lunedì 31 agosto 2015
"Al Gambaro E2" di Gaetano Altopiano
Verissimo. Sì sì. E non solo. Le geishe sanno fare molto di più di una banalissima fellatio, per quanto affatto banale nel caso il suo destinatario sia un novantenne: Junichiro Tanizaki, “diario di un vecchio pazzo”, dove si assiste a un voluttuoso passaggio di saliva bocca-bocca tra il vecchio protagonista e la di lui nuora Satsuko.
"Ma si può spompinare un novantenne" di Francesco Gambaro
Lo fa o tenta di
farlo Il Sole 24 di ieri, festeggiando e invitando a festeggiare i 90
anni di Andrea Camilleri, scrittore low-coast per signore
pruriginose. Neanche fosse Georges Simenon, il lenone di Vigata viene
celebrato in un articolo di Salvatore Silvano Nigro, attraverso,
senza alcun giudizio critico, l'interfaccia di Leonardo Sciascia che,
tra i tanti giovani, molto svogliatamente promosse il sinodale
Andrea, e il suo coetaneo professore per maestre Gesualdo Bufalino.
Sono queste le tipiche feste siciliane, se fai novantanni, parenti
amici e nemici, tutti attorno a soffiare sul numero 90.
Risposta alla
domanda del titolo: si, le geishe lo sanno fare. E con tanto garbo.
domenica 30 agosto 2015
"Un ricontrollo" di Gaetano Altopiano
Per
non cedere a follie del tipo “sentirsi particolarmente ispirato –
avere la vena giusta”, allontanarsi dalla scrivania e farvi ritorno
solo a crisi passata. Dovesse durare anche mezza giornata, resistete.
Avrete il modo così, in quell’arco di tempo, di (ri)controllare
tutto quello che vi circonda. La conclusione è manco a dirlo
inevitabile: ma come avete potuto sentirvi ispirati?
"Chissà se i fichi" di Francesco Gambaro
Chissà se i fichi
sanno quando saranno colti, se aspettano o si scoglionano e cadono,
se hanno paura dell'attacco dei corvi, quando cadranno, se saranno
mangiati, o seccati su un canestro, se diventeranno marmellata,
oppure uccideranno chi se li mangia ingordo facendo schizzare i taxi
glicemici, o spruzzando sangue rosso sotto le suole delle scarpe,
bombe di zucchero dentro pance assetate del piacere della morte.
sabato 29 agosto 2015
"Coglioni 3" di Gaetano Altopiano
Entrando
in una carnezzeria
equina, mi aspetto niente altro che quello che trovo: belle puledrine
macellate (oltre a un odore dolcemente nauseante). Bei pezzi di fesa
francese, reali, fuselli di spalla. E infatti. Dovessi trovarci
scaffali con dei bulloni è naturale che penserei di avere sbagliato
negozio. Chiaro? Chiaro. La lista dei coglioni si allunga ed ecco un
CRIC in edizione straordinaria: Simone Cosimi, giornalista, che il 28
agosto su Facebook avverte la necessità di farci notare l’ovvio.
Titolo “Giulia Innocenzi, più molestie su Facebook che in Iran”
(racconto della vacanza della Innocenzi in Iran, della pubblicazione
del resoconto del viaggio e dei post allo stesso). Il Cosimi è
disturbato dalla pioggia di volgarità che su FB commentano le
riflessioni della giornalista in vacanza. Devo aggiungere altro?
"Coglioni 2" di Gaetano Altopiano
Non
so proprio spiegarmene la ragione, se non a esclusivo motivo di una
precisa condizione di incompetenza (che, personalmente, considero
l’unico vero male dei nostri tempi), ma, mi chiedo, come sia
possibile che un solo imbecille abbia potuto rimettere in discussione
quello che per quasi un secolo è stato esposto, visitato, studiato,
ammirato devotissimamente (anche da me) nei musei, nei libri e nelle
gallerie di tutto il mondo (praticamente dal 1934 al 2001, anno della
morte, e fino al 2013) adducendo a una sospetta rappresentazione di
pedofilia l’annullamento di una mostra di Balthus? Il tragico è
il fatto che non solo la mostra (2014) è stata veramente cancellata
ma che Tobia Bezzola, direttore del museo Folkwang, di Essen
Germania, sia ancora al suo posto a esercitare liberamente la
professione di coglione.
"Rane" di Francesco Gambaro
Cadevano come pioggia
benedetta nel finale di Magnolia, surreale ma quanto? Da alcuni
giorni ce le ritroviamo, qui in campagna, appicciate ai vetri della
cucina, ingolfate nei rivolvoli di polvere del corridoio, saltellanti
sul carapace della nostra piccola tartaruga domestica. Sono rane
giovani, forse pigmee, chiuse a pugno nel palmo della mano sgusciano
dall'orifizio del pollice. Alcune le imbarattoliamo con coperchio di
rete metallica elastica. La mattina non ci sono più. Infiltrate in
un pertugio di maglia verso o contro l'inutile libertà. Brave
migranti. Poi finisce proprio come nel film, cadono dal cielo,
morte.
venerdì 28 agosto 2015
"L'orrore non lo vedo in strada" di Francesco Gambaro
L'orrore lo vedo in
televisione nella gragnolata di talk-show in cui politici e
paraplegicipolitici (cosiddetti giornalisti) indossano la cravatta,
questa ghigliottina di altri tempi, senza averne obbligo, tradendo
una vanità che è reciproca alla lora specchiabilità seriale. Di
occupanti a gettone uno schermo che mai bucheranno per intero ma che
ogni giorno bucherellano per elettori famigli, amici tipo il mondo
chiuso di fb. Fuori dai set televisivi è difficile incrociare un
uomo in cravatta, anche se fischia il vento e urla la bufera. Gli
stessi che abitano quotidianamente le televisioni, fuori la tolgono
come fosse squillata l'ora della rivoluzione. Le cravatte, questi
osceni etamoliti di ignoranza estetica, dell'impoverimento edonistico
una volta contrastato, attraverso baffi arditi e scopettoni, dai
parlamentari dell'ottocento. Micidiali offese alla vista, più del
riporto di Raffaele Lombardo, ex presidente di spennacchiata regione
o dello spennacchiato Geremicca Federico che se li tira come avesse
un diavolo per capello, le cravatte dei burattini che governano in
televisione, sanno di giallo galliani, di celeste gasparri, di verde
caldiroli, di rosa fini, di strisce di barchette di fragole
cinguettanti, mosse nervosamente dalla mano del conducente per essere
esposte perigliosamente al primopiano della telecamera, più delle
loro facce conosciute ma cangianti sotto il dominio sussidiario delle
loro cravatte. I nostri politici sono tanto cravattari che a Natale,
ai loro delfini, consiglieri, succubi, assistenti, camerieri regalano
una cravatta. Ogni tanto, sbadatamente, la regalano alla segretaria
che se ne approfitta, indossandone una nerosgargiante,
meravigliosamente lasca alla gola: per la gioia di chi, in t-shirt,
facendo shopping in strada con gli occhi, la incrocia nel riflesso
della vetrina.
giovedì 27 agosto 2015
"Nel mio letto Padre Pio" di Francesco Gambaro
Stanotte
qualcuno di casa ha rotto il gambo più lungo della mia zamioculcas
zamiifolia, inavvertitamente ha detto. Giorni fa la stessa persona
aveva suggerito di non darle troppa acqua perché “cresce
velocemente e sembra una pianta carnivora”. Siccome la tengo
accanto la mia scrivania come un cane fedele, la stessa persona ha
aggiunto “non vorrei che una di queste notti ti sommergesse e, al
tuo posto, trovassimo lei a diteggiare sulla tastiera del computer”.
Così stanotte, con la coda tra le gambe, la stessa persona mi ha
portato il gambo più lungo della gemma di Zanzibar. Tra le lacrime,
verdeggianti e ancora lucide come le sue foglie, l'ho adagiato senza
coprirlo alla sinistra del mio giaciglio per l'ultima veglia. Senza
addormentarsi, i miei occhi ne carezzavano il corpo oltrepassando il
buio. Sino all'alba, quando, assantumati, si accorsero di avere
carezzato la salma di padre Pio.
p.s.“nella
vulgata dei fioristi nostrani, la zamioculcas, originaria dell'isola
di Zanzibar, proprio perché cosiderata una pianta molto umile, di
facile coltivazione e i cui steli producono un lattice che ricorda le
lacrime è nominata pianta di padre Pio.
"Attrazioni" di Gaetano Altopiano
E’
incredibile come certe parti del nostro corpo possano essere
inaspettatamente seducenti. Oltre alle classiche zone d’attrazione
nessuno, penso, si aspetterebbe che un gomito possa suscitare
attenzioni sessuali. Un passo di 1Q84, di Murakami Haruki, ci
ricorda, a riprova, come la bella Aomame Masami si invaghì di uno
sconosciuto tanto da andarci a letto solo per la forma della sua
testa.
"L'occhiaia 4" di Elio Coniglio
Mi scivola accanto senza fare rumore, mi sfiora appenappena e sorride, sorride a un vento che non c’è… si allontana ancheggiando maldestramente fino in fondo alla via poi scompare dalla mia vista lasciandosi dietro la scia odorosa del pane incartato che teneva strettostretto sotto l’ascella sudata.
mercoledì 26 agosto 2015
"Il grande gioco 2" di Gaetano Altopiano
In
effetti, non ho mai desiderato svolgere una mansione in particolare,
nemmeno da ragazzo. Non un mestiere, una professione. Niente di
niente. Mai avuto aspirazioni, mai pianificato un cazzo, in sostanza.
Al contrario dei miei compagni che invece allora avevano tutti le
idee molto chiare. Sarà stato per questo che perso il primo semestre
del primo anno di liceo mi iscrissi con disinvoltura a una scuola per
saldatori, bocciando per giunta, e l’anno successivo all’istituto
tecnico commerciale. Sarà stato per questo che dopo il diploma non
scelsi affatto economia e commercio o scienze politiche, come sarebbe
stato naturale, ma lettere e filosofia. Sarà stato per questo che
non feci nemmeno il primo anno e iniziai a lavorare come impiegato
contabile in una ditta privata, fottendomene, per l’ennesima volta,
di quello che sarebbe accaduto. Tanto si aggiusta tutto, mi ripetevo,
si aggiusta sempre tutto.
"Lavarsi spesso" di Francesco Gambaro
Ogni tanto ricordo
che mi devo lavare. Poi ricordo che mi sono già lavato. Mi lavo lo
stesso ma non ricordo se mi lavo lo stesso. Se non mi lavo ricordo di
non essermi lavato ma non ricordo se non ricordando di non essermi
lavato poi mi sono lavato. Allora per non creare problemi in famiglia
non mi lavo dicendo a tutti, in famiglia, sì mi sono lavato, denti
mani tutto mi ha lavato.
martedì 25 agosto 2015
"L'occhiaia 3" di Elio Coniglio
noi montanari, ascoltando il premier Renzi al meeting di cl ci chiediamo:
" è più patafisico lui (renzi) o JARRY"
"Sulla decadenza del mio naso" di Francesco Gambaro
Troppi micromalanni
stanno dandosi appuntamento nel mio corpo. Prendiamo l'ultimo: sul
naso, esattamente nel suo promontorio, accanto allo storico angioma
rubino, si è insediato un piccolo neo nero, foruncoloso seppure in
zona non fricativa, inoltre, la parte assiale destra, quella del
setto deviato, vistosamente ingrassata e più ostruttiva, mi obbliga
a turare la narice sinistra per liberarla dal muco attraverso un
forzato spurgo d'aria. Per non dire dell'accresciuta porosità di
tutto il corpo nasale e della selvaggia pelosità en plein air.
A naso, direi che sto invecchiando.
"Lapidazione" di Gaetano Altopiano
Seppure
sia nominata nel Vecchio e Nuovo Testamento (Levitico, Numeri, Re,
Deuteronomio, Giovanni), ma mai nel Corano, e il primo martire della
cristianità, Santo Stefano, sia stato ucciso proprio in questo modo,
è solo negli stati islamici che la condanna alla lapidazione viene
praticata e, in alcuni casi, ancora addirittura adottata negli
ordinamenti giuridici nel nome dell’osservanza di prescrizioni
religiose che, a quanto pare, non esistono affatto. Nel lancio delle
pietre in pubblico si mira all’obiettivo dell’espiazione plateale
della colpa del reo ma, anche, alla formalizzazione del diritto alla
vendetta: sono gli stessi accusatori infatti che partecipano alla
lapidazione. Non solo. Il “lancio della pietra” avviene anche in
una fase importantissima del pellegrinaggio che ogni musulmano farà
almeno una volta nella vita alla Mecca: è il rito della lapidazione
delle tre stele di Satana. Un urlo liberatorio, sette pietre una dopo
l’altra, una moltitudine enorme che si accalca al grido “Labbaika,
Allahomma, labbaik”, “Ai tuoi ordini Signore, ai tuoi ordini”.
lunedì 24 agosto 2015
"Morte biologica" di Gaetano Altopiano
In
un futuro da determinare i corpi umani non saranno più tumulati, o
cremati, ma soltanto inumati. Nessuno si sognerà più di
“conservare” il corpo di un defunto, meno che mai di imbalsamarlo
o farne ceneri da venerare. Tutto questo, non solo è costoso e
inquinante ma finalmente sarà ammesso come una inutile debolezza
umana, esclusivamente affettiva, e dunque: terra eravamo e terra
ritorneremo. Scompariranno i cimiteri, che oltre che esosi sono un
luogo di aggregazione del dolore, e ogni pratica “funebre” non
potrà che essere considerata primitiva: ognuno seppellirà i morti
nel giardino di casa, nel rispetto assoluto della sua propria privacy
(altro tema del futuro). Casse leggere e biodegradabili e alberi
sopra che se ne nutriranno. Intelligenza e buon senso dovrebbero fare
il resto. Non più soltanto agricoltura, cibo, vino e tutto il resto,
ma anche la morte la si preferirà giustamente biologica.
"Le immagini non ci salveranno" di Francesco Gambaro
(a Cettina
Vivirito) Mi chiedo se sia possibile dirimere l'accumulo di immagini
che su fb viaggiano quasi alla velocità della luce. Mi chiedo quanto
un autoritratto di Dalì sia in grado di interrompere il flusso
sconclusionato di fb. Mi chiedo come come come mai fb sia diventata
un mondo per vecchi (che si mandano kartoline di piacere di amore di
amicizia) pur essendo nata come rete ragazzina. Mi chiedo dove
stiano trasvolando quei ragazzi che l'hanno abbandonata. Avendo fatto
tanti mestieri, da portantino a professore, da segretaria (la
signoria vostra è stata nominata segretaria del direttore) a
giornalista, da fesso a coglione, da impiegato a fotografo, mi
chiedo: che senso ha fotografare il Duomo di Milano o Casa Malaparte,
se tutto il mondo è già da tempo in fotografia. Stare in fotografia
non è uno stato di grazia, è lassismo galoppante, prono a immagini
che domani potranno investire come action painting i video di una
decapitazione dell'Isis. Fotografare è un surrogato del vivere,
l'occhio naturale non ha più capacità di curiosare, delega alla
macchinetta pure i selfie (che vogliono significare: così mi ricordo
di me). Si curiosa dopo, in riposo cerebrale, il niente. Se tutti
fotografano avrei voglia di non fotografare più, il solo gesto di
puntare l'apparecchio mi sembra sconveniente, troppo contiguo alla
canea di fotografi della vita che siamo diventati: nessun gesto
privato, solitario, educatamente nascosto. Non si nascondono più né
magistrati né medici che i malati li vanno a trovare solo per
telefono con ricette-mail. Ci fotografiamo tutti e siamo vivi,
Alberto Savinio la chiamava premorte. Savinio dipingeva i bubble gum,
suo fratello De Chirico (che lo aveva obbligato a cambiare il cognome
perché roso dal più terribile dei sette peccati capitali) solo
prospettive, scimmiottando Piero della Francesca. I Bubbbe gum, la
tridimensione, la inventò Alberto Savinio, su un piano di carta che
poi divenne quinte e costumi di scena. Oggi accontentiamoci di
Michelangelo Pistoletto che ci rompe gli specchi, del nostro piccolo
pistoletto e dell'ultima pistolettata di Hans Magnus Henzesberger:
“E' già abbastanza brutto essere condannati alla contemporaneità”.
domenica 23 agosto 2015
"L'osceno non è Casamonica" di Francesco Gambaro
L'osceno non è
Casamonica. L'osceno è la sopravvenuta consuetudine di applaudire i
morti appena portati fuori dalla chiesa. Il mio amico Costantino
chiosa e chiude così il cerchio: non si applaude la morte.
"L'occhiaia 2" di Elio Coniglio
Li vedo passare mentre sono tutto solo soletto all’interno del mio acquario impegnatissimo a rincorrere ‘vanvere’ di parole mie e altrui. In fila indiana sotto il cocente sole agostano, i tre procedono spediti sull’asfalto molliccio della via che qualche centinaio di passi più tardi li porterà ineluttabilmente davanti a una veduta che non ha mai, per quanto ne sappia, mozzato il fiato a nessuno. A fare da battistrada, fendendo l’aria calda coi seni ballonzolanti, è la donna , tallonata da un passeggino spinto con impeccabile abilità da un uomo immusonito;- passeggino, dentro il quale, si dimena leccaleccando un enorme cono gelato una bambina Ed è proprio la donna, questa disinvolta star siculo-emiliana, a scatenare in me un incontenibile carosello di risa, e a sovraeccitare la già spiccata curiosità del vecchio gaucho seduto sullo scranno di plastica bianca addossato allo stipite d’ingresso della sua abitazione: rossa di capelli ma nera di pelo, bassa, cicciottella e, nell’insieme, decisamente ‘tascia’, sfoggia , tatuata sulla coscia, giusto un pollice sotto gli shorts cortissimi, una cellulitica giarrettiera nera….
sabato 22 agosto 2015
"Hillary Clinton, un desiderio" di Francesco Gambaro
Philippe Daverio e
Pietrangelo Buttafuoco sostengono che lo Scemo di Ferrara (che non sa
pronunciarsi in italiano) dovrebbe alzare il tiro e proporre allo
Scemo di Firenze (che non sa pronunciarsi che in fiorentino) ministri
e governatori stranieri, che so, Shauble al posto dell'impiegato
Padoan e Tsipras (elegante dimissionario) al posto dello stesso Scemo
di Firenze, ministri e presidenti che possano porgere meglio il culo
italiota all'Europa. Ma, al Genio di Palermo non pensa nessuno? Se
Hillary fosse più che uno stuporoso desiderio?
"Aragoste, caviale e ostriche" di Gaetano Altopiano
Fino
agli inizi del ‘900 l’aragosta era considerata un cibo di infima
qualità. I pescatori americani, ad esempio, quando le pescavano per
errore, le usavano per concimare i campi o al massimo come esca per
catturare pesci più pregiati. Nelle carceri, era il tipico rancio
offerto ai detenuti proprio per l’esiguità del suo costo. Anche il
caviale, in antichità, altro non era che il cibo base della dieta
dei pescatori che lo estraevano dalla pancia dello storione femmina
prima di vendere il resto. E anche qui, è solo nel XX secolo che si
sviluppa il processo di aristocratizzazione che ne farà lo status
symbol che oggi è diventato. Discorso diverso però per le ostriche.
Dal “Diario di Samuel Pepys ( importante funzionario di corte
inglese) 1659-1669”: 27 febbraio, …a colazione ho mangiato
moltissime ostriche, le più belle che io abbia visto quest’anno.
venerdì 21 agosto 2015
"Vogliono morire" di Francesco Gambaro
In realtà vogliono
morire, entrano in casa come saette, e come saette sfidano la
velocità della luce, scansano la mano assassina. Ma vogliono morire,
le mosche, le piccole mosche silenziose tipo droni, giocano questa
partita per perderla, consapevoli che il loro martirio sarà una
vittoria. Tra i caduti sul tasto G della tastiera il sangue
dell'ultima mosca della stanza. Nessuno osa ripurirla, anche perché
la tastiera, scassata dalla mano come la carlinga dell'Embraer 190
dell'Alitalia dalla grandine di Dio, issata dagli opponibili, verrà
buttata nel cestino della spazzatura con tutti i poveri resti
corpuscolari.
"Decisioni irreversibili 2 (Kairos)" di Gaetano Altopiano
Il
suicidio di Topolino (Mickey Mouse) è avvenuto per overdose negli
anni 30. Chi fosse curioso di sapere, visiti: Youtube, Gorix video,
“la leggenda del suicidio di Topolino”. Sconsigliato a bambini e
persone facilmente impressionabili. Davvero inquietante.
giovedì 20 agosto 2015
"Naufragare in campagna" di Francesco Gambaro
Un
rovescio, un altro rovescio. L'uomo seduto sulla sdraio alza tanto di
cappello al tempo che rovescia su di lui acqua battesimale. Non si
alza, pensa, chi l'ha detto che non mi sarei fatto più un bagno
secolare. I temporali se ne stanno alla larga da lui, nessun fulmine
infatti lo colpisce. Rovesci forti ma gentili. L'uomo alza il
cappello a questo interludio della natura, al cauto silenzio dei
corvacci. Anche il silenzio, ora, è in pausa. Un altro rovescio, il
cielo bianco, rovesci come in un salto di sesta. L'uomo seduto,
all'aperto e scoperto, in questo 19 agosto, latititudine: 37.9832411;
longitudine: 14.2364749, alza il cappello e ringrazia l'ultimo
rovescio.
"Informazione (cattiva)" di Gaetano Altopiano
Live
Sicilia, tanto diligentemente, tiene monitorati i lavori per la
realizzazione della bretella sulla A19 PA/CT e ne dà costante
aggiornamento ai videolettori. Solo che farebbe meglio a farli
monitorare a un tecnico piuttosto che ai suoi giornalisti. Oggi:
“Dopo la consegna alle imprese vincitrici…i lavori procedono
secondo cronoprogramma.” Più avanti: “L’impresa Gecob è
presente in cantiere con un furgone, due autocarri e tre escavatori.”
Amen. Non una parola sull’assurdità di quello che sta succedendo:
come può un appalto da 3,8 milioni di euro, con fondazioni speciali
per migliaia di metri da farsi in terreni alluvionali (difficilissimi
da perforare), essere completata in giorni 90 se il primo 15% del
tempo a disposizione è stato bruciato in questo modo?
mercoledì 19 agosto 2015
"Leggere molto nuoce alla salute" di Francesco Gambaro
Andare in libreria
oggi è stancante e deprimente, non solo perché il libro che cerchi
lo devi quasi sempre ordinare, o perché da casa puoi fare questo e
quello, fartelo recapitare entro 48 ore o leggerlo dopo un minuto
sull'i-pad. E' stancante, deprimente e soprattutto inutile perché le
librerie non sono più termometri di alcunché. Ognuno ha i suoi
sherpa, un lettore guida che i libri se li legge tutti e
doviziosamente li segnala e tu selezioni con il minimo sforzo.
Risparmio in denaro e in curiosità insoventi. Lo sherpa di ognuno è
segreto: è cura di chi se ne approfitta fare in modo di
sbianchettarlo. Nel maregrande della scrittura questo è possibile,
addirittura facile. Avventurarsi nelle risacche del plagio, una
scommessa tra amici. Ma l'esito più salutare di una tale strategia
lettoria è un guadagno temporale a favore di un ritorno alla
contemplazione del proprio ombelico.
"Serietà" di Gaetano Altopiano
Il
Bushido, o “la Via del Guerriero”, è il codice di comportamento
morale dei samurai giapponesi. Sembra risalire addirittura al 660
a.C. Il codice, fondamentalmente, si compone di sette regole ( o
principi) che saranno osservate dal militare fino alla morte: Gi,
Onestà e Giustizia, Yu,
Eroico Coraggio, Jin,
Compassione, Rei,
Gentile Cortesia, Makoto,
Sincerità Completa,
Meiyo,
Onore, Chugi,
Dovere e Lealtà. Importantissimo il seguente concetto. Per il
samurai compiere un’azione equivale a diventarne proprietario,
ossia, esso se ne assume la piena responsabilità anche per le sue
eventuali conseguenze. Il venir meno a codesti principi dunque (
sbagliare – commettere errore ) implica il disonore del guerriero
che espia la propria colpa commettendo il suicidio rituale, il
seppuku.
martedì 18 agosto 2015
"Amarsi" di Francesco Gambaro
Mi chiedo cosa voglia
dire amarsi. Amare se stessi voglio dire. Lo chiedo a Guido,
affacciati su un terrazzino da cui si vede poco e niente. Citiamo la
Bibbia, l'arte di sapersi amare. I suicidi, mi chiedo, si amano meno
di quanto amiamo noi stessi? Si sono suicidati certi amici.
Scivolando sul passamano di una scala, irresponsabilmente, buttandosi
dal tredicesimo, responsabilmente. La storia di vivere è nel
passaggio da una certezza a un'incertezza. Non ho mai capito se sono
ateo o agnostico. Un confusionario certo. Che comunque si ama molto
quando, uscito da una lunga galleria, si gratta la testa.
"Gender fluid" di Gaetano Altopiano
Il
campus americano gender
fluid
è frequentato in maggioranza da maschi che manifestano il bisogno di
indossare abiti femminili. Si conclude con una sfilata di moda,
applauditissima dai genitori, che intendono in questo modo dare ai
loro figli il supporto necessario per affrontare le numerose
difficoltà della vita “normale”. Alcuni genitori però,
soprattutto maschi, sono stati sorpresi a “carezzare”
eccessivamente i figli di altre coppie. Ovviamente, è nata una
polemica: il gender
fluid
è stato chiuso e i signori interessati sono stati costretti a
tornare nei cinema porno.
lunedì 17 agosto 2015
"L'occhiaia" di Elio Coniglio
Mano nella mano, con il passo svelto del ritardatario, io ed Alfonso varchiamo la soglia d’ingresso della scuola e ci infiliamo nell’ascensore, dentro il quale, c’è questa anziana donna di nerovestita , con il viso paffuto cereo di biacca, i capelli ne corti ne lunghi ricciricci e platinatii, e la schiena larga e robusta, tipica di chi fin dal’infanzia è abituato a carichi notevoli, piegata in avanti quasi come pronta per una azzardata figura acrobatica… L’ascensore si ferma e, nel preciso momento in cui le sue porte si aprono davanti ad un arioso corridoio, entra sfarfallando uno scolaretto magromagro, in grembiule e fiocco d’ordinanza, che fa due-tre capriole e subito dopo scompare in un Nulla vicino… Qualcuno ci conduce attraverso quest’interminabile corridoio in fondo al quale c’è un paravento. Non so ne perché ne per quanto tempo, incurante di tutto e tutti, rimango a fissare con sguardo trasognato questo lurido rettangolo di stoffa dozzinale…. Poi sento la voce un poco alterata di Alfonso… .Scosto il paravento di quel tanto che basta per affacciarmi oltre e sorprendo l’insegnante, una persona bolsa e irsuta, mentre toglie sgarbatamente dalla testa di Alfonso il mio panama e, col sigaro che tiene acceso in bocca, comincia a bruciacchiarne le nivee sommità….
"La percezione del dolore" di Francesco Gambaro
Le formiche, dicono,
bruciano immantinente senza capire, come capocchie di fiammifero,
le rane cuociono lentamente, se le metti in acqua fredda e accendi il
fuoco non salteranno dal fondale d'acciaio, loro sciocco riparo, le
aragoste non strillano come i maiali perché non hanno voce ma, come
i maiali, si dibattono nell'acqua bollente dove vengono calati vivi.
“Se si tagliano certi vermi in due - scrive David Foster Wallace in
Considerate l'aragosta - spesso le metà continueranno a strisciare
qua e là come nulla fosse. Non ci sono indicazioni che sappiano che
è successo loro qualcosa di male o che preferirebbero non essere
stati tagliati a metà.” Solo noi cuochi percepiamo il dolore delle
aragoste e ci trasferiamo, nei quattro o cinque minuti di agonia, in
altre stanze per non sentire l'attacco disperato delle chele al
coperchio della pentola.
"Il grande gioco" di Gaetano Altopiano
“Ahimè,
gli occhiali non hanno mai generato Visioni. L’abuso degli occhiali
renderà cieco l’Occidente. Quando
non sognerà più
un grande soffio passerà sulle terre limacciose dell’Ovest e
spazzerà via ogni coscienza. Formiche, vi dico, non resteranno che
formiche.”
(da Le Grand Jeu, scritti di Roger Gilbert-Lecomte e René Daumal, Adelphi)
domenica 16 agosto 2015
"Inverno, stagione antica" di Francesco Gambaro
Perché
penso l'inverno come una stagione antica, controcorrente. L'estate è
più moderna, il sole bronza le epidermidi che si sciolgono in
sudore, il caldo promette rinfreschi e muscoli sciolti, vaporizza i
tristi pensieri. Perché penso l'inverno come una squadra di grandi
portieri e difensori, un partito che non voterò ma obliterò,
tabarri meravigliosi di lana pecorina tosata alle infelici come dono
estivo in attesa del sacrificio pasquale, impermeabili, larghi come
razze volanti dall'asfalto del mare agostano, ricadono nel mistero
invernale e sottomarino. Il gelo in estate è il gelo di mellone, in
inverno i mitologici geloni. L'estate è vivaddio Camilleri e Moccia,
l'inverno s'è fermato a Steinbeck e a Ungaretti.
"Il fuggitivo" di Gaetano Altopiano
Quando
l’intersezione tra stati di fatto orientati secondo direzioni
diverse, “potere” e “incompetenza” in questo caso, avvenga
nella stessa persona il resto della comunità rischia danni
incalcolabili: le nostre giunte politiche, a esempio. Quando, poi,
tale rischio non sia nemmeno percepito dalla maggioranza che
attribuisce ad altro gli effetti terribili della potenza gestita da
mani maldestre, abbiamo una regione: la Sicilia d’Italia. Quando,
infine, si ha la piena cognizione di quello che sta accadendo e dei
rischi che si stanno effettivamente correndo abbiamo una figura (nata
per partenogenesi): il fuggitivo.
sabato 15 agosto 2015
"Coglioni" di Gaetano Altopiano
Un
certo mio conoscente mi ha confidato (non senza orgoglio) di avere
speso euro diciottomila per entrare a far parte del circolo ******,
uno dei più esclusivi di Palermo. L’ho fatto per le mie figlie, ha
raccontato, perché possano farsi le giuste amicizie. L’inverno
dopo, trattandosi di cambiare le gomme alla macchina, bella e potente
***, altra confessione: ho trovato un’occasionissima dice
(orgoglioso), quattro gomme ricostruite importate dalla Corea a 50
euro ciascuna.
venerdì 14 agosto 2015
"Landolfiana" di Gaetano Altopiano
Immaginate
amico mio se, prima del sorgere del sole, per un ultimo, definitivo
colpo di sfortuna, vi capitasse di perdere tutto al gioco. Tutto.
Casa, lavoro, denari, automobili, non una lira per pagarvi un caffè
e zero prospettive per i mesi a venire. Non meno che assistere al
vostro proprio funerale da vivo (e non è un eufemismo). Impossibile
prescindere da quello che tanto diligentemente avete costruito, per
quanto proviate a imporvi coraggio il vostro mondo vi appare
improvvisamente finito. E lo è di fatto. Eccovi nella camera
ardente, dunque, durante la veglia funebre, morto ma sveglio:
l’ultimo abito scuro avanzato al disastro, le carezze dei vostri
cari, ancora una sigaretta offertavi da un amico e poi.
"La versione di Barney" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/14/la-versione-di-barney/
giovedì 13 agosto 2015
"Pianoalfabeto" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/13/pianoalfabeto/
mercoledì 12 agosto 2015
"Eventi Facebook" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/12/eventi-facebook/
martedì 11 agosto 2015
"Mancanza di utilità" di Gaetano Altopiano
Chi ha il “vizio” della
precisione difficilmente riesce a scrivere quello che pensa. Le sue continue
riletture (al limite dell’ossessione) lo sfiancano al punto di stopparlo molto
frequentemente, e il risultato è sempre e comunque lo stesso: l’espressione di
un pensiero “corretto”. Il suo rapporto con la scrittura, ahilui, manca
dell’elemento fondamentale: quello liberatorio. Non può tenere un diario, ad
esempio, né scrivere a un amico in tutta franchezza. Meno che mai, potrebbe
scrivere per un giornale. Produce frasi impeccabili, tutte, indistintamente,
inutilizzabili.
"Altri incipit (Carlo Rovelli)" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/11/altri-incipit-carlo-rovelli/
lunedì 10 agosto 2015
"Clara Collotti Miserendino, fotografa" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/10/clara-collotti-miserendino-fotografa/
domenica 9 agosto 2015
"Hommage à monamì Alphonse Lentinì" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/09/hommage-a-alphonse-lentini/
sabato 8 agosto 2015
"Ris posta alla picolla-posta di Adriano Sofri
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/08/ris-posta-alla-piccola-posta-di-adriano-sofri/
venerdì 7 agosto 2015
"Altri incipit" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/07/altri-incipit/
giovedì 6 agosto 2015
"Un suicidio teatrale" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/06/un-suicidio-teatrale/
mercoledì 5 agosto 2015
"Perché nel 1997 non ho assassinato la professoressa di mia figlia?" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/05/perche-nel-1997-non-ho-assassinato-la-professoressa-di-mia-figlia/
martedì 4 agosto 2015
"Mantenersi in linea" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/04/mantenersi-in-linea/
lunedì 3 agosto 2015
"Nascita di un amore" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/03/nascita-di-un-amore/
domenica 2 agosto 2015
sabato 1 agosto 2015
"Al Gambaro e" di Gaetano Altopiano
Il
vizio perde il lupo, ma non il pelo. Davvero bella foto. Sta scritto
nei latini della decadenza il verso: “Conosci il tordo, che
razziando olive ingrassa nel piceno le sue natiche?” Anche i culi
animali sono sbrogliosi. E negli ovili, ma anche nelle periferie
paesane di un cinquantennio, non era raro trovare ragazzini che
sodomizzavano galline.
"In margine a un editoriale di Claudio Cerasa" di Gaetano Altopiano
La frase più bella?" veline dei magistrati (ma anche pagine, ordinanze, decreti) scambiate per pagine del Vangelo". IL punto è che chi ha vissuto, o vive, sulla sua propria pelle il delirio di legislatori al servizio di ancor più deliranti tribunali in grado di disintegrare intere famiglie di innocenti, non crede alla possibilità di essere riscattato, nè si salva dalla fame con qualche bell'articolo cerasiano o coi proclami renziani. Il fatalismo è entrato nella mia vita: le umane cose seguono un corso inevitabile, come le malattie. Inutile essere, o non essere stato. Indifferente avere fatto o non avere fatto.
"Kuli munifici" di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/08/01/kuli-munifici/
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