martedì 31 gennaio 2017

lunedì 30 gennaio 2017

domenica 29 gennaio 2017

L’INADEGUATO 2 di Gaetano Altopiano







Io abito una stanza senza finestre. Mangio in un piatto. Bevo da un bicchiere. (Sempre gli stessi). Non parlo a anima viva da mesi e faccio il bagno due volte a settimana. Col tempo non ho più acquisito alcuna preferenza: esco solo a una cert’ora e me ne vo a spasso. Non sono un nano turco, né un babbuino, ma mortifico quotidianamente la mia natura in squisito silenzio. Passeggio sui boulevard e sui lungofiume. Attraverso i giardini. Guardo i passanti senza alcuna intenzione. Se ho fatto quello che ho fatto, è stato in buona fede. Un fatto gravissimo: non dovevo assistere alla sua morte a cuor leggero. Si è congedata stringendomi le mani. Ci ritroveremo, mi ha detto. Ma io non ho forza di muovermi. La sera mi addormento stremato. 

SENZA TESTA NE' CUORE di Francesco Gambaro



Un pugno spaccò il cuore, proprio quando pensava di avercela fatta. Si ritrasse per considerare il danno ma, un altro pugno sfondò la testa e la considerazione fu interrotta. Divenne una sagoma, uno sterco bianco da marciapiedi. Pioveva e si scioglieva. Bussò tre volte alla mia porta. Ma io sono un giudice, non rispondo a chi mi bussa alle tre di notte. La sagoma continuò a picchiare altre porte. Senza più cuore né testa.


sabato 28 gennaio 2017

IL GIORNAMBULO di Gaetano Altopiano








Non approvava neanche quelle cose su cui il resto del mondo normalmente sorvola. Per principio. Perché, si chiedeva ad esempio, chi ama vegliare la notte e dormire di giorno ha ricevuto una definizione tanto romantica (il Nottambulo) e chi, invece, secondo il normale ritmo circadiano, veglia il giorno e dorme la notte non ne ha ricevuto alcuna? Si disperava, giacché detestava le ingiustizie.


BLOW UP di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/28/blow-up/

venerdì 27 gennaio 2017

giovedì 26 gennaio 2017

MEZZO DIALOGO, UN BACIO di Gaetano Altopiano







Assisto a un mezzo dialogo tra due amanti. A mezzanotte e un quarto ho aperto gli occhi e ho visto due che si baciavano. Non so chi siano, né tantomeno riesco a ricostruire la loro storia. Mi pare un vecchio film. Ma non importa, bastano due minuti, “voglio sentire il tuo sapore”, dice l’uomo in quel momento, e affonda la sua lingua dentro la bocca di lei. Considero l’inesattezza dell’affermazione: noi non abbiamo un sapore. Mi riaddormento. Correttamente avrebbe dovuto dire “voglio sentire il sapore dell’acqua di cui sei fatta”. 

INCIPIT VS INCIPIT (Robert Musil & Djuna Barnes) di Francesco Gambaro



Al principio del 1880, nonostante un fondato dubbio sull'opportunità di perpetuare la razza che ha la sanzione del Signore e il biasimo degli uomini, Hedvig Volkbein – una viennese di grande vigore e di bellezza marziale, distesa su un letto a baldacchino di un cremisi pastoso e spettacolare, le ali biforcate della casa di Asburgo impresse sulla cortina, la trapunta un involucro di raso in cui spiccava, in spessi e bruniti fili d'oro, lo stemma dei Volkbein – diede alla luce, all'età di quarantacinque anni, un maschio, figlio unico, con sette giorni di ritardo sulle previsioni del medico. (La foresta della Notte, 1936)

Sull'Atlantico un minimo barometrico avanzava un direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia, e non mostrava per il momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi versi nord. Le isoterme e le isòtere si comportavano a dovere. La temperatura dell'aria era in rapporto normale con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l'oscillazione mensile aperiodica. Il sorgere e il tramontare del sole e della luna, le fasi della luna, di Venere, dell'anello di Saturno e molti altri importanti fenomeni si succedevano conforme alle previsione degli annuari astronomici. Il vapore acqueo dell'aria aveva la tensione massima, e l'umidità atmosferica era scarsa. Insomma, con una frase che quantunque un po' antiquata riassume benissimo i fatti: era una bella giornata d'agosto dell'anno 1913. (L'uomo senza qualità, 1930)


mercoledì 25 gennaio 2017

STORIE DEL SIGNOR JFK (66) di Francesco Gambaro




All'inizio di ogni primavera a JFK torna la voglia di mettere fuori il naso e di passeggiare. Un giro perimetrale e quadrilatero della sua tana e, immantinente, naso dentro. Una sera, che ricorda particolarmente afosa, un maggiolino gli saltò in faccia, ferendolo a un occhio. Ma non fu un attacco. I maggiolini vedono soltanto rasoterra, quando saltano, o tentano il volo, è sempre un salto nel buio. Rovinando in terra sottosopra, colui inutilmente agitò le zampe per capovolgersi. Pur con un occhio solo, JFK sfilò dal maglioncino primaverile un metro di cotone e incappiò il malcapitato. Poi amorosamente lo rivolta e, con saldamente in mano l'altro capo del filo, continua la sua passeggiata. Impettito come certi signori di città che portano a spasso il loro bassotto o come certe prominentemente nasute caricature di Giuseppe Onufrio.

LA TIGRE di Gaetano Altopiano







Non ci sono mostri altrettanto ossessivi. Per quanto meravigliosa la fantasia della Tigre accompagnò uomini come Salgari e Borges estenuandoli fino alla morte, più di quanto in passato non avessero fatto i draghi con Piero di Cosimo o Paolo Uccello. Quello che li legò a questo animale ha dell’incredibile e potrebbe anche non essere giustificato ai nostri occhi, se noi stessi, in più di un’occasione, non ne fossimo stati sbranati in sogno.

martedì 24 gennaio 2017

UN TITOLO di Gaetano Altopiano






Un sentimento di cui ci libereremo presto è la gelosia del corpo. Come giustificarla - a cosa si riferisce - che relazioni ha con l’odierno - in un paesaggio che ovunque accoglie esseri tanto impropri e fugaci? Una categoria a cui il cervello dedica sempre meno attenzioni. Venuti meno gli interessi cerebrali: non fai in tempo a concentrarti su qualcosa (tu) che il mondo già ti propone un soggetto più meritevole. E due. Chi distingue ormai la risata dal sogghigno? Chi, la mestruazione da una neoplasia uterina? Sui lungomari si incontrano coppie tra le meno probabili, ma tra le più riuscite. L’uomo e il delfino - la donna e il tritone. Vogliamo offrire i nostri corpi liberamente e “contro natura”. E’ il momento. E’ tutto così passeggero, Mon Dieu. Nelle città, personalmente, mi sono accoppiato con mostri e con colonie di topi. Quattro. E indistintamente. Del tutto inutile il mio umore, quello che penso o quello che ho pensato. Gelosia dell’inesistente. Un titolo.


C'E' UN VECCHIO BAMBINO BEATO IN UN CASINO di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/24/ce-un-vecchio-bambino-beato-in-un-casino/

lunedì 23 gennaio 2017

SE TI UCCIDO di Francesco Gambaro




Tu stai posando i tuoi piatti sui miei piatti. Non vuoi mai pulire in cucina. Tu stai togliendo il vino dalla tavola senza chiedermi se ancora voglio bere. Tu stai andandotene a riposare mentre io, ancora, voglio parlare. Se ti uccido mi dirai: uccidimi. Così saprò che sei senza speranza un pezzo di merda, poserò il coltello e non ti ucciderò.

sabato 21 gennaio 2017

RIGOPIANO di Frsncesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/21/rigopiano/

NEL DESERTO DEI PONTI DI PALERMO di Francesco Gambaro




Mi capita, passando da certi ponti, di sentire quanti passi ancora rimbombino e, guardandomi attorno, di vedermi sopraffatto da passanti di tutte le età e di tutti i tempi. Roma la ricordo così, attraversando dall'alto, solitario e con terrore, la circonvallazione di Palermo. 

TUTTO, ESATTAMENTE di Gaetano Altopiano







Col mio amoruccio Rodolfuccio Wilcock condividevo una cotta per gli avverbi (lui è morto però). Allora amavo spesso dire “precisamente”, oggi mi piace da morire “esattamente”. “Tutto” era il suo preferito. E non saprei dire se sia mutato. Nel giudizio critico alle poesie di J. L. Borges in Poesia Ispano-americana di oggi, in Ulisse, settembre 1960, alla fine scrive: rimasto nella memoria dell’autore quale splendente baldacchino sotto il quale si sono concentrati tutti i luoghi e tutti gli istanti dell’universo. Nella quarta di copertina del suo libro di Poesie (una meglio dell’altra) pubblicato da Adelphi, a un certo punto parla di tutti i libri del mondo. Era precisamente il mio ideale di poeta. Anzi esattamente: “Fa il conto della merce abbandonata da Dio e prendila, l’hanno fatta per te millenni di uomini che non ti conoscevano ma che cercavano di prefigurare, in templi, tombe e biblioteche, uno stupore come quello che effondi quando sorridi e fai fermare il tempo e tutti ammutoliscono rapiti e ti alzi e dici “io me ne vado a letto”. (da Comunque sia, questo mondo, è per te – R.Wilcock)

venerdì 20 gennaio 2017

ORGANIZZAZIONI di Gaetano Altopiano



L’organizzazione di un cervello (o di una qualsiasi altra entità che ne condivida lo scopo) passa attraverso tre stadi obbligatori: solo raggiunto il terzo livello il suo frutto può degnamente prendere il nome di intelligenza. Stadio 1) causa/effetto. Riguarda sommariamente lo stadio intellettuale dei bambini, dei batteri, dei vegetali, degli animali di piccolissima taglia, delle dorsali oceaniche e del moto dei pianeti e simili. Stadio 2) causa/difetto/effetto. Riguarda gli adolescenti, gli alberi d’alto fusto, gli animali di piccola e media taglia, i virus, i vulcani, le faglie minori e simili. Stadio 3) causa/ragionamento/effetto. Riguarda lo sviluppo degli adulti, dei baobab, degli animali di grande e grandissima taglia, dei gaiser, dei vulcanelli, delle fumarole, delle fughe di gas cittadino e simili. Il battere su un tamburo non è sintomo di intelligenza. Non è sintomo di intelligenza nemmeno individuare un cognome su un campanello da suonare. Né azzeccare la scarpa destra o sinistra al primo colpo.

NEVOFOBIA NO STRANA di Francesco Gambaro




Neve amatriciana, neve A neve B, neve percepita, gelicida, alogena, sincopatica  disabituata, come la vorremmo noi acquatica. Neve informatica, in stabile, granulosa, efficiente, patagonica, astrofisica. Neve che sta giungendo, neve che sta fuggendo, neve assirobabilonese bantù surriscaldata, neve che giacque, che ti voglio bene neve anch’io te ne voglio, neve ad assisi neve all’ospedale Cervello, neve del giorno dopo, neve del 1915, neve altrui, neve se non ricordo male, neve sul letto, capezzolare, uguale, estrema. Neve gagarin, neve in studio, neve domani sarà un altro giorno, neve non si ferma mai, neve ricovero, neve cuperlo, neve carosello, neve che dio ti maledica, neve soggiorno, neve acc, neve ecc. neve embé, neve se ti facessi li in piedi, neve siete circondati, neve siete espropriati, neve questa sarà la vs tomba, neve sghimbescia, ammazzastrade, maestrale, della gola, del sole, della laguna appenninica, neve gel, neve acanfora, styl, kaput, antesignana, antisisma, a favore di vento, neve terremoto. Cmq tranquilli amici, luglio è dietro l’angolo.

giovedì 19 gennaio 2017

LA DISCENDENTE di Gaetano Altopiano



Sono stato a Praga qualche anno fa. E il fatto non avrebbe alcuna importanza, data la sua inesclusività: uno che non si droga non andrebbe mai in una città simile per vacanza. Non fosse però che, in questo viaggio, mi accadde di passare una serata in un fumoir elegantissimo dove i vecchi praghesi (i più dandy) si recavano per toccare cameriere compiacenti o addormentarsi con un Montecristo in bocca senza mogli intorno che sbraitassero. Crystelle, la giovane sigaraia, mi raccontò che l’albergo era stata la sede di una banca dell’800, e al pianoterra, più esattamente in uno dei seminterrati, nei locali che furono il caveau e la sala delle casseforti era stato ricavato perlappunto quell’esclusivo fumoir completamente rivestito di radica nera e senza finestre. Perennemente in penombra, mi disse, a ragione. Il fatto curioso fu però il seguente: durante la serata venni a sapere dalla sua bocca che lei era una discendente indiretta nientemeno che di Franz Kafka, per parte di alcuni zii. Rimasi sbalordito. Ma soprattutto, in un secondo tempo, rimasi sbalordito dalla grandezza dei suoi piedi: troppo grandi per una ragazza della sua età. C’era la possibilità che stesse inventando tutto? Vivo ancora con questo dubbio.

POI LEI SI DISSE di Francesco Gambaro




Poi si disse, io questo mio marito lo ammazzo. Fece scivolare un goccio di saliva fuori dal rossetto, girovagò tra gli ospiti a passo di tango. L’amore è finito, si disse, l’amore è un tango. Finisce. E’ musica, è miseria umana. Finito, tu sei finito, si disse. Lei batté le mani in alto. Lei lo sorprese mentre guardava un’altra, L’ammazzerò, si disse, con ticchettio di tacchi. La musica, la pistola, i tacchi. Lei non sparò. Furono gli altri a pensare che avrebbe sparato. Fu suo marito a pensare di cadere stecchito sotto un ticchettio di tacchi. 

mercoledì 18 gennaio 2017

LETTERATURE 2 di Gaetano Altopiano




Il periodo più bello, ci confidò, riguardava i giorni in cui scriveva consultando sempre gli stessi due libri cinesi. Che giorni magnifici disse. Potevo inventarmi qualunque cosa, e mai nessuno avrebbe decifrato l’esiguità della mia conoscenza: c’erano ben 176.400 parole diverse in quei soli due libri, sapete, e infiniti possibili anagrammi. In teoria, avrei potuto scrivere un’enormità di libri e cominciando sempre in un modo diverso. Noi, però, sapevamo benissimo che quello era stato il periodo peggiore. Non aveva scritto un solo rigo. La governante Therese gli aveva precluso la biblioteca, e lo nutriva esclusivamente dell’alimento che più gli era nocivo: le patate. (da Auto da Fé, riscritta dalla sottoscritta).

UN REGALO DA FACEBOOK di Francesco Gambaro



FB, ogni tanto, fa un regalo alla mia memoria, pescando a un anno esatto un post pubblicato. Ricordo perfettamente quel raro video di Gleen Gould che, agitato e inquieto, suona si alza canticchia si riavvicina al pianoforte, di notte nella sua casa. Non ricordavo, non ricordo mai quello che scrivo, non solo per deficit di memoria ma anche perché non mi interessa ricordare, almeno sino a quando riuscirò a continuare a scrivere. Lo ripubblico perché mi piace e, anche, per affrancarmi dai nipotini di Eco che, ossessivamente, denigrano FB, su FB.


GLEEN GOULD

A un certo punto della notte telefoni. Vorresti essere telefonato. Telefoni per illuderti di precedere una telefonata. Per capire come stanno le persone che non ti telefonano. Non soffri di solitudine, ma della paura che gli altri che non ti hanno telefonato stiano cambiando. Picchi sui tasti, ti alzi, resti alzato, ripicchi sui tasti, vai, vieni, poi afferri la cornetta e telefoni. Sei ormai un investigatore. Non un interecettatore. Ascolti i toni delle voci, le pause, le sorprese, il gemito di un proditorio risveglio, capisci. Cosa capisci? Che non sei più quello di ieri notte e scopri che anche chi ti risponde non è più lo stesso. Questa percezione non ti toglie il piacere di ascoltare un'altra voce, del congiungimento sonoro tra la tua voce, che riconosci anche se ha smesso di gorgheggiare ed è tornata a emettere parole, e la loro. Loro che, invece, scambiano la tua chiedendoti chi é. Sei loro. Quelli che vogliono capire come stai. Se ti sei bevuto il cervello, se hai un cancro alla prostata, se sei finalmente riuscito a storpiare in modo perfetto l'ultima partita di Bach. Perché telefoni? Perché guardarsi negli occhi è semplice come grattarsi la testa. Ma sentire le voci, ricostruire un volto, una espressione, un corpo attraverso l'orecchio, direttamente in testa, immaginarsi l'altro nel momento in cui lo chiami, nel suo momento, non è semplice, è un trip psichedelico. Telefoni per sapere se sei ancora quello che sei. Chiedi chi è stato l'ultimo a tradirti, a non reggerti. Sospiri, torni a gorgheggiare, vai vieni a passi più veloci, torni alla cornetta, a un altro numero. Telefoni per sapere come stai.

martedì 17 gennaio 2017

GERTRUDE di Francesco Gambaro

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UN CONIGLIO CONIGLIO di Francesco Gambaro




E tu cosa vedi? Io vedo un coniglio? Ma un coniglio coniglio? Per niente. E allora cosa vedi? Vedo un coniglio armato di un fucile. Un coniglio armato di un fucile fucile? Puntato puntato. E come lo tiene. Lo tiene a due zampe e mi sembra il Bernardelli a quattro quattro canne di mio padre. Una quadrippietta? Doppiadoppietta la chiamava mio padre padre che sbagliava sempre, era un illuso. Sbagliava mira mira. Mai un coniglio. Con la doppiadoppietta. Mai. Ma bravo in in certo senso. Amava gli animali, in particolare organizzava ogni sera una cena per i conigli della contrada. In particolare per uno, il più grande. Lo chiamava Elio. Ma chi Elio, il coniglio dei cartoni animati? Non quello, quell'altro con i capelli animati. Aveva capelli animati? Che salivano in cielo quando si toglieva il cappello. Capelli, cappello. Pervacco. E tuo padre. Mio padre dimenticava la quadrippietta e si arrampicava su quei capizzi di capelli di Elio. E adesso dov'è. E' proprio davanti a noi, è quello che ci sta puntando. E' così che è morto, vero? Sì, è così che è morto. Elio ha puntato il fucile, ha sparato, e mio padre è morto sparato sparato.

UN MORTO CHE NON MUORE di Gaetano Altopiano







Briefing di questi giorni (unico partecipante, io). Riconosco la mia mancanza di stimolo - l’esiguità del lavoro e la sua inconsistenza - e non posso che imputarla alla mia indolenza. Ordini da impartire, strategie da seguire, programmi da attuare (io ordino, io pianifico, io attuo). Al momento uno solo. Cosa mi serve per individuare un attacco di debolezza e combatterlo? Sintomatologia, Diagnostica, Profilassi. Solo all’idea di un tale dispendio di forze ho un rigurgito emozionale. Mi svuoto, e ho bisogno di quiete. Sento lo strapotere degli altri senza alcun patema. “Avverto la ferocia di un milione di sorrisi idioti”, quasi/Rimbaud.

lunedì 16 gennaio 2017

ESERCITI 2 di Gaetano Altopiano






Ci sono circostanze inaccessibili a ogni comprensione. Dove siamo, che ore saranno? La pioggia cade incessantemente. L’uomo cammina solitario nel raggio di chilometri. La situazione è questa: riferisco di aver visto quest’uomo avanzare in una spiaggia devastata dalla burrasca. Non so altro. Dove eravamo, che ore saranno state. Rami d’albero, canne, milioni di pietre e rottami di ogni tipo si sono accatastati creando uno scenario da fine del mondo. Ma l’uomo, seppure con difficoltà, avanza. E’ un titano. Sbottonato, sudato, con un lungo bastone in mano e una barba da fuggiasco. Cosa starà cercando? La profezia dice che i venti obbediranno a un suo semplice gesto e che la tempesta diventerà docile come la fonte d’acqua dell’oasi del deserto. Ma io? Io non conosco il luogo, come faccio a sapere tutto questo?




L'ABBANDONATA di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/16/labbandonata/

sabato 14 gennaio 2017

AA BB ECCETERA di Gaetano Altopiano







Se una Nazione non tentasse di mettersi sul mercato, come fa una S.p.a. qualsiasi, non avrebbe alcun motivo di rincorrere una certificazione di qualità. A chi e a che cosa dovrebbe rendere conto oltre che a se stessa e a chi e a che cosa dovrebbe rendersi appetibile oltre che ai propri risparmiatori, se non unicamente a possibili compratori? Ma le Nazioni non sono società da quotare in borsa e da vendere. Il Rating nasce nei primi del novecento, in America, con lo scopo di rendere pubblici i dati delle aziende private quotate in borsa ai possibili investitori, classificandoli nel contempo per qualità attraverso una serie di regole. Standard & Poor’s e Moody’s, le due società di rating più grandi del mondo, sono infatti americane. Assistiamo però a un fatto paradossale: le Nazioni occidentali, che non sono in vendita, si fanno certificare e rendono pubblici i loro dati come se invece lo fossero. AAA BBB CCC e via di seguito. Niente giustifica un simile comportamento se non il tentato ingresso sul mercato. 

UN CASSONETTO A PALERMO di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/14/un-cassonetto-a-palermo/

venerdì 13 gennaio 2017

IMPEGNI 3 di Gaetano Altopiano









Oggi sono angosciato dalle mie necessità corporali: mi impongono rituali da schiavo che normalmente non accetterei. Quanto mi costa il diritto a un fuoco ristoratore? Uno, caricare la legna, due, portarla nella legnaia, tre, impilarla facendo la giusta selezione, quattro, entrarla in casa, quinto, sistemarla nel cesto (e anche qui selezionarla per dimensioni), sesto, preparare il camino, settimo, accendere la diavolina e tentare di far partire il fuoco, ottavo, aspettare, nono, aspettare, decimo, aspettare, undicesimo, aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Fuoco. 

STORIE DEL SIGNOR JFK (65) di Francesco Gambaro





Delicatamente JFK solleva le gambe e passa in rassegna i nei identificativi che le ingombrano. In genere sono tutti al loro posto e non di rado ne scopre di giovani e nuovi. JFK è alla ricerca di un neo del ginocchio, famigliarmente chiamato Angi per via del colore rosso. Non lo trova. Questo è molto strano, riflette JFK, in genere aumentano, mai sentito dire che diminuiscono. Dove sarà finito? Dove ti sei cacciato? grida JFK girandosi a turacciolo. Non lo trova. JFK comincia ad agitarsi come un ronzino imbestialito. Il disordine dei suoi nei è sempre stata una chiara mappa, una tac della memoria vivente. Per un uomo di pensiero, ragiona JFK, il disordine è ordine, quindi vieni fuori, urla ad Angi sperando che quello si spaventi e salti fuori. Dissennatamente. E' notorio che gli angiomi rubini, già dal giurassico, sono privi di organo uditivo.

giovedì 12 gennaio 2017

L’INADEGUATO di Gaetano Altopiano







Se io non fossi l’eccezione che sono, credo che definirei correttamente il luogo dove vivo e i simili con cui con-vivo, quando, riferendomi alla mia piccola cittadina e ai suoi abitanti, dicessi: questa è la mia Società. Sarei ancora nel giusto se, percorrendo 1000 chilometri, incontrando il primo insediamento umano non mi sentissi più nella mia Società ma in un mondo nuovo. Se non riconoscessi i luoghi, non identificassi puntualmente ogni odore e quello che gli abitanti del posto usassero fare o pensare non mi apparterrebbe minimamente. Ma lo sarei anche percorrendo appena 5 chilometri: nemmeno Bolognetta, il nostro più prossimo insediamento, è la mia Società. Riferendomi alla mia piccola cittadina e ai suoi abitanti, allora, sarebbe ancora più esatto dire: questa è la mia Società, e nessun’altra. E la mia inadeguatezza in una Società che non fosse la mia sarebbe più che legittima. Ma io sono l’eccezione che sono. Il movente per cui sono nate la Sociologia e la Statistica. 

DUE SECOLI ESATTI DOPO ARCIMBOLDO di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/12/due-secoli-esatti-dopo-arcimboldo/

mercoledì 11 gennaio 2017

STORIE DEL SIGNOR JFK (64) di Francesco Gambaro




Non ci sono più, disse la pipì. Eppure JFK credette ce ne fosse ancora. E stiede. A guardare il vuoto, ad aspettare nel vuoto. Quella posizione statuaria gli piaceva. Lo alleggeriva dai pensieri, lo liberava dalle scadenze delle faccende di casa. Dalla fretta. Era il tempo di una delle tante ricreazioni giornaliere e ogni volta lo faceva durare il più possibile. Una rugiada assassina si impossessò dei miei piedi e li fece forti. L'effetto minzione gli causava una produzione di versi volatili. Claudicando il ginocchio destro non ebbe più in sorte di raggiungere il sinistro. Osservava la parete del water come fosse una finestra sul mondo. Era così bello, così tanto quello che riusciva a vedere in quei momenti, che la pipì ricominciava a fluire in forma di lacrime.

martedì 10 gennaio 2017

IN THE CUT di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/10/in-the-cut/

CONTRADDIZIONI 2 di Gaetano Altopiano







Quello che non ho mai preteso lo pretenderò. Ma a questo non c’è spiegazione. L’oro risulta essere stato il primo metallo utilizzato dall’uomo, ma mai come utensile o come strumento d’offesa a causa della sua natura controversa: bello a vedersi ma inutile a qualunque scopo. Gliene fu dato uno simbolico: il valore. Se ne fece moneta. E ogni moneta recò da subito il profilo di una testa umana sulla faccia e sul rovescio un’immagine comunemente definita croce, e questo ininterrottamente dal 630 a.C., anno a cui si fa risalire il primo conio. Quello che non ho mai preteso lo pretenderò. Sarà il momento in cui il meno probabile dei miei capricci non solo sbucherà da un senso unico prendendomi contromano, ma in più pretenderà il diritto di precedenza. Mi preparo.  

lunedì 9 gennaio 2017

A DESTRA di Francesco Gambaro




A destra fake news: Albano ci ha lasciato poco fa… e se apri ti becchi una promozione di profilattici,  in alto i cookies, gli spioni di ogni nostra rotta di naviganti pornocoraggiosi, in centro i banner che se non dici ti voglio ciucciano il motore, in basso la tastiera della macchina da scrivere che chiede aiuto spaesata, a sinistra il vuoto del web, nostra signora croce. Però però però, che sballo in queste giornate di neve, sciare sulle app: Acchiapp (https://it-it.facebook.com/acchiapp.te)

domenica 8 gennaio 2017

INTRAMOENIA (Gala Dalì) di Francesco Gambaro



Che cos'è l'amore. In primo luogo è la perdita del peso.

Gala Dalì, La vita segreta, L'Ippocampo, 2012

sabato 7 gennaio 2017

BIANCO di Gaetano Altopiano




Sulla neve che è caduta abbondante ho poco da dire, è un argomento più che mai fastidioso. E il fatto che centinaia di famiglie del luogo la considerino fonte di divertimento non mi convince a cambiare idea su questo genere di precipitazione: il suo naturale corrispondente è il maschile tedesco das Unheimliche, il Perturbante, di cui abbiamo anche una spiegazione psicanalitica (vedi S. Freud) che però non è il caso di approfondire. Si presenta sotto vesti di cui non una mi riesce simpatica: è fredda, è umida, è abbagliante, e quando la pesti scricchiola facendoti rabbrividire come fa il gesso strofinato sulla lavagna. Oltre a creare pantani ogni qualvolta si scioglie. E, in definitiva, è come la coca cola: ha un “sapore” troppo infantile per potermi entusiasmare.  

IL MIO NEGOZIO di Francesco Gambaro




Il mio negozio si aprirà, a pochi passi da qui, con la seguente insegna, avrà prezzi inesistenti ma senza saldi, tutte le misure sino ad esaurimento, le commesse desiderio si metteranno a vostra disposizione anche quelle con etichetta di marca, i gabinetti in fondo in fondo se seguite il corridoio, comprerete e non pagherete, un’immagine di Ratzinger col gatto,  un Trump con la testa di Obama su piatto originale creolo, i mimi Prodi e Gentiloni in porcellana limoges, anche tutto ciò che vorreste di più sapere o volere, sino ad esaurimento.

venerdì 6 gennaio 2017

UN MORTO CHE MUORE di Gaetano Altopiano



Tal Alon è docente di ecologia dei deserti all’università Ben Gurion di Bersabea, in Israele. Quest’uomo ha il merito di aver lanciato un allarme di cui speriamo venga compresa la gravità: un giorno la più grande depressione della Terra, il mar Morto, lago situato tra Israele e Giordania, si estinguerà. (650 km quadrati a -420 m dal livello del mare con acqua talmente salata che affondare è impossibile). Accadrà per effetto della sproporzione negativa tra quantità di acqua ricevuta dagli immissari e acqua che evapora. La seconda supererà la prima e il mar Morto morirà.

UN GRIDO DI DOLORE EXTRA di Francesco Gambaro




Mi addolora che ormai, quando mi domiciliano una pizza, ci trovo nel cartonvagone un inaspettato contorno di calzoncini fritti, calzoncini al forno sboccianti pomodoro fresco, una piccola Fanta familiare, un bocconcino di mieusa, un rettangolo di sfincionello, un assaggio di Faccia da Vecchio. Tanti e tante leccornie. E la pizza? Al terzo giorno è ancora lì. 

giovedì 5 gennaio 2017

IL MATUSALEMME (Decalogo) di Francesco Gambaro



1 - Legge ancora i giornali (legge ancora)
2 - Mangia carne a tradimento
3 -Sogna sempre di riuscire ad avere, almeno una volta nella vita, un Rolex o almeno un paio di Church’s (che i nipoti o i pronipoti gli sottrarranno vestendolo per la bara)
4 - Sogna di avere nipoti, un nipotino, una nipotina, poi si accontenta di succhiare una nepitella
5 – Non guida più perché odia la velocità, in controtendenza con il suo passato futurista “dei viaggi della gente del fischio dei treni”
6 – crede, con Bacone, nell’effetto purgativo dei Tabula Rasa (ogni tanto un po’ di guerra ci vuole)
7 – Odia ringiovanire (anzi si studia come un corpo nuovo)
8 – Conversa molto, anzi, non la smette mai di conversare con la propria voglia di conversare
9 – La mattina non si libera del tutto. Nelle ore successive (horae canonicae) si mette alla prova pregando

10 - È eterno come tutti i rockers di questa terra

IMPEGNI 2 di Gaetano Altopiano




L’estremo sacrificio mi viene richiesto dal cibo. Si pretendono gesti eroici, digiuni, profilassi di un regime alimentare che aspira al culto religioso del verde. Quando per millenni, invece, l’uomo cercò la proteina animale come principale alleato: il rosso. All’ombra di questa frontiera del terrore, mi aggiro torno torno al banco delle carni. Innalzato al ruolo di antagonista (perché?) la costata mi convoca al suo cospetto: è in atto una guerra, devi rispondere, e sii saggio; devi impegnarti, oppure, votarti alla celebrazione del niente. Decido per un atto di umanità non solo con me, ma, più esattamente, con noi stessi, o meglio, con quello che ogni essere ragionevole dovrebbe pretendere da se stesso: sazietà. Mi immolo, accendo un cero agli antenati. Il maestro disse: un tempo si mangiava per migliorare se stessi, oggi si mangia per impressionare gli altri.

mercoledì 4 gennaio 2017

OCCHIALI IN CAMICIA di Francesco Gambaro

https://francescogambaro.wordpress.com/2017/01/04/occhiali-in-camicia/

IL CACCIATORE di Gaetano Altopiano






Abbiamo poco da aggiungere a quanto ci insegnarono i predatori. Marmotte, opossum del nord America, ma anche per il più modesto coniglio, nell’animale adulto la pelle si scuoia sempre allo stesso modo e fatto un foro nel cranio le cervella si succhiano ancora belle calde. Se una pelliccia, dunque, ci riscalda come avvenne tre secoli fa non è un dato significativo: dello spirito dei cacciatori non abbiamo conservato niente. Nessun fiuto per una pista. Smarrita l’importanza del fuoco. Gli occhi disabituati alla notte creano imprevisti e pericoli. Rimasti intatti solo il senso dello spazio e la paura: l’enormità, la materia dei boschi, il respiro che al contatto col gelo si solidifica.


martedì 3 gennaio 2017

DIETETICA di Gaetano Altopiano







Chi crede nell'apocalisse è uno stolto. E Aulo Cornelio Celso, profondo conoscitore di Ippocrate e medico lui stesso, già nel 30 d.C. indica fra le eccellenti regole di salute e di lunga vita il diversificare e l’alternare ciò che è in antitesi, privilegiando l’eccesso più favorevole senza però trascurare quello più sfavorevole. Ci si abitui al digiuno, ad esempio, e alla sazietà, pur privilegiando il mangiare abbondante. Alla veglia e al sonno, pur privilegiando quest’ultimo. A star seduti e a fare esercizio fisico, privilegiando il secondo. In tal modo si asseconderà la natura, addestrandola a dominarsi. Stolto chi crede nell’apocalisse. 
ALTRI INCIPIT (Tommaso Landolfi) di Francesco Gambaro

Or ora tentavo di procurarmi una bottiglia di vermouth, ma tutte le botteghe erano ancora chiuse. Stavo incerto all'angolo di una strada (e a al gelo della riviera), quando per compenso del mio scoramento è passata di corsa una fanciulla; una scolara con libri, che certo s'affrettava alla fermata del filobus. Poiché avevano già spento le luci, ed era quasi buio, e lei correva senza rumore, è sorta dal fondo della strada come dal nulla. Una giovinetta che corre! Questa nel suo moto scopriva le gambe ben più in su del ginocchio, e la sua leggerezza era mirabile; a parte gli animali corridori di professione, così corrono soltanto i cani e i passeri, parendo respinti e come ballottati dalla terra. Il passaggio a livello era chiuso, ha dovuto passare sotto le sbarre: mettendo con ciò in valore tutto il meglio di sé, ma in una sequenza tanto rapida, che ogni attittudine era immediatamente scancellata e bruciata dalla seguente, con effetto di capogiro o di sogno. Donde viene viene loro quella meravigliosa coerenza di movimenti, quell'accorgliersi e convenire di forme, come mai non capita loro di scosciarsi sgraziatamente, di spampanarsi? Appenna di là, poi, ha rispiccato la corsa ed è dileguata. Why the fly flied? Because the spider spied her.
Vario è l'istesso error ne'gradi vari / E sol l'egualità giusta è co'pari”


Tommaso Landolfi, Des mois, Adelphi, 2016

lunedì 2 gennaio 2017

LETTERATURE di Gaetano Altopiano






Un recentissimo studio sulla poesia classica italiana - il più moderno, a quanto mi risulta - ne svela definitivamente l’importanza e il valore pedagogico che ha avuto per decine e decine di generazioni di studenti. Quello su cui non spende una parola è il significato qualitativo di “importanza” e di “valore pedagogico” riferiti alla formazione di quelle decine di generazioni di studenti dando per scontato che tutti intendano i due significati allo stesso modo, ossia che tutti non possano attribuire loro che un valore algebrico pari al distinto. In altre parole fondando una presunzione che non prevede diritto d’appello e magari il ricorso in cassazione. E non potrebbe che essere così, del resto, dato che anche l’autore del saggio si è formato attraverso la medesima importanza e il medesimo valore pedagogico.