopo, dopo averlo portato
dall'aggiustatore, ne acquista un altro. Nessuno dei suoi cellullari
fu mai possibile giustare, tanti spettacolari voli carpiati con
avvitamento in prevolo li precipitavano tutti a rotta di collo nella
feralità. Oggi essi risiedono in fila sulla tripla scaffalatura di
indeperibile vetro scherbartiano del soggiorno: trofei ma, anche,
oboli al tramonto della civiltà occidentale.
MAI-ERRORI-MAI di Gaetano Altopiano
Come
al solito ho ragione. Ma è possibile? Ci fosse una volta dicouna che
ho torto. Mai. A volte mi fa quasi paura questa prerogativa pressoché
sconosciuta agli altri: non commettere errori. Ma in generale mi
accetto così come sono e cerco di non farci caso. Pazienza, mi dico,
questo è il tuo fardello. Ieri, ad esempio, al poligono di tiro,
cercavo di mancare il bersaglio di proposito e sparavo a cazzodicane.
Cioè miravo proprio ai bordi delle sagome. Non ho sbagliato un
centro. Ma è possibile?
giovedì 9 giugno 2016
GENESI DEL PARASSITISMO di Gaetano Altopiano
Quello
che ci distingue è la qualità della nostra personale ostinazione
(forza di volontà, direbbe qualcuno). Per il resto potremmo
definirci tristi omologati y final. Tutti senza esclusioni, e a
prescindere dal sesso. Avremmo un mondo tragicamente pieno di Sì o
di No, scuole senza primi o ultimi della classe, nessuna invenzione
dopo la ruota e non un Barnard che avesse tentato il primo trapianto
di cuore. Stagnazione assoluta. Ma non uno di noi è determinato come
l’altro e questo permette a ognuno di gestire l’unica possibilità
concessagli: tempi e modalità delle sue proprie scelte. La sola
biodiversità che abbia avuto effetti. E che purtroppo,
inevitabilmente, produsse anche l’ammissibile eccezione del
parassitismo.
TANTO DEVI MORIRE di Francesco Gambaro
Il chirurgo diventa
saggio e al saggio paziente diventato nel frattempo chirurgo
consiglia di non procedere chirurgicamente. Tanto devi morire. Saggio
che saggia lo stato di saggezza del paziente e ne riconosce gli
orizzonti di saggità. Il paziente saggia il chirurgo a corto di
bisturi e scopre di essere diventato saggiatore del chirurgo che un
tempo fu suo paziente. Del paziente che aspetta pazientamente le
volontà del chirurgo non resta traccia di paziente, del chirurgo che
pensava chirurgicamente restano solo guanti senza mani. Chirurgo e
paziente si spostano in sala operatoria per un brindisi di condivisi
umori e i rispettivi mestieri li cedono alle ortiche. Pazienti e
chirurghi coltivano una identica passione per le palpebre fantasma
dei pesci, per i giardini invasi da paesaggi mozzafiato, per i
labrador che abbaiono ai bambini ma si prostano a muso basso alle
formiche. Pazienti e chirurghi approvano (endorsement) il non
intervento da paziente a chirurgo e da chirurgo a paziente. Il
poliziotto che fermerà in autostrada questi due froci chiederà: chi
di voi era alla guida? Chirurgo e paziente con rispettivo volante
alla mano, scenderanno dall'automobile con questa idea in testa:
tanto dobbiamo morire.
mercoledì 8 giugno 2016
COME TI GUARDANO I MUHHH MUHHH di Francesco Gambaro
Ti
guardano come non ti capissero. Ma che vuole questo, si guardano tra
loro per assicurarsi non sbaglino. Tutte scuotono la testa, si
rispondono l'un l'altra, no hai ragione. Tornano a guardarti. Con gli
occhi, stanchi per essere sempre puntati a mangiare, ti chiedono,
vuoi qualcosa. Poi con la stessa lentezza con la quale hanno invaso
il tuo territorio, si voltano e scodando vanno. E tu, in quel preciso
momento, ti senti mosca, insetto, tarzanello. Quell'animale deve
avere un problema, pensano. Ma l'avete visto com'era rachitico?
L'avete visto che era spaventato? E come s'è infognato con tutte le
zampe nelle nostre torte. Questo non dura. Cantiamoci una orazione
funebre. Muhhh, muhhh. Poi, sconsolato scampanio di campanacci.
martedì 7 giugno 2016
TEORIA E PRATICA DEL BERE 2 di Gaetano Altopiano
“Mister
Chinaski, chiese la puttanella, chiaramente intenzionata a
stuzzicarlo, cosa succede dopo il terzo bicchiere? Non so proprio che
dirle, bofonchiò Henry, niente di speciale comunque. Io passo
direttamente al quarto.”
(Henry
Chinaski, Charles Bukowski)
PER UN CULO ESATTO di Francesco Gambaro
Quando il salumiere
mi chiede, sono 130 va bene lo stesso? rispondo no. Ve lo immaginate
un chirurgo che prima di tagliare vi chieda, in anestesia locale,
sarebbero solo 13 centimetri in più, tagliamo lo stesso? E' il mio
prolasso rettale che protesta. Che dovrebbere rispondere, sedato e
infinocchiato: faccia come crede dottore? No. 13 centimetri di retto
in meno no. Tre centimetri magari, ma 13 no, non si tolgono a
nessuno, nemmeno a pagamento. Sono un animale anale, vivo di ano e
apprezzo il brontolio del culo, rifuggo il maltolto. Alzarsi in sala
operatoria a culo aperto è difficile ma non impossibile. Dico, ho le
armi per difendermi. Sono bombe di produzione artigianale cariche di
forbicine, bisturi, garze colorate che non odoreranno certo di pace.
Una esplosione di profumi astrali che voi umani... Va bene così,
sono giusto 100 di salame, adesso posso tagliare? Esatto, dottore.
lunedì 6 giugno 2016
ANDROGINIA PRIDE di Gaetano Altopiano
Essere
né maschio né femmina. Avere una voce equivoca e surreale. Essere
glabri, ma senza seno e con zigomi d’uomo. Vivere una perenne
adolescenza: mai maturarsi in nient’altro. Avere un’identità
segreta. Discendere di volta in volta da una madre inglese, francese,
vietnamita, russa, figli di un padre che di volta in volta sia
indonesiano, turco, olandese, americano. Essere nati tra il 50 e il
60, una volta a Hanoi, una a Sidney, una a Hong Kong e una a Madrid.
Cambiare cognome due volte l’anno. Parlare correntemente dodici
lingue. Avere denti troppo grandi, piedi troppo piccoli. E celebrare
in totale solitudine il proprio giorno dell’orgoglio di
appartenenza.
domenica 5 giugno 2016
SPIAGGE di Gaetano Altopiano
Non
pensavo che il disumano oltre che tanto tragicamente diffuso potesse
essere anche asfissiante. Ieri mi toglieva il respiro. Un’esperienza
terribile, senti a me. Mai più al centro della folla, in futuro solo
posizioni esterne o luoghi isolati. Rimasto per tre ore ostaggio di
esseri tatuati, indistintamente imbraccialettati e omogeneamente
sformati. Non un suono che io sia riuscito a riconoscere familiare.
Non una faccia o un corpo che siano stati amici alla mia specie. I
loro piedi, in particolare, visibili dato il luogo e la stagione: mai
avevo notato come questo arto possa avere così poco di umano.
STORIE DEL SIGNOR JFK (34) di Francesco Gambaro
Le
mosche ronzano guardinghe fuori le finestre aperte allettanti
della stanza di JFK. Corre voce, sin dall'inizio dell'estate, che
molte delle loro sorelle, molti fratelli mosconi, non siano più
uscite. Date per disperse, le superstiti, per natura di mosca, curiose rischiano. Corre voce che JFK tenga aperte le finestre per catturarle e utilizzarle come cavie e che il
suo metodo sia del tutto disumano. Non le schiaccia, non le
stordisce con insetticidi: semplicemente, le tenta a bocca aperta e,
corre voce, in un colpo le deglutisce, facendo di loro con bile
furiosa polpetta e poi le evacua, disseziona, esamina e, a
conclusione dello studio, le rimangia.
sabato 4 giugno 2016
TRILOGIE di Gaetano Altopiano
Trilogia
sulla morte è il nome dato al trittico del regista Alejandro
Inarritu e sceneggiato da Guillermo Arriaga e che comprende i film
Amores perros, 21 grammi e Babel. Trilogia della degradazione è il
precedente illustre a cui partecipano però registi diversi: Ultimo
tango a Parigi di Bertolucci, La maman et la putain di Jean Eustache
e La grande Abbuffata di Marco Ferreri. Al primo si aggiunga
Biutiful, altro film sulla morte di Inarritu non sceneggiato da
Arriaga, e al secondo Le 120 giornate di Sodoma, di Pier Paolo
Pasolini. Si aggiungano anche declini biologici: prolassi anali,
putrefazione dei tessuti, corpi in disfacimento. Poi, parole
stupefacenti tipo: Palus Putredinis, Lacus Somniorum, Mare
Serenitatis.
PER UN CULO ILLUMINATO di Francesco Gambaro
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vostro culo, dopo che illuminato, manterrà l'abbronzatura h 24.
venerdì 3 giugno 2016
ALTRI INCIPIT di Francesco Gambaro
"Poco dopo l'alba, o quella che sarebbe stata l'alba in un cielo normale, Mr. Artur Sammler col suo occhio cespuglioso percepì la presenza dei libri e delle carte nella sua camera da letto di West Side e sospettò fortemente che si trattasse si libri sbagliati, di carte sbagliate. In un certo senso non aveva importanza in un uomo di oltre sett'antanni e per di più senza impegni di sorta. Bisognava proprio essere dei pazzoidi stizzosi ad insistere di avere ragione. Avere ragione in larga misura era una questione di spiegazioni. L'uomo intellettuale era diventato un essere spiegante. I padri ai figli, le mogli ai mariti, i conferenzieri agli ascoltatori, gli esperti ai profani, i colleghi ai colleghi, i medici ai pazienti, l'uomo alla propria anima, tutti spiegavano. Le radici di questo, le cause di quest'altro, l'origine di determinati eventi, la struttura, i motivi per cui. Nella maggior parte dei casi, entravano da un orecchio e uscivano dall'altro. L'anima voleva quel che voleva. Aveva la propria naturale conoscenza. Se ne stava infelicemente seduta, povera creatura, in cima a sovrastrutture di spiegazioni, e non sapeva da che parte girarsi, dove dirigersi."
Saul Bellow, Il pianeta di Mr Sammler, 1969
RECENSIONI AZZECCATE di Gaetano Altopiano
Secondo voi quale film recensiva P.P. Pasolini quando scrisse sulla rivista Cinema Nuovo: “corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione fissandoli nella ontologicità dell’esistenza corporea”? Parlava della Grande abbuffata di Marco Ferreri – 1973. Difatti, la scarica meteorica inarrestabile e fragorosa che lascia senza vita Michel Piccoli mi è ancora incomprensibile se non nel suo essere squisitamente e essenzialmente una sequenza di piriti.
giovedì 2 giugno 2016
ATOMI di Gaetano Altopiano
La sua mania di volere difendere ogni debolezza lo portò a uno strano e estremo convincimento: più si è piccoli più si è bisognosi di aiuto. Nel bar c’era un silenzio perfetto e i due, perciò, riuscirono a sentire l’uno il respiro dell’altro. Molto importante questo. Il suo accompagnatore fu abbastanza preoccupato: potrebbe mai, questo, valere all’infinito? Scrutandolo come un rivale l’altro rispose di sì.
(L'OCCHIAIA. 22.) di Elio Coniglio
Fa freddo, un freddo cane, polare: quando raggiungiamo la villa comunale dalla barba cotonosa di Gaetano pendono tintinnando lunghi ghiaccioli e tremule nuvolette di fiato stazionano davanti ai volti intorpiditi d’entrambi. Non un’anima viva nei vialetti alberati! Ma giusto mentre passiamo accanto ad una vasca di pietra al centro della quale, alta sul pelo increspato dell’acqua c’è una fascinosa ninfa di metallo grigiastro dalle cui labbra sgorga un cinguettante zampillo, Qualcuno, a pochi passi da noi, bloccato in una posa che rasenta il grottesco, ci fissa e ci urla contro un irritante fiume di parole. Fulmineo, Gaetano infila un braccio nell’acqua gelata, un solo istante dopo lo tira fuori e tappa con il grosso sasso che tiene stretto tra le dita della mano questa bocca irriverente….
PENSARE AL QUADRATO di Francesco Gambaro
Per sapere quello che penso, ho
bisogno di leggere quanto ho appena scritto. Per sapere quello che
penso, ho bisogno di leggere quanto ho appena scritto. Pe sapere
quello che penso, ho bisogno di leggere quanto ho appena scritto. Per
sapere quello che penso, ho bisogno di leggere quanto ho appena
scritto. Per pensare quello che penso, sino a che non si forma un
quadrato.
mercoledì 1 giugno 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (33) di Francesco Gambaro
Delicatamente JFK
solleva le foglie che ingombrano il suo appartamento. Sono tutte
gialle. Tutte hanno però nei identificativi. JFK è alla ricerca di
una foglia con tre nei verticali neri e uno orizzontale rosso,
ribattezzato familiarmente Angi. Non lo trova. Nel disordine delle
sue foglie JFK comincia ad agitarsi come un paramecio impazzito.
Nella vita di un uomo di pensiero, ragiona JFK, il disordine è
ordine, quindi vieni fuori, urla ad Angi sperando che quello si
spaventi e salti fuori insieme alla foglia. Dissennatamente. E'
notorio che gli angiomi rubini, già dal giurassico, sono privi
dell'organo uditivo.
SCHIFEZZE di Gaetano Altopiano
La prova che dall’età della pre-adolescenza non faccio più parte di questa nazione è data dal fatto che ho smesso di bere latte proprio in quegli anni, ossia quando acquisii il diritto di rifiutare quella schifezza. ( L’Italia è il più grande importatore di latte del mondo, IlFattoQuotidiano, 31maggio)
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