domenica 29 giugno 2014

"Io recito 2" di Gaetano Altopiano

Medioevo. Secondo l’ingegnere M., uomo di discreta cultura e di buona capacità di sintesi, siamo in pieno oscurantismo. Faccio notare, intanto, che quello che lui chiama in modo tanto drammatico in realtà è solo un periodo, e non regge il confronto in termini di tempo. Inoltre è un fenomeno circoscritto alla sola nazione italiana, troppo poco quindi per poterlo definire tale. Tutto questo, però, dovesse concludersi nel giro di qualche decennio e a patto che resti limitato al nostro territorio. Altrimenti. Più tardi stento a credere di avere tenuto una simile conversazione: confesso a me stesso l’inutilità di quelle parole, l’inconsistenza del soggetto e la finzione con la quale recitavo una parte appassionata.


"Perché 80 euri non bastano a rialzare il mercato delle mutande" di Francesco Gambaro

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sabato 28 giugno 2014

"Io recito" di Gaetano Altopiano


Uno delle facce più belle che il genere umano ha concesso di sé. Marcello Mastroianni fotografato sul set di “Divorzio all’italiana”. Bianco e nero che mette i brividi. Sembra che a proposito del suo mestiere, e in particolare del cinema d’oltreoceano, abbia detto: “Non capisco perché questi americani devono soffrire così tanto da identificarsi con i loro personaggi. Io recito. E’ molto divertente. Non c’è sofferenza.” 

"Palermo ultima spiaggia" di Francesco Gambaro

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venerdì 27 giugno 2014

"Rombare" di Gaetano Altopiano


Oggi impedimenti a iosa. Giornata no. Io proprio non riesco a capire: basta spegnere l’auto anche solo una volta e, zacchete, il motore non vuole sentirne più di partire. Bò. Devi metterti lì, carezzarlo, parlargli come fosse una persona e con tutto il tatto possibile fargli capire che il suo lavoro è “rombare” puttanatroia, produrre uno scoppio che aziona energia che trasmessa in un certo modo si trasforma in forza motrice. Questo chiediamo. Ma lui? Niente. Sordo e impassibile, fissa il vuoto e rimane zitto. Ha la benzina, l’olio, l’acqua, la più piccola attenzione, ma oggi non vuole lavorare e questo è tutto. Un idiota.  

"Essere gemelli" di Francesco Gambaro

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giovedì 26 giugno 2014

"My little Mondiale" di Gaetano Altopiano


La bella signora (davvero bella) ieri indicava la strada. Il deposito di materiale agricolo era alla fine di un lunghissimo viale alberato. IL cielo era pesante (davvero pesante) e l’odore di pelle dell’auto insopportabile. Cinque sigarette e poi basta, mi sono detto, e ho guardato quel sacco pieno di zappette di trattore pensando che era inevitabile usare tutti quegli aggettivi. Ho avuto di colpo la necessità di definire la circostanza. La consistenza delle lame che sbriciolano l’erba. Il mio compagno di viaggio. L’importanza della mia presenza e il risultato che portavo a casa: pareggio (con qualificazione). 

"Scirocco" di Francesco Gambaro

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martedì 24 giugno 2014

"Satisfaction" di Emanule Diliberto


"Prendeva la 41 ma a 50" di Gaetano Altopiano


Prendeva la 41 di scarpe, ma a un certo punto fu costretto a cambiare registro. Sui 50 notò un cambiamento: la lunghezza era sempre la stessa (o quasi) ma il piede si dilatò in larghezza rendendogli la vita impossibile. Gli costò un patrimonio. Non una scarpa andava più bene. “Perfettamente normale che invecchiando il piede si espanda verso i lati”, disse il podologo, “non è proteso come un tempo in direzione dell’orizzonte, oggi cerca definitiva sistemazione”. Non era una battuta. E infatti nessuno si sognò di ridere.  

"Cose che so" di Francesco Gambaro

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lunedì 23 giugno 2014

"Etimologie" di Gaetano Altopiano


Seguendo le tracce della motoape verde oliva senza targa senza sponde con tanto di cartello indicativoesplicativo SIFANNOSBARAZZI segnalata da francescogambaro.wordpress.com nel suo BuonaGiornata, scopro che il verbo “sbarazzare” ha nobilissime radici tanto che, personalmente, credo il presente possa elevarsi a ranghi superiori piuttosto del troppo semplice banale pragmatico asettico “trasportare”. Leggo sulla Treccani che il termine “sbarazzino”, da cui il verbo autoctono sembra derivare, significa: comportarsi con poco senso del dovere e con poco rispetto delle convenienze sociali (inteso però più con tono di affetto che di riprovazione). In altre parole, comportarsi con leggerezza. Da leggerezza, però, deriva anche il verbo “alleggerire”, render leggero, alleviare, sollevare da un peso o liberare da una fatica. Il verbo “sbarazzare”, suo sinonimo, indica esattamente questa azione ma con in più il vantaggio di averla resa in modo colto e completo (direi indefinibile in modo diverso): ripulitura di cantina, di dispensa, di magazzino, con aggiunta di comodo trasporto a discarica senza il minimo fastidio per i padroni di casa. 

"Buffon" di Emanuele Diliberto


"Sbarazzi" di Francesco Gambaro

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domenica 22 giugno 2014

"Uno che invecchia" di Gaetano Altopiano


Letture che portano da nessuna parte. Girare all’angolo, prendere la seconda a destra, stoppare al bar e, nonostante sei solo: due caffè prego. Oppure: guardare una foto e non comprenderne più il soggetto, non ricordarne la storia. Riconoscere la cornice, la forma, lo sfondo, capire che stai osservando un’immagine certo ma le persone fotografate, diavolo, chi sono? Due bambini a petto nudo che si stringono la mano d’accordo, stagione estiva, perfetto, qualcosa di familiare nel viso dei due e nel posto, e il taglio dei capelli, il sorriso, le orecchie. Ora ricordo. I miei figli a dieci e sei anni. Ma io, dov’ero? 

"Qualche nanosecondo prima della Vergine Maria" di Francesco Gambaro

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venerdì 20 giugno 2014

"Chimere" di Gaetano Altopiano


Esseri umani che hanno più di un DNA: biologicamente, un animale che ha due o più popolazioni di cellule differenti geneticamente distinte. Chimerismo tetragametico. Nasce da quattro Gameti: due cellule uovo e due spermatozoi. La chimera risultante può sviluppare organi che hanno differenti set cromosomici (il fegato con un set e lo stomaco con un altro, ad esempio) e, seppure in passato fosse considerata abbastanza rara, col tempo invece risulta essere molto diffusa. Sono molte le chimere che non sanno di esserlo, e solo un test approfondito può svelarne la natura. Ma il test del DNA, a quanto sembra, lascia un certo margine d’errore. Gli avvocati lo sanno benissimo. 

"Dieci notizie buone e una cattiva" di Gaetano Altopiano

Zanzare. Voglio scoprire perché stando sul divano insieme a mia moglie sono soltanto io vittima dei loro attacchi, mentre la mia signora ne resta immune. Scopro che sono almeno dieci i motivi. Il più credibile è quello secondo il quale la zanzara (fiuto record – percepisce a distanza di m.164 gli odori) è attratta dall’anidride carbonica. Più anidride carbonica emessa più punture. Non fa una grinza. Io sarò più anidridizzante, evidentemente. La meno credibile è quella che attribuisce la propensione genetica alla facilità di essere morsi. Si nascerebbe con geni che attirerebbero le malefiche. Lo dice Jerry Butler, entomologo dell’Università della Florida. La cattiva notizia è che spesso le soffiate meno attendibili sono le più probabili: non ho scampo. 

"Padri e figli" di Francesco Gambaro

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mercoledì 18 giugno 2014

"Facce 3 (Cioran)" di Gaetano Altopiano


La mia apprensione verso le facce umane non è esclusiva. Sentite Cioran: “Settuagenaria, Lady Montagu confessava che da undici aveva smesso di guardarsi allo specchio. Eccentricità? Forse, ma solo per quelli che ignorano il calvario del quotidiano incontro con la propria faccia.” Mi sento meglio.  

"La più bella di Goffredo Parise" di Francesco Gambaro

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"The wall" di Gaetano Altopiano

Col tempo, inevitabilmente, ognuno capisce di avere pochissime chance. Zero colpi da sparare, ecco. Quella che in gioventù sembrava una pianura sterminata, la cui fine era preclusa alla vista per quanto appariva lontana, oggi è una strada urbana, un vicolo addirittura, un culo di sacco che porta solo a un percorso obbligato. Un muro. L’attività, col tempo, è diventata il suo contrario più angosciante: passività. Nessuno è immune. “Stabilmente assestata”, oggi, è un ex nonsense promosso a termine più adatto a definire ogni spinta vitale. Lo sanno tutti, eppure. Ancora tra gli uomini c’è chi porta scarpe che slanciano un poco e tra le donne è abbastanza diffusa l’usanza di rifarsi le tette. Corrono tutti in massa alle urne, si abbronzano nella speranza di assumere un’aria orientale e i temerari piantano le famiglie a cinquantanni e si risposano. Si parla d’amore, si gioca al lotto, e nei caffè ci si rende ridicoli abbordando quella che ha l’aria più problematica. Errore gravissimo. La testa sbatte contro il muro, sbatte, sbatte, ma non fa breccia. E come potrebbe? 

martedì 17 giugno 2014

"La tana del fenotipo" di Gaetano Altopiano


Già nel 1944 Gottfried Benn usò con orrore il termine “globalizzazione” per definire un aspetto che si imponeva sempre di più nella società che cambiava. Sul Romanzo del Fenotipo se ne trova conferma. La Natura non ispirava più stati d’animo, scrisse inoltre, ma igiene, lo sci, le radiazioni solari come colorante epidermico. Ciononostante il fenotipo ha paura di uscire di casa: “I guai dell’uomo hanno origine solo nel suo rifiuto di starsene chiuso nella propria camera”, “arrivano a un punto cruciale persino nel suo dover passare dall’uscio al giardino”. Di varcare il muro di cinta, dunque, non se ne parla. Ma il terrore del fenotipo è di origine vegetativa, non sembra essere frutto di speculazione, gli piaccia o no questo conserva il sé i genotipi del primigenio: gli esseri primordiali scavavano le loro tane sottoterra.    

"Esprit d'escalier" di Francesco Gambaro

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lunedì 16 giugno 2014

"Stalloni" di Gaetano Altopiano


Che non bisogna montarsi la testa, sentirsi destinati a chissà quale nobile scopo, lo prova il fatto che l’organo più protetto e meglio posizionato nell’uomo non è il cervello ma l’apparato riproduttivo. Al centro esatto del corpo e in posizione strategica, sia per l’uso che per la difesa. La testa, non è altrettanto ben protetta. Anzi. Quello che preme di più alla Natura dunque, che impiega milioni di anni e ogni singolo gene per ottenere simili risultati, non è una schiatta di scienziati ma una di stalloni che garantiscano ottimi risultati numerici. 

"L'arco" di Gaetano Altopiano

Stabilito che il tempo si muove solo in avanti e che tale movimento viene giustamente definito “Freccia del tempo”, non si è spiegato praticamente granchè. Resta da indagare un fatto determinante: l’origine propulsiva che ha fatto scoccare la freccia, ovvero, per restare in metafora, “l’Arco”. E ancora, la forza propulsiva che ha teso quest’arco affinchè ne scoccasse una freccia. E ancora, la ragione per la quale la forza che ha teso quest’arco avrebbe compiuto il gesto.


"Scappellotto" di Francesco Gambaro

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domenica 15 giugno 2014

"La tana del fenotipo" di Gaetano Altopiano


Già nel 1944 Gottfried Benn usò con orrore il termine “globalizzazione” per definire un aspetto che si imponeva sempre di più nella società che cambiava. Sul Romanzo del Fenotipo se ne trova conferma. La Natura non ispirava più stati d’animo, scrisse inoltre, ma igiene, lo sci, le radiazioni solari come colorante epidermico. Ciononostante il fenotipo ha paura di uscire di casa: “I guai dell’uomo hanno origine solo nel suo rifiuto di starsene chiuso nella propria camera”, “arrivano a un punto cruciale persino nel suo dover passare dall’uscio al giardino”. Di varcare il muro di cinta, dunque, non se ne parla. Ma il terrore del fenotipo è di origine vegetativa, non sembra essere frutto di speculazione, gli piaccia o no questo conserva il sé i genotipi del primigenio: gli esseri primordiali scavavano le loro tane sottoterra.    

"Riceviamo e pubblichiamo 7" di Francesco Gambaro

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giovedì 12 giugno 2014

"Possibili facce 2 (alla Hopper)"


Parlare della SalernoReggio in 10 minuti mica facile. Dirvi a che punto stiano gli avanzamenti dei lavori mica facile. Quando sarà lungadrittabellavelocefinita mica facile. Non la facevo da diversi anni e dunque. Ieri mi sparo a Catanzaro per lavoro. Ecco la sintesi: potrebbero farne 100 di SalernoReggio e in 10 minuti ognuna, fare della Calabria una specie di Florida italiana, ricevere milioni di automobili, fare 20 ponti alla Calatrava non uno soltanto, ma quelle facce (le incontri appena uscito dagli svincoli per imboccare la 18 o la 280) non puoi cambiarle nemmeno a cannonate. Facce che non pensavi possibili e che invece si materializzano dietro i banconi dei bar, nelle aree di sosta, affacciate a balconi di case perennemente in divenire. Stampate in una campagna desolante (una buttana solitaria che grida al telefonino). 

"Mangiapicchiare fa gola" di Francesco Gambaro

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martedì 10 giugno 2014

"Mosé" di Emanuele Diliberto





"La freccia" di Gaetano Altopiano


Gli stessi fisici teorici che chiamano lo scorrere del tempo “la freccia”, definendone senza dubbio la direzione, ossia solo in avanti, si stupiscono del fatto che ogni azione che si svolge nel tempo dovrebbe avere la stessa direzione, ossia ancora solo in avanti, nessuna esclusa, mentre invece questo non accade. Si hanno fenomeni irreversibili come la caduta di un iceberg da un ghiacciaio (mai si è visto un iceberg che ritorna al ghiacciaio) e fenomeni reversibili come, ad esempio, tornare a casa se ci si è dimenticati il portafogli. 

"Possibili facce" di Gaetano Altopiano


Secondo mia cognata io avrei una strana mania, una specie di fissazione, a sentire lei. Quella di sottolineare puntualmente, ogni volta che si presenta l’occasione, un dato che non ha bisogno di essere puntualizzato tanto le sembra ovvio: l’enormità della popolazione umana. Una precisazione inutile. Soltanto un numero. Della cui natura aritmetica io, infatti, non mi stupirei affatto se si trattasse veramente solo di questo. Ma dietro a quello che lei definisce solo una cifra che cosa c’è in effetti? Un fatto sconcertante, ecco che c’è. Un elenco praticamente infinito di “possibilità”. Ma di “possibilità” che ci somigliano, questo è il dato terrificante. Non solo, ma che a loro volta sono il frutto di miliardi di altre possibilità irrealizzate che mai si potranno realizzare. Una, pressappoco, ogni duecentocinquantamilioni. Pensate solo a quante facce diverse potrebbero esistere e decidete se dare ragione a lei o a me che invece me la faccio sotto ogni volta che incrocio la folla.  

"La7 una televisione tossica" di Francesco Gambaro

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lunedì 9 giugno 2014

"Amore vero - 25° ora" di Gaetano Altopiano


Credi a me mon frère. Ci sono uomini e uomini. Non siamo tutti uguali, e lo sappiamo tutti, ma il punto è: io voglio rimanere questo. Ma voglio che anche tu rimanga tel quel, amico mio. Te lo assicuro. E’ questo il motivo per cui ti ho sposato. E in culo alle unità di vedute e ai tentativi di conciliazione. In culo alla globalizzazione e ai tavoli di concertazione. In culo all’inglese lingua universale, agli scioperi generali, ai moderatori, a tutti i social network e a frasi tipo “siamo tutti d’accordo?”. In culo a tutti quelli che la pensano allo stesso modo e in culo pure a Monty Brogan al cui monologo mi sono facchinamente ispirato per farti sapere quanto ti amo. 

"Perché non occupiamo la Svizzera" di Francesco Gambaro

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venerdì 6 giugno 2014

"Finzioni 2" di Gaetano Altopiano


Mi fa impazzire il fatto che meno lavoro ho più mi si moltiplicano gli impegni. Come può essere? Scoppia il cervello a pensarci, e chiedo un aiutino. Trovato. E’ solo che anche non lavorando devo comunque occuparla questo cazzo di testa e allora invento un succedaneo terapeutico: il finto impegno. Non è malaccio come cosa. Potrei passare ad altro? Ecco così le finte spese, il finto profitto, la finta trasferta di lavoro e la vacanza finta. Scopare con una minchia finta? Non se ne parla proprio. 

"Il muro di Brancaccio e la bambina palla" di Francesco Gambaro

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giovedì 5 giugno 2014

"La disperazione degli altri" di Gaetano Altopiano


Potrebbe tornare utile misurare l’intensità della propria disperazione. Dovremmo imparare a farlo. Sarebbe come conoscere la temperatura, o pesarsi a una bilancia di farmacia: peso troppo, troppo poco, sono ok, mi regolo di conseguenza. Avere un parametro personale della capacità di resistere non è soltanto importante ma, sono convinto, è anche assai divertente. Si trasforma un disastro in statistica, ed è un bel modo di salvarsi cacchio. Quello che in nessun modo, mai e poi mai, si può trasformare in qualcosa di diverso è la disperazione degli altri. Creditori, dipendenti, fornitori. Non riescono proprio a essere niente di diverso di quello che sono: creditori, dipendenti, fornitori. 

"Et tout le reste est littérature" di Francesco Gambaro

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mercoledì 4 giugno 2014

"Montagne del deserto" di Gaetano Altopiano


La costruzione di una pagina scritta è un lavoro di estrema semplicità. Tanto semplice, però, quanto faticoso. Il metodo da usare è identico a quello usato in Egitto per la costruzione delle piramidi. Si crea un primo strato di pietre (la base) a cui si sovrappongono gli strati successivi, in larghezza decrescente, fino a raggiungere l’apice nella misura desiderata. Per esigenze tecniche ogni livello realizzato, procedendo in altezza, sarà coperto completamente di sabbia in modo da riportare quello immediatamente superiore a quota zero e dunque facile da raggiungere. E così fino alla fine, quando si vedrà solo una montagna di sabbia al cui interno però si nasconde la piramide. Il Lavoraccio viene allora, quando occorre ripulire tutto e scoperchiarla. Difatti, si racconta, poche sono le piramidi, molte invece le montagne del deserto.  

"Muojo" di Francesco Gambaro

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martedì 3 giugno 2014

"Posta elettronica certificata" di Gaetano Altopiano


Pesca del tonno rosso a ramengo. Sicilia senza surra, senza ventresca, senza uova, senza tagliata rucola e pinoli. Per maggiori informazioni contattare Maria Damanaki commissaria europea per gli affari marittimi e la pesca. Lo strumento di controllo per la conservazione dei tonnidi nell’Atlantico si chiama ICCAT e i pescherecci che incrociano nel Mediterraneo alla loro caccia 8000 tonnellate. Quest’anno entra a far parte della flotta UE anche la Croazia. Bene. Ora che sappiamo quasi tutto sul tonno e sugli organi che ne regolano la pesca andiamo alla “Lampara” dove fanno una tagliata al sesamo spettacolare. Tutto in regola eh, tonno che arriva dalla Spagna, dalla Francia, dal Portogallo, da Cipro, dalla Grecia, da Malta, e ora, ovviamente, anche dalla Croazia. Niente italiano, no, niente tonno italiano. Qui pesca tonno vietato. Non avevamo dubbi. Qui sempre a cazzo di cane le cose. Altro esempio? In Inghilterra le email sono praticamente in disarmo, nessuno le usa più, si preferisce comunicare coi social network (twitter soprattutto) e tutto si è già uniformato, istituzioni comprese. In Italia per un certificato ancora mi chiedono le lettere per PEC (postaelettronicacertificata).

"Li avevamo tanto amati" di Francesco Gambaro

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lunedì 2 giugno 2014

"Evviva il re" di Francesco Gambaro

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"Generali giapponesi" di Gaetano Altopiano


Semplificarsi la vita, a rigore, dovrebbe essere esattamente il contrario di complicarsela. Ed è così in effetti. La via che porta all’essenziale, però, è spesso lunga e tortuosa, e guarda caso passa proprio tra le peggiori complicazioni. Tanto che a volte si finisce col rinunciare, è troppo difficile. Lao Tse, infatti, scriveva “la via del saggio consiste nell’essere generoso e nel non competere” che in altre parole vuol dire: liberatevi di tutto e otterrete il risultato sperato. Vi pare proponibile? E’ pari pari le moderne diete dimagranti, inaccettabili. La più ignobile proporzione tra risultato e sacrificio imposto. Ma in tanti si avventurano lo stesso. Non io ovviamente, che a tal proposito ricordo quello che i generali giapponesi usavano dire ai soldati prima di mandarli al massacro: “la fatica di un soldato è pesante come una montagna, ma la morte di un soldato è leggera come una piuma”. Suca. 

"Tempi a rotoli" di Francesco Gambaro

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domenica 1 giugno 2014

"Tracce" di Gaetano Altopiano


Natura, ragione, persistenza anche, degli odori, ho scoperto essere fenomeni poco studiati. Probabilmente perché per l’uomo l’Olfatto è ormai un senso secondario (qualcuno addirittura pensa che un giorno ne saremo privi) e in quanto tale inutile da esaminare. L’indagine olfattiva oggi è perciò diventata superflua. Non serve, per esempio, odorare la carne per vedere se è andata a male, la trovi sottovuoto e puoi aprirla anche dopo settimane, e nessun medico si sognerebbe di diagnosticare la malattia dall’alito di un paziente. Né vedrete mai una massaia che annusa una mela: non ci si affida più all’odorato per fare la spesa. Scadenze, date di conservazione, codici a barre, danno maggiori garanzie. Ciononostante “l’odore” se ne sbatte delle disamine umane e imprime un’impronta che si sovrappone a ogni superficie con la quale viene a contatto. Ha il vantaggio della “prepotenza” e a volte addirittura quello della “violenza”, poiché spesso lascia una traccia che nessuno può far finta di non sentire e che in quel momento vorrebbe eliminare. Provate a pestare una merda e a portarvela a casa. 

Aspettando che connessione ritorni

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