Mi avete distrutto
maradona, mi avete distrutto pantani, forse mi distruggerete pure
nibali, mi volete distruggere valentino che è un nome non un
cognome, ma andate a fare in culo voi che valutate e avete distrutto
dorando pietri, merda sciolta nel buco della raccolta differenziata
delle vostre vite, viva i drogati e chi da se stesso vuole tirarsi
fuori per amarvi cari pezzi di merda che vivete la vita a pezzi di
regolamenti.
sabato 31 ottobre 2015
WOLF 359 di Gaetano Altopiano
Quando
fu stabilito in via pressoché definitiva che il tempo è un concetto
relativo e non assoluto, tanto che di due gemelli che fossero stati
spediti uno su Wolf 359 (8 anni luce dal nostro pianeta) e l’altro
in Engadina, o più semplicemente uno al mare e l’altro in
montagna, dei due, al di là del paradosso che dava un po’ ragione
a Einstein e Born e un po’ a Dingle (il più accanito confutatore
della teoria dei primi due), uno sarebbe comunque rimasto più
giovane dell’altro, rimase irrisolta l’incognita più importante:
si sa, infatti, che di due o più gemelli uno deve per forza vedere
prima degli altri la luce determinando ab
origine
una differenza d’età tra i fratelli (il primo sarà sempre più
vecchio dei successivi).
venerdì 30 ottobre 2015
FUORI DI COMPUTER di Francesco Gambaro
Graffiato da
parecchie frane il computer non si collega più con me. Olga ti amavo
ma avrei comunque staccato la spina. Ciccio non so come né perché
mi rispondi. Vale, se puoi pagarmi il biglietto per Valencia. Ari
quando non sei a Roma cerca di essere da qualche parte. Ro, non
commuovermi quando dormi. Alea scrivimi da belluno in belluino. Tà
sii spietato ogni tanto anche con me. Simo quanto mi piaci quando
imiti Quentin Tarantin. Tommaso soffiati il naso. Sonia non
dimenticarti di dormire. Fofò salutami quel tallone di Achille. Gea
come faccio a accorciare il tuo nome. Ago, non sei una stagione,
nessuno te l'ha mai promessa. Pà dove sei. Alt, ti aspetto ma ti
fermi sempre al telefonino. Konsta sei un monte sei un quisquino
gigante. Io qui, fuori dal computer e a bocce ferme, marco il
territorio facendomi pipì addosso.
DANDISMO INARRIVABILE di Gaetano Altopiano
1).
Arthur Stanley Jefferson, al secolo Stan Laurel, uno dei più grandi
comici di tutti i tempi in coppia con Oliver Norvell “Babe”
Hardy, morì a 74 anni (23 febbraio ‘65) nella camera d’albergo
che divideva con la sesta moglie, Ida Kitaeva Raphael. Non una camera
qualsiasi, come si può immaginare, ma la suite 203 dell’hotel
Oceana a Santa Monica, California, dove abitò praticamente per tutta
la vecchiaia senza mai degnarsi di vuotare un posacenere. 2). Di
Marianne Moore si conosce abbastanza poco (rispetto alla qualità
delle sue poesie - vi assicuro - è veramente molto poco celebrata)
tranne che nacque nel Missouri nel 1887 e morì a New York nel ’72
e che fu amica di poeti molto più famosi, Eliot per esempio,
Stevens, Pound. Memorabile il verso in cui racconta di suo padre:
“Mio padre era un uomo che restava senza parole per parole che lo
avevano colpito. Il sentire più profondo si rivela sempre nel
silenzio. E non era insincero quando diceva: fate della mia casa il
vostro albergo. (Ma gli alberghi non sono residenze).”
giovedì 29 ottobre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (10) di Francesco Gambaro
Stanotte JFK vuole
fare il preventivo della propria vita. Chiama a raduno nessuno.
Nemmeno il commercialista. Si limita a guardarsi allo specchio e
lisciarsi i baffi. Domani sarà un'altra giornata così. L'immagine
dallo specchio va via, esce e chiude a chiave JFK nella stanza da
bagno.
mercoledì 28 ottobre 2015
BASTA LEGGERE GIORNALI di Francesco Gambaro
Che i
giornali comincino a perdere vocali, sillab anziché sillabe, a
perdere sillabe, silla anziché sillaba, a raddoppiarsi, sillabba,
anziché, a accentarsi, sillabbà, anziché, a riprodursi,
sillabbabbà, anzi a contorcersi, si, ansi a confondersi, ansiché
zi, a modificarsi in o ansi che in on, o in om om om, a troncarsi an
anz ch
martedì 27 ottobre 2015
VALENTINO di Francesco Gambaro
Solo che la carcagnata
gliela stava dando marquez puntando a culo fitto, in una curva
impossibile, la moto di valentino. Che ha un nome, l'altrui è solo
cognome, fans, collina non certo montagna.
lunedì 26 ottobre 2015
QUELLO CHE NON MI PIACE MI PIACE di Francesco Gambaro
Quello che non mi
piace mi piace, cliccato con minimo sforzo dell'indice pinocchiesco,
senza l'obolo di un commento di una risposta non segregata in
aggettivi o punti esclamativi o icone da formaggino Mio. Anche se non
mi piace ci resto, tentando di capire perché mi ci piaccio e mi ci
faccio. Quello che non mi piace mi piace, le porsone si ritrovano o
fingono ritrovarsi senza mai cercarsi. Forse perché è rinato lo
spirito, lo spirito di comarca: è questo che veramente importa e il
messaggio è che non esistono più gli amici. I link sono il mare
aperto, gli amici il mare chiuso. Ma le amicizie si stringono non si
allargano (ops, avevo scritto allagano).
domenica 25 ottobre 2015
LE SORELLE BALLANTINE'S di Francesco Gambaro
Le sorelle
Ballantine's sono due graziose bottigline che mi stanno a guardare
quando apro il frigobar dell'albergo. Osano provocarmi, sfidarmi
svestendosi come ballerine da tre euro a notte. Con le sorelle
Ballantine's, già affogate in corpo, non aspetto che di duplicare il
duplice delitto puntando due spilungone, le sorelle Campari. La testa
è un paso doble, dura poco, poi non funziona più. Ha il sapore e la
velocità di una morsicata di mela.
sabato 24 ottobre 2015
MILLENIAL di Francesco Gambaro
Poi, nel giro di
pochi giorni, compaiono ciliege che una tira l'altra, parole nuove,
mai sentite prima, su giornali e libri, su manifesti pubblicitari e
web. L'ultima è millenial, che pare debba sostituire Generazione X o
Y, capite quanto può essere importante. Si entra nell'imbuto della
proliferazione decostruttiva, nel modaiolo mondo del cambio abito. Se
parli così ci sei, altrimenti non esisti. Ci aveva suggesteniato
tempo fa, su wilkpedia, la parola disambiguazione, un invito a
suggerire errori e correzioni di lettura ma, anche, una specie di
richiesta di aiuto che giustificasse la ingombrante presenza di
parole come divisivo, naturalmente 'in attesa di disambiguazione'.
Offese caduche alla lingua che però se ne libera, sprigionando i
suoi anticorpi in pochi mesi che, rispetto al millennio, sono appena
un attimino.
DIGITAL PICS di Gaetano Altopiano
Mi
si chiede quale possa essere stata la ragione che abbia spinto
Cotroneo Roberto ad avventurarsi nella stesura di un saggio tanto
accorato contro la fotografia digitale. Lo
sguardo rovesciato
-come la fotografia sta cambiando le nostre vite -, Utet, -
scattate fotografie orribili senza saperlo, vi stanno ingannando -.
Dove tratta l’argomento come piaga sociale pari all’alcolismo e i
lettori come perfetti imbecilli cui occorre indicare col dito quello
che è buono
o nobuono.
Davvero non so rispondere. Forse un
selfie
venutogli male? Ricordandoci a monito la bravura di Henri
Cartier-Bresson (di questo lo ringraziamo) di cui ha appena visitato
una mostra, dopo aver detto peste e corna della fotografia via
smartphone mette la ciliegina sulla torta: una sequela di banalità
sulla bellezza. “E mi accorgevo di due cose (riferendosi ovviamente
a H. Cartier-Bresson). La sua impressionante capacità di comporre
la foto nella sua naturalezza. Il limite ottico e cromatico delle sue
foto. Le due cose erano la sua bellezza, la sua vera grandezza. La
bellezza non è mai perfetta, ed è per questo che non è mai
innaturale.”
venerdì 23 ottobre 2015
UN TAGLIAUNGHIE PER L'ISPETTORE MAGNUM di Francesco Gambaro
Magnum A: Prima
riuscivo a tagliarmi le unghie in due colpi, zac zac e venivano
perfette. Ora in tre e, con alcune di loro, devo ricorrere alla
limetta. Ogni tanto me ne capita una che ce ne vogliono quattro. Cosa
mi succede?
Magnum B: Perdi
colpi, ispettore Magnum.
giovedì 22 ottobre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (9) di Francesco Gambaro
Posato, non seduto.
JFK, molto stanco della giornata non vissuta, si è posato su un ramo
del gelso rosso che d'estate fa ombra alla sua casa, che d'autunno si
scrolla le foglie al primo colpo di vento. JFK comincia anche lui a
spogliarsi, il vento porta via calzini, ginz, salopette, forse
domani ritroverà le mutande sul solito rovo spinoso delle more.
Stanotte non dovrà indossare il piagiama né spegnere la luce.
mercoledì 21 ottobre 2015
MINISTRI E SOTTOSEGRETARI OGGI di Francesco Gambaro
In tutti i nostrani
talk show ministri e sottosegretari vengono da un po' di tempo
intervistati in camera caritatis, lontani dagli interlocutori,
lontani dal pubblico in studio, seppure pagato per applaudire, vicini
alle boccucce servili di conduttori o giornalisti, propalando
messaggini parasubliminari in assoluta libertà e autonomia
declamatoria. Sono redivivi ospiti d'onore, cui viene così
risparmiata ogni flatulenza anale.
martedì 20 ottobre 2015
EXPO 2015 di Francesco Gambaro
5 ore in fila per
entrare, essere gli ultimi fortunati lemmings, voltarsi indietro e
compatire chi non arriverà a gustare il samurchio al rigogolo
innaffiato con vino di serpente e contorno di ossi di seppia flambé.
Peccato che il padiglione cinese riservi ai visitatori una cocente
delusione, essendo stata vietata la carne di cane, che mezzo facebook
sarebbe andato in tilt.
lunedì 19 ottobre 2015
NON SOMIGLIERO' PIU' A ME STESSO di Francesco Gambaro
Non somigliare a se
stessi è arduo osservandosi allo specchio. L'antinarcisismo una meta
fantasiosa. Fantascientifica ci corresse Bob Shaw che in Altri
giorni, altri occhi inventò per noi devoti dell'inapparenza, la
retardite. Una tipologia di vetro che modificando la formula chimica
Si04 in Si04n (infinito) rallenta il passaggio della luce. Le
immagini attaversano il vetro con un ritardo temporale variabile e
controllabile. Nel periodo sperimentale, montato sui parabrezza delle
automobili, causò una quantità di incidenti mortali (i guidatori
svoltavano all'altezza del civico 273, o passavano col verde mentre
era di nuovo rosso) ma questo fu la prova dell'efficienza della
retardite. Esposti nella stagione estiva alle Eolie, venivano, nella
stagione invernale, sostituiti ai vetri delle finestre cittadine, e
l'estate e le Eolie entravano in casa per sempre. Il suo
perfezionamento fu poi allargato agli specchi. Così che ogni
mattina, facendomi la barba, vedo farsi la barba mio padre.
domenica 18 ottobre 2015
IL KIMONO DI OLIVA di Francesco Gambaro
Alla palestra del
maestro Oliva di via Bonanno si andava perché non era possibile
prenderle ogni giorno dai fascisti a scuola. Era la palestra dei
compagni e degli anarchici. Io non ho capito mai perché il maestro
aveva fama di compagno e di anarchico. Con noi non parlava mai,
svestitevi, rivestitevi. Non l'ho neppure mai sentito gridare,
chessò, taighitò, né mettere piedi sul tappeto di gomma. Ordinava
da fuori campo, era un pacchione, cinturato nero, che poi scompariva
in una gabbietta da cui ricompariva a orario finito. Noi ce le davamo
di santa ragione, cinture bianche che a ogni colpo si slacciavano e
mentre le raccoglievamo ci beccavamo pedate, piadate, piedate. Però
ero felice di quel kimono di cotone grezzo, rigato, fresco e bianco
come l'Immacolata. Più in là negli anni l'ho rispolverato usandolo
come giacca e ci facevo la mia figura con le ragazze, uguale che
d'inverno con quell'altra color cacchina alla maotze o con la mia
prima camicia a fiori. Comunque sono rimasto cintura bianca e rette
da pagare che dopo un anno non ce l'ho fatta più, non per i soldi ma
per le tante legnate prese da compagni e anarchici. (che dai fascisti
dell'Extrabar o del Cannizzaro, solo qualche calcio in culo).
OGGETTIVO-SOGGETTIVO di Gaetano Altopiano
Per
metterci finalmente un punto, anzi no,
un punto due punti e un punto e virgola,
durante una discussione tipo “percezione della realtà, realtà
unica, percezione soggettiva e multipla, non esiste una verità ma
molte verità, interpretazioni, variabili, realtà oggettiva e
soggettiva” e ancora “ogni percezione della realtà è frutto
della posizione particolare del soggetto che la interpreta, quindi
vera in quelle condizioni e solo in quelle, l’entrata in scena di
altre variabili non smentisce la realtà precedente ma ne produce
un’altra non meno vera”, ecco che mi soccorre un argomento serio:
un oggettivo, ma soggettivo, attacco di diarrea.
sabato 17 ottobre 2015
"IL GENIO ITALIANO" di Francesco Gambaro
Sui
Casamonica nulla da dire, l'idea di tappezzare la chiesa del defunto
con poster papalini, ci sono tanti papi a Roma, si sa, volevano
essere tre ma ora sono rimasti in due. Di mr Geox che a Venezia,
sulla facciata della chiesa dei Carmelitani Scalzi piazza la sua
pubblicità delle sue scarpe che sfiatano dalle suole pure lo Spirito
Santo, vogliamo mettere. Come a Palermo, dove
ex detenuti disoccupati pip dentro la Cattedrale e sui cornicioni,
che avevano chiesto al presidente della Regione Crocetta, di mettere
una crocetta sulla retroattività del provvedimento che li avrebbe
esclusi dal sussidio. Blasfemi irriverenti palermitani, geniali
italiani che Christo vorrebbe coprire come fece a Roma a Porta
Pinciana nel 74, che poi con i pip che si muovono tentando di
scappare sotto le lenzuola sarebbe pure un tableau vivant.
NELLA MISCHIA di Gaetano Altopiano
Trovarsi
nel bel mezzo di una rissa senza avere fatto nulla perché capitasse.
Ossia. Il fatto che siano sempre gli altri a farsi la guerra non vi
salva da una possibile gragnuola di colpi. Mettere in campo ogni
precauzione serve a ben poco, avete niente da dichiararvi svizzeri.
Nessuno è al sicuro. Se è così, smettiamola di fare i provinciali
e guardiamo le cose in grande: lanciamoci nella mischia.
venerdì 16 ottobre 2015
LA TELEVISIONE E' IL MIO SONNIFERO di Francesco Gambaro
L'ho capito ieri che
in via scrofani, improvvisamente, alle cinque la luce è andata via.
Mi sono svegliato di contraccolpo. Ho guardato il buio. Quanti sogni
morti. Le strade del gabinetto, pure loro morte. Inciampo, impreco,
fortuna che non sono finito sul balcone che non ha un muretto di
contrizione. Allora ho sognato. Ho sognato che nel buio c'era luce,
un televisore acceso. E questo televisore si spegneva perché andava
via la luce. Così continuavo a sognare un televisore spento, senza
luce. E aspettavo che il mondo si risvegliasse, e avevo le serrande
alzate, o prima o dopo sarebbe arrivata l'alba, ma l'alba non
arrivava, non arrivava più neppure la luce, e io andavo al buio in
gabinetto, e facevo pipì non so dove, al buio, nel buio, erano le
dieci, ne ero sicuro, ma il giorno non cominciava. Tornavo
inciampando a letto, la luce non tornava, cliccavo sul telecomando,
il giorno non spuntava, erano le otto, erano le nove erano appunto le
dieci. Nesuna luce, nessun giorno. Ora sono di nuovo le cinque,
un'intero giorno a dormire aspettando inutilmente la luce, l'alba di
non so più quale giorno.
STRETTE DI MANO SIGNIFICATIVE di Gaetano Altopiano
Sebbene,
secondo l’etimo, le parole “chiromanzia” e “chilogrammo”
non abbiano alcuna radice comune, vi assicuro che sono cugine. La
tradizione fa derivare la prima dal greco cheiromantéia
(mano-divinazione), la seconda da chylos (succo), greco anche questo.
Dunque, nessuna parentela. E sembrerebbe sicuro. Eppure ogni stretta
di mano ha non solo un suo peso ma anche una sintesi del suo padrone.
Il succo.
giovedì 15 ottobre 2015
IL PARTITO DELLA PROSTATA (er salice piangente) di Francesco Gambaro
Noiartri che ce stamo cinque ani affà
scivolà l'urtima gocia
mercoledì 14 ottobre 2015
BELLISSIMA di Francesco Gambaro
Si discute su cos'è la
bellezza in una donna o in uomo, in un bambino o in una bambina.
Tesi A. La bellezza non
esiste, nominare questa parola mi fa venire il vomito.
Tesi B. La bellezza
esiste, non nominare questa parola mi fa venire il vomito.
martedì 13 ottobre 2015
GAME OVER YET di Francesco Gambaro
C'è
qualcosa di ultragenerazionale nella lotta contro il tempo. Quello
meteorologico, quello shakespeariano di Koncalovskij,
di Jon Voight con la complicità di Akira Kurosawa,
in Runaway Train (A 30 secondi dalla fine, sic ai titolisti
italiani). Il tempo non è tempo quando non lo percepisci e devi
salvarti dalla bufera, dai pallettoni di grandine, dagli alberi,
dagli animali, dalle macchine che ti schiacciano la testa, dai fiumi
che chiudono le tue branchie, dalla paura di non farcela, dalla vita
che in quell'istante senza tempo non ha tempo per pensare a altro
tempo. Non è inverno, dio non promette polizze assicurative
stagionali. Spazza e spiazza quando vuole. Arriva quando vuole, si
presenta come vuole, ci cancella se vuole. Qualsiasi momento è il
nostro game over yet.
lunedì 12 ottobre 2015
"RICHIESTE D’AMICIZIA" di Gaetano Altopiano
Certe
volte il malumore mi aggredisce in modo sopportabile. Non è
invasivo come al solito. C’è, è innegabile, si presenta però
come uno di quei mal di testa contro i quali non ti decidi mai a
prendere un cachet. Proprio perché più che dolore ti sembra esatto
chiamarlo fastidio. Nella scala degli insulti corrisponderebbe a una
mancata conferma di amicizia su facebook. Sopportabile, appunto.
"CAPOVOLGIMENTI A 5 STELLE" di Francesco Gambaro
Lo ripenso ancora
quell'incontro in streaming di Bersani con quei due capataz di 5
stelle di cui non ricordo il nome. Sanno schiacciarsi bene le palle
quelli del PD, tra primarie e faccia a faccia. Bersani sbiancato,
senza parole e ridotto a secco che tenta per sette volte di trarre
acqua dal suo bicchiere vuoto. E non sa nemmeno balbettare in
italiano come Franceschini da Ferrara. Ma poi, ieri, succede il
contrario con Lucia Annunziata, che mette per mezz'ora sul banco
degli esaminandi, quattro o cinque candidati 5 stelle a sindaco di
Roma, di cui non ricordo i nomi. Rispondono alle domandine coi
fiocchi della professoressa Annunziata con una educazione d'altri
tempi, da primi della classe, in bella calligrafia, senza smentirsi
sul rispetto del regolamento, che una volta li voleva assenti dalle
telecamere, oggi ligi alla non candidatura del loro Alessandro Di
Battista deputato, che il regolamento vuole che completi il mandato.
Roma li aspetta, o lo aspetta, per bruciarli vivi.
domenica 11 ottobre 2015
"COMINCIO' A MUOVERSI VERSO IL DIVANO, DOVE AVREBBE TROVATO SOSTEGNO, E LO RAGGIUNSE. ERA PARTITO" di Francesco Gambaro
Rivisto Nebraska di
Alexander Payne, i Due Bruce Dern e Will Forte, padre e figlio,
pensato a Il giorno del giudizio, racconto di Flannary O'Connor.
Vecchio bianco, forzato a svernare per pietà di figlia a New York,
aspetta il momento per potere scappare e tornare in Georgia, a piedi,
ed essere seppellito dallo schiavo negro Coleman nella sua terra ma,
fatti pochi metri, scivola e rimane incastrato nella ringhiera delle
scale.
sabato 10 ottobre 2015
"BRACCIO DI FERRO" di Francesco Gambaro
A me sembrava un uomo
di marmo. Scultura prima che figura, una statua futurista. Avrà
avuto 60 anni quando l'ho conosciuto. In ascensore mi diceva, da
socialista, quando vedo Enzo Biagi, mi tocco. Lo considerava
effemminato, mammolino oltre che palloso. Infatti prima di uscire
dall'ascensore mi confessava, io la vita non me la lascio scappare.
Quando ero ragazzo ogni buco, pure quelli del muro. E' morto
improvvisamente, vestiva sempre di grigio, quando mi stringeva la
mano era come se dovessimo batterci a braccio di ferro.
"UN CANE DI PAVLOV AU CONTRAIRE" di Gaetano Altopiano
Di
fronte ad affermazioni come quella che segue mi sento totalmente
spaesato. Da che cervello possono essere partorite?
Il suo autore risulta essere uno di quelli che nel ‘900 passavano
per gli uomini più sapienti d’Europa. Jean Paul Sartre. Tutti
sanno che intere generazioni si sono formate intellettualmente
studiando i suoi libri. Eppure, la massima recita testualmente: “Ogni
parola ha conseguenze, ogni silenzio anche”. Fine. Niente da
aggiungere, chiaro, sembra proprio la quadratura del cerchio per
quanto scontata e sempliciona, nel caso però si trattasse solo di
una constatazione e fosse assunto che le due conseguenze (A e B)
avessero medesimo valore. E’ poco chiaro invece lo scopo della sua
formulazione. Potrebbe trattarsi di un consiglio, o peggio ancora di
un avvertimento che nel caso suonerebbe pressappoco così:
attenzione, perché se parlate ci saranno conseguenze di tipo A, se
tacete pure. E allora? Di fronte alle sole due opzioni possibili, con
le identiche conseguenze possibili, il maestro come si comporterebbe?
venerdì 9 ottobre 2015
"STORIE DEL SIGNOR JFK (8)" di Francesco Gambaro
Comunque
passerà. No
pasa tengo poco tiempo. Dopotutto, non è
un esame, o tal vez si. JFK va in bagno per forzare un erutto, non
va, torna e il singhiozzo è sempre lì, su JFK, come il puntino
rosso del fucile di un cecchino. Come le dicevo (singhiozzo) anche le
polizze assicirative (singhiozzo) non vanno effettuate (singhiozzo).
JFK non ne può più. Si scusa con la sua cliente. Col singhiozzo
sicuramente no, non si possono stilare polizze assucurative
credibili. Nella confusione e imbarazzo mentale mette il cartellino
TORNO SUBITO (vuelvo) senza fare uscire la cliente dalla sua agenzia.
Di nuovo in bagno il risucchio gastrofaringeo moltiplica il
singhiozzo a mitraglia. La cliente entra senza bussare, anche lei
singhiozza e, mentre s'inghiozzano, gli spara un bacio.
giovedì 8 ottobre 2015
"IN UNA CASA DI CAMPAGNA" di Francesco Gambaro
E' strano come
vivendo in una casa di campagna, ci si abitui a convivere con insetti
e animali. Ci mancano solo i pesci, dico a me stesso. Mosche, quelle
sempre anche da morte, come i millepiedi e i ragni e le formiche. Poi
gechi con famiglia numerosa, lucertole che tentano il letargo nelle
commessure delle porte, e farfalline della notte che anche di giorno
si svegliano assecondando le abitudini della casa, e zanzare ataviche
e impertinenti e ranette e parameci giganti, orribili alla vista ma
delicati quando li tieni in mano, e gatti che si aqquattano con due q
dietro la porta per un sorso di latte e latrati lamentosi di cani al
momento che non te l'aspetti, e parenti che neanche con lo
schiacciamosche e orsi bruni, babbaluci sprint, giraffe nane dal
collo taurino, armadilli disarmati e iguane dappertutto naturalmente.
Infine, anche un nido di giovani topi.
La bocca di una
ragazza, che era rimasta a lungo nel canneto, / appariva tutta
rosicchiata. / Quando le venne aperto il petto, l'esofago era
crivellato di buchi. / Si trovò infine in una pergola sotto il
diaframma / un nido di giovani topi. / Una piccola sorellina era
morta. / Gli altri vivevano di fegato e reni / bevevano il freddo
sangue ed era / quella passata qui una bella gioventù. / E bella e
rapida venne anche la loro morte: / furono gettati insieme
nell'acqua. / Ah, quei musini come squittivano!
Gottfried
Benn, Bella gioventù, Morgue
"SAGGEZZA PER TUTTE LE TASCHE" di Gaetano Altopiano
Bisogna
riconoscere che Facebook , se non altro, ha un grande merito: ha
enormemente contribuito alla divulgazione della filosofia underground
(ancor meglio definita come saggezza alla portata di tutte le
tasche). Non è raro, tanto per fare un esempio, trovare che la mia o
la vostra vicina di casa se ne escano con sentenze che farebbero
riflettere persino Schopenhauer. Cosa che sarebbe stata impossibile
da realizzare se nessuno avesse inventato uno strumento simile. La
cosa che mi rattrista è però il fatto che questi filosofi sono
talmente convinti che qualcuno li prenda sul serio che non si degnano
nemmeno di correggere in un “accettabile” italiano le sciocchezze
che scrivono.
mercoledì 7 ottobre 2015
"RICORDI DELL’88 di Gaetano Altopiano" di Gaetano Altopiano
Sono
talmente tante le follie che mi stanno capitando che non riesco più
a prendere sul serio niente e nessuno. Plausibile, penso, quando gli
eventi sono particolarmente traumatici. Plausibile quando occorre
darci dentro per dimostrare circostanze che è umanamente impossibile
ricordare. Una follia, appunto. Mi ricordo di due prostatiti ad
esempio, di una carie e di una polmonite. Ma come ho pagato una
confezione di bastoncini findus nell’88 come minchia posso
ricordarmelo?
"I SOPRAMMOBILI HANNO TANTE VITE" di Francesco Gambaro
Se li posi, mettiamo,
su un tavolinetto d'epoca, si accucciano, respirano il privilegio di
essere stati scelti per quel tavolinetto. Quando la padrona della
casa o la cameriera li afferra stretti stretti per le pulizie,
giuggiuolano di gioia, anche se non lo danno a vedere. Si acquattano,
aspettando nuova polvere per rinascere, consapevoli di non essere
nobili, di non meritare certi trattamenti. Se la padrona della casa
muore e la cameriera va via si sentono soffocati dal buio e
dall'unto. Trattengono il respiro. Poi arriva qualcuno che dice:
cos'è questa merda di tavolinetto? Insieme al tavolinetto li scaglia
tra le braccia avare di un rigattiere. Spaesati tentano la fuga tra
pietra lavica e percolati di scarico. La maggior parte di loro rovina
dentro sacchetti di polizia urbana. Tornano a non respirare, prima di
essere triturati.
martedì 6 ottobre 2015
"PADRI E FIGLI SEGRETI" di Francesco Gambaro
Mio padre mi
rimprovera come se lui non l'avesse mai fatto. Un giorno gli porto la
fotografia del suo misfatto. Siede muto per una settimana a
guardarmi. Mio padre non può credere che un figlio osi tanto. Io non
l'ho fatto, sbotta e se l'ho fatto non l'ho fatto sotto gli occhi di
tutti, quella fotografia non è una prova è un misfatto. Cosa
pretendi, un applauso per averlo fatto?
lunedì 5 ottobre 2015
"Storie del signor JFK (7)" di Francesco Gambaro
Stendersi a
terra è facile. Fa anche bene ai fascioni muscolari. Per JFK è un
piacere stendersi e infilare la testa sotto il water, armato di una
pinza tedesca per fissare la tavolozza ai fermi di plastica sino a
quando questi non si rompono e gli cadono sugli occhi. Compra altre
tavolozze e tanti fermi di plastica irrompono sui suoi occhi. Prima
o dopo la finirete, ripete JFK, gonfio di ottimismo.
domenica 4 ottobre 2015
"DELENDA CARTHAGO" di Francesco Gambaro
Con Gaetano Testa ci
si chiedeva, quattrocento anni fa, che ne faresti del Teatro
Politeama. Io lo abbatterei, fare di tanto in tanto tabularasa degli
artifici è giusta igiene intellettuale. Oggi si piange Palmira più
che l'incauto custode. Carne ancora palpitante conta meno della
pietra. Il ventaccio della memoria imperversa seppellendo il genio
dell'improvvisazione, delle maieutiche novizie. Senza il mefitico
peso della storia si può essere uomini nuovi come la signora dei
cammelli. Ogni giorno è nascita, non memoria di morti e di cose
morte. Abbiamo perso nostro figlio in un incidente stradale e
continuiamo. Abbiamo visto crollare la Cappella Sistina per un
terremoto e continuiamo. Abbiamo visto la nostra impresa messa sotto
sequestro perpetuo dalla DIA e continuiamo. Non è estenuante
continuare se ci si risveglia ancora in corpo e sangue. Una specie di
libertà rigeneratrice, ieri romana oggi araba.
"PUOI NASCONDERTI A TUTTO, TRANNE CHE AGLI ERRORI" di Gaetano Altopiano
Per
quanto l’amico mio, da anni ormai, assuma regolarmente il
Tetrafarmaco Epicureo (nessun timore degli dèi, nessun timore della
morte, strafottenza del dolore, raggiungibilità del piacere) e abbia
da ancor prima osservato il suo comandamento più noto (vivi
nascosto)
nel tentativo di vivere un’esistenza priva di clamori e quanto più
tranquilla possibile, non ne ha avuto alcuna garanzia: è stato
fregato lo stesso dall’evento aleatorio. L’errore. Nemmeno
Epicuro l’aveva considerato.
sabato 3 ottobre 2015
"ICOMPLIMENTI" di Gaetano Altopiano
Leggendo
le “storie del signor J F K” , del Gambaro Francesco, non posso
non pensare ai Casi
di Daniil Charms (per inciso, soltanto nell’edizione Adelphi). E’
da un po’ che volevo scriverlo: “Icomplimenti”.
Tutto è ugualmente lieve, stralunato, divertente. Le leggo infatti e
mi sollazzo, mangiucchio e poi sbevazzo, mi affaccio sulla porta e
sparo a una cornacchia, non faccio che vedere vecchie che cadono
dalle finestre. E questo, in sostanza, è tutto.
"L'INSEGNANTE DI GINNASTICA" di Francesco Gambaro
Bassina. Almeno da
qui, dal sesto piano di via Scrofani, proprio bassina. Più bassa
certo di tutti quei ragazzi che le stanno attorno. Che poi si sfogano
sul campetto di calcio mentre lei resta sullo scalone a osservarli.
Poi fa un fischio e due palloni le arrivano dal campetto frontaliero
e da quello che le sta spallato. Ella fischia, senza fischietto, e il
fischio sale sino al sesto piano. Tutti i ragazzi tornano a lei,
quelli del campetto A, quelli del campetto B. Allora questa ragazzina
comanda di correre lungo il perimetro del campetto A sino a
raggiungere il confine del campetto B, alzando i talloni sulle
natiche. Fa vedere come. I ragazzi scattano, ci riescono sino a due
tre metri, poi si scompongono. Suona la campanella. La salutano.
Allora capisco che è la loro insegnante di ginnastica. Fischio dal
sesto piano, ma non si volta. Sopra l'Istituto Don Bosco, 2 ottobre
2015.
venerdì 2 ottobre 2015
"SUICIDI NON ESEMPLARI" di Gaetano Altopiano
Sono assolutamente pro-protagonismo. Potrei mai
vivere senza avere qualcuno da mandare al patibolo? Scoprire che altri, al posto
mio, si sono scientemente sacrificati per il mio umano bisogno di sangue mi fa
sentire benone. Meno bene la categoria dei “protagonisti loro malgrado”, quelli
mi fanno un po’ pena. Il livello è raggiunto da quelli che credono di essere
protagonisti senza esserlo minimamente. Questi proprio non li capisco: tentano
perennemente il suicidio.
"STORIE DEL SIGNOR JFK (6)" di Francesco Gambaro
Ottobre è
il mese delle mosche. 'Bummiate' qui si dice, cioé impazzite nella
premonizione della morte. Già a settembre JFK è assediato dalle
mosche. Intorno la testa gli ronzano droni. Inutilmente li scaccia
con la sua coda di cavallo. Forse è perché ho la coda e mi
scambiano per un cavallo, pensa. Se la taglia. Fine del mito Seymour
Cassel, addio Minnie. Intanto quelle se ne fregano di Cassavetes e
tornano all'attacco. Con le stesse forbici con le quali ha decapitato
metà del suo scalpo cinefilo prova a affettare le mosche, al volo.
giovedì 1 ottobre 2015
"L'OCCHIAIA (8)" di Elio Coniglio
Nuvole
frettolose, pesanti di pioggia, si ammassano fra le sfuggenti
lontananze notturne accecate dal bagliore dei lampi… L’aria
gelida che a fiumi entra dal finestrino abbassato schiaffeggiandomi
non riesce a svegliarmi. E sempre più spesso, interrompendo in
certi tratti l’ostentata orizzontalità anguinea della linea
continua che corre veloce al centro della strada, un impassibile
gatto bianco mi fissa….
“MEDITATE, GENTE, MEDITATE” di Gaetano Altopiano
Non
riesco a bere un boccale di birra in santa pace. Tutte le volte che
lo faccio, puntualmente, ho un attacco di colite e la pancia mi
diventa un tamburo. Eppure per la stragrande maggioranza degli esseri
umani l’assunzione di birra non ingenera alcun problema. Dunque? Il
medico ha parlato di allergia alimentare o, ancor più precisamente,
di “intolleranza”. Niente di preoccupante, basta eliminare la
causa del problema. Stop. Non significa un cazzo. In termini enterici
non esiste l’intolleranza e la stessa parola in generale non ha
alcun senso. Riferendomi alla lettura di “Il secondo cervello” di
Michael D. Gershon, pubblicato da Utet, ricordo che lo scienziato
sostiene che l’intestino abbia capacità neuronali indipendenti dal
cervello e dal sistema nervoso centrale. Ovverossia, ragiona per
conto proprio (la peristalsi, tanto per fare un esempio, avviene
anche se si interrompe la connessione col SNC). Se l’intestino
ragiona, allora, è ovvio che abbia anche una memoria e se ha una
memoria, questa, conserverà le informazioni utili al suo regolare
funzionamento. Concludo: è più probabile che la birra a me non
facesse alcun male all’origine ma che un evento traumatico di cui
il mio cervello ha perso memoria (ma non il mio intestino) abbia
provocato un danno enterico che il colon non vuole replicare. Un
tocco di birra colossale?
"LE REGOLE DEL MANGIARE" di Francesco Gambaro
Mia nonna comincia la
napoli dal bordo bruciacchiato, si riserva il cuore come il boccone
più prelibato. Mio nonno comincia dalla frutta, sale alla salsiccia,
è quasi un brindisi quando inforchetta la pasta con la salsa. Mio
zio non ha un solo dente ma è un piacere vedergli succhiare dal
bucatino il sugo dell'amatriciana. Mia zia sa riconoscere le patate,
dice che ne esistono circa trenta varietà, ma una sola è burrosa, è
amalgama per l'insalata. Mio padre chiama le cotolette di mia madre
solette di scarpe. Mia madre risponde che le cucina così per fare
rinforzare i denti ai suoi figli. Mio fratello non parla mai, mastica
e sputa sul bordo del piatto. Io non penso quello che sto mangiando:
sono innamorato.
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