Mistico
risveglio stamattina in campagna. Non potevo non suicidarmi. Distesa
per lungo dalla pioggia lagostina, la beata campagna ha emesso i suoi
ultimi sfiati. Dai profumi delle foibe e dall'aereo controbalzo delle
braci, si è levato un paganpakato invito al sacrifizio: primum al
dio di Lucrezio, liberato dalla confusione amministrativa
di troppi e troppoestesi poteri; al me stesso fuggitivo per ischerzo
e stamani per serio. Quale signor Tarantino, quale pane caldo e
fascella di ricotta, quale dare acqua a lattughe serbatoio chefon
(gargarozzo), tutti, cioè tutto avrebbe aspettato, cioé non avrebbe
più avuto reason di aspettare. Lungo il cammino verso il ceppo,
ingoiato un fico rosso, imperlato di pappareale in gocce penappena
saline. Direttamente il frutto a km zero dall'albero alla bocca, qui
dicono, per non farsi stare le mani, già giunte in preghiera di
ringraziamento come da revenant buddha. Incrociate le gambe sul
riquadro nerox della scacchiera del mio destino, recitammo (io e i
miei compagni di viaggio: Poeti al caffé, di Hermann Kesten, prima
edizione illustrata Bompiani 1962 con ditone index incastonato a
pagina 401, verificare, ciottolo schizzato del menstruo della
lucertola Iside, ultima degli innecessari dominusdomus, la mia fedele
Barbie, foglietto del conto delle bollette in scadenza con i
compilati contocorrente e relativa somma in centesimi). Recitammo
dicevo: fummo nati per sbaglio sed iniuram riparammo. Infine,
reintegrato con onore Leone Piccione nell'ultimo articolo modificato
del diario perpetuo di Landolfi al Corriere della Sera. Questa volta
in via Solferino (a condizione di non fare mai più nomi sui
giornali) non lo rifiuteranno. Non potranno, infatti, presto in
pluviae formam calerà la neve e affonderà la
nave.
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