Seppure
sia nominata nel Vecchio e Nuovo Testamento (Levitico, Numeri, Re,
Deuteronomio, Giovanni), ma mai nel Corano, e il primo martire della
cristianità, Santo Stefano, sia stato ucciso proprio in questo modo,
è solo negli stati islamici che la condanna alla lapidazione viene
praticata e, in alcuni casi, ancora addirittura adottata negli
ordinamenti giuridici nel nome dell’osservanza di prescrizioni
religiose che, a quanto pare, non esistono affatto. Nel lancio delle
pietre in pubblico si mira all’obiettivo dell’espiazione plateale
della colpa del reo ma, anche, alla formalizzazione del diritto alla
vendetta: sono gli stessi accusatori infatti che partecipano alla
lapidazione. Non solo. Il “lancio della pietra” avviene anche in
una fase importantissima del pellegrinaggio che ogni musulmano farà
almeno una volta nella vita alla Mecca: è il rito della lapidazione
delle tre stele di Satana. Un urlo liberatorio, sette pietre una dopo
l’altra, una moltitudine enorme che si accalca al grido “Labbaika,
Allahomma, labbaik”, “Ai tuoi ordini Signore, ai tuoi ordini”.
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