Con Gaetano Testa ci
si chiedeva, quattrocento anni fa, che ne faresti del Teatro
Politeama. Io lo abbatterei, fare di tanto in tanto tabularasa degli
artifici è giusta igiene intellettuale. Oggi si piange Palmira più
che l'incauto custode. Carne ancora palpitante conta meno della
pietra. Il ventaccio della memoria imperversa seppellendo il genio
dell'improvvisazione, delle maieutiche novizie. Senza il mefitico
peso della storia si può essere uomini nuovi come la signora dei
cammelli. Ogni giorno è nascita, non memoria di morti e di cose
morte. Abbiamo perso nostro figlio in un incidente stradale e
continuiamo. Abbiamo visto crollare la Cappella Sistina per un
terremoto e continuiamo. Abbiamo visto la nostra impresa messa sotto
sequestro perpetuo dalla DIA e continuiamo. Non è estenuante
continuare se ci si risveglia ancora in corpo e sangue. Una specie di
libertà rigeneratrice, ieri romana oggi araba.
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