lunedì 29 febbraio 2016
RISPOSTA NON FANTASIOSA ALLA LETTERA DI ELENA STANCANELLI di Francesco Gambaro
la Repubblica, sabato 27 febbraio “Gli animali domestici vivono quasi tutti meno di vent’anni. Alcuni molto meno di vent’anni. Ho perso il conto di quanti criceti, cavie e porcellini d’india ho sepolto nella mia infanzia. Ogni lutto doveva essere ritualizzato e per quanto fossi una bambina cinica già convinta che dopo non c’è proprio niente (specie per un criceto) ho organizzato comunque funerali fantasiosi per ognuno di loro. Li ho sepolti in parchi, giardini di amici, foreste, tumulati in rocce vista mare, composti in scatole da scarpe e gettati nel fiume. Ma era una faccenda semplice: un giorno erano vivi, il giorno dopo erano morti. I cani e i gatti invece si ammalano, guariscono, si ammalano di nuovo prima di morire. Nel mezzo ci sono le visite dal veterinario. Che i gatti affrontano con dignità, sonnecchiando nelle sale d’attesa protetti dal trasportino, sfidando il dottore come sfidano chiunque. I cani invece memorizzano il percorso e quando capiscono dove li stai portando, si barricano in macchina, si nascondono tra le tue gambe, si fingono morti così che devi trascinarli di peso dentro la stanza. Alla vista del veterinario tentano l’ultima disperata fuga. Solo per misurargli la temperatura devono essere immobilizzati, talvolta sedati. Ma peggio di loro siamo noi. La sala d’attesa del veterinario è il posto al mondo dove ho pianto di più dopo il bagno di fronte alla mia classe di liceo. E anche in quel caso era una questione d’amore.” Elena Stancanelli
"Morire in anticipo, perché alla data della propria morte sopravvivano criceti, cavie, porcellini d'india, cani e gatti, figli e genitori. Svenarsi nel bagno del liceo, per amore." Francesco Gambaro
FRATE LUCIANO E I MIEI ERRORI di Gaetano Altopiano
Un
francescano che soffre di diabete è un’eventualità che non avrei
mai potuto considerare. Non tanto per la più banale delle
spiegazioni, sarebbe a dire l’esiguità calorica della loro
alimentazione, scarsa, come sappiamo, e di fortuna, ma per un fatto
squisitamente ideologico (o letterario?): l’integrità della sua
figura. Di uno qualunque, infatti, ci si può aspettare anche una
possibile trasformazione in uno che non è più quello che era, ma
certe figure sono immodificabili. Un monaco in sostanza è “proprio”
un monaco, e nell’immaginario non può essere nient’altro che
questo. Non è nient’altro che questo. Sempre. Impossibile per la
mia testa l’associazione frate + malattia. Altro errore.
CHE CAZZO MI VUOLE DIRE IL VENTO di Francesco Gambaro
Ce l'ho dentro sino
da bambino. Sino mi ha insegnato a non troncare preposizioni o
avverbi. A non avere paura delle consonanti. Le tronchesine che si
infilano in pancia non fanno rumore, non fanno male. Quel motore
fuori di giri dentro di me, che è il vento, non è mai riuscito a
partorire ad o ed. Lignaggio dei politici attuali, dei politici della
letteratura. Mi affaccio e esco, c'è vento fuori, io finalmente non
capisco.
domenica 28 febbraio 2016
STEP-OLD di Gaetano Altopiano
Mi
hanno proposto di fare la dama di compagnia. Non chiaramente, no,
capirete, ma da due o tre segnali ho potuto intuirlo. Si tratterebbe
di dare il braccio a una signora che non ha più nessuno un paio di
volte a settimana (in verità solo parlare e giocare a burraco):
tutto qui. Pomeriggio, mattina, orari, ancora da stabilire. Per
quanto insolito all’uomo (contronatura direbbe Alfano), questo
ruolo, a cominciare dal suo aspetto dialettico mi ha subito
affascinato. Non parliamo, poi, della sua natura intrinseca: già
sono emozionato al pensiero. Ho accettato senza riserva.
SMISURATA
PREGHIERA di Francesco Gambaro
Passeri
acquattati sulle foglie, corvi avvinghiati ai rami, ignare farfalle
della notte, ulivi scampati al fuoco cercano inutilente scampo alla
morte. La lama del decespugliatore si chiama coltello, trancia cieca
a velocità della luce. Il coltello impazzito centra l'occhio del suo
manovratore e dopo l'occhio, per pietà, anche la testa, attrezzi
animati da livore luddista si rivoltano contro gli umani artefici
della meccanizzazione.
E
ancora, passeri acquattati sui corvi, farfalle avvinghiate ai
coltelli, alberi lontani anni luce dalle loro radici, nomadi
stanziali, uova generatrici di uova, il perfetto stallo
nell'esibizione del movimento boccioniano, ride chi ride per ultimo,
perché è proprio col riso che si ferma il tempo. Il traguardo non
raggiunto azzera il passato venturo. Così chiudiamo gli occhi ai
morti perché la pietà è paura.
IL NIPOTE DI CONFUCIO di Gaetano Altopiano
Secondo
lo Shiji, “memorie storiche” di Sima Qian, Confucio fu
straordinario fin dal momento del suo concepimento. Il padre di
Confucio - Shuliang He - sposò a sessantacinque anni una ragazzina
che di anni ne aveva appena quindici, Yan Zhengzai. La sua nascita fu
accompagnata da visite di dragoni e di esseri divini, e, non ultimo,
anche dalla diffusione di una musica celestiale. Un predestinato. I
suoi “detti”, inarrivabili per bellezza e saggezza, a ragione, lo
hanno reso uno dei massimi filosofi cinesi: praticamente una Bibbia
per intere generazioni non solo di orientali. Purtuttavia uno dei
passi più belli in essi contenuto non è del maestro ma di un suo
discepolo, Nangong Kuo, il quale amava ripetere: “Il difetto nello
scettro di un re può essere corretto, ma una parola detta a
sproposito è irrimediabile”. Confucio gli diede in moglie la
figlia di suo fratello maggiore.
venerdì 26 febbraio 2016
SE GUARDO DENTRO IL BICCHIERE DI WHISKI di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2016/02/26/se-guardi-dentro-il-tuo-bicchiere-di-whisky/
giovedì 25 febbraio 2016
COGLIONI 8 (i rappresentanti) di Francesco Gambaro
Se penso a Mattarella
ogni volta non lo
vedo lo sento
per esempio in
macchina stasera
facendomi toccare
religiosamente in
ascolto
eletti e non eletti
mi rappresentano
si dona una voce
anche a chi non sa cantare
a questi dell'Isis
acronimo dell'ultima
tassa da pagare
mucchietto di
esattori falliti
nel mondo di chi non
sapendo più scopare spara
negli anni settanta
sparavano le motociclette
attori di talk alzano
lo share abbassando le mutande
rappresentanti e
ragionieri
moriranno ragionieri
e rappresentanti
ammazzando qua e là
vittime fiduciare del
parlamento
in un astratto
paradiso di coglioni
mercoledì 24 febbraio 2016
UN PO' DI COCA PER NOI PEPSI di Francesco Gambaro
Un Bloody Mary con
succo di sanguinello. Un Daiquiri colorato melanzana. Un Negroni alle
gocce di nero di seppia. Un Frodalora Cooler in carbonella. Un
Kanguro Cocktail con Old Mr. Boston Vodka e Strega nostrana. Quanti
barman acrobati hanno visto le mie gole. Con acqua benedetta
spritzato il Kentucky Coloniel. Condito con peli d'orso il Tequila
Sour. Senza latte il Milk Punch. Con latte d'asina sarda il
Manhattan. Che compagnia mi fa stanotte la lavatrice dopo avere
spento Gracco e tutti i Masterchef televisivi, assassini che hanno
sepolto specchiate generazioni di cuochi, un piatto di spaghetti
freddi alla Gualtiero Marchesi, cavolo non ho il caviale, c'è pure
freddo, allora viva viva viva la pappa col pomodoro (oglio sale &
pepe + una mancia di pecorino) a forchetta e gambe alzate e posate
sul rumoroso travaglio della Ignis LTE 7155 prima che centrifughi. E
niente vino, alla faccia di Gracco o Cracco o come cazzo si chiama,
stanotte mi tratto bene perché dalla mia modesta cantina di Pepsi ho
sfilato una Coca del 1954 in vetroarmato.
martedì 23 febbraio 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (23) di Francesco Gambaro
JFK
crede che nella vita gli sia andato, gli vada tutto bene. Il fornello
della cucina si accende al primo scatto piezzoelettrico, uno sguardo
dalla finestra e il caffé è pronto, un giorno nuovo, plumbeo,
altrettanto bello come un fulmine d'estate, il telefono suona proprio
nel momento in cui sta per essere sopraffatto dalla solitudine, il
sedile dell'automobile che si siede sul suo deretano piuttosto che e
senza alcuno sforzo, il giornalaio gli dice grazie con imprevedibile
grazia, il ricordo di un cancro alla prostata pluridebellato, una
scarpinata nel bosco, l'incontro con il cinghiale amico che, però,
non lo riconosce e gli sfonda di precisione lo stomaco.
domenica 21 febbraio 2016
CONTROECO (1) di Francesco Gambaro
“I
libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio
elettronico. Sono fatti per essere presi in mano, anche a letto,
anche in banca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche
dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere
sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere
lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto o sulle
ginocchia quando ci prende il sonno, stanno in tasca, si sciupano, ci
ricordano che non li abbiamo ancora letti, si leggono tenendo la
testa come vogliamo noi, senza imporci la lettura fissa e tesa dello
schermo di un computer, amichevolissimo in tutto salvo che per la
cervicale. Il libro da leggere appartiene a quei miracoli di una
tecnologia eterna di cui fan parte la ruota, il coltello, il
cucchiaio, il martello, la pentola, la bicicletta.” Umberto Eco, La
bustina di Minerva.
Ecco,
Eco stava già, senza rendersene conto, parlando del mio Kindle che,
oltre le sopracitate funzioni ne ha molte altre, compresa la
leggerazza che evita la cervicale causata dal dovere cercare in alto
sugli scaffali. Era rimasto al fosforo ignorando il piezzo e il
laser. Negli ultimi decenni più che un medievalista, senza
rendersene conto, si era scoperto medievale.
sabato 20 febbraio 2016
(L'OCCHIAIA. 14.) di Elio Coniglio
Dal punto in cui mi trovo, la casa, più che vederla, la intuisco. E ciò denuncia una antica familiarità con questi luoghi. Basta infatti girare l’angolo ed eccola, immersa nella scivolosa luce solare di questa tranquilla mattina tardo-autunnale. Non che la casa sia la mia meta! Durante i miei frequenti calabronaggi non me sono mai imposto una. Però, c’è là, in un angolino in penombra accanto al vecchio portone d’ingresso, una finestrella di un ovale ormai non più perfetto, protetta da una grata rugginosa attraverso cui pendono i rami di un glicine i cui fiori appenappena sbocciati brulicano di formichine operose. E’ il loro viavai frenetico ad affascinarmi. Con sguardo allucinato le seguo zampettando lungo le innumerevoli scie odorose e mi perdo fra gli ingarbugliatissimi viluppi vegetali...
PRENDIAMO FORMA di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2016/02/20/prendiamo-forma/
venerdì 19 febbraio 2016
LA CATTIVA 4 di Gaetano Altopiano
Potrei
considerarmi un privilegiato. Ne avrei tutto il diritto. Non soltanto
per la mia discreta conoscenza del mondo né - aggiungo - per il
culo di vivere a una certa distanza dal livello del mare e dalla
città ma, piuttosto, per la scarsa conoscenza che il mondo ha di se
stesso che in virtù di quanto rivelatovi prima mi darebbe,
perlappunto, quel vantaggio che però rimane solo ipotetico perché
totalmente inutile. Appartengo alla classe più cult
delle minoranze: l’eccezione.
SCEGLIERE IL BUIO, EVADERE ELUDERE DISENELARSI di Francesco Gambaro
Allora
mettiamola così. A me piace SKY, della Rai me ne impipo. Il Festival
di Sanremo l'ho sempre pensato un raduno mussoliniano. A SKY, dove ho
tutto e di più (RAI compresa) pago 69,90 al mese e, quando voglio
onanizzarmi, senza essere costretto a farlo davanti Bruno Vespa, è
tutto gratis su Argentina Hot Tv Shows. Perché dovrei pagare la
bolletta del canone RAI, la rete pubblica più commerciale che c'è.
Una tassa da avanspettacolo, destinata a rubarci per un anno (non
durerà di più perché è fuori dalla storia, come quella che quello
scemo di mio padre pagò per la sua autoradio Voxson nel 1968).
Tentino di infilarmela nella bolletta dell'Enel, al buio, non
troveranno dove imbucarla.
giovedì 18 febbraio 2016
OSPEDALIERA (3) I vecchi di Francesco Gambaro
Bisognerebbe
rispettare i vecchi, che dalle infermiere amano farsi colare sulle
labbra stalattiti di saliva, che amano le porcherie e disdegnano la
saggezza.
GRAMMATICA di Philippe Soupault
Forse e sempre forse
avverbi che noia mi date
coi vostri quasi e quasi niente
quando fioriscono gli apostrofi
E tutti voi punti e virgole
che brulicate dentro i vivai
dove nuotano i congiuntivi
io vi impacchetto e vi lego
Siate maledetti paragrafi
perché si avverino le profezie
bastardi timorosi dei grammatici
e pessimi suonatori di sintassi
Succhiate i vostri imperativi
e lasciateci dormire
una buona volta
è la notte
e la canicola
(trad. di Valerio Magrelli)
mercoledì 17 febbraio 2016
CARBON FOSSILE di Gaetano Altopiano
Una
certa tendenza al macabro dobbiamo riconoscercela, noi moderni.
Risulta che i portatori di “arte” oggi siano sempre più attratti
da colori come il nero, il ruggine, il focato, e il loro tentativo
più frequente risulta essere quello che delle cose cercherebbe di
rappresentare “l’ossatura”. In altre parole, il fossile.
Carbone in testa. Basta pensare, per esempio, a quanto uso si faccia
dell’acciaio corten
(nient’altro che acciaio arrugginito) sia nella scultura che in
architettura. O ai lavori di certi fotografi che sempre più
frequentemente ritraggono corpi carbonizzati. Potremmo definire
questa devianza come frutto di due errate convinzioni: 1) che il
progresso artistico debba per forza condurre all’essenzialità; 2)
che la scarnificazione ne sia la rappresentazione par
excellence.
IL CANE CHE VOLEVA COMPRARE UNA CASA di Francesco Gambaro
Un cane vuole
comprare una casa, guarda in alto l'ultimo piano, è un barboncino
nero, ha appena ricevuto un lascito dalla sua defunta padrona, sta a
guardare l'appartamento dei suoi sogni, dal centro della strada,
viene messo sotto prima da un pulmino wolkswagen, poi da una
bicicletta sbandata. I cani non devono pretendere troppo.
martedì 16 febbraio 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (22) di Francesco Gambaro
In
giovane età, 14 anni, JFK incrociò per la prima volta un topino
fulvo. Sino allora li aveva avvistati neri, tortora, grigiotopo come
la Giulia di papà. Mai poteva credere a un topino fulvo, fulvo come
uno scoiattolo. Eppure stava lì, acquattato sullo zerbino, quasi
volesse essere fotografato. Aveva occhietti vivaci e scuri, coda
lunga come la Duetto dello zio Agatino, denti allargati che
sembravano il frontale guerrafondaio delle Jeep mericane, zampe
fermento che sapevano arrampicarsi sul corncione della porta prima
che la sua mano riuscisse ad afferrarlo, denti che dall'alto se la
ridevano come ride fissa una dentiera. In tarda età, 84 anni, JFK è
costretto ad ammettere di avere incrociato solo scoiattoli, di
averli, scambiati tutta la vita per topini fulvi. Eppure, pensa JFK,
disperandosi e digrignando le gengive: esistono. Come gli anarchici,
cantava Léo Ferré.
GIUSEPPE AND ALEJANDRO di Gaetano Altopiano
Non
credo che i denti di Jeremy Irons nel film la
corrispondenza
siano i suoi. Potrebbe essere, ma non lo credo. Più probabile invece
che la dentiera sia stata una necessità scenica. Particolare non
indifferente. Lo stesso di quanto si possa osservare in bocca a Di
Caprio, in the
revenant:
denti marci da onnivoro, che ovviamente, non sono affatto
dell’attore. Al di là di questi, e di altri piccoli raffinati
particolari, i due film però non convincono molto. Mancano di un
particolare fondamentale: la sceneggiatura.
domenica 14 febbraio 2016
OSPEDALIERA (2) I defunti di Framcesco Gambaro
Si fecero fotografare
ignudi, con delle slipine zurronuvola, una scarpa senza calzeta
l'altra con calzeta arcobaleno, una maglieta grippata tra metatesta e
metaspalla, così i defunti, sulla marmoneve della morgue, sono, non
furono.
sabato 13 febbraio 2016
IL MONDO CHE VORREI (sulle unioni civili e sulla stepchild adoption) di Francesco Gambaro
Un mondo fatto di fiche e di culi senza l'ombra di un cazzo.
giovedì 11 febbraio 2016
OSPEDALIERA (1) di Francesco Gambaro
Quando ti senti
stanco e affannato, freddo anche sotto le coperte, senti un dolore
diffuso tra il petto e il fegato, una parestesia formicolante dal
mignolo del piede sinistro sale sino all'orecchio sordo, non
precisamente nel tuo corpo, ma nel corpo del tuo vicino di corsia.
martedì 9 febbraio 2016
BOSSI & C. di Francesco Gambaro
Bossi aveva
Miglio, Belusconi aveva Craxi, Grillo aveva Casalaggio, papa
Francesco aveva padre Pio, Renzi aveva Renzi, Elton aveva pure un
figlio ma, cazzo, lo vogliamo restaurare l'istituto del matrimonio a
Ferrara (che aveva Antonioni).
lunedì 8 febbraio 2016
LE ORE TRASVERSE (esercizi romaneschi) di Francesco Gambaro
Se comincia pe'
comincià, tipo con un titolo accosì. Se ce l'hai aggiustato sei ar
cavallo. Le ore trasverse, 'mmazza! Già te senti Raimondo D'Inzeo
che sta per scavvallà er monno. Te guari alo specchio p'allisciate,
a metà te infroci alla Verdone e diceti: 'mmazza quanto so'
stronzo!
domenica 7 febbraio 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (21) di Francesco Gambaro
L'addome di JFK si è
fatto irriguardoso. A 84 anni questo tramonto davvero non se
l'aspettava. La sua, invece immutata, vanità gli vieta quando esce,
e continua a uscire spesso per la succitata vanità, di farsi
scorciare lateralmente. Con la complicità di un panama saluta ogni
passante che incrocia alzandolo e roteando frontale come una vite
eccentrica. Avanza a passettini svelti, alla Poirot per intenderci,
perché nessun malpensante lo superi e lo scambi per una puerpera
isterica.
sabato 6 febbraio 2016
ISLAM, UN MONDO NUOVO di Francesco Gambaro
Dopo un secolo di scopate con i telefoninidi gli ominidi occidentali tornarono a parlare da solidi.
venerdì 5 febbraio 2016
giovedì 4 febbraio 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (20) di Francesco Gambaro
JFK capisce al volo
che non sono topi. Aspirapolvere. Di tutte le marche di tutti i
colori. Slittano sul pavimento della sua stanza come in un
autoscontro. Hanno marche invidiabili e importanti ferite ai musi e
ai fianchi ma, ai miei piedi chi ci pensa? pensa JFK. A JFK non
resta che saltellare o afferrarsi ai lampadari o abbrancarsi ai
mobili. Dall'alto ne conta 23. L'illuminazione improvvisamente prima
di ricadere: staccare il salvavita. Così finisce, al buio, in pasto
ai topi.
mercoledì 3 febbraio 2016
UN FRUSCIO DI PIPI' di Francesco Gambaro
A 50 anni, pisciando
sui cespugli di Polizzi Generosa, S. mi disse, ma che bel fruscio
potente hai ancora. Avevamo un bel fruscio, lui era più grande di me
di tre anni. Un medico. Anche tu non scherzi, risposi. Non mi dire
che abbiamo la vita davanti, rispose. Alzammo le cerniere, rientrammo
in auto. No, risposi, ma chissà quanti altri cespugli.
lunedì 1 febbraio 2016
Del piacere vaccanzuolo di Francesco Gambaro
https://francescogambaro.wordpress.com/2016/02/01/del-piacere-vaccanzuolo/
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