mercoledì 30 settembre 2015

"HANDICAP (diversamente innamorati)" di Gaetano Altopiano

Il fatto di avere la scrivania accanto a una finestra che sta alla sua sinistra e che, inevitabilmente, lo porta a guardare sempre da quel lato, gli ha provocato un’infiammazione cronica al collo. Si aggiunga che dorme sempre e soltanto dallo stesso lato a causa di una deviazione del setto nasale e che un’otite mal curata da anni lo costringe a sporgere il collo verso la medesima direzione quando vorrebbe sentire meglio. E questo non sarebbe ancora niente se non dovesse dividere vita e letto con una donna che ha gli stessi identici problemi. Praticamente non si sono mai guardati in faccia.

"COS' E' UN PLOT STATICO (a propos di Maurizio Milani)" di Francesco Gambaro



Caro direttore, Ezra cambiava anche lingua per non ripetersi. Alcuni dei più imprevedibili, bravi inventori di storie come Maurizio Milani, non sanno cambiare marcia. La RIPETITIVITA', non è soltanto clonazione dadaista di una sillaba, è il sigillo che Bobi Bazlen chiamava primavoltità. Stancano e rattristano i raccontatori di storie quando non vanno dal meccanico per farsi sostituire il cambio o espedienti per ripartire. Caro direttore, spiace dirlo. Firmato: Noi Migranti di Sicilia. p.s. comunque, da eterosessuale, resto sempre innamorato di Lei.

martedì 29 settembre 2015

"HO SEMPRE ODIATO IL MA" di Francesco Gambaro

Ma perché, uno con una faccia da cretino, sta sempre lì arride. Ma perché a uno che ride come un cretino gli incollano culo e faccia alla poltrona. Ma perché il popolo sceglie un cretino. Ma perché il popolo se ne fotte dei cretini e non sa è culo o faccia, faccia da culo o culo da faccia. Culo siede ogni giorno sulla poltrona del barbiere e si fa aggiustare la faccia di barba. Ma. Ho pure odiato il sempre.

lunedì 28 settembre 2015

"INTEMPERANZA" di Gaetano Altopiano

Ieri sera alle 22 e 30 in un locale dell’hinterland palermitano: “L’autunno è una delle più belle stagioni. Oh, finalmente ci godremo un po’ di fresco.“ Ricordo perfettamente di avere sentito dire alla stessa persona che fosse l’estate una delle più bella stagioni, quando, stanca delle piogge primaverili invocava l’estate appunto come se fosse una liberazione. E’ probabile, anzi, quasi sicuro, che abbia detto lo stesso delle due stagioni mancanti: l’inverno e la primavera. Adesso non ricordo bene. L’argomento è stato ampiamente trattato, personalmente però consiglio la lettura di una poesia in particolare: W.B Yeats, la Ruota, tra le “QUARANTA POESIE” di Einaudi.
Durante l'inverno invochiamo la primavera,
E in primavera invochiamo l'estate,
E quando le siepi traboccanti risuonano
Diciamo che l'inverno è il migliore di tutti;
E dopo non c'è nulla di buono
Finché la primavera non sia giunta -
E non sappiamo che quel che ci turba il sangue

E' solo il suo desiderio della tomba

"CHI CREDE IN DIO DEVE CREDERE ANCHE NEI FRENI DELLA PROPRIA VOLKSWAGEN" di Francesco Gambaro

Chi crede in dio crede anche nei freni della sua auto? Bisogna credere in tutto, INFEDELI, anche nei freni della propria auto. Lunga e diritta corre la strada, l'auto corre veloce, la dolce estate è già finita, vicino a noi sorride lontana, forte la mano preme il volante, forte il motore canta, non lo sai che c'è la morte che ti aspetta. Forte pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano.

domenica 27 settembre 2015

"STORIE DEL SIGNOR JFK (5)" di Francesco Gambaro

Stanotte JFK se ne sta con la sua bottiglia vuota a puntare le sue scarpe arancioni, i gomiti poggiati sulle cosce, la testa e la bocca penzoloni. Si sente dentro un quadro di Edward Hopper. Prima di addormentarsi questa immagine scivola fuori dal divano come gli orologi molli di Dalì.

sabato 26 settembre 2015

"COGLIONI (6)" di Gaetano Altopiano

Nessuno cada in certe trappole che ci vengono tese: è impossibile qualificare un popolo. Tantomeno sulla base di luoghi comuni o informazioni di millesima mano. Non basta infatti che un aggregato umano viva per un certo periodo sotto lo stesso “tetto” perché si possa definirlo avente “unità di intenti ”. Così come non basta a definirlo il fatto che abbia una tradizione del cannolo che si tramanda da 150 anni. Dell’Antropologia me ne impipo: tutte sciocchezze. In generale, l’uomo aspira solo al denaro. Questo sì che è un argomento di unione: cemento dei migliori, ah no? Perché dovrei stupirmi allora (vengo al sodo) del fatto che i tedeschi abbiano fatto i soldoni lucrando sulle marmitte catalitiche? Dalla Volkswagen non me lo sarei mai aspettato, dice qualche coglione. Ma quando mai.

"L'ITALIA VIAGGIA IN COPPIA" di Francesco Gambaro

Abbiamo due papi, uno che con la sua gattità sovrasta Bergoglio, abbiamo due presidenti della repubblica, uno la cui ombra colora l'incolore Mattarella, abbiamo due presidenti del consiglio, uno che consigliando è diventato consigliori di Renzi. W l'Italia, W i 40 anni di Rimmel, W l'altro Francesco.

"FIVE MINUTES" di Gaetano Altopiano

Mi impongo un termine che oggi non intendo oltrepassare. Cinque minuti. In cinque minuti devo scrivere il CRIC. Scopro che, inevitabilmente, sono portato a concentrarmi più sulla misura di tempo che mi sono concesso che sull’argomento di cui avrei voluto scrivere. Dimenticando il resto infatti sugello con la seguente chiosa: soltanto in apparenza questa misura può essere considerata irrisoria, in realtà basta e avanza. Infatti. 

venerdì 25 settembre 2015

"STORIE DEL SIGNOR JFK (4)" di Francesco Gambaro

JFK si considera un personaggio da fumetto. Scrive, disegna, fotografa, realizza manufatti ma i suoi, ammette, non sono gioelli veri, solo bigiotteria. Dentro ogni suo oggetto di bigiotteria, allora, occulta schegge diamantine.

giovedì 24 settembre 2015

"(L’occhiaia. 7.)" Di Elio Coniglio.

L’auto sbanda di continuo sul fondo stradale ghiacciato mentre i fari strattonano  a casaccio la Notte e la spintonano oltre le scarpate, ma chi guida, benché alticcio, riesce a portarci incolumi fino alla mulattiera - da questo punto in poi dovremo proseguire a piedi … Scendiamo dall’auto. Gli scarponi – abbiamo tutti scarponi neri - sprofondano nella neve fresca. Fa freddo. Infilo le mani nude dentro le tasche dell’eskimo giallo. In una di queste c’è un fazzoletto di stoffa appallottolato alla bell’e meglio ancora umido del muco di un raffreddore avuto almeno un anno fa. Lo scaglio con rabbia verso il sedile posteriore, non voglio, mi dico, vecchi germi appresso!  Ci incamminiamo in silenzio ascoltando rapiti il chiacchierio della neve che scricchiola sotto le nostre suole. Qualcuno tratteggia, usando abilmente un pennino sui fogli quadrettati di un notes, un  paesaggio che, ad ogni passo, mentre lo attraversiamo, diventa sempre più bianco… sempre più bianco…  e la cava abbandonata che rosicchia il fianco della Montagna, le nostre orme,  ogni cosa, scivola attimo dopo attimo, verso l’indistinto e da qui, ineluttabilmente, verso l’inaudito…    E dal verboso boschetto di pini che accompagna il sentiero, vengono fuori, dritti sulle possenti zampe posteriori. giganteschi orsi bianchi che cominciano a tirarci contro  delle grosse palle di neve. D’istinto alziamo e incrociamo le braccia davanti al volto per proteggerlo poi, un solo istante dopo, fuggiamo impauriti. - Dietro di noi la neve frana provocando piccole valanghe che rotolano lente giùgiù verso valle…  Ci ritroviamo ansanti all’interno di un eremo,  dopo essere entrati, uno alla volta, attraverso una stretta porticina ben celata dai rampicanti.  A parte noi e alcune grasse galline nere intente a becchettare le strane muffe verminose che lussureggiano fra gli intonaci scrostati delle pareti dei labirintici corridoi, sembra non ci sia altra anima viva…  Ma al  primo scampanio, come obbedendo ad un segnale tra noi precedentemente  convenuto, usciamo dal monastero e ci  affrettiamo, scansando l’abbraccio scostante dei rovi e stracciando con le mani le barbe verdastre dei licheni che ondeggiano dai ram nodosi, lungo un sentiero  che poco più in là si sperde in mezzo ad un antico querceto…     

"Un ragazzo d'oro (Pupi Avati)" di Gaetano Altopiano

UN RAGAZZO D’ORO (Pupi Avati) di Gaetano Altopiano


Per qualche minutino, veramente ho temuto il peggio: guardavo le cosce di Sharon Stone e non sbrogliavo; guardavo la faccia di Riccardo Scamarcio e non scoppiavo a ridere; guardavo la Capotondi e non riuscivo a concentrarmi. La storia, poi, non la capivo proprio. Che diavolaccio succedeva? Provavo, riprovavo, ho seguito fino alla fine: niente. Un tempo che mi è parso interminabile. All’improvviso mi sono reso conto che non ero io il problema ma il film che avevo appena finito di vedere. Un sibilo, una prima parola e finalmente una frase di senso compiuto: un film di merda. 

"QUALCOSA DI BIANCO (a Leo Ferrè)" di Francesco Gambaro

PARLANO TUTTI PARLANO ASSAI PARLANO CON TUTTI E TUTTI NON CAPISCONO SE STAI PARLANDO CON TUTTI O TUTTI SE STANNO PARLANDO CON TE ALZANO LA VOCE PER FARSI RICONOSCERE LA VOCE E' COSI' RICONOSCIBILE CHE TUTTI SI RICONOSCONO GRIDANO ANZI SUONANO COME I CLACSON DELLE AUTOMOBILI INGORGATE ECCO TUTTI IN FILA IN CONTROFILA CLACSON E niente più POI QUALCOSA DI BIANCO SCENDE DALL'AUTOBUS, UNA SPOSA? UNA ESPLOSIONE E niente più

"LA POESIA: scienza empirica per eccellenza" di Gaetano Altopiano




Le speranze che l’uomo ritorni in sé sono davvero poche. Poco male: il palazzo ormai è circondato e l’appartamento è sotto il tiro dei cecchini (otto, per l’esattezza), non può farla franca. La notizia ha fatto già il giro del mondo, qualche ora prima Hans Magnus Enzensberger, nato l’11 novembre 1929 a Kaufbeuren, sesso maschile, nazionalità tedesca, professione poeta, segno zodiacale scorpione, ha pubblicato un libro dal titolo “Il mostro buono di Bruxelles - ovvero l’Europa sotto tutela”. Sulla sua copertina si legge: “L’Europa è sulla bocca di tutti. Ma verso le istituzioni di Bruxelles domina la diffidenza. Sono sempre di più gli europei che si chiedono che cosa muova questi governanti in gran parte sconosciuti e dotati di una legittimazione alquanto discutibile”. Non trattandosi di un economista o un politologo, dilaga il panico. Da qui l’impellente necessità di eliminarlo. 

mercoledì 23 settembre 2015

"Coglioni (5): W Miss Italia" di Francesco Gambaro

COGLIONI (5): W MISS ITALIA


Ovvero, quando a una domanda stronza, fatta da un attore di serie C figlio di un doppiatore di serie A si sa rispondere con un sorriso intelligente. In quale anno vorresti vivere? Quante le diciottenni avrebbero pensato al 1942 in Italia. E perché? Per sapere cos'è stata la guerra. Alice Sabatini lo ha fatto spazzando via in un solo colpo tutte le risposte stronze a domande stronze. Ricordate le ultime dei candidati alle primarie PD alla domanda, qual'è il vostro uomo politico di riferimento? W Miss Italia, W Lucio Dalla, W Antonio Gramsci, W Renzo De Felice.

martedì 22 settembre 2015

"Vagavo nell'orribile" di Francesco Gambaro

Vagavo nell'orribile città di Palermo, o Roma o Berlino, cercando un loculo pubblico, biologicamente deputato ad accogliere il vomito del primo morso di un orribile kalzone al krauto, testè acquistato per ordinaria autoflagellazione. Vagavo e incrociavo altri mali, con denti zannanti, lupi che, insieme a me, vagavano alla ricerca di un sepolcro per loro malfatto malmangiare. Vagavo affamato fino a che, nello orizzonte, barbagliò gigantissimo un cassonetto: avea forma di palma cava, essentialiter, il finale rovesciato di un film di Theodoros Angeloupos. 

lunedì 21 settembre 2015

"Storie del signor JFK (3)" di Francesco Gambaro


JFK arriva correndo in salumeria. Chiede, senza rispettare il turno, un panino con besciamella. Batte i piedi. Tutti, compresa la signora salumiera, si accorgono che sta facendo pipì sotto il bancone ma, correttamente, elegantemente, leggiadramente dentro i pantaloni a ritmo di tiptap.

"Detti e contraddetti" di Gaetano Altopiano

Facendo tesoro del commento di Gaetano Testa al mio Cric di ieri (N confronti) mi stoppo sulla parola e la indago. Sempre dal Sabatini Coletti, Confronto: 1) Esame comparato di due o più entità, paragone, fare un c. tra due persone, non reggere il c., essere largamente inferiore, essere senza c., non avere c., essere nettamente superiore, non c’è c., non c’è possibilità di paragone, nei c. di, verso, in c. a, rispetto a; 2) interrogatorio simultaneo di più testimoni o imputati, tipo di riconoscimento in cui il testimone deve indicare tra più persone che si assomigliano quella vista mentre commetteva un reato; 3) competizione, gara. Sul significato di “confronto” dunque rimane qualche dubbio: è un esame di comparazione, che non necessariamente produrrà un risultato. Niente contributo alla mutazione allora. Quello che produce un risultato, in effetti, è la “reazione”, che non sempre è un confronto ma più frequentemente è uno scontro. Il titolo esatto doveva essere “n reazioni”.


domenica 20 settembre 2015

"La Giulia aveva il culo più bello del mondo" di Francesco Gambaro

La Giulia aveva il culo più bello del mondo, sapeva sculettare che non vi dico se non lo ricordate, molti giovini lo ricordano anche se a quel tempo non erano nati (così ci ingegna Andrea Cortellessa: si può ricordare anche prima di essere nati), Mercedes invece aveva il culo più tristo del mondo, il culetto di Giulietta era Sprint, un confettino, lo distribuivano per la cresima, ai giovini in attesa di un orologio o, perlappunto, di una rossa Giuletta Sprint, la Fiat 1900 era un caroamato, dentro ci si poteva trovare l'ovulo del maggiolino Wolksvagen, l'Appia stava sempicemente nel nome meraviglioso che ci ha reso italiani, due sportelli che si schiudevano come sposini al rilascio di baci e labbra, da dove si poteva, in qualsiasi stagione o luogo, goderselo il golfo di Amalfi. 

sabato 19 settembre 2015

"N confronti" di Gaetano Altopiano

Non rispondere alle provocazioni non sarebbe che mancanza di “umanità”( prerogativa dell’essere umano intesa come complesso di caratteristiche, qualità, limiti peculiari alla condizione dell’uomo – Sabatini Coletti). Guai, perciò, a chi decide di lasciar correre la fanghiglia: è un malvagio. Non partecipa al progresso evolutivo. Reagire, infatti, è un’azione che produce un confronto e il confronto è la modifica dello stato di un fatto. L’uomo, così, passa al suo simile ogni informazione utile a quello e al confronto successivo, un risultato che moltiplicato per n confronti e per n tempo darà un totale da brivido. Ecco la mutazione.

"La cura del piscio puro" di Francesco Gambaro

Sono nato a Palermo. In via Saverio Scrofani sono quasi nato. Sotto l'Arco Matteotti, sua correlativa e socialista propaggine, ogni giorno, ogni giorno, ogni giorno ci sono passato in passato. Oggi di nuovo sotto l' Arco Matteotti, quattrocento anni dopo, con le gambe in avanzato stato di decomposizione, ritrovo l'eterno, identico afrore di piscio. Cura del piscio puro per me ai tempi di John Irving. Ah, respirare la giovinanza anziché agognarla. Allungare l'indice e imperlarlo di creatinina.

venerdì 18 settembre 2015

"Salvegente" di Francesco Gambaro

Mi devo distrarre. Fare qualcosa che non ho fatto mai. Mi devo distrarre. Uscire per esempio. Non sono uscito mai. Smettere di pregare, per esempio. Smettere di pregare il secondino che non mi ascolta mai. Mi devo distrarre. Non graffiare più graffiti sui muri. Non aspettare l'acqua come fosse acqua di sorgente. Non passeggiare avantiindietro. Mi devo distrarre. Immaginando che ogni passo non sfiori alcun mattone né il congiuntivo samantha. Un vuoto d'aria palmare. Salire sulle pareti verticali senza tuta da cristoforetti. Mi devo distrarre. Nessuno mi aveva spiegato prima che la vita è placenta. Nessuno, che si possono rompere le acque. Che lo stesso non si può uscire. Mi hanno insegnato a tagliarmi le unghie perché crescono. Le mie non crescono. Mi devo distrarre e pensare di avere forbici o strumenti contuntendi. Armarmi e passeggiare anche sul tetto pensando di sorvolarlo. Mi devo distrarre. Non più mangiare né dipendere. Salve gente.

giovedì 17 settembre 2015

"Positivo al DNA (verità di cane)" di Francesco Gambaro

POSITIVO AL DNA (verità di cane)

Risultano positivi al dna della lingua i peletti rossicci della signora Valdilunga. Dice il detective Nené: non è la lingua del soggetto indagato. Questa lingua è stata trapiantata in periodo antecedente il fatto. Dacui e percui, rinforza l'avvocato Di Parte, non possiamo ammetterla come prova. In effetti, è costretta la bioperita dott.ssa Perito, la stessa lingua non risulta, all'esame del Dna, umana, confermo anche io di doverla bocciare come prova. Io, che non sono stato mai umano, mi tradisco, dico per disappunto, appunto, perchè non volete capirmi, sono un cane. Se volete abbaio, ma, vostro onore, non mordo. Se volete un'altra prova vi piscio sulle ruote delle auto qui fuori. Abbaio, piscio ma non scappo. Per questo, esimii giurati, dovete dichiararmi innocente. Avvocato, dite al vostro cliente che se continua a prendere la parola non richiesto, sarò costretto a espellerlo dall'aula. Ho pure una coda che voi umani non avrete mai. Tre colpi di martello del giudice: e non applaudite o faccio uscire pure voi dall'aula. Signora Valdilunga, si spogli e giuri di dire tutta la verità, soltanto la verità, nient'altro che la verità. Dica...

Sorry.

"Temperanza" di Gaetano Altopiano

TEMPERANZA di Gaetano Altopiano



Per sua natura Rosario Altopiano non varcherebbe un “confine”. Mai e poi mai mio padre si sognerebbe di prendere posizione in casa altrui. Non ama ospitare, né mai mi risulta sia stato a sua volta ospite di qualcuno. Detesta gli eccessi di affetto e ai propri figli, persino a loro, nel saluto, stringe semplicemente la mano. Mai un abbraccio. Temperanza, diamine, il massimo della temperanza. Pensate perciò possa prendersi confidenze? Non esiste. Passare dal “lei” al “tu” è per quest’uomo un’impresa titanica. Innaturale, quanto rivolgere una domanda o mettersi in viaggio. Non si muove da quarant’anni. 

mercoledì 16 settembre 2015

"I GHIACCIAI HANNO IL VIRUS" di Francesco Gambaro

I ghiacciai hanno il virus. Cedimento muscolare, mancanza di erezione, ritardo di glaciazione. Possiamo lasciare col culo per terra i nostri tardomillenari pronipoti? Due semplici rispettose preghiere: non evacuate più, perché evacuare riscalda la temperatura del pianeta e accelera il diffondersi del virus; fottete soltanto nel buco dell'ozono.

martedì 15 settembre 2015

"Contro le tasche" di Francesco Gambaro

Le tasche. Sono comode, profonde. Raccolgono beni come portafogli, monete, fazzoletti, coltelli a norma, talvolta condom o biro che sporcano, biglietti o più spesso ricevute fiscali, molliche di pane, ciuffi di cotone, chiavi e strappi causati dalla pesantezza della chiavi, telefonini y machinete fottografiche, dita che armeggiano col sesso e sesso che armeggia con le dita, praline spensierate, puzze stazzonate, un libriccino, un tappo Schweppes da buttare che non ci si è ricordato di buttare, un numero telefonico segreto. Ma, le tasche, non lasciano mai libere le mani di vagare in spazi aperti, oscurano il sogno di alzarsi in volo o precipitare senza zavorra. 

"Non fanno ridere" di Gaetano Altopiano

Ficarra e Picone non li sopporto. Sono comici di terz’ordine. Non fanno ridere, sono banali e in tutta sincerità hanno pure delle brutte facce. Immeritatamente, però, fanno cinema e vendono pure bene a giudicare dal fatto che i film li continuano a fare. Altra cosa che non sopporto è il campanilismo esasperato: provate a vedere “Andiamo o vado (tanto poco importa) a quel paese”, loro film dell’anno scorso: praticamente gli attori sono tutti siciliani. Ieri sera me li sono ritrovati tra le palle proprio appena ho acceso la tv. Da spararsi.


lunedì 14 settembre 2015

"L'occhiaia (6)" di Elio Coniglio

L'OCCHIAIA (6) di Elio Coniglio


Sento gli sbadigli nell’ora in cui il giorno si morde la coda e non solo,  cioè mentre l’orologio della torre della chiesa batte gli ultimi dei cento piagnucolosi rintocchi di mezzanotte,  giusto proprio quando io, dopo essermi  liberato  dagli indumenti stanchi di umori e sudori  gettandoli sulla spalliera della sedia più vicina al letto,  sto per infilarmi tra le lenzuola già pronto ad avventurarmi in un nuovo sogno …. -Un improvviso sbatacchiare di ante smorza e poi spegne ogni scampanio, ogni sbadiglio. Un’ agguerrita corrente d’aria soffia  dall’interno dell’armadio  e sparge  verso  l’esterno, delizia per il mio naso, un cazzuto odore di naftalina. Solo quando quest’ultima sbaraglia spingendo ai quattro angoli della stanza un astioso sciame di tarme versicolori, i vestiti, uno alla volta, vengono fuori (dall’armadio) e sfilano impettiti davanti a me proponendosi per l’indomani… 

"Coglioni (4) di Francesco Gambaro

Anche Roberto Capa fece lo sgambetto. Coglioni, non sapete cosa vuole dire improvvisare una fotografia.
https://francescogambaro.wordpress.com/2015/09/14/coglioni-4/

domenica 13 settembre 2015

"Pubblicità progresso (Premiata Ditta Camilleri & Co)" di Francesco Gambaro

E vabbé. Anche Il Foglio si inchina e bacialemani a Camilleri. 90 sono 90, non si scherza. La letteratura come passatempo spopola e vince. Senza bisogno di entrare nel merito di quanto siamo felicitati a leggere conta il personaggio, la voce roca, la simpatia accattivante, il profumo di sigaro e wisky, gli alias televisivi. E vabbé, l'importante è non perdere il vizio di comprare un libro per il volo Palermo-Roma. 

sabato 12 settembre 2015

"Storie del signor JFK (2)" di Francesco Gambaro


Il signor JFK è nauseato dal fetore di merda che scaturisce dallo scarico pluviale, situato a pochi metri dal portone condominiale. Uscire o entrare è come superare un checkpoint, il muro di Berlino ancora. Si tappa le nari ma non va bene così. Modifica l'olfatto, lo registra sotto la voce gelsomino. Il signor JFK ha trovato che il profumo di merda sono nient'altro che gelsomini, adesso è un uomo felice, può uscire e entrare dal portone del suo condominio porgendo il naso a destra e a sinistra.

venerdì 11 settembre 2015

"PRIMA DI BLOOD NEVER FAILED ME YET DI DAVIN BYARS, FATHER DEATH BLUES DI ALLEN GINSBERG DALL'ALTO Di SKY" di Francesco Gambaro

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Ehi Padre Morte, sto volando a casa
Ehi poveruomo, sei tutto solo
Ehi vecchio papà, so dove sto andando

Padre Morte, non piangere più
Mamma è lì, sotto il pavimento
Fratello Morte, per favore bada al negozio

Vecchia Zia Morte sento i tuoi gemiti
Vecchio Zio Morte vedo le tue ossa
O sorella Morte come sono dolci
i tuoi lamenti

O Morti Bambini andate a respirare
i vostri respiri
Petti singhiozzanti faciliteranno
le Vostre Morti
Il dolore è andato, lacrime riposate

Genio Morte la tua parte è compiuta
Amante Morte il tuo corpo è andato
Padre Morte sto venendo a casa

Guru Morte le tue parole sono vere
Maestra Morte ti ringrazio
Per ispirarmi a cantare questo Blues

Buddha Morte, mi desto con te
Dharma Morte, la tua mente è giovane
Sangha Morte, ce la faremo

Sofferenza è ciò che è nato
L’ignoranza mi fece perduto
Verità di lacrime non posso sdegnare

Respiro di Padre ancora una volta addio
La nascita che hai dato non è stata malata
Il mio cuore è calmo, come dirà il tempo.
traduzione di Raffaella Marzano


"Coglioni (3)" di Francesco Gambaro


Io vedo tutto. Anche Vespa. Un mascalzone sincero e sempre fedele alla bussola del gossip, come un po' tutti in RAI. Offrendo 2 poltrone ai Casamonica, figlia e nipote, l'altra sera ha opposto loro 2 giornalisti benpensanti, dunque coglioni, che hanno sbrodolato le loro rispettive miserie umane e professionali contro camorra e cafonaggine. Solo i coglioni possono contestare o prendere sul serio o ridere di un funerale, invero, involontariamente dadaista.

mercoledì 9 settembre 2015

"Senza un fallo di porcellana l'arancia non può dirsi meccanica" di Francesco Gambaro


La prima scena è questa: due smandrappati ladruncoli rubano a Soho la scultura di una smandrappata artista che ha rinchiuso in cartapesta il corpo di Paul Hackett (Griffin Dunne), bancario smandrappato. Finisce che lo scaricano, senza accorgersene e rompendolo, dopo una notte pluviale e fuori orario, davanti la sua banca. L'altra scena che precede la prima risale al 1970: “Nell'ufficio della Hawk Films un enorme fallo bianco rifletteva la luce proveniente dal soffitto. Di fianco, due ragazzi lo guardavano immobili. Erano le nove e mezzo di sera. Fuori pioveva, avevo freddo e volevo tornare a casa. Giravo per Londra da oltre diciotto ore e adesso scoprivo che ad spettarmi per l'ultima urgente consegna c'era un grosso fallo di porcellana. - Ragazzi – li riscossi – mi date una mano voi a portare questo affare? Lo trasportammo fino alla Minx ma, come temevo, non entrava nel bagagliaio. Adagiammo il fallo sul sedile anteriore. La punta sporgeva dal finestrino: ragazzi, non avreste mica una coperta?”. E' l'inizio di “Stanley Kubrick e me” (Il Saggiatore), scritto con sviscerato amore e sedimentata emozione da Emilio D'Alessandro, autista e poi insostituibile assistente di Kubrick. Senza quel gigantesco fallo bianco, che Emilio trasportò sulla sua Ford Capri, l'arancia non sarebbe mai diventata meccanica.

"Una scritta/una foto" di Gaetano Altopiano


Una scritta: “My Life is based on a true story.” Su una foto: una donna vestita unicamente di un corpetto di rete e zoccoli altissimi. La domanda: chi dei due mente?

martedì 8 settembre 2015

"Attenti, prima o dopo riusciranno a rubare Monna Lisa" di Francesco Gambaro



Leggo che il 7 settembre 1911, il trentunenne romano Guglielmo Apollinaire viene arrestato al Louvre perché sospettato di volere rubare la Monna Lisa. 5 giorni di carcere, poi il rilascio per mancanza di prove. L'episodio mi ha fatto ripensare a quanto mi raccontava, anni fa, Toti Garraffa: Lo Sconosciuto. Era piccolo, faccia innocua, motilità prossima allo zero, frequenza del museo Abatellis di Palermo giornaliera. Quel giorno che i custodi riuscirono a malapena a bloccarlo fu una saetta. Al petto stringeva la piccola tela di un anonimo miniaturista fiammingo. Lo sconosciuto si difese dicendo: un anno che gli sto seduto di fronte, neanche un cane si è fermato a guardarla, mi appartiene.

lunedì 7 settembre 2015

"Palori" di Francesco Gambaro

Aviri u marchisi. Significava che la ragazza, che corteggiavamo in tanti, aveva le mestruazioni. I più grandi di noi, i cchù sperti, ce lo facevano credere sostenendo di avere intravisto sotto la gonna l'inequivocabile fasciatura.
U ricuttaru. Il protettore di prostitute. Ogni notte che passavamo dalla sua putìa ci esortava a comprarne tutta chidda chi vuliti, frisca frisca.
U maniàcu. L'uomo che appena vedeva una donna se la doveva fare per forza. Gli amici ricordano che partiva con uno scatto da centometrista e poi tornava soddisfatto dicendo: non è oggi, domani è sicuro.

U gnuri. Guidava la carrozza e delle forestiere che portava in giro per Palermo, diceva: io tutti mi fici, cull'occhi e senza specchietto retrovisivo. U gnuri, l'unico mestiere ancora oggi senza quote rosa.

"La scienza ha bisogno di merda" di Gaetano Altopiano


A nord di Cambridge, Massachusetts - USA, esiste una banca molto speciale. Si chiama Aperto bioma (tradotto letteralmente) ed è un’organizzazione no-profit unica al mondo. Praticamente, raccoglie merda dai donatori. Non più di una dozzina al giorno, secondo il quotidiano spagnolo EL PAIS, sul quale leggo la notizia, soltanto giovani e, ovviamente, in buona salute. Lo scopo è raccogliere materiale fecale sano da trapiantare nell’intestino di persone gravemente malate (morbo di Crohn, colite ulcerosa, obesità, diabete, ecc.) evitando un iter sanitario procedurale che apprendo essere molto lungo e complesso. Giustappunto, Aperto bioma, nasce per volontà di un certo Edelstein, che dichiara: “Per questo abbiamo deciso di aprire Aperto bioma, così le persone in difficoltà possono avere un posto per chiedere materiale per il trapianto con garanzie di sicurezza e in tempi brevi. E senza chiedere favori imbarazzanti a parenti o amici”. Condivido in pieno. 

domenica 6 settembre 2015

"Delizie" di Gaetano Altopiano


Nel caso ci fosse richiesto commenteremmo la nostra condiscendenza definendola disponibilità. Errore. Mettiamo i piedi per terra: è l’anticamera del masochismo. Nient’altro che inclinazione a consentire gli altrui desideri. Non c’entra niente con la disposizione d’animo, anzi, più spesso, è solo il frutto della paura di una reazione. Siamo soltanto vittime incapaci di opporci ai carnefici (alcuni dei quali, hainoi, davvero deliziosi). 

"L'occhiaia 5" di Elio Coniglio

 Noi montanari ci chiediamo (a proposito della recente, tanto pubblicizzata dai media, visita del papa da un ottico, - giusto a duetre scarsi passi appena dal Vaticano): è più credibile papa Francesco o il califfo Harùn ar- Rashid di “Le mille e una notte”?

"Un polpettone ripieno può fare a meno della carne" di Francesco Gambaro

In uno sputo di intervento, proustinamente ispirato, Francesco Merlo per ricordare la sua città, Catania, abbellisce la sua relazione dei seguenti paletti: Friedrich, Mimmo Jodice, Shelock Holmes, Le Corbusier, Durer, Stevenson, Salgari, Braudel, Sartre, Melville, Catone, Piero della Francesca, Lucien Freud, Talete, Stendhal, van Gogh, Dumas, Vietnam, Brancati, Joseph Roth, Pernod, Manchester, Engels, Las Vegas, Loreto, La Mecca, Gerusalemme, Calcutta, Berlino, Aldo Rossi, Colonia, Petra, Palmira, Pompei, Hollywood, Milano, Italo Calvino, Torino, Detroit, Montanelli, Gaber, Savinio, Monaco di Baviera, Ferrara, Sebastiano Addamo. Ma ne ho saltato qualcuno? Almeno bisogna riconoscere a Merlo che, rispetto ai francesi, citazionisti integralisti - cui non è ancora permesso nominare un autore, una città che non siano francesi - di avere offerto il culo della sua Catania, democraticamente, all'aspersione multietnica.

Rif.: La città dove siamo nati, l’unica cosa che ci appartiene in “La confederazione italiana”


http://www.laconfederazioneitaliana.it/?p=1038

sabato 5 settembre 2015

"Il gobbo di Palermo" di Francesco Gambaro


Bè, non sono gobbo per questo mi è piaciuto fare il gobbo, incrinare le spalle spingere la testa sulla nuca sino a diventare per davvero gobbo. Non vedere chi incrocio, temendo solo un altro gobbo che, come me, fissa il cielo ad altezza d'uomo. Anche non zoppico ma, facendo lo zoppo sin da bambino, ho imparato il piacere di zoppicare, e bene. Me lo ha insegnato Giovanni il portiere, zoppo per davvero. Ci sono riuscito, in segreto esercitandomi nella mia stanzina, il rumore sinistro era la parte forte, non ero più un bambino stereo ma mono, il volume dei passi pendeva solo da un lato, zoppicava anche lui, quando i miei, sta per genitori, mi chiamavano all'ora del pranzo, a tavola arrivavo zoppicando. La strascicavo così bene la gamba destra che sono diventato zoppo per davvero. Benissimo, mi dico, e ora voglio diventare cieco. Chiudo un occhio, non mi viene così facile tenerlo sempre chiuso, allora rubo la ventosa di mio fratello che così gli curavano lo strabismo e i miei, intesi genitori, gliene comprarono un'altra. La tengo giornate intere, non la scollo dall'occhio nemmeno la notte. Quando strappai la ventosa se ne venne tutto l'occhio, un guercio per davvero. Oggi è più o meno vero se mi dite che sono uno di voi, solo un po' goffo. Purtroppo non abbastanza vero, sono gobbo guercio zoppo, goffo per davvero e mi è venuta la passione di diventare sordo e muto. Seguo i corsi regolari per audiolesi, dove mi ha iscritto mia figlia che lì insegna e muovo le mani velocemente come fa lei. Ogni tanto perdo l'equilibrio e cado. Quando cado preferirei restare caduto. Da quando i miei, detti genitori, mi fecero vedere il sacrario di Redipuglia, vorrei diventarci per davvero un caduto.

"Pezzi di pane e polizia ferroviaria" di Gaetano Altopiano


Sarei tentato di trasferire qui paroparo un articolo di LiveSicilia di ieri dal titolo “Rischia di morire soffocato - Salvato dalla polizia alla stazione”, ma, poiché sarebbe un’inutile ripetizione vi invito a leggerlo: non crederete alle vostre orecchie (direbbe Ezio Greggio) è a dir poco surreale. Non solo per il fatto che racconta (un uomo che rischia di morire per avere ingoiato un pezzo di pane troppo grosso – vi pare possibile?) quanto per l’assoluto romanzesco col quale viene raccontato l’intervento della Polfer. Meglio di Victor Hugo. Incredibile. Ecco invece dei dati seri e interessanti: secondo il calcolo degli storici nella Russia prerivoluzionaria venivano giustiziati in media 17 persone l’anno. L’inquisizione spagnola fu causa della morte di 10 persone al mese. Solo tra il 1937 e il 1938 Stalin fece assassinare 40.000 persone al mese. 

venerdì 4 settembre 2015

"Serendipità" di Francesco Gambaro


I politici non pagano pegno, non sanno parlarti a quattr'occhi, inviano cinguettii che vorrebbero colpirti al cuore. Mai stati fucilieri, mai stati dove si spara davvero, con gli occhi. I politici stanno dietro i giornali. Nascosti. Se hanno ammazzato o ammazzano o si ammazzano non lo sapremo mai. Non parlano, sono parlati dal loro stesso parlare. Indovinano soluzioni per interrompere il flusso di migranti, per aprire le frontiere, le sparano grosse, pure non essendo fucilieri, poi uno di loro dice: l'islam ci inculerà, e magari ci indovina.

"Relazioni sociali" di Gaetano Altopiano


Vorreste essere un senza patria. Lo so. Un senza indirizzo e un senza numero civico. Un senza voce, un conclamato senza più un briciolo di coraggio. Lo so. Debole, inerme, infiacchito dall’apatia e dal torpore. Lo so. Indifferente al cibo, al sesso, alle relazioni sociali. Illetterato, nullatenente, abbandonato. Lo-so. La verità è un’altra però: fatevi forza, su, in fondo si tratta solo di dire buongiorno al vicino. 

"Due cose" di Costantino Chillura

  Vivere
   accanto alla vita,
   come una genzianella
   o come
   una stella marina.
   E ogni tanto
   sorprendersi a vivere
   come nel sonno
   ci si sorprende a sognare.
   Che cosa importa se il popolo
   non è più se stesso?
   Se ogni tanto
   manda al potere
   chi più ama il potere?
   Tra la gente c'è gente diversa
   a ben vedere
   dalla gente a cui piace comandare.



   2

   Le cartelle cliniche
   che mi descrivono
   sono più eloquenti
   sul mio conto
   delle sia pure intelligenti
   cartelle critiche
   che mi riguardano.


   Agrigento 4 settembre 2015

giovedì 3 settembre 2015

"Informazione cattiva (2)" di Gaetano Altopiano

Se nei mesi a venire dovesse capitarmi di cenare in uno dei ristoranti del centro di Palermo e, malauguratamente, dovessi intossicarmi a causa di assunzione di pesce scaduto farò causa a nome del popolo siciliano alle 84 pattuglie, alle 18 unità navali, ai 258 militari della Guardia Costiera che hanno controllato 50 ambulanti, 17 ristoranti, 132 punti di sbarco e un commerciante all’ingrosso, denunciando per frode 6 ristoranti di cui 3, appunto, proprio nel centro di Palermo, e ai giornali che hanno riportato la notizia. Si ha l’impressione (al solito) che fatti come questi vengano divulgati non per proteggere i cittadini ma per gaudio esclusivo di forze di polizia e tifoserie partigiane, oltre che per riempire il “vuoto” (giornalistico e non): non un nome, infatti, un indirizzo, non un briciolo di indicazione dei ristoranti tanto da passarci alla larga. A che mi serve, se non a minarmela, una notizia come questa?

(Live Sicilia 1,9,15: pesce scaduto da un mese e mezzo, nei guai tre ristoranti in centro)

"Campionato di storytelling" di Francesco Gambaro

Nella sua Piccola posta sul Foglio di ieri, anche Adriano Sofri si caccia - senza volerlo sperabilmente - nella più forzata delle storytelling. Scrive, ricostrundo la scena del duplice delitto di Palagonia che “immaginare di essere ammazzati da uno sciagurato che poi si metterà addosso i nostri pantaloni dà all’orrore un’insopportabile scandalosa intimità.” Sofri, hélas, trascura la ragione non perversa della sostituzione dei pantaloni: quelli di Mamadou, infatti, erano completamente schizzati di sangue e ritrovati nel borsone insieme alla misera refurtiva. Aggiunge poi pathos a pathos in fuoricronaca sostenendo che pochi italiani rifiuterebbero di regalare un paio di vecchi pantaloni a chiunque. Anche se questo chiunque si presentasse insanguinato o in mutande?
Derapo anche io con una considerazione: quando stai dentro una stiva, picchiato, soffocato, contiguo a corpi morti e alla morte, l'orrore ti penetra e non ti abbandonerà più, non sarai più quello che eri, soprattutto non sai cosa diventerai. Che è poi il tema dominante di Devozione, di Giorgio Chiesura. Solo che per lo scrittore veneto la stiva fu il campo di concentramento: “Mi sentivo solo un’altra cosa, una cosa atroce, e sapevo che questa cosa atroce era più vera.” Verità dure che indussero i potenti Levi a chiedere a Mondadori il sequestro del romanzo. 


mercoledì 2 settembre 2015

"Storie del signor JFK (1)" di Francesco Gambaro


JFK ha sette opzioni da realizzare nel momento in cui le pensa: 1) spostarsi dalla scrivania e andarsi a spaparanzare sul divano sotto il ventilatore, che è uno settembre trucido 2) prepararsi un gin tonic afferrando al volo il limoncino verde che lo sta tentando dalla finestra 3) spegnere il televisore perché la pubblicità sta finendo e tra pochi secondi, mioddio, il telegiornale 4) telefonare alla figlia che l'ultima volta, prima di andarsene, gli ha detto: padre, quindici giorni che sono qua e non ci siamo detti niente 5) aprire finalmente le buste dell'Agenzia delle Entrate o, almeno, sorvolarle con gli occhi 6) non fare niente di tutto questo 7) riavviare il computer e scrivere tutto questo.

"A culo nudo levato" di Gaetano Altopiano

Io venni in luogo d’ogni luce muto; Puzzo di carbon fradicio, politici …e ed …n, coi polsi legati alle caviglie, A culo nudo levato”
Profittatori a bere sangue zuccherato con merda, E dietro a loro … f e i finanzieri a frustarli con filo d’acciaio”
E invidia, corruptio, foetor, fungus, animali liquidi, ossificazioni sciolte, putridire lento, fetida combustione, mozziconi di sigaro masticati, senza dignità, senza tragedia
m Episcopus, agita un preservativo colmo di nere blatte, MONOPOLISTI, intralciano e bloccano sapienza e distribuzione.”

(Ezra Pound CANTOS XIV)

martedì 1 settembre 2015

"Cosa non si fa per apparire su Facebook" di Francesco Gambaro

Capitolo primo: una giapponesina suona una nota con il suo fischialetto e il suo cane la riproduce con la zampa sulla tastiera della pianola elettrica. Solo che il cane indovina non perché abbia orecchio musicale ma perché obbedisce al comando vocale che la giapponesina, furbescamente, anticipa prima di fare sonare la nota.

Capitolo secondo: della canilità che gira su fb c'è da sospettare che la supposta intelligenza dei cani sia superiore alla supposta intelligenza dei loro padroni che, per sopperrire ai vuoti di amore, li ammaestrano. Come mi manchi Nando Orfei.