Certo
che fare il tempo (quello meteorologico) è diventato proprio un
mestieraccio. Un tempo gli uomini non erano così assillanti. Chi
accontentare prima? Come accordare il suo lavoro con il loro? Queste
bellissime giornate di sole che (finalmente) si era deciso a regalare
a una città storicamente triste e grigia come Milano e, oplà, al
solito rompono i coglioni. Stavolta con lo smog.
mercoledì 30 dicembre 2015
martedì 29 dicembre 2015
DELLO SMOG di Francesco Gambaro
lo smog si è impossessato dei giornali italiani. no, lo smog sono i giornalisti italiani.
IL BACIO DELLA MORTE di Francesco Gambaro
Con impeto
liberatorio la vecchia fattora confessò al marito, in principio
mortes, di avere avuto molte aventures, la prima con l'amato
fratello, da cui nacque il primogenitus, e altre susseguenti che
generarono i restanti duodecim. Osaccio, rispose il canuto
protovedovo, laggio sempre saputo. Messo alla prova dalle sue
multiple dominas, aveva scoperto la propria genetica infertilità. Ti
ho ammirato in silenzio, continuò, ogni figlio ca sfurnavi era pane
caldo per i miei denti. Grazie. La baciò in fronte e quello fu il
bacio della morte.
domenica 27 dicembre 2015
ALTRA MODA A PALERMO di Francesco Gambaro
La domenica Palermo
diventa elegante. Comunità negre, prevalentemente indiane, colorano
in modo smagliante crocicchi, adiacenze a luoghi di culto e feste di
ritrovo che allegrano i suoi più antichi punti fiduciali. Un offesa
per gli occhi dei palermitani vedere scendere dai pulman e sfilare
drappelli di alpini e alpine in salopette tally weijl, armati di
zaini e calzette bianche. Seppure in un caloroso dicembre.
sabato 26 dicembre 2015
STORIE DEL SIGNOR JFK (15) di Francesco Gambaro
Da un po' di tempo,
con preoccupante frequenza e per via di certi dolori, a JFK succede
non lavarsi, non cambiarsi, dormire vestito, crogiolarsi nella sua e
nella puzza circondariale. Siccome i dolori sembrano venirgli dai
capelli, oramai grigi che stanno viavia perdendo il presidio della
piazza centrale, se li tira con rabbia e a ciuffo, stringendo
quest'ultimo come gli odierni stringono forteassai il telefonino.
Vegliare il proprio cadavere sarebbe agognata aspettativa
postnatalizia, avesse almeno uno specchio.
L’ALEPH A CASTELVETRANO di Gaetano Altopiano (Da LiveSicilia di ieri)
Quando
capì quello che sarebbe accaduto, la nausea lo colse come mai
maggiormente gli fosse successo. Il giovanotto fu costretto a tenersi
al telaio della scrivania per non vacillare, ed ebbe un conato di
vomito. Cominciò a emettere bava e un filo di muco gli colò giù da
una delle narici. I suoi occhi fissarono più attentamente l’articolo
e lesse ancora una volta. Non si trattava di pesce cattivo, ma solo
venduto abusivamente: “sequestrati dai carabinieri 53 piccoli
pescespada (140kg) per commercio illegale di prodotti ittici,
denunciato l’ambulante di 36 anni”. Si pose il problema della
deperibilità del prodotto. Fu allora che il giovanotto ebbe il suo
piccolo
Aleph:
ebbe in visione la fine che avrebbe fatto ogni singolo pesce
sequestrato.
giovedì 24 dicembre 2015
AUGURI AUGURI AUGURI di Gaetano Altopiano e Francesco Gambaro
Darsi
qualcosa in cambio di qualcosa. Sarebbe esatto dire: dare. E il
prendere? Ma insomma. Causa ed effetto, effetto e ulteriore causa. I
più sentiti calorosi auguri, ti mando un forte abbraccio, sii felice
e sia felice la famiglia, auguri auguri auguri, a presto. Intanto a
Narvik (siamo in Norvegia) fa meno 20 sul palo 35, e il freddo è
così intenso che il guanto di Felipe (siamo in Brasile, 21 anni –
lui è rimasto) resta attaccato come colla al perno che stava
stringendo. Gli servono 3 - 4 paia di guanti al giorno e il massimo
dell’attenzione, ci vuole un cazzo a volare giù dal palo, e sono
30 - 40 anche 50 metri: arrivi un niente, zero, capito? Auguri auguri
auguri. Il freddo tempra la carne, lo sappiamo, ma non soltanto. Lì
inizia, lì finisce, e sulle distese ghiacciate l’uomo diventa uomo
molto prima degli altri: “Sia
per te la grande
neve
il tutto, il nulla, Bambino dai primi passi incerti nell’erba, Gli
occhi ancora pieni dell’origine, Le mani aggrappate solo alla
luce.”
(con
le parole di Mastro Antonio, ieri imprenditore oggi muratore)
Io
lo coltivo l'orto. Dopo le sei quando stacco dal lavoro e tutte le
domeniche a giornata piena. Non è grande la terra, ma con 5 filari,
ci tiro 150 di finocchi, cicoria, cardi (ma quelli che non fanno i
carciofi perché qui in montagna restano minchia di picciriddu),
broccoli, melenzane. D'estate la rivolto la terra e ci vengono
melloni, fave e piselli. E che me ne faccio, dice lei, se non li
vendo, li faccio andare a male? No, li regalo, io ccelò come una
malattia del sangue quella di regalare. A mano a mano che sono
pronti. E' il mio piacere. Questa zucca è troppo pesante per lei,
aspetta che ci penso io a portarla in macchina.
martedì 22 dicembre 2015
REGRESSIONE (mistero Laura Pausini) di Francesco Gambaro
Dove va il mondo
della voce, della canzone. Hello, di Adele, milionaria su youtube.
Torna indietro: centinaia di voci, di canzoni, di starine
impellicciate e impiallicciate di soul anni sessanta/settanta. Sembra
che il mondo della musica non si muova più, sopravvive consumato dal
web regressivo, né il reinventarsi dei vecchi Eric Burdon Leonard
Cohen David Bowie segna la strada. Forse c'è un oscuro cantinato che
però facciamo fatica a trovare. Attendiamo l'autunno dei semi di
rosa che si risvegliano e intanto ci arrovelliamo nel mistero di
Laura Pausini o Eros Ramazzotti, starine nostrane e lontane dal
nostro spleen depressionario.
PISCIO di Gaetano Altopiano
La
sensazione di disagio non mi abbandona. Inutili i tentativi di
mettermi tranquillo. Sto proprio scomodo. Una signora, piuttosto
avanti tra l’altro (conosce bene buone maniere e attenzioni per
l’ospite – penso sia la padrona di casa), le sta tentando tutte.
Sorride, guarda con attenzione, chiama in continuazione la commessa.
E’ tempo perso. Inutile ammiccare o spargere odori nell’aria -
forse ha frainteso - a me occorre ben altro. Penso che debba farlo
ora o non posso più. Apro in un colpo la cerniera - corro verso
l’angolo del camerino – tiro selvaggiamente la tenda e
finalmente.
domenica 20 dicembre 2015
LA CATTIVA di Gaetano Altopiano
Non
tirare troppo la corda, fa lui, rivolgendosi a lei. Assume l’aria
più minacciosa che gli riesce ma lei, la signorina, lei lo sa bene,
è niente altro che un bluff. Tra poco faranno pace, altro che tirare
la corda: la tiro quanto mi pare, tanto finisce sempre così. Lei lo
sa bene. Ora indosseranno la sua vestaglia, calzeranno le sue
pantofole, laveranno le sue mani e spazzoleranno i suoi denti,
fumeranno una delle sue sigarette e berranno un sorso del suo gin
preferito. Poi si metteranno sul suo divano e guarderanno a lungo
fuori dalla sua finestra. Lui e la sua coscienza.
STORIE DEL SIGNOR JFK (14) di Francesco Gambaro
Scegliere cosa
pensare, selezionare i pensieri. Una scienza che in JFK va scemando.
L'esatto contrario della possibilità di astrazione di cui racconta
Jiulio Cortazar, piuttosto una impossibilità, pensa JFK:
l'impossibilità di tenerli a bada i pensieri. Invece di elaborare
l'interessante riflessione, derapa su quell'altro racconto di
Cortazar secondo cui posando la mano destra sulla pedata e la
sinistra sulla sua alzata si entrerà momentaneamente in possesso di
un gradino. Spensierando, per festeggiare con una birretta
l'efficienza della sua memoria, JFK si alza con l'intenzione di
raggiungere la cucina. Incontra prima la porta aperta del bagno,
raccoglie la montagnola di indumenti sporchi e torna indietro
depositandola sulla scrivania, esattamente sul sottobicchiere. La
osserva, si alza pensando lavatrice ma, incontrando prima della
lavanderia il frigorifero, lo apre e ve la ripone ordinatamente,
scappando, prima di chiuderlo, per telefonare all'antennista.
sabato 19 dicembre 2015
ALTRI INCIPIT (Wallace) di Francesco Gambaro
“Saluti,
ringraziamenti ai laureandi dell'anno accademico 2005. Ci sono due
giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce
anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice:
Salve ragazzi. Com'è l'acqua? - I due pesci giovani nuotano un altro
po', poi uno guarda l'altro e fa: - Che cavolo è l'acqua?”
David Foster
Wallace, Questa è l'acqua, in QUESTA E' L'ACQUA, Einaudi 2009
giovedì 17 dicembre 2015
ODE AL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA di Francesco Gambaro
Sono stato contrario
al ponte sullo stretto. Per difendere il concetto di isola e tenere
alta la guardia tra Sicilia e Resto. Da quando i siciliani ingolfano
Roma sin dalla testa del pesce, da quando la defunta fiera del
mediterraneo di palermo è diventata il lunapark di expo-milano,
capisco che non c'è più paese, che tutto è paese, è isola e
allora. Allora, che bellezza affacciarsi dalle finestre di Messina e
vedere i gabbiani accoppiarsi sulle ornate di un ponte ferroso e
immobile, sfottuto delle scorrerie argentee delle correnti. L'italia,
l'isola, è ormai un paese incapace di committenze, solo garbugli
politici, ritardi magistrali, merda affiorante dai pavimenti di
Rebibbia. Un ponte non ci salverebbe ma ci aiuterebbe a capire che le
grandi opere che hanno fatto di questo paese quello che tutti dicono
ma che nessun governo sa vendere, dovrebbero riprendere a riprodursi.
In culo agli ambientalisti e a chi considera l'arte imitazione e non
invenzione della natura. Hart Crane sì è annegato per amore della
meravigliosa religione dell'artifex, ha lasciato un poema che non è
spirituale, ma un ringraziamento all'umanità manuale che ha
realizzato il ponte di Brooklin. Nessuno qui in Sicilia, o in Italia
che è uguale, pensa più ad affidare a artisti o architetti piccole
o grandi opere. Le gestiscono le mortificano le abortiscono politici
e il loro braccio armato, cioé magistrati e burocrati. Il ponte
sullo stretto di Messina, per quanto così piccolo rispetto a quello
di Brooklin, potrebbe essere un grande poema che l'Italia-Sicilia,
regalerà a se stessa. Naturalmente con l'accortezza di non
affidarne il progetto al quel rovinachiese circense di renzo piano.
TO BROOKLYN BRIDGE
Per quante albe,
mentre si sveglia gelido dal suo
sonno ondeggiante,
le ali del gabbiano
lo faranno tuffare
e roteare, e spargeranno attorno
circoli bianchi di
tumulto, e leveranno alta
la Libertà, sopra
le incatenate acque della baia -
poi con curva
inviolata lasciano i nostri occhi,
spettrali come
vele che si incrociano
su qualche foglio
illustrato da archiviare;
fino a che gli
ascensori non ci spingono
fuori dal nostro
giorno...
Allora penso ai
cinema, i trucchi panoramici
di moltitudini
tese a una fulminea scena
mai del tutto
dischiusa e a cui sempre si accorre,
annunciata a altri
occhi sullo stesso schermo;
e tu attraverso il
porto, con passo d'argento
come se fosse il
sole a tenere il tuo passo, eppure un moto
mai consunto
lasciasse nella sua andatura,
come è implicito
il modo in cui la libertà ci tiene!
Da qualche sbocco
di metropolitana, da un abbaino oppure
da una cella,
un pazzo si
precipita ai tuoi parapetti, vi si sporge un attimo
con la camicia
rigonfia e schioccante, e una spiritosaggine
cade da quella
carovana ammutolita.
Giù a Wall
Street, dalla trave maestra il pomeriggio
si insinua nella
strada, un becco enorme
d'acetilene del
cielo; e tutto il pomeriggio
le gru volteggiano
spinte da una nuvola...
I tuoi cavi
respirano ancora il Nord Atlantico.
E oscura come il
cielo degli ebrei
ecco la tua
ricompensa... Quell'anonimo abbraccio che ci doni
non può
distruggerlo il tempo: tu dimostri a noi
una vibrante
grazia, un vibrante perdono.
Oh arpa e altare,
fuso dalla furia, (come poté la semplice
fatica allineare i
tuoi archi corali!)
soglia
terrificante del pegno del profeta,
tu preghiera di
paria e grido dell'amamte,
nuovamente
semafori che sfiorano il tuo rapido
ininterrotto
idioma, sospiro immacolato delle stelle,
e imperlano il tuo
corso – condensano l'eterno:
abbiamo visto la
notte sollevata, tenuta
stretta tra le tue
braccia. Attesi
presso i piloni e
sotto la tua ombra;
solo nel buio la
tua ombra è chiara.
Tutti i pacchi
infuocati della City ora sono disfatti,
e già la neve
sommerge un anno ferreo...
Oh, insonne come
il fiume sottostante,
tu che scavalchi
con un arco il mare
e la zolla
sognante delle praterie, slanciati
verso le nostre
bassezze, e qualche volta scendi,
e con la tua
curvatora presta un mito a Dio.
* Hart Crane, da
“Il ponte”, Guanda 1967, traduzione di Roberto Sanesi
CENESTESICA di Gaetano Altopiano
La
sensazione, mai è solo una sensazione. Comodo riferire un sintomo,
certo, che so, con la semplicità che è propria di ogni proscimmia
sperando che il signor medico possa capire. Nel riferire un senso di
malessere bisogna invece essere quanto più precisi, ma questo è
quasi impossibile considerando che la sensazione propriocettiva è
quella che determina sì la percezione della differenza tra stato di
malessere e benessere ma in funzione dello stato reale di salute, del
tono dell’umore, dell’equilibrio neurovegetativo, dell’eventuale
assunzione o astensione dal cibo, del caldo/freddo, della quantità
di riposo e persino delle condizioni meteo, con effetti talmente
diversi da indurre spesso in errore. Facile così sopravvalutare o
sottovalutare un sintomo. Facile, ahimè, confondere un dolore al
fegato con uno all’intestino per esempio.
mercoledì 16 dicembre 2015
RICORDATELO PERCHE' TI ROSICCHIERA' di Francesco Gambaro
Sino
a quando avrà bisogno di mangiare, di bere. Gli resterai solo tu.
Continuerà a guardarti dal basso verso l'alto ma con una presunzione
diversa, intimorata. Reviviscente come in un sogno. Proteso come un
avvoltoio sul tuo corpo caduco. Ultima firma sulla tua carta
d'identità. Finito tu, infinito lui nella speranza della permanenza.
Nè corteggiarlo più volte al giorno ti fu di aiuto. Prega per lui,
l'Illuso, il Topo.
L’ENERGIA DELL’ERRORE ( 2) di Gaetano Altopiano
Da
non so più quanto tempo non vedevo questa persona. A.V.
parrucchiere. 1980? Quando ci incontrammo la prima volta era magro e
capellone, lo ricordo benissimo, oltre che elegante e raffinato, ora
è un altro uomo. Anche la faccia è completamente diversa. E i modi.
Incredibile: è un altro uomo. E’ probabile che io gli abbia fatto
la stessa impressione, seppure mi sia controllato spesso negli ultimi
trentacinque anni senza notare granché di diverso. Ma siamo sicuri
che io e lui siamo io e lui?
martedì 15 dicembre 2015
SOLITUDINE di Gaetano Altopiano
In
India esiste ancora l’asino selvatico. L’onagro è vivo e vegeto
e vive a Bombay. E’ veloce come un cavallo e bello come una zebra.
Vederlo correre in branco a più di 65 chilometri l’ora mi ha fatto
una certa impressione. Quando se ne vedevano qui da noi procedevano
indistintamente a passo d’uomo. Erano animali solitari. Mai ho
visto correre un asino né mai ricordo di averne visti in compagnia.
domenica 13 dicembre 2015
UN COLPO DA PROFESSIONISTA di Francesco Gambaro
Ho spesso sognato di
dare il pugno definitivo al mio nemico. Carico indietro di spalla,
poi il colpo parte veloce come una fionda ma arriva moscio sulla
mascella. Un incubo ricorrente. Ora mi è capitato. Un rubaportafogli
da un metro e cinquanta, linea 101, un peso piuma contro un
mediomassimo. Il colpo è partito lento, si è fermato a un metro e
cinquanta dal suo nemico. Perché lascio andare via liberamente i
miei incubi?
VARIANTE AL BANO 2 di Gaetano Alto Piano
La
sproporzione tra Romina Power e Al bano Carrisi è gigantesca. A
cominciare dalla schiatta. I due non hanno mai avuto niente in
comune: lui un provinciale, lei addirittura figlia di Tyrone Power e
Linda Christian. Lui alquanto grossolano e lei bella come una
primavera. Mi sono spesso domandato come siano potuti finire insieme
e alla storiella che si sono conosciuti sul set del film “Nel sole”
ci credo poco . AlstaccatoBano nasconde di sicuro un segreto: la sua
mutazione genetica potrebbe essere molto più seria di quanto
pensiamo.
sabato 12 dicembre 2015
INFORMAZIONE (CATTIVA) 5 di Gaetano Altopiano
Tirare
fuori la “merda" anche dall’uomo più stitico è la
specialità di ogni detective che si rispetti: la gente non gradisce
gladioli, preferisce i crisantemi e ovviamente esclusivamente
all’indirizzo degli altri. Meglio se già puzzano di cadavere.
Questo, il primo comandamento. E sono soldoni, e carriera. Dovesse
trattarsi, invece, di uomini che la materia fecale ce l’hanno
davvero, e a iosa, allora siamo a posto. E’ una quaterna. Per la
cinquina però - attenzione - bisogna lavorarci parecchio. E di fino.
E’ questa che, se azzeccata, fa di un detective finalmente un
detective perfetto. Il massimo è fare cinquina con il più stitico
dei malcapitati. Qui sono supersoldoni. E supercarriera.
COSA MI PIACQUE DI
ITALO CALVINO di Francesco Gambaro
La sua bicicletta,
lui sulla bicicletta, una 26 non una 28, che lui sembra penalizzato a
pedalare per finta, che ci starebbe più comodo su una 28. Lo sterzo
retto non lo fanno più, il campanello figuriamoci mister trombetta,
la dinamo che ronza come una vespa, eppure, illumina il cammino. Poi
anche le brutte scarpe di vernice nera, le calzette corte o cadute e
il sorriso scemo e i pantaloni bianchi e l'equilibrio tra un sorriso
sincero e uno fotografico. Le risposte che non dava, la voglia di non
essere disturbato uguale alla disvoglia di essere amato.
Un'intervista mancata. Le risposte maleducate. Mi sono beccato da
vigile un: ma come si permette, chi gliel'ha dato il mio numero. E
poi venne Palomar, un succhiotto al Gruppo 63 e all'Incompiuto. Era
perduto, per questo l'ho amato.
venerdì 11 dicembre 2015
SOSPENDETE IL GIUDIZIO di Gaetano Altopiano
Vi
pregherei di sospendere qualsivoglia giudizio sulla sua propria
persona. Almeno fino quando non gli sarà data possibilità di difesa
e nelle sedi opportune. Il che, non so proprio quando possa avvenire
considerati i tempi della legge. Vi assicuro che ha la coscienza
pulita. Ma anche questo deve importarvi poco, astenetevi dal
formulare un verdetto poiché non è compito vostro. Né ora, né
dopo. Questo a motivo della seguente ipotesi – considerate : un
tempo che si ritorca su se stesso; che si involva contro ogni legge
fisica annientando l’idea di “durata”, rendendola, cioè,
perennemente presente al presente. Lo scricchiolio di una scarpa
durerebbe all’infinito. E ogni giudizio sarebbe solo un terribile
pregiudizio, dato che non muterebbe mai.
giovedì 10 dicembre 2015
FAME (ma non è Knut Hamsun) di Gaetano Altopiano
Se
si prova a pensare al “risparmio”, in termini simbolici, e non
solo, non credo ci siano dubbi: la prima cosa che viene in testa è
un salvadanaio. Non una banca. Questo, probabilmente, per la stretta
aderenza che nel nostro immaginario il risparmio ha con concetti come
Famiglia o Operosità, oltre che con la Fame (retaggio del nostro
tragico passato bellico e post-bellico). Ma il risparmio,
precisamente, è il valore positivo risultato dalla differenza tra
quello che spendo e quello che guadagno, che, moltiplicato per n
tempo non produce altro che “accumulo”, che in termini simbolici,
ma non solo, fa pensare inevitabilmente al “capitale”, ovverossia
a una banca. Non a un salvadanaio.
mercoledì 9 dicembre 2015
STORIE DEL SIGNOR DI JFK (13) di Francesco Gambaro
Scopando
sotto il divano JFK trascina senza volerlo il corpo di una giovane
lucertola. Sembra morte invece è letargo. Pietoso posa la scopa e
raccoglie lucertolina con la paletta. La depone sul dorso del muretto
di cinta della scala esterna della sua casetta di campagna e va in
cerca di un robusto e lungo filo d'erba. Trovatolo ne fissa
un'estremità al ramo d'ulivo con un nodo scorsoio. L'altra estremità
è un cappio a stringimento. Delicatamente vi inserisce la testolina.
Sistema il divano in direzione dell'improvvisato palcoscenico.
Aspetterà l'arrivo della stagione e il dilei risveglio per assistere
in primafila alla spettacolare autoimpiccagione.
martedì 8 dicembre 2015
PSICOSTASIA di Francesco Gambaro
Quando, dopo il
pauroso incidente, il mio amico uscì apparentemente vivo
dall'abitacolo della sua automobile, prese in mano la sua coscienza
e la depose sul ciglio della strada, come segno di devozione al dio
Thot. Il quale, giudice implacabile, ordinò ai suoi sottoposti, Ra,
Osiride e Iside di verificare sulla bilancia se la coscienza fosse
più leggera di una piuma di struzzo. Coscienza e piuma si
bilanciarono perfettamente e l'angoscia prevalse, sostituendosi alla
vita e alla morte del mio amico. Come si sa, secondo Anubi, se la
piuma è più pesante, il defunto è vivo, se è più pesante la
coscienza il defunto è defunto.
lunedì 7 dicembre 2015
LE MANI STREMANTI di Francesco Gambaro
Sono 4 minuti che
segano e segano. Si danno il turno. Niente. Metto Me and Bobby McGee,
nella versione riposante di Kris Kristofferson, trattengo di fare
pipì che dicono rafforza la ricarica di diesel. Chiedo a Kris di
farmela all'armonica. Sega e sega, addio, lascia perdere fratello il
tuo tempo non è il mio. Lallaà llalà, llala lala. Dovrei farfare
più ginnastica alle mani. Dopo 4 minuti attento ai crampi. Se almeno
ne venisse uno lì, non nelle dita delle mie mani stremanti.
VEGLIA FUNEBRE di Gaetano Altopiano
La
storia delle unghie che continuano a crescere anche nei giorni
successivi alla morte (così come i capelli, racconta J.L. Borges)
potrebbe essere vera. Ma anche non vera. Lo scrittore racconta di una
donna che, riesumata, fu trovata con 14 metri di capelli. Il che
ovviamente è pura “finzione” (tanto per usare le sue parole).
Di sicuro il corpo prosciugandosi dei propri liquidi si rinsecchisce
anche nelle mani e nei polpastrelli, che ritirandosi, danno
l’impressione che l’unghia sia più lunga, ma solo
apparentemente. Fatto analogo potrebbe riguardare il frangente
secondo il quale durante le prime ore successive al decesso (Borges
dice durante la veglia funebre) il volto del defunto assuma le
sembianze degli antenati. “Chi ha assistito a un evento del genere,
in cui il morto viene lavato, rivestito e composto in attesa
dell’arrivo di chi porta l’estremo saluto capisce di cosa parlo”.
domenica 6 dicembre 2015
LE MANI STAMANI di Francesco Gambaro
LE MANI STAMANI di Francesco Gambaro
Ho l'erba strappata
dai vasi di casa in mano. Il solito calcare in testa. Stamani ho
avviato per la prima volta, dasolochesonosolo, la lavatrice tetesca.
Sei perso dice mia nonna, ti dovrebbero cadere le mani. Sei morta
nonna, fammi riprovare o dimmi dove ho sbagliato. Scuoto i capelli e
un'altro po' di neve cade sulle mani. Stamani, dico, la mia vita la
stendo tra alluce e pedice, sotto la lamiera cacatoria delle
grondaie. E' una bella giornata di sole. Immagino che calze, mutande
e magliette asciugherebbero a vista d'occhio. Intanto che l'oblò
tetesco della lavatrice continua a non girare mi dedico alla manicure
pennellando le unghie di acetone. Aspiro. Per me, stamani, è come
farmi di crack.
ERINACEUS EUROPEUS di Gaetano Altopiano
Incontro
questo riccio due volte al giorno. Alle sei del mattino, quando passa
dal retro della casa e scende a valle, penso in cerca di cibo, e alle
sei del pomeriggio, quando presumibilmente fa ritorno al suo riparo
passando per il camminamento che porta da mio suocero. A parte la
puntualità - è incredibile come sia impeccabile nel presentarsi
all’orario consueto - è ammirevole anche per la sua precisione
viaria, altro che GPS: mai un tracciato diverso. Che era snob, però,
proprio non me l’aspettavo: da giorni metto mezza mela sul suo
cammino, ma lui niente. Non mi accetta niente.
sabato 5 dicembre 2015
QUANDO MI SOCCORSERO PERCHE' NON RESPIRAVO (in ricordo di Nunzio Incardona) di Francesco Gambaro
Respiravo benissimo,
era così bello fingere di non respirare più, coinvolgere amici,
amiche al pensiero che il respiro è un non pensiero. Ero taggato
alla facoltà di filosofia, il mio professore di teoretica voleva
fottermi alla grande. Io respiravo e in un fiato finsi il non
respiro, pensandolo parmenideo. Pensi, disse lui, non penso, dissi
io: lei pensa che io pensi invece non respiro. I think so I'm not.
LA VARIANTE AL BANO di Gaetano Altopiano
Volendo
togliere gli ultimi 4000, diciamo dall’invenzione della ruota, per
i restanti 2,6 o 2,7 milioni di anni dalla sua comparsa e dalla
conquista della posizione eretta l’uomo è stato praticamente un
animale camminatore. Si è evoluto come camminatore e il movimento
delle gambe è essenziale alla sua fisiologia. Ripeto: essenziale.
Impossibile disconoscerlo. (L’origine si fa risalire alla necessità
selettiva dei predecessori - ominidi di 20 milioni di anni fa - di
fornire individui in grado di avvistare le prede prima di essere a
loro volta avvistati e, ovviamente, di inseguirle più velocemente
sul terreno). Ciononostante, una parte dell’umanità si ostina a
non voler sentirne nulla. Come non vuol sentire ragioni per il resto
delle conquiste evolutive di natura diversa. Queste “diserzioni”
(inevitabili a quanto pare) sono uno dei fattori scatenanti la
mutazione: da queste nascerebbero le varianti della specie; alcune
delle quali di sicura vocazione al successo, altre miserabilmente
destinate al naufragio. Dove collocare Al Bano? E che futuro ci si
attende da questa variante?
venerdì 4 dicembre 2015
SAGGEZZA PER TUTTE LE TASCHE 2 (“Vecchioni e l’isola di merda”) di Gaetano Altopiano
Il titolo di un film porno con settantenni che si inculano.
COGLIONI 9/10 di Gaetano Altopiano
Non
avevo ancora letto l’Histoire d’O. di Madame Pauline Réage o
Dominique Aury, come dirsi voglia. Mi capita tra le mani veramente
per caso: una lacuna che sono stato lieto di colmare in
settantacinque minuti, se non altro per completezza d’informazione.
Nella prefazione (postfazione) di Jean Paulhan - edizioni ES -
certamente la parte più interessante, si avvisano i signori lettori
che dopo la scorsa di quelle pagine non saranno più gli stessi,
quindi attenzione. Vero. In effetti, dopo, ci si sente un po’ più
coglioni.
IN CRISTO E PER CRISTO E DOPO CRISTO DAVID BOWIE di Francesco Gambaro
Orfano da lustri
della fantascienza, offeso da lustri di piensiero dormiente, sgomento
per il retrogado populismo parrocchiale di Francesco Primo, cerco
parole antiche che mi ricatapultino nel futuro. Ricevo ascolto e vedo
Blackstar. E con il vecchio David Bowie risorge pure la parola
vaticinio. In Cristo e per Cristo e dopo Cristo.
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giovedì 3 dicembre 2015
SCELTA MENO IMPOSSIBILITA’ DI SCELTA di Gaetano Altopiano
SCELTA
MENO IMPOSSIBILITA’ DI SCELTA di Gaetano Altopiano
Se
quello che sbaglia direzione viene considerato persona in errore, che
dire di quello che invece va dritto verso una meta di cui alla fine
si pente amaramente? Il punto è che non c’è uomo che abbia piena
padronanza di cose come “chiarezza” e “coerenza” e questo
perché la razza umana non possiede una storia delle idee ma solo il
convincimento di averne avuta una (G. Scruton). Potremmo dire che
nessuno dei due è in errore se il termine fosse definito
diversamente ovvero che entrambi sono in errore. L’errore è perciò
contemplato. Anzi è assoluto. E’ il disavanzo (o resto) tipico di
una sottrazione: scelta - meno - impossibilità di scelta.
mercoledì 2 dicembre 2015
OLTRE CORTAZAR di Francesco Gambaro
Nel
Fama e l'Eucalipto Jiulio Cortazar scrive: un fama va per un bosco e
benché non abbia bisogno di legna guarda avidamente gli alberi. Gli
alberi hanno una paura terribile perché conoscono le abitudini dei
fama e temono il peggio. In mezzo a questi alberi c'è un eucalipto
bellissimo e il fama nel vederlo lancia un urlo di gioia e balla
aspetta e balla catellon catelloni attorno al perturbato eucalipto,
così dicendo: - Foglie antisettiche, inverno senza raffreddore,
grandissima igiene. Afferra un'ascia e colpisce l'eucalipto nello
stomaco, senza alcun rimorso. L'eucalipto geme, ferito a morte, e gli
altri alberi lo sentono dire tra i lamenti: e pensare che questo
imbecille aveva solo da comprare una scatola di Valda.
Nel
tardo pomeriggio di qualche giorno fa gli uomini della Squadra
Nautica, Sezione Volanti della Questura di Brindisi, hanno proceduto
al controllo del quarantunenne T.G. Che, alla vista della volante ha
cercato di guadagnare la fuga verso il quartiere Paradiso. Raggiunto
e fermato, la singolare scoperta degli agenti: l'uomo aveva ben
pensato di procurarsi datteri di mare spaccando interi pezzi di
fondale marino, portandoli a casa e. nella tranquillità del proprio
domicilio, frantumare le rocce per estrarne i mitili contenuti. Le 15
rocce, del peso di circa un quintale, contenenti i mitili, sono stati
reimmesse in mare.
Fonte: senzacolonnenews.it
Cfr.: Julio Cortazar, Storie di Cronopios e di Fama, Rodolfo Wilcock, Fatti inquietanti, Pauwels e Bergier, Il mattino dei maghi.
Cfr.: Julio Cortazar, Storie di Cronopios e di Fama, Rodolfo Wilcock, Fatti inquietanti, Pauwels e Bergier, Il mattino dei maghi.
martedì 1 dicembre 2015
ALZATI E DORMITI (per Gino De Dominicis) di Francesco Gambaro
Le
palpebre scattano sulle pupille mentre parla, non si rialzano. Una
scintilla di elettricità, della quale il nostro corpo è grande
donatore, una improvvisa interruzione della peristalsi circense
coniuga il brivido del trapezio con la noia dello spettacolo. Dunque
alzarsi e dormire. Le palpebre, non più costrette a subire alcuna
eccitazione muscolare, cadute senza ritegno, dormono anche loro: come
se la cinghia della serranda avesse ceduto senza sonoro né apparente
danno. Sbagliando, si può dire che quando il corpo affonda nel
materasso, è il materasso che ne affoga il corpo. Allora, in quel
momento, niente comincia e niente finisce, tutto si palpebra si
annuvola si confonde in concetti incapaci di alfabetizzare un inizio
o una fine. Misteriosamente si ritrova a tenere in mano le dita di
porcellana di una fidanzata mai fidanzatasi, lisce e finte. Questo è
il segnale. Si alza con gesto lento e atletico, senza darsi aiuto con
la mano libera, con la quale invece gira la maniglia della finestra.
Scavalca, pochi passi sul cornicione sino al punto in cui tutti i
corncioni cessano di esistere, e spicca il volo.
(L'OCCHIAIA. 12.) di Elio Coniglio
Una pioggia sottile mi turbina attorno , mi punzecchia , offusca la mia vista. Tuttavia, sia pure con le opportune precauzioni, scanso abilmente ogni pozzanghera, detrito, carcassa informe d’animale disseminata su questo vasto spiazzo. Ho con me una palla di morbida plastica colorata. Sulla sua superficie, in perfetta sincronia con ognuno dei miei cauti passi, si formano e si dissolvono, di continuo, ingranaggi complicatissimi, gelide stelle, numeri, galassie … La tengo tra le mani, le braccia allungate ben oltre il mio petto ansante quasi come se, da un istante all’altro, dovessi offrirla in dono a qualcosa o a qualcuno. Mi sfugge giusto mentre raggiungo la via da cui si diramano tutte le possibili vie. Uno due rimbalzi dopo, eccola, girogiro al marciapiede, rotolare giùgiù lentamente fianco a fianco ad un cinguettante rivoletto d’acqua piovana che, di tanto in tanto, incespica fra le sconnesse commessure della cunetta. La inseguo, caparbiamente! E sto per riacciuffarla ma, una altra palla, più grande sì ma incolore, spinta da una improvvisa ondata di piena, la cozza, la travolge. Trasportate dalla furia dell’acqua, entrambe trottolano impazzite giùgiù poi, scompaiono dal mio orizzonte visivo. La rivoglio! Ho le ali ai piedi quando, girato l’angolo, la vedo… Chi la stringe al suo ventre umido mi fissa con occhi inespressivi e ad un tempo mi ignora. Da ciascuna delle sue mille e più bocche socchiuse fuoriescono non parole ma gorgoglii che io intendo… e subito so che non c’è accordo: ciò che l’acqua ghermisce appartiene alle acque…
L’INTRUSO di Gaetano Altopiano
Non
sapendo decidersi sopra questa questione: leggere un libro sul
minimalismo orientale o uno sulla vite combattiva dell’Irpinia,
risolve di farsi fare un pompino. JFK lascia Tusa e piomba
letteralmente nel mio mondo. Mi costringe ad assistere a questo
spettacolo osceno e alla fine mi chiede anche i soldi per pagare la
ragazza. Un fango. La sobrietà ad oltranza non lo entusiasma. Meno
che mai dovere vivere di porzioncine di riso, bocconcini di pesce e
microscopici sorsi di acquavite né calda né fredda. Dice che solo
il risucchio lo arricchisce.
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