domenica 31 gennaio 2016

(L'OCCHIAIA. 13.) di Elio Coniglio



   In assoluto silenzio, lo sguardo di ciascuno di noi fisso dritto sulla nuca di chi lo precede, attraversiamo una   crepitante distesa di spighe alte, curve e di un rossiccio in certi tratti troppo intenso, quasi riottoso. Chi ci guida, passo dopo passo ci guida con formidabile istinto animalesco fino all’inizio del nuovo giorno. E di giorno in giorno, di stagione in stagione, noi e le irraggiungibili vette di queste montagne ci fronteggiamo, soppesandoci con una diffidenza che con col passare del tempo a poco a poco si sta trasformando in complicità, da ogni possibile angolazione prospettica…

IL GAMBERO GENOVESE di Francesco Gambaro




Provo una gioia confessabile quando, regolarmente, storpiano il mio cognome in Gambero. Mi pare di essere stato graziato di una doppia vita, sotto copertura. Mazzola, il mio idolo, non l'ha mai avuta, perpetuo soccombente di Rivera, Helenio Herrera ce l'aveva e Heriberto ne pagò tutta la vita pegno, rimanendo un sia pure grande Accacchino (HH2) rispetto al gigantesco Accaccone (HH). Il mio amico Abbate, narcisista tetragono, ha talmente orrore di fare la fine dell'Abate, che a tutti detta e raccomanda la doppia b, prima di stringere amicizia. Tra un crostaceo e un gambale di cuoio da angiporto genovese ci sta invece Gambaro che, in buona fede e a buon diritto, gode a rimandare al mittente l'ennesima multa.

sabato 30 gennaio 2016

FAIL DI CIPRESSI di Francesco Gambaro




Tendo a leggere “file di cipressi indicavano la strada verso la cappella di famiglia”, “fail di cipressi indicavano la strada...”. Una nutrita famiglia di mie sinapsi deve essere morta, avermi preceduto.  

SLOGAN SLOGATI di Gaetano Altopiano



Uno virgola quattro milioni di bambini italiani, secondo una certa campagna pubblicitaria in cerca di finanziamenti, sono a rischio povertà. Save the Children, dice addirittura che sono quasi il doppio (più del venticinque per cento del totale). Insomma. Non tanto i numeri, né l’argomento, molto delicato e che conosco poco, ma è il principio su cui alcuni basano le loro richieste di fondi a rivelarsi infelice. “Essere a rischio povertà” infatti non significa un cazzo. Certamente non significa essere poveri, e, dunque, già legittimati a una seria richiesta di aiuto. Lo slogan fa pensare piuttosto a frasi del tipo: fate la carità oggi nel caso un giorno ne avessimo bisogno.


venerdì 29 gennaio 2016

STORIE DEL SIGNOR JFK (18) di Francesco Gambaro




JFK fu attaccato dai cani mentre traslocava una pila di libri Adelphi dal piano terra al seminterrato. Non erano cani selvaggi, piccoli cani bastardi, inferociti perché su un ultimo ramo di ulivo non erano riusciti a stanare una grossa gatta macchiata. Cani di vicini, malaemmaestrati e senza guinzaglio. Per difendersi, mentre quelli si sgolavano abbaiando, lanciò loro il più alto libro della pila, quello che gli sfiorava il mento, un Che ci faccio qui? di Bruce Chatwin. Poi Lolly Willowes, di Sylvia Townsed Warner, che per un po' li placò. Per paura non placata, JFK continuò a lanciare contro altri libri, fu la volta di Agli dei ulteriori di Giorgio Manganelli, eppoi di un Van Gogh di Antonin Artaud e del primo Oliver Sacks dell'Uomo che scambiò sua moglie per un cappello. A quel punto, visto che i cani si erano del tutto zittiti, qualcuno addirittura cominciava a sfogliare con gli occhi i titoli, JFK continuò a liberarsi della pila, posando delicatamente sotto i loro musi, La resurrezioine di Alexander Lernet-Holenia, Gli Asiatici di Fredric Prokosch ma, la vita di poeta di Robert Walser se la trattenne in mano, ridiscendendo lemme lemme nel seminterrato, cominciò pure lui a leggere, come un cane, ripensando a quando parecchi anni fa, partì per la prima lunga gita, nella quale rammentò di avere visto una quantità di cose straordinarie e belle.

lunedì 18 gennaio 2016

GLEEN GOULD di Francesco Gambaro




A un certo punto della notte telefoni. Vorresti essere telefonato. Telefoni per illuderti di precedere una telefonata. Per capire come stanno le persone che non ti telefonano. Non soffri di solitudine, ma della paura che gli altri che non ti hanno telefonato stiano cambiando. Picchi sui tasti, ti alzi, resti alzato, ripicchi sui tasti, vai, vieni, poi afferri la cornetta e telefoni. Sei ormai un investigatore. Non un interecettatore. Ascolti i toni delle voci, le pause, le sorprese, il gemito di un proditorio risveglio, capisci. Cosa capisci? Che non sei più quello di ieri notte e scopri che anche chi ti risponde non non è più lo stesso. Questa percezione non ti toglie il piacere di ascoltare un'altra voce, del congiungimento sonoro tra la tua voce, che riconosci anche se ha smesso di gorgheggiare ed è tornata a emettere parole, e la loro che, invece, scambiano la tua chiedendoti chi é. Sei loro. Quelli che vogliono capire come stai. Se ti sei bevuto il cervello, se hai un cancro alla prostata, se sei finalmente riuscito a storpiare in modo perfetto l'ultima partita di Bach. Perché telefoni? Perché guardarsi negli occhi è semplice come grattarsi la testa. Ma sentire le voci, ricostruire un volto, una espressione, un corpo attraverso l'orecchio, direttamente in testa, immaginarsi l'altro nel momento in cui lo chiami, nel suo momento, non è semplice, è un trip psichedelico. Telefoni per sapere se sei ancora quello che sei. Chiedi chi è stato l'ultimo a tradirti, a non reggerti. Sospiri, torni a gorgheggiare, vai vieni a passi più veloci, torni alla cornetta, a un altro numero. Telefoni per sapere come stai.

domenica 17 gennaio 2016

PANETTONE ZALONE di Francesco Gambaro




Prima della battuta arriva la risata, prima di sedersi arriva la gionocchiata alle spalle, prima che inizi il film arriva la fine del film. E' un un pubblico predisposto, che non vuole dire pagato, anzi paga per ridere senza capire, senza carpire, senza aspirare, senza per un'ora dovere pensare. Checco Zalone spompina i disgraziati che, durante la giornata hanno dovuto succhiare alluvioni di cazzi amari. Ma anche se la tua casa se l'è trascinata via l'ultimo alluvione, dice Checco, nuota ragazzo che col panettone scaduto non si muore. 

giovedì 14 gennaio 2016

NON C'E' PIU' PAPA di Francesco Gambaro




Mi sbagliavo sul numero 2: zeru papi. Uno si è dimesso, l'altro non fa nemmeno più ridere come il guitto che gli fa da spalla. Benigni fa piangere il figlio triste del Re, Francesco non esorta i genitori a dare una carezza ai propri figli, le dà lui, ridendosi e sostituendosi a padri e madri. La distanza tra la legge di Dio e gli uomini una volta era metafisica. Ora è prossemica: come ogni uomo di potere sa, serrando con la mano il braccio dell'interlocutore si ha più possibilità di sottometterlo. Ma ve lo immaginate papa Ratzinger invitare al suo desco Cretinetti? Non c'è più Papa.

SEMPREFRESCHI (e le domande rafferme) di Gaetano Altopiano




Mi piace che el Ciccio nel Coglioni 12 abbia criccato una questione tanto spinosa: la “domanda”, minchiaminchione. Se David Bowie afferma che non è il giusto destinatario della domanda che gli è stata posta vuol dire che conosce la risposta, poiché in caso contrario ne avrebbe fornita una. Lo prova il fatto che la sua risposta è indicare “qualcun altro” come deputato a rispondere. Negando la risposta afferma l’inutilità della richiesta, relegandola nella classe delle “insensatezze”. Anche Mu’ammar Muhammad Abu Minyar ‘Abd al-Salam al-Qadhdhafi in una delle pochissime interviste concesse alla televisione italiana, rispose in modo pressoché uguale a un giornalista. “La sua domanda non è una domanda, dunque non c’è risposta”. Due semprefreschi. 

mercoledì 13 gennaio 2016

COGLIONI (12) di Francesco Gambaro




Ripensando a quella trasmissione RAI del 1999, “Francamente me ne infischio”, in cui Celentano ebbe ospite David Bowie, mi viene da pensare alla differenza tra un pastore bianco alsaziano di razza von Stephanitz  e la merda di un  chihuahua. "Cosa bisogna fare contro la fame nel mondo?" chiese il molleggiato. Questa domanda non la deve fare a me, rispose il Duca. Il molleggiato quella risposta non la percepì nemmeno come un suca.

martedì 12 gennaio 2016

LAZARUS di Francesco Gambaro




A pensarci bene, si muore prima di morire. Una morte è un'altra vita. We are sons of God confusing, famelico padrone di tutti i diritti di rinascita. Gli oscurerei Lazarus e The Revivant. Forever.

lunedì 11 gennaio 2016

COGLIONI (11) di Francesco Gambaro




Hanno dovuto tampinare per mesi Sean Penn per beccare El Chapo. Polizia e servizi segreti messicani, Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, FBI, CIA, DEA senza Sean, che è pure riuscito a intervistarlo il cosiddetto re dei narcotrafficanti, non avevano scoperto un cazzo su dove fosse Joaquìn Guzmàn Loera. Ora, in testa il Presidente, chiedono tutti la testa di Sean Penn.

sabato 9 gennaio 2016

SORIE DEL SIGNOR JFK (17) di Francesco Gambaro




JFK si è appena spogliato quando non squilla il telefono. Perché non squilla, si chiede perturbato. Di regola quando si è appena spogliato squilla. Eppure, osserva e si osserva JFK, sono al momento perfettamente nudo. Così di nuovo raccoglie i vestiti sparsi tra la camera da letto e il gabinetto. Si riveste e rivestendosi pensa: certo i radar possono calcolare il movimento delle perturbazioni, non la velocità di percorrenza esatta tra quelle e la terra. Che gira, tra l'altro. Due o tre giorni di ritardo, mia cara, non significano gravidanza. Le piogge arriveranno. JFK, è di nuovo nudo, conta uno due tre... tredici. Il telefono continua a non squillare. Cazzo, fa freddo. Ritorna a rivestirsi. O prima o dopo dovrà squillare. Così tutta la santa notte. 

CAVE CANEM di Gaetano Altopiano




Che i giovani cani piscino un po’ dappertutto è risaputo: spruzzi brevi e ripetuti che sgorgano non tanto per necessità fisiologica quanto per bisogno di marcare il territorio. Ci sono angoli delle città, la nostra ad esempio, impercorribili per il puzzo persistente. Nessuno mai, però, ha lamentato o lamenta una simile circostanza, ci mancherebbe. La si accetta e basta nel nome del “diritto biologico del cane”. Si aggiunga adesso un particolare curioso: in siciliano il termine usato per chiamare il cane “adolescente” è cagnulazzu, che in Sicilia è anche quello che definisce l’adolescente della razza umana. Il che, indubbiamente, certifica una relazione semantica tra le due specie animali (nella classe adolescenziale) scaturita inevitabilmente dall’osservazione di analogie nel comportamento. E da cosa se no? La scienza dei significati dunque sancisce l’analogia tra le due specie, giustificandola di conseguenza. E se se ne giustifica l’analogia deve giustificarsene la conseguenza. Non si capisce allora perché ci si lamenti del fatto che i ragazzi imbrattino costantemente le fermate dell’autobus e, ora, quelle del tram, se questo non è altro che un comportamento da cagnulazzi. Alias: diritto biologico dei ragazzi.

venerdì 8 gennaio 2016

IL SECONDO VESPRO SICILIANO di Francesco Gambaro




Sì, li aveva ammaliati, meglio che alle scuole delle madrasse, un uomo solo, un maestro, un padre putativo. Sì, li aveva convinti che, da soli, avrebbero potuto difendere il fronte della Sicilia meridionale e insieme e un po' della sua Toscana e molto occidente. Avevano la mira buona e, soprattutto, il coraggio dell'infanzia. Siate veloci a sparare come le nostre Ferrari, esortò. Bambini siciliani contro bambini marocchini. Fu una rivoluzione, ovvero una strage.

COLONIA 1.1.16 di Gaetano Altopiano





Farebbero meglio a tacere i coloniesi. Ma anche i berlinesi, i monacesi e pure i bolognesi. Piuttosto che parlare di evento “incredibile”, e, soprattutto “inaspettato ”, dovrebbero rinfrescarsi la memoria rivedendo un filmone che raccontò eloquentemente come gli immigrati magrebini (anche perfettamente integrati) si comportano con le donne indifese. Già 50 anni prima dell’apertura delle frontiere. Rivedrebbero una scena decisamente peggiore di quella (seppur disgustosa) a cui hanno assistito a Colonia. 1943, sulla strada per Roma: una chiesa, un gruppo di Goumier, marocchini dell’esercito francese di liberazione in Italia, una povera disgraziata e sua figlia brutalmente violentate da questi invasati. Nemmeno allora sarebbe dovuta andare così. Il film è La Ciociara.

giovedì 7 gennaio 2016

IL MESSAGGIO DEL CALIFFO di Francesco Gambaro




“Bella che sei” non è una molestia sessuale, è un elogio impensato della bellezza, un negozio d'amore tra uomini e donne che si attraversano fugaci. L'occidente vive di regole e dimentica che i poliziotti sono fatti di uomini e di donne. Non trascurare, sosteneva W.H.Auden in una sua poesia, che la sentenza di un giudice può talvolta dipendere da come si è svegliato la mattina. L'arrembaggio alle donne di Colonia è un'altra storia, sta ben oltre la molestia sessuale, è un messaggio trasversale del Califfo, un invito a prendere atto di una guerra in corso della quale l'occidente non sa rendersi consapevole.

martedì 5 gennaio 2016

IO VOGLIO LA BAMBOLINA di Francesco Gambaro




Essere nelle gambette strette di un bambino, magari sei tu, dentro una fotografia in bianconeroferrania con pistoletta in mano e tappo di sughero in canna con sicura a spago e giacchetta di velluto inglese con stemma dell'U.K. in rossokodak. Nelle gambette strette e piangenti-voglio-la-bambolina, ma tu sei un maschietto, ai maschietti si regalano solo le pistolette, e io invece voglio la bambolina. Nelle gambette strette e battenti dentro una fotografia mesmericamente animata come un cartone. 

SCELTA MENO IMPOSSIBILITA’ DI SCELTA 3 di Gaetano Altopiano




Precludendoci ogni possibilità di riscatto, la società delle trame ci consegna al nostro destino. Guai ai non affiliati: nessuno riesce a farla franca. Compiuta una certa età, tutti, indistintamente, diventano merce da macello. Lana, carne, latte, o, tendenza al collaborazionismo o al controllo: ognuno a seconda delle proprie attitudini sarà sacrificato a uno scopo. A questo sono servite le scuole che abbiamo fatto: a prepararci o a illuderci. Persino chi ha acquisito la miglior facoltà critica non avrà mai possibilità di applicarla. Chi non ricorda classi intere di belle vaccherelle cresciute apposta per la riproduzione? 

lunedì 4 gennaio 2016

LA CATTIVA 3 di Gaetano Altopiano




Molto bello il passaggio in cui Frank Furedi, nella rubrica Demonologie su Spiked magazine, chiarisce alle mammine moderne occidentali e di sinistra l’equivoco di cui sono vittime: hanno semplicemente confuso l’autorità pre-politica del genitore con l’autoritarismo. Così, pensando di essere eccessivamente dure e, dunque, fuorimoda, rinunciano a imporre ai loro figli la minima cosa. Accettano l’inaccettabile, vittime della genitorialità inversa e del delirio di sopravvalutazione della prole (pensare che i ragazzi siano i soli depositari della modernità, ossia del cambiamento = bene): riciclano la spazzatura, boicottano la carne, allevano cani e gatti che non hanno mai desiderato. 

domenica 3 gennaio 2016

SORIE DEL SIGNOR JFK (16) di Francesco Gambaro



Per liberarsi dei gatti che scacazzano i marciapiedi della sua casa, che sgraffignano nottetempo i sacchetti dei rifiuti, JFK appende al filo della biancheria i fili di plastica, inutile accessorio degli stessi sacchetti. I gatti amano giocarci, saltellano, ingoiano, si affogano e, rantolando rotolando, stramazzano sovente. Al mattino JFK li raccoglie pietoso, li cala nella pentola bollente e ne fa squisito bollito, di cui è godurioso, come gli stessi. La notte ne infila i resti, sovente in eccesso, nei sacchetti dei rifiuti e aspetta fiducioso il domani. JFK chiama questa rotatoria catena alimentare: cannibalismo gattesco.
Iosif Brodskij ha scritto: “Mangiati tutti i cani. Non un foglio / bianco è rimasto nel diario. Il filo / delle parole copre il ritratto della moglie, / e sulla guancia imprime un neo di una data sospetta. / Altra foto: la sorella. Non la risparmia: c'è / da registrare lo spazio conquistato. / E la cancrena, annerendosi, si avvolge sino all'anca / come una calza di una donnina del varieté.//”
L'esploratore polare, in Poesie 1972-1985, Adelphi


NON FANNO RIDERE, ANZI (2) di Gaetano Altopiano




Se sui miei gusti sessuali ultimamente ci è un “problema” (uomo, donna, uomo-uomo, donna-donna, stivali, sexy shop, giocattoli sessuali, senza che io sappia se per effetto di inflazione o deflazione) non ho alcun dubbio invece sul mio desiderio di divertimento. Ne ho molto poco. E, certamente, non solo per effetto deflativo. Tant’è che se a una già cattiva disposizione d’animo si aggiunge l’assoluta inesistenza del prodotto dell’intrattenimento il risultato è inevitabile: quello che ho appena detto appunto. Guardarsi bene, dunque, dal guardare trasmissioni come quella condotta da Amadeus e Papaleo la notte di capodanno dai “sassi” di Matera. Un successone. Ma solo per la Rai. Perfettamente in linea, infatti, con la décadence di questa nazione. 

sabato 2 gennaio 2016

CONTROPOSTA di Francesco Gambaro




E’ stato un buon Capodanno. L’ho trascorso con la persona con cui valeva più la pena stare, il mio amico Sergio Staino.” (Il Foglio del 2 gennaio, “Piccola Posta” di Adriano Sofri.

Non ci saremmo potuti dare pace se non avessimo saputo con chi l'Adriano ha passato l'ultima notte. Cari amici vicini e lontani, cari diversi e altri amici, fatevene una ragione. Fatevi una ragione che il leader maximo della sinistra extraparlamentare italiana - dopo avere abbandonato la sinistra extraparlamentare, eppoi la sinistra, eppoi la Repubblica per solidarietà con il suo, oggi ex, amico Ezio Mauro che, a sua volta prima di lui l'aveva abbandonata - ha abbandonato pure tutti voi.

venerdì 1 gennaio 2016

ELOGIO DEL PARLAR SVEGLIO DI MARIO SECHI di Francesco Gambaro



... Era la notte del primo discorso di fine anno di Sergio Mattarella e l’accoglienza è stata quella riservata di solito ai discorsi di fine anno dei presidenti della Repubblica: retorica plaudente da una parte, critica feroce dall’altra. E’ stato (e sarà) un periodo complicato per i “quirinalisti”, Mattarella parla poco, quando un rumore affiora dalle sue labbra, dice ancor meno del suono emesso. Insomma, occorrono doti divinatorie non comuni per interpretare il verbo del Quirinale...”

Il Foglio – List (newsletter@ilfoglio.it)

IL NOME DELLA ROSA SERVE A QUALCOSA di Gaetano Altopiano




In uno dei salotti intellettuali che frequento (per mia fortuna) apprendo che l’omosessuale può essere definito in almeno 15 modi diversi. Dal classico finocchio, per esempio, all’interessantissimo buggerone, termine che non sapevo definisse il terzo sesso. Pensavo che buggerare significasse solo prendere in giro, e infatti, Treccani alla mano, scopro che è proprio quella la radice: “prendere in giro”, ma anche “prendere per il culo” ovviamente, derivando la parola dall’inglese bugger, bulgaro, e riferendosi senz’altro agli individui di quel paese i quali non solo godono di pessima reputazione ma sono anche discendenti dei càtari, eretici del XIII secolo accusati dei peccati peggiori tra i quali perlappunto la sodomia. Racconto tutto questo solo per una cosa personale: i càtari mi erano pressoché sconosciuti, se non grazie a “Il nome della rosa” romanzo che ne racconta diffusamente. Curioso il fatto che questa lettura avvenga proprio in questi giorni.