mercoledì 31 agosto 2016

ARRESTO PER STAMPO BATTERICO di Gaetano Altopiano




L’A.I.D.C. (Automatic Identification and Data Capture), sistema di riconoscimento biometrico, sembra che fra non molto si arricchirà di un ulteriore dato. Oltre che per Dna, impronta digitale, altezza, peso, iride, retina, sagoma della mano, palmo della mano, vascolarizzazione, calco dei denti, forma dell’orecchio, fisionomia del viso, impronta vocale, scrittura grafica, firma, stile di battuta sui tasti e movimenti del corpo, ognuno di noi sarebbe esclusivo persino nella propria coltura batterica familiare. Le colonie che vivono nella mia casa e sul mio corpo, insomma, secondo l’Università di Chicago, sarebbero dissimili da quelle di qualsiasi altro e, coi dovuti sistemi, perfettamente identificabili se se ne seguissero i movimenti, dato che ne perdiamo milioni durante le nostre giornate e che siamo in grado di colonizzare un appartamento in appena 24 ore. Il più furbo tra gli assassini potrebbe essere rintracciato senza problemi, anche se avesse concepito il delitto perfetto. Basterebbe cha abbia respirato.


















STORIE DEL SIGNOR JFK (47) di Francesco Gambaro




La giornata è cominciata così. Entrato al bar per il solito, il ragazzo addetto gli ha detto: vedi che c'hai il bar aperto. JFK l'ha guardato, si è voltato dandogli le spalle. In panoramica ha visionato ogni singolo avventore che poteva avere ascoltato. Un ragioniere, due fratelli muratori, il vecchio del tavolino che tenta di leggere la marca dei suoi occhiali da vista e a ogni tentativo arriccia il naso. Tutti maschi, gente che sa il fatto suo e sa farsi i fatti sui. Suo compare non è ancora arrivato ma arriverà, per questo JFK ordina per due.

lunedì 29 agosto 2016

SIAMESAMENTE LONTANI di Francesco Gambaro



https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/29/siamesamente-lontani/

L’ESTRANEA 4 (dolore e dolorabilità) di Gaetano Altopiano






Come qualificare il dolore fisico, un estraneo o uno di famiglia? Considerando che un dolore fine a se stesso non avrebbe alcun senso, sarà vero che il suo scopo è esclusivamente quello di mandare un messaggio al cervello notificando l’“allarme di insulto ricevuto” in modo che si corra ai ripari ai fini della sopravvivenza. Dunque è senz’altro uno di famiglia. A cui però si rimprovera di avere scelto il metodo meno adatto per comunicare, tanto da essere trattato con disprezzo perché scompaia prima possibile. Erbe, infusi, antidolorifici, cortisonici, droghe. Tutto quanto sia utile a lenire, se non proprio a occultare, l’allarme ricevuto viene al più presto divorato. E da sempre. Possibile allora che in migliaia di anni di evoluzione il corpo non abbia messo a punto un sistema meno primitivo? E’ probabile che il problema sia stato valutato ma che il dolore sia rimasto l’unica via d’uscita, l’unico modo per ricondurre alla ragione senza mezzi termini laddove bisogna prontamente intervenire. In fondo, è in gioco la continuazione della specie. Immaginiamo il corpo del signor x che, a causa di un’infezione che non riesca a debellare, comunichi al medesimo signore la necessità di intervenire, piuttosto che col dolore, tramite segnali chimici inequivocabili ma al tempo stesso diplomatici. Un sistema dialettico, insomma. E’ chiaro che il messaggio del mittente, nell’ipotesi, privo della sua peculiarità (è un ordine) subirebbe un’interpretazione “personale” da parte di ogni destinatario e in termini che demanderebbero soltanto alla sua ragionevolezza le decisioni finali. Il destinatario potrebbe provvedere subito, oppure no, o addirittura non provvedere del tutto.


domenica 28 agosto 2016

SE NON E' PENNA CHI E' (a Gualberto Alvino) di Francesco Gambaro



“Il viottolo di robinie e rose scempie / Rotola verità in fondo a questo maggio / Le tombe antiche che la nostra voce empie / La felicità che inventò questo viaggio / Scrutano nell'eterno le dolcezze empie / E su in alto quei fiori aforisma ad un saggio / Dove un calabrone porta il peso di un raggio.//”


Esiste una navigazione orizzontale - in cui tutto quello che è stato artifex galleggia, i nomi delle cose sbriciolati come dopo uno tsunami, le briciole levigate sino all'estenuazione, dunque solo frammenti legni vegetali umani pietre pomice plastiche moplen, un tempo vendute indistruttibili oggi nel passaggio biodegradabile della deperibilità, concretus di puzze chiazze di nafta feci di gechi bicolore. Una navigazione verticale – in cui tutto quello che è stato artifex sprofonda, nel buio referenzialità e iconoscimento del cadavere cognomi pesanti come lepri come titoli di studio ancore scatenate anamnesi impersonali di generazioni imbalsamate nel valore dell'insieme e della secolarizzazione non più autori ma ciambelle di salvataggio senza il vuoto.

sabato 27 agosto 2016

ANDIAMO A VEDERE UN FILMO di Gaetano Altopiano







Frutto di eleganza linguistica, nei limiti del possibile, era l’uso di italianizzare nomi di luoghi, cognomi e personaggi stranieri. Anche con traduzioni incredibili. Oggi passerebbe per cafonaggine, se non quasi per “sospettosamente nostalgico”, ma ci fu un tempo in cui tutto quanto poteva essere reso nella nostra lingua passava il controllo. E anche se molti storceranno il naso, è un peccato che questa pratica sia passata in disuso. Oggi chiameremmo Albrecht Durer Alberto Duro, ad esempio, il bar mescita, la garconnier giovanotteria. Il tennis pallacorda e Buenos Aires semplicemente Buonaria. Infine chiameremmo lo champagne sciampagna, il whisky acquavite e il film filme o filmo. 

COME STA IL BAMBINO di Francesco Gambaro




E' passata una settimana. A telefono chiedo, come sta il bambino, nonna? E' una mia cara amica. Benissimo, ha certi occhioni, azzurri che più azzurro non si può. Ma come, tu non l'hai visto? Mariella è che l'ha messo su feisbuk! Siamo parecchi continenti lontani per vederci, per questo ogni tanto ci telefoniamo. Parecchi continenti lontani per vedere il suo primo nipote partorito una settimana fa da sua figlia Mariuccia, mai conosciuta purtroppo. Forse non siete amici? Mi sento un coltivatore a km zero, già al mercato a sistemare sul bancone la mia lattuga e i miei tenerumi ancora brinati. Vediamo dove. Stamattina mi vedrei al mercato di San Cosimato. Deve essere a Roma, se non ricordo male. Vediamo. Clicco su Immagini.

venerdì 26 agosto 2016

TERREMOTO. COME UN'ALTRA OLIMPIADE di Francesco Gambaro

Accumuli, Arquata, Amatrice. I videogiornalai italiani, altrimenti detti strilloni, finalmente raccontano l'oro che non hanno potuto raccontare da Rio.

LA FRESCHEZZA DELL’ULTRASURREALE 2 di Gaetano Altopiano




Ha il sospetto che lei lo tradisca ma non può dimostrarlo. Nemmeno a se stesso. Ma un sospetto è un sospetto, e se nasce non è mai solo per caso. Come uscirne? Ne parlerà e approfondirà, lui ha sempre buoni consigli da darsi e in generale ci ha sempre azzeccato. Facciamo oggi pomeriggio alle 4 davanti allo specchio nel salone d’ingresso (si dà appuntamento). No, alle 4 deve andare in ambulatorio a ritirare le analisi. Dimenticava. Alle 5 allora. No, non va bene, e se il risultato di quelle analisi dovesse svelare una malattia? Con quale animo si metterebbe a discutere di argomenti tanto spinosi? Meglio spostare a domani. Ma poi pensa: sono in un cul de sac. Il futuro, ormai, dipende esclusivamente da questi esami, e a prescindere dal risultato. Domanda: perché l’uomo conclude con queste parole?


ALTRI INCIPIT (Charles Bukowski) di Francesco Gambaro




Individuo la mia casa, entro nel vialetto, parcheggio, solo un altro vecchio matador. Ma dentro, mentre apro la porta, il mio gatto bianco preferito, Il Jinx, mi salta in braccio e di colpo sono di nuovo innamorato.

(C.B. Sui Gatti, Guanda 2016)

giovedì 25 agosto 2016

RISVEGLIO DI GIUFA' (perdutamente solo) di Francesco Gambaro



Sotto le 6 piante del giardino, le sei donne che ho sotterrato. La mattina accompagno 7 bambini, tutti maschi, a scuola. Vostro padre non ha avuto fortuna con le donne, non è mai andato a scuola purtroppo. Datemi ascolto, studiate e accoppiatevi tra di voi. A mezzogiorno mi scaldo, penso ai miei 7 bambini nelle mani dell'assistente sociale. Mi guarda con turgore, non le farò mai mettere piede in casa, i bambini me li lascia fuori da questa porta, non la farò diventere la moglie numero 7 con circa 8 figlimiei e un'altra assistente sociale valla a trovare. Quando mi scaldo ragiono così, poco che quasi strapenso. Strapesando scolo la cipollamolla dello sfincionello sul cotto siciliano, poi faccio da pompiere con la pompa allast allimon. La sera, precisamente al tramonto il momento più infinitamente triste della giornata perdutamente solo, stilo l'elenco delle cose che non esisteranno più. Per oggi, non esisteranno più sillabario, divina commedia, cappella sistina, uvafragola e io che mi ci metto sempre. La fine delle cose si sbisogna in prima persona. Dietro la porta dello stanzino in cui rimasi chiuso, proruppe mia madre, agitata spaventata isterica? Cerca la chiave Giufà, devi avercela da qualche parte. Giufà rideva soffocato perché l'aveva ingoiata.

Quando è tempo, le poto con liquore.

mercoledì 24 agosto 2016

UN PERSONALE GODIMENTO 2 di Gaetano Altopiano








Partendo da una lettera a caso avvertii una sensazione mille volte più appagante di quella che mi aveva dato, poco prima, lo stesso tentato inizio ma pianificato. E una volta individuata la parola, tutto si fece più pericoloso e piacevole: mi convinsi di potere arrivare ovunque. Era così, in effetti? A proposito del sequestro della bimba di Scoglitti, già diventato “presunto sequestro”, con il sequestratore (l’indiano Ram Lubhaya) addirittura sotto scorta della polizia, scrissi: per me un cono pistacchio e cannella. Ce l’avevo fatta.


E POI CULI PERFETTI di Francesco Gambaro

E poi perché hanno culi perfetti, che si possono riparare. Belladonna cinquantenne, dietro la finestra, occhi rivolti alla strada, studio o stanza da letto odorosi. Forse del suo analista, forse del suo amante-avvocato. Più cumulativamente analista: ascolta professionale, coadiuvato da un discreto Sony recorder, la confessione dei tradimenti del marito. Fuori, la strada delimita il passaggio da città a periferia. Nel cul de sac dove si interrompono, periferia e strada, due uomini vestiti da minatori. Uno guida i lavori, l'altro perfora la parete di una antica casa diroccata con il martello pneumatico. Dietro i vetri lei non sente. Forse perché isolanti, forse perché i due stanno tentando di superare il muro del suono. Un ultimo affondo, l'uomo sfila via l'anima dell'attrezzo. Il direttore dei lavori inserisce il dito gialloguantato nel pertugio e tiraverso. La parete si apre come una grande porta di salgemma e madreperla, inviando alla finestra e alla signora barbagli di luce tempestata da gocce d'acqua. Il resto della strada, che prima lì finiva, ora continua disegnando un viottolo incolto. Tutto qua il muro del suono? domanda con gli occhi il minatore sconsolato. La belladonna sembra ora avere occhi ciechi, biancomadreperla e salgemma. I due attraversano il muro del suono e si smaterializzano. Tre minutibuoni di impassibile silenzio, rotti dall'eco delle ultime parole: e poi perché hanno culi perfetti, che si possono riparare. Si scuote, guarda lo Jaeger-LeCoultre. E' tardi, devo andare. Raccoglie l'Hermès dal divanetto, si avvia. Per la prima volta una voce maschile, dal recesso della stanza: dimentica l'ombrello.

martedì 23 agosto 2016

INDULGENZA di Gaetano Altopiano









Non posso non dedicare il mio tempo anche alle operazioni più ordinarie. Mi spiego: non posso non farlo con lo stesso piacere che mi dà una mansione gradita. Non sarebbe corretto. Né sarei coerente con me stesso. Ogni cosa ha diritto a ogni atomo del mio rispetto, e non solo la minoranza di queste o quelle a me più congeniali. Capisco sia seccante fare cose tipo cambiare una lampadina o buttare la spazzatura, o, ancora peggio, dovere intrattenersi col vicinato o bagnare i cavolfiori, ma bisogna sforzarsi e considerare che anche seguire il discorso del premier da Ventotene è un’occupazione che deve procurare piacere. A prescindere dal contenuto o dalle parole che usa. E una volta imparata l’indulgenza persino vedere un intero telegiornale diventa possibile. 

SUICIDIO AI FIOCCHI di Francesco Gambaro




Mistico risveglio stamattina in campagna. Non potevo non suicidarmi. Distesa per lungo dalla pioggia lagostina, la beata campagna ha emesso i suoi ultimi sfiati. Dai profumi delle foibe e dall'aereo controbalzo delle braci, si è levato un paganpakato invito al sacrifizio: primum al dio di Lucrezio, liberato dalla confusione amministrativa di troppi e troppoestesi poteri; al me stesso fuggitivo per ischerzo e stamani per serio. Quale signor Tarantino, quale pane caldo e fascella di ricotta, quale dare acqua a lattughe serbatoio chefon (gargarozzo), tutti, cioè tutto avrebbe aspettato, cioé non avrebbe più avuto reason di aspettare. Lungo il cammino verso il ceppo, ingoiato un fico rosso, imperlato di pappareale in gocce penappena saline. Direttamente il frutto a km zero dall'albero alla bocca, qui dicono, per non farsi stare le mani, già giunte in preghiera di ringraziamento come da revenant buddha. Incrociate le gambe sul riquadro nerox della scacchiera del mio destino, recitammo (io e i miei compagni di viaggio: Poeti al caffé, di Hermann Kesten, prima edizione illustrata Bompiani 1962 con ditone index incastonato a pagina 401, verificare, ciottolo schizzato del menstruo della lucertola Iside, ultima degli innecessari dominusdomus, la mia fedele Barbie, foglietto del conto delle bollette in scadenza con i compilati contocorrente e relativa somma in centesimi). Recitammo dicevo: fummo nati per sbaglio sed iniuram riparammo. Infine, reintegrato con onore Leone Piccione nell'ultimo articolo modificato del diario perpetuo di Landolfi al Corriere della Sera. Questa volta in via Solferino (a condizione di non fare mai più nomi sui giornali) non lo rifiuteranno. Non potranno, infatti, presto in pluviae formam calerà la neve e affonderà la nave.

lunedì 22 agosto 2016

L’ESTRANEA 3 (moralità) di Gaetano Altopiano






In un posto come l’Iran una semplice stretta di mano che una donna dovesse concedere a una persona del sesso opposto (che non sia un familiare) può essere letta come un’illegittima relazione sessuale e condurre a una pena corporale di 99 frustate. Figuriamoci poter mostrare parti del corpo che siano anche le più innocenti: una caviglia nuda entra a pieno titolo nel campo della pornografia. E non oso immaginare la pena. Né intendo informarmi. Ma solo a Teheran si conterebbero 85.000 prostitute perfettamente visibili agli angoli delle strade e nel 2008 il capo della polizia di quella città fu arrestato all’interno di una casa di tolleranza con sei - dico sei - di queste disgraziate tutte insieme. Esiste infine in quel paese, ma anche in generale nel mondo musulmano, un’istituzione che è unica nel suo genere e che consente rapporti contrattuali a termine senza necessità di ricorrere al divorzio o che, come da noi, morte intervenga a separare i coniugi: il matrimonio temporaneo.


STORIE DEL SIGNOR JFK (46) di Francesco Gambaro




Sente la pelle sotto la doccia intenerirsi. Un po' scollarsi. Un po' coniglio scuoiato da una raspa. Attento a non leccare le ferite insaponate, si raccomanda JFK. La carne viva fa la sua strada. Sprizza e si mescola, fuori dal gettito, alla pelosa garzabambagia. Per vanità JFK non esce dal bagno, non si fa guardare, si osserva allo speculo e non gioisce. Alla vista, i bruciori infiammano le campane pendule che rintoccano impietose. Rivolgiti a qualcuno, si consiglia JFK, perdio! Ma qualcuno non c'è, in più non sa cosa fare. In più è spaventato dalla presunzione della sua sussistenza. Non sei tu che devi essere soccorso, né chi ti ha ridotto così, piange JFK. Perde adesso un osso, due adesso gli ossi. Da destra il perone, da sinistra tibia e perone, tre quattro, una rotula investita d'aria, indecisa se lanciarsi nel vuoto. Che facciano quello che vogliono. Con dolore, senza paura, primattore della scena. Si allontana dallo speculo, in realtà gli gira intorno. JFK lascia che JFK fugga lasciando in terra pezze e attrezzi del mestiere. L'inganno non rassicura JFK. Non si insegue e non ritorna allo speculo. Si nega il piacere di rivedersi sano anziché a brandelli. Si abbandona sulla ciambella della tavolozza. Stupisce che sia ancora lì.

domenica 21 agosto 2016

CODICE ALFA di Gaetano Altopiano








Chi vive in solitudine porta scarpe nere. Ma io ho ancora molto da imparare e in genere non ascolto il parere dei vecchi. Qui abitano alcune signore che vorrei farvi conoscere. Quelle ragionano solo per esclusione. Se ho ancora molto da imparare è vero ma il vostro sistema non mi convince e ci porterà alla rovina. Sono tante, troppe le volte in cui vi ho sentito parlare senza criterio. Il desiderio non si spegne se non che a una certa età. Di fronte al pericolo un gentiluomo può anche dare la vita. Un codice. Entro aprile avrò perfetta padronanza dello spagnolo. O bere con moderazione.


LEGAMI A QUESTO TAVOLINO COL SANGUE (città, mare, campagna) di Francesco Gambaro





Dice, riccardo a patrizia, tu scrivi perché stai male, puntandole il dito, alzandosi infuriato (il tavolino romano, per empatia, infuriato). Dice, tiziana a francesco, il coefficiente ce l'hai sotto i pantaloni, che sto a scrivere se non ti viene duro (al buio, sotto piccole lune di cemento, quattro occhi di gres). Dice, la figlia al water, sciono muta, come poscio risponderti papà (in casa del passato, pennellate di antiruggine sul muro mangiato dalla salsedine di vaghissmi vagiti). L'ovvio sta seduto, in forma di uomo, su un disegno che disegna gli anni di un tavolino sotto l'ombra obesa di un frassino (chiede, il parente e amico all'amico e parente, cosa intendi per legami di sangue).

sabato 20 agosto 2016

CREME, UNGUENTI E di Gaetano Altopiano







In quell’86 per cento delle specie presenti in natura che devono ancora essere scoperte (studio Boris Worm, Dalhouise University, 2011 – Il Foglio di ieri), oltre al pipistrello Yoda, all’olinguito, al mai evolutosi Zenkerella Ignis e al 90 per cento dei funghi e delle forme di vita sottomarine va compreso anche l’uomo-sopportatore (hominis patientia vomitus bronzinus). Della specie, che in verità conta solo pochi esemplari, si conoscono solo i tunnel rinvenuti in spiagge come la Praia do Cassino in Brasile ma anche in litorali arroccati come quello di Ragusa marina, dentro ai quali cerca rifugio, le impronte lasciate all’imbocco delle gallerie (piede n.41-42) e qualche rara apparizione. Identico ai fratelli di superficie a quanto pare è oggetto di caccia da parte dei bracconieri poiché produce una sostanza considerata miracolosa all’abbronzatura: costretto a nutrirsi delle bestialità sparate dagli ombrelloni, vomita regolarmente liquidi che calpesta in continuazione (dalle 10 del mattino alle 6 di sera) fino a farne una pappetta cementizia che i bagnanti garantiscono essere ottima al fine di quell’adorabile colore.  

AL MERCATO DEI FRUTTI PROIBITI di Francesco Gambaro




Chi ti ha detto che non è buona? Perché è l'ultima? No, ti sbagli. Chi ti ha detto che la gente sa scegliere. O, peggio, scartare. Guarda me. Guarda cosa sono diventato. Ehi, mi vedi? Sono qui, torna indietro. Uno scarto, un umiliato? Un frutto fallito per eccesso? Malcresciuto o maturato troppo in fretta? E la polpa, la vedi la polpa? Fuoriesce senza colpa dalle ferite. I miei lineamenti sono questi. Accettare o rfiutare. Niente vie di mezzo. Dove vai? Lo so che hai fame. Non troverai niente più avanti. Se torni rischi di non trovarmi. Altri potrebbero avermi preso.Non ci credi? La vedo quella puzza al naso. Io la vedo e non la sento come non la senti tu. Sei tentato? Sei un po' come me? Non girarti dall'altra parte. Lasciala passare quella. Lo vedi che non ti sente? Vuoi provare a prenderla? Me la voglio vedere tutta. Da qua, lo sai, si vede tutto. Proprio ci credi che mi hanno lasciato qua perché non importo loro? Perché non importo un ficho secco? Mi hai guardato bene. Annusato. La chiami puzza questa? Lo sai da quanti giorni qui? Lo sai? Quando i nuovi verranno mi schiacceranno? Aspetti di vedermi schiacciato? Di non vedermi più? Confessi? Ah, ora mi stai a sentire? E se io non volessi venire. Inutile mettere la retromarcia. Sono tutte prime in qualsiasi posizione la metti. Vuoi ammettere che hai perduto la coincidenza? Paquin, mi senti? Adesso dove scappi? Alla cassa? Ma se non hai preso niente. Esci e rientra. Fai di nuovo la fila. Non lo vedi in quanti sono che ora mi vogliono. Che, hai paura a saltarla? Non lo capisci che non ci sono? Che non c'è nessuna fila? Che stanno mettendoti alla prova? E me, non hanno messo alla prova anche me conciandomi così immondo. Dai non tentare di attaccare bottone con la cassiera. Vedi che non ti vede. Lo so che ce l'hai la coda dell'occhio. Ora mi arrampico più in alto. Tu invece ora mi vedi? Sì che mi vedi. Qualcuno ti ha detto di guardarti da me? Di passarmi alla larga? Così conciato che schifo, vero? Proprio per me eri venuto? Mi hai trovato così marcio? Che, esci? Scappi? Vuoi proprio che ti insegua come un un cane bastonato sotto la grandine. Ah questo ti aspetti da me?

venerdì 19 agosto 2016

A PROPOS DELL'EROS MORTUARIO DELLA RELIGIONE ISLAMICA di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/19/a-propos-delleros-mortuario-della-religione-islamica/

IN SPIAGGIA CON LE TRADIZIONI (ultime settimane) di Francesco Gambaro




Il turismo letterario non è una tabe, esiste è esistito esisterà. Non ha migliorato né peggiorato i lettori, li ha spiaggiati. Nel terzo millennio a.C. li aveva lasciati liberi di crescere sotto una quercia. L'Ottocento li bovarizzerà. In futuro, con la buona scuola, li governò.


giovedì 18 agosto 2016

MAI PIU’ POLLI NE’ EROI di Gaetano Altopiano









Ho preso un paio di scarpe a euro 29. Del tutto simili (anche di qualità) a un tipo di mocassino in pelle scamosciata molto alla moda che invece ne costa 350. Lo stesso vale per una camicia che ho pagato 19 e che scopro avere un corrispondente “nobilitato da un marchio” che costa 150. Per giunta più comoda. Dovessi indagare a fondo dovrei ammettere di essere stato un pollo in passato: com’è possibile che io abbia pagato oggetti del genere dieci volte di più di quanto in realtà non valessero? Ovviamente, sono stato vittima di un plagio. Meglio chiuderla qui. Atti compulsivi di questa natura, da un lato, ma vere e proprie rapine autorizzate, dall’altro, vennero stroncati già nel 215 a.C. dalla Lex Oppia, proposta dal tribuno della plebe Gaio Oppio e promulgata durante la II guerra punica, con scopo di limitare quanto più possibile lo sfarzo del vestiario e i prezzi divenuti troppo alti. Per i quali Giulio Cesare, in seguito, arrivò addirittura a stabilire anche un tetto massimo consentito. 

SFORNARE FIGLI, AL BLU ABBANDONARLI di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/18/sfornare-figli-al-blu-abbandonarli/

mercoledì 17 agosto 2016

martedì 16 agosto 2016

PENSO SIA ARRIVATO IL MOMENTO di Gaetano Altopiano



Penso sia arrivato il momento di smetterla. Impossibile trascorre le giornate nel tentativo di dare spiegazioni scientifiche a tutto. Ne ho le scatole piene. Solo un'ultima cosa (per oggi): hanno ragione i francesi a camminare scalzi ovunque, pensando così di abituarsi a batteri di ogni genere, o i giapponesi che non infetterebbero  mai il pavimento di casa propria neanche con la più piccola particella attaccata alla suola delle scarpe?


Inviato da iPhone

NOTE IN MARGINE A UN DISCORSO DI INSEDIAMENTO di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/16/note-in-margine-a-un-discorso-di-insediamento/

lunedì 15 agosto 2016

MINIMO ELENCO di Gaetano Altopiano



Minimo elenco di alcuni cattivi segni che ogni persona di buon senso farebbe bene a non prendere alla leggera: 1) Un gabbiano appollaiato su un palo dell'illuminazione pubblica nell'entroterra di Enna (statale 117bis, svincolo Valguarnera Caropepe). Sono più di 50 km dal mare più vicino. 2) Una muta di cani randagi - ne ho contati 18- sulla spiaggia libera di Sampieri proprio a ridosso di alcuni ombrelloni. A Scicli si è saputo di un fatto simile. Io, Non ne vedevo da quando ero ragazzo. 3) Tette di proporzioni microscopiche notate in gruppo di giovani adulte di razza bianca. Con o senza topless si vede chiaramente una riduzione del volume delle ghiandole mammarie: nessuna sembra destinata all'allattamento. La somiglianza con il torace maschile è impressionante.

STORIE DEL SIGNOR JFK (45) di Francesco Gambaro




Finalmente un sospetto. La lucertola la mozzatina la scodatina cristianamente soccorsa dopo involontario espianto domestico congiunto a vilsenso di colpa. La temerata costumata innocente compagna di giornate mattutine lugliose e agostine. L'allevata, l'allevatina allevata al fresco della stanza di scirocco, lo tradisce. JFK ha grullamente sorvolato sulle progressive eclissi incorso la rigenerazione della coda. Le lucertole, ha inferito, amano nascondersi e molto dormire, odiano la Norvegia e, in casa, prediligono finestre di luce aperte sul pavimento solo dalle 7 alle 11. In uno di questi riquadri a trapezio JFK ha alimentato, in regime di volontariato, la convalescente; riponendovi insetti di ragno spicchi di mele golden gocce di malvasia pantesca. La domenica torta di vespe. Il dubbio si è insinuato a coda risorta. Prima sottoforma di responsabile apprensione. Starà male, predata da topo pirata, da gatta giocherellona o, peggio, porcona? Nell'intermedio di allerta. Infine di dubbio. E il dubbio generò il sospetto e il sospetto la certezza che l'ingrata non per infingardaggine si fosse imboscata ma per dulterato amor scapata.

domenica 14 agosto 2016

14 AGOSTO. DA UNA LOCALITA' SEGRETA di Gaetano Altopiano

14 agosto. Da una località segreta. Tempo sereno. Vento 3 km/h.
Questo è il primo da smartphone, amore mio. L'ufficiale di giornata dice che abituandosi è esattamente come farlo dal pc, solo che la vista deve accompagnarti. Naturale. Vuol dire che potrò scriverti più spesso e senza scuse: non sei contenta? Il mio turno finisce tra pochi minuti, e' stata una notte piuttosto tranquilla e ho dovuto scannare solo 2 prigionieri. Solo 2. Non sei contenta? Lontani bagliori di bengala sul mare. Rancio ordinario. Il paese più vicino a 20 km. Soffro la solitudine e ti penso tanto ma presto avrò un caricabatterie e un auricolare d'ordinanza e potremo anche sentirci più spesso. Un bel traguardo direi. Non sei contenta?


Inviato da iPhone

(L'OCCHIAIA. 25.) di Elio Coniglio



   Se ne sta seduta di fronte a me a braccia conserte e mi guarda. L’azzurro nuvolo dei suoi occhi mi trova a luna di lume davanti alla mia Olivetti, intento a tentare, con l’ottusa caparbietà di chi non vuole rassegnarsi, il tasto della T – lettera che mi manca oramai da diverse settimane -, ma certo non indifferente ai provocanti profumi serotini che sprigiona la sua pelle. Si alza di scatto, afferra i cuscini, li scaraventa verso gli angoli della stanza  poi si lascia cadere a peso morto tra le nude molle del divanetto bluoltremare sprofondandovi  con  le natiche burrose, più e più volte, e mentre lo fa, rompe il suo ostinato silenzio farfugliando delle parole che, forse perché male imparentate tra loro, non capisco. Le sono accanto. Le sussurro qualcosa che la calma all’istante e nel frattempo le accarezzo con indolente intimità i fianchi. Visibilmente stanca, la polvere dorata che  ci aureola si posa ricoprendo  ogni cosa. Indisturbati, schivi lanicci brunastri si muovono furtivi sul pavimento…

POETITALY di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/14/poetitaly/

sabato 13 agosto 2016

STORIE DI TUTTTI I GIORNI di Francesco Gambaro




Un tale si decapitò un pollice e tornò a essere forchetta.

Amazon-libri svende. A caso da una sua stringa di giornata: Incubo di Wulf Dorn, Amore senza limite di Jay Crownover, Il problema è che ti amo di Jennifer L. Armentrout e J. Lynn, Il profumo delle foglie di limone di Clara Sanchez, La mossa della cernia di Valeria Corciolani.

Un tale si appresta a leggere un libro. Come redigere un testamento. Letto il titolo guarda l'orologio, si tasta il polso. Unge il medio di saliva.



E' vero, come ha detto qualcuno (il qualcuno cui si allude è Wallace Stevens. n.d.a.), che in un mondo senza paradiso tutto è addio.” Mark Stand, da “L'inizio di una sedia”, Donzelli

ALL'AMICO CHE ULTIMAMENTE DUBITA di Gaetano Altopiano









Io sono un abitudinario e mi muovo con non pochi problemi. Mi piacciono le giornate ordinate, scandite da occupazioni docili e consenzienti, gli orari precisi, i cibi cotti sempre allo stesso modo. La minima novità, persino se interessante, mi preoccupa più del dovuto ed è per me prima di tutto “essenzialmente” un ostacolo. Sono tanto abitudinario che ogni volta che smetto anche un giorno di scrivere, riprendere il filo è davvero dura: un’impresa. Devo ricominciare dalla grammatica. Nel senso darwinistico sarei un’eccezione all’evoluzionismo. O la sua prova? 

MEMORIE DI UN RACCOGLITORE DI SCARPE di Gaetano Altopiano








Se mai ci fu un luogo di cui si nutrì avidamente il mio eros, quello fu l’immondezzaio che fino agli anni ’70 stava sotto il campo sportivo del mio paese. E se veramente “zona erogena” vuol dire “zona che genera amore”, nel senso che ha proprietà di procurare piacere, bè, devo riconoscere che quello fu un luogo erogeno eccellente, di gran lunga superiore a qualunque parte del corpo immaginassi. L’atto dell’abbandono di ogni genere di scarto umano - le cose più segrete in fondo, ciò che si era mangiato, quello che si era letto, quello che qualcuno aveva indossato nell’intimità e persino quanto era figliato dal corpo - moltiplicato per centinaia di famiglie dava risultati impressionanti, proprio per la sua architettura proibita: lì brulicò una montagna che declinava incessantemente nella parola sesso. C’era di che incantarsi. E era così infatti. Fu una zona in cui lo stimolo alla masturbazione raggiunse i picchi alti della mia pre-adolescenza, adesso, credo per la sua natura profondamente scorretta che già presentivo seppure in modo primitivo. Niente mi induceva alla continenza, ancora meno alla castità e al pudore. Ogni cosa piuttosto mi spingeva al libertinaggio. Una morfologia che ora riconosco come anticipatrice del mio futuro erotismo, la geologia degli umori umani e l’iniziazione all’unico piacere che iniziava a contare: il mio. 

venerdì 12 agosto 2016

giovedì 11 agosto 2016

VINCINO SALVALI TU di Francesco Gambaro




Riforme riforme riforme. Così anche quelli del Foglio si sono 'mbriacati della paroletta magica e vuota che ha sempre 'mbriacato gli astemi radicali. Così anche il direttore-bambolotto del Foglio vuol mettere sull'attenti il centrodestra-nientemeno: “guardatevi intorno, amici del centrodestra, e forse capirete che c’è qualcosa che non va se oggi state lì sullo stesso fronte dei Zagrebelsky, dei Maltese, degli Ingroia, dei no Triv, dell’altra Grosseto con Tzipras e...” e che ? Ti balocchi con la sega in mano e poi ti blocchi, la matina ascoltando Prima Pagina, se vieni a sapere che, ogni matina ascoltando Prima Pagina, la lucida pure Rodotà? Ma se già al primo punto, minzogna minzogna minzogna, i nemici del centrosinistra-ciaobellaciao la cantano e se la cantano, la riformano e non la riformano la morte del bicameralismo. Vincino salvali tu gli ultimi arrivati del rondolinismo. Adesso arrossano le guance 'ndignati alla vista delle cosce della Boschi. Proprio come la puttana di Baudelaire si scandalizzava, e gli tirava il braccio da sotto il suo manicotto viola, alla vista delle statue ignude del Louvre.

AL TEATRO DI RIO di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/10/al-teatro-di-rio/

mercoledì 10 agosto 2016

I CORVI E IL CIELO di Gaetano Altopiano







Riferisco questo brano quasi involontariamente. E’ tratto dal “Libro del cielo e dell’inferno” di J. L. Borges e A. Bioy Casares, a cura di Tommaso Scarano, Adelphi, ma sono parole di Kafka. Ne riporto fedelmente anche il titolo. Una certa mia debolezza mi ha costretto a farlo senza che io ne abbia compreso bene la ragione. Non so perché l’abbia scelto tra i tanti contenuti in quel libro: non è più suggestivo di altri e non mi ha colpito in modo particolare. Almeno fino al momento della sua trascrizione, ossia, fino a adesso. “I corvi affermano che basterebbe un solo corvo a distruggere i cieli. Indubbiamente è così, ma questo non dimostra nulla contro i cieli, poiché i cieli significano appunto impossibilità di corvi.” (Franz Kafka, Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza e la vera via, 1917-19) 

K COME KUPERLO di Francesco Gambaro




Perché sputare sul mangio dove si mangia?
Perché tornare alla più popolare delle lettere alfabbeticcche?
Rinunziare all'araldika rikonkvistata?
Se sei un Kuperlo rimani un Kuperlo.
Altrimenti solo Cuperlo, con la maiuscola a forterischio.
Per farla breve, o ci sei o non ci sei.
Anzi brevissima: c. Apito?
Ultimaora. Ma se anche renzino, ho sbagliato?
O Uperlo ndove statti?
Nel vohabolario?

martedì 9 agosto 2016

FALSI MITI DELLA NOSTRA INFANZIA di Gaetano Altopiano




Tra gli alimenti che provocano congestione, l’articolo pessimamente digerito di una dottoressa di cui non farò il nome. Il tema è - guarda un po’ - la congestione. Termine con cui comunemente ci si riferisce al pericolo di collassare se si prendesse un bagno di mare subito dopo avere mangiato. Si intitola appunto: Tutta la verità sulla congestione, viaggio tra i falsi miti della nostra infanzia. L’Overture racconta i divieti che la signorina riceveva dalla mamma in merito al bagno del dopopranzo: mai prima di una certa ora. Una santa donna, mi pare. Ma lei ne parla come di una raccomandazione primitiva e insensata. Ci racconta, infatti, che crescendo riuscì a emanciparsi da certe credenze, fino a quando non studiò medicina e allora fece il grande salto. Grazie alla sua laurea, oggi, è in grado di spiegare con sapienza che il termine congestione non esiste e che semmai sarebbe corretto definirlo sindrome da idrocuzione. E che in effetti si potrebbe fare il bagno anche dopo mangiato senza che la digestione ne risenta particolarmente, ma che è saggio evitare di farlo se si è mangiato troppo: “se abbiamo consumato un panino leggero, e ci immergiamo con calma, però, possiamo andare tranquilli”.

DAL MIO METEO PERSONALE di Francesco Gambaro




Niente, la solita vita, allevo lucertole, e questo è tutto. Non mi lamento, non bevo, non mangio, non vedo nessuno. Meglio di così. Nuvole fiacche, molto sole di mezzogiorno, anche dopo mezzogiorno, arrostisce le povere placche plastiche. Niente, come se avessi fatto tutto. Proprio tutto? Me lo chiedo, passo il tempo. Il dottore non mi visita, deduco che non sto così male, soggetto a disposizione, irrilevante clinicamente. Se piovesse, un congiuntivo qui si declina al presente: non piove. Da te, invece? Ah. Niente, liscio e riliscio la carabina. Non si finisce mai di lisciare. Meglio che sparare. In tanti me lo chiedono, li vedo chinati a ingrandirmi. Faccio segno che non ci sento. Ma ci sento. Altroché. Vento di corrente tra sala da pranzo e porta della cucina. Basta chiuderla, fine di un abbozzo di maltempo. Niente, mi arrampico sulla camicia a righe per rintracciare le due bretelle, valgo poco come trapezista. Insistere? Insisto. Sto che è una meraviglia, seduto come Andrea Olivieri da Monreale sulla punta del dispersore-parafulmine. Magliato e bimetallico per il mio culo di casa. Fulmini per distogliermi dal mio meteo personale, né frescanti né coloranti. Niente, me la rido. Lo debbo proprio dire; sto senza fare niente. Forse sono, mi dico, ma non continuo la frase. Mi trovo abbastanza antipatico, questo spiega molte cose. Cosa? Per esempio, e qui interrompo. Un po' mi ha rotto aspettare, l'estate ancora o l'inverno ancora, le mezze stagioni o le stagioni di mezzo. Che tempo c'è? E chi l'ha detto che. Niente c'è, meglio non dirlo non c'è meglio di niente.

domenica 7 agosto 2016

CONFIDENZE ECCESSIVE di Gaetano Altopiano







Se penso che, quando il tempo cambia in peggio (va all’umido) comincia a farmi male l’osso sacro ma quando cambia in meglio (va al secco) mi tormenta il femore destro, mi convinco di essere vittima di una congiura. Non ho requie, visto che ormai il tempo cambia in continuazione. C’è proprio da spararsi. Da giovane però il mio scheletro non era così assillante, così come non mi assillavano cattiva digestione o infiammazioni frequenti. Si andava d’amore e d’accordo e mai una volta che ci sia stato uno scazzo. Ma adesso è una congiura. Probabile che accada come con tutti i sottoposti, i guai vengono quando col tempo cominciano a familiarizzare troppo. 

STORIE DEL SIGNOR JFK (44) di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/07/storie-del-signor-jfk-44/

sabato 6 agosto 2016

UN PERSONALE GODIMENTO di Gaetano Altopiano









Quando leggo - mi riferisco ai giornali - lo faccio con entusiasmo e credulità. Sempre. Perché dovrei agire diversamente? Della stessa notizia mi vanno bene anche due, tre, persino quattro versioni differenti. Perché dovrebbe essere altrimenti? E’ un problema di investimento, ma, dal momento che ne compro uno (o più) ritengo di avere diritto al godimento di ogni suo articolo a prescindere dalla bontà dell’informazione e in un modo assolutamente personale: il mio. A chi ci accusò di essere contraddittori noi rispondemmo di avere una moltitudine dentro: ci è impossibile non cambiare idea. E io sono un convinto anti-Borges in questo, il quale in circostanze diverse di fronte a due diverse interpretazioni (due traduzioni dello stesso brano) divenne preda di un misterioso scetticismo e allora, come Paolo e Francesca, smise di leggere (Testi prigionieri, Adelphi, 1998). 

ALTRI INCIPIT (Gerard de Nerval) di Francesco Gambaro



“Il sogno è una seconda vita. Non ho potuto varcare senza un fremito le porte d'avorio e di corno che ci separano dal mondo invisibile. I primi istanti del sogno sono l'immagine della morte; un nebuloso torpore si impossessa del nostro pensiero, e non possiamo determinare l'istante preciso in cui l'io, sotto altra forma, continua l'opera dell'esistenza. E' un sotterraneo vago che si rischiara a poco a poco, e dove dall'ombra e dalla notte si sprigionano le pallide figure gravemente immobili che popolano la dimora dei limbi. Poi il quadro prende forma, una nuova chiarità illumina quelle bizzarre apparizioni: - il mondo degli Spiriti si apre per noi.”

Gerard de Nerval, “Aurelia”, cura e traduzione di Giancarlo Pontiggia, Moretti&Vitali editori, 2016

venerdì 5 agosto 2016

STAMATTINA MI SONO SVEGLIATO FILO FILO ISLAMICO di Francesco Gambaro




Stamattina mi sono svegliato che ci dovevo credere almeno in qualcosa. Brutto sporco ateo, ho sputato liperlì. Mi sono alzato per verificare se anche mia moglie. Mi sono alzato per verificare se avesse compostamente dormito con il velo. Mi sono alzato con l'intenzione di suonargliele anche se dormiva con il velo. Mia moglie non c'era. Mi sono ricordato che se ne è andata da casa circa il mese scorso. Con sette sei nostri dei figli. Pardon, con sette dei nostri sei figli. Credevo ne avessimo uno in meno le avevo rimproverato. Circa, aveva risposto lei, sfrontata e senza velo. Bon. Ora mi lavo e glielo faccio vedere io a quella lì. Glielo faccio vedere chi sono io. E se non a lei a chi per lei. Bon. Allo specchio del bagno mi sono fatto quattro risate. La barba arriva quasi alle sette. Pardon, alle tette. Ti dirò, con questa barba. Ti dirò, con questa faccia. Ti dirò, con questi occhietti decisi. Ti dirò quello che sono e soprattutto non scambiarmi per altri, mi sono gridato. La barba lunga è una inequivocabile segnalazione razziale. Pardon, stradale. Mezza barba è fatta, insomma. Inculo i rasoi usa e getta, spreco a scomparsa dell'occidente. Non ho più sedici anni ma cciò la barba. E ancora la salute mi accompagna. E ancora un fisico invidiabile. E finalmente una voce mi guida, brutti sporchi atei. Allar akbah! Pardon, Allah Akbar! Subito dal barbiere!

CANING & CO. di Gaetano Altopiano






Il capo esecuzioni, Darshan Singh, disse che aveva giustiziato più di 850 persone durante il suo servizio a partire dal 1959. Circa 18 persone al giorno. Attualmente la pena di morte viene eseguita per impiccagione all’alba del venerdì.
Playboy viene considerato un sito pornografico. E’ bloccato.
Il caning è una punizione corporale prevista dal codice penale per una lunga serie di reati. E’ una fustigazione sul deretano con un bastone flessibile da 1,2 mt. e diametro 13 mm.
Il tentato suicidio è punito con la prigione e con una multa. Niente pena di morte, per fortuna.

(Repubblica di Singapore, prefisso telefonico +65, 5.400.000 abitanti)

giovedì 4 agosto 2016

KARAOKE di Gaetano Altopiano






Il primo karaoke fu inventato attorno al ‘70 dal musicista Daisuke Inoue in Giappone, e non negli Stati Uniti, come le malelingue hanno insinuato. D'altronde l’origine del termine non lascia dubbi: è l’unione di due parole giapponesi. Tant’è che, nonostante il record mondiale di durata sia del signor Polverelli Leonardo che nel 2011 ha cantato ininterrottamente per quasi 102 ore la bellezza di 1295 canzoni, e l’eccezione tedesca, russa e olandese, dove il suddetto k. risulta molto apprezzato, è proprio in Asia che la gente ci impazzisce letteralmente: dalla Georgia a Hong Kong non esiste locale che non ne sia attrezzato. E non c’è comitiva a Tokyo o nel Turkmenistan che non concluda la serata stonando a squarciagola. Ancorché tra la popolazione più giovane (fonti ufficiali). Ora. Se da un lato il fenomeno dimostrerebbe solo il gusto medio di una popolazione, considerando il karaoke nient’altro che un orribile passatempo, è invece sintomatico nel dato demografico che ci rivela l’indirizzo culturale in termini numerici piuttosto inquietanti. Milioni di persone che cantano. Oltre che nel suo dato antropologico come terreno di coltura della “realtà aumentata”; posto che il k. riesce perfettamente a condizione che l’esecutore abbia una buona vocalità ma anche che si “immedesimi” nel brano che sta cantando, ossia, che, seppure in modo primitivo, riesca ad accedere a una dimensione superiore alla propria. Aumentata appunto.


STORIE DEL SIGNOR JFK (43) di Francesco Gambaro






Per sua natura JFK non ama i pusillanimi che, aperta la confezione di yougurt, leccano col cucchiaetto la minima parte più densa rimasta incollata allo strappo argentino della confezione. Debole come la maggioranza degli animal sapiens, lo trasferisce sul tavolo della cucina, lo fissa senza aprirlo aspettando la data di scadenza. Con sazio sospiro, lo caccia nel secchiospazzatura.

mercoledì 3 agosto 2016

LEZARD D'HIVER di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2016/08/03/lezard-dhiver/

SPY di Gaetano Altopiano









L’importanza di un satellite artificiale non si discute. Individua. Scatta. Invia i dati alle basi di lancio. E un drone è in grado di centrare il bersaglio con precisione millimetrica, e a rischio zero. Macchine militari che infine scongiurerebbero l’impiego di forza umana, a questo tende la scienza bellica. Tuttavia da Sun Tzu niente è cambiato, senza spie non c’è guerra che possa essere vinta. La raccolta di informazioni presso il nemico (sul campo) determina più di qualunque foto satellitare. Le notizie viaggiano rasoterra e la spia è capace di ricavarne anche da un buco di culo impossibile ai GPS. Probabile, per questo, la possibilità del suo sacrificio: la spia si configura come perdita inevitabile. Sun Tzu ne classifica 5 tipi sotto la specie della “divina manipolazione delle trame”. Tutti hanno un “uso” preciso e incontrovertibile. Gli ultimi 2: spie votate alla morte; spie destinate a vivere.

martedì 2 agosto 2016

NAPULE di Francesco Gambaro




L'alba del giorno dopo la conclusione di Sanremo, c'erano gli LP con tutte le canzoni finaliste cantate da imitatori sotto mentite spoglie.
C'erano i contrabbandieri di Marlboro che, sottobanco, passavano roba buona.
C'erano le bottiglie di urina targate wiski di puro malto, al molo-imbarco del postale per Palermo.
C'erano le magliette bianche con stampata la cintura di sicurezza obbligatoria.
E prima c'era stato Totò che svendeva a Decio Cavallo la Fontana di Trevi, praticamente un bisinissi.
C'erano i giacconi di renna fabbricati nel retrobottega o' pisciavinnolo a Spaccanapoli
C'erano le cartoline cinerama con il pino fantasma del Vesuvio
C'era e c'è ancora il festival della canzone napoletana che scoreggia quello della canzone padana.

C'era il Napoli e c'erano i napulitani. Bella gente, che Bergamo 'l'avimmo faciuta nuje'.

lunedì 1 agosto 2016

L’ESTRANEA 2 (la mossa falsa) di Gaetano Altopiano






La sola variante possibile a una mossa vera è una mossa falsa. La finta non mi interessa. Non importa se in modo accidentale o intenzionale, se dovuta, cioè, a agenti esterni come le interferenze o interni come la perdita dell’attenzione, qui cerco di appurare l’unico elemento che genera quella variante: l’errore. La cui esattezza in verità è implacabile. Tanto da far pensare non essere esatto definirlo errore: esiste veramente allora una mossa che sia falsa in senso assoluto? La mossa falsa nasce esclusivamente da una vera che però ha smesso di essere vera nell’attimo in cui ha fallito lo scopo per cui era stata concepita. Ovverossia, nell’attimo in cui si è trasformata in altro. Meglio: nell’attimo in cui io la concepisco come altro dalla mossa vera. Se ho messo un piede in fallo, a esempio, e inciampo, magari per un’interferenza esterna dovuta alla cattiva manutenzione di un marciapiede, o interna, solo perché ero distratto, lo vedo dopo averlo fatto e mai prima di allora, lo vedo dal momento in cui, inciampando, io posso definire con certezza la mia mossa come falsa. Ma solo rispetto a un percorso che io ritenevo vero in quanto “prestabilito” (ho scelto di andare a casa camminando), vero in quanto “conosciuto” (attraverserò n strade e n marciapiedi), vero in quanto “sicuro” (i marciapiedi sono percorribili e io non ho ragione di essere distratto).


INTRAMOENIA di Francesco Gambaro





“Io leggo per fraintendere. Infatti, se intendessi non mi verrebbe in mente nient'altro che quello che c'è scritto.” Nanni Cagnone 'What's Hecuba To Him Or He To Hecuba?' Out of London press, 1975