martedì 31 dicembre 2013

"Unità di vedute" di Gaetano Altopiano

La convinzione di avere poco tempo ci accompagna per tutta la vita. Anche quella secondo la quale l’uomo non sarebbe nato per mangiare carne. Ci si trascina, quindi, tra impegni mai del tutto risolti, a forza di diete vegetali. Le tribù della Papua Nuova Guinea mangiano regolarmente proteine animali (anche umane) e in particolare organi importanti come il cuore o i genitali: sostengono così di acquisire la forza e la virilità che in quell’organo erano contenute. Anche Umberto Veronesi, dicendo “siamo quello che mangiamo”, sostiene la stessa cosa. 

"Infinity of my room" di Francesco Gambaro

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lunedì 30 dicembre 2013

"Umanità tre" di Gaetano Altopiano

Ombretta è una bambina di dieci anni e pesa a occhio e croce quaranta chili. Faccia rotonda, capelli neri. Non particolarmente carina, né intelligente, ha una voce sottile e insidiosa, sono almeno 300 hertz. Non sa giocare, mangia in continuazione ed è dispettosa: invitata, ha preteso che il nostro cane fosse chiuso in garage, genitori imbarazzatissimi. A malincuore, si è proceduto. Mia suocera, l’indomani, ci racconta di averla sognata: a vent’anni restava incinta di un cingalese, andava a servizio, le amputavano una mano, finiva la giovinezza battendo i marciapiedi.

"Auguri papa Ratzinger" di Francesco Gambaro

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domenica 29 dicembre 2013

"Umanità due" di Gaetano Altopiano

Un film che è una novità assoluta. Di più. Siamo a livelli superiori, ai massimi consentiti dalla sopportazione emozionale: i precedenti, porno compresi, per quanto illustri, non sono nemmeno paragonabili. Preparatevi, il tema è esplosivo: Nymphomaniac, di Lars von Trier, storia di Joe e dei suoi 50 anni di malattia, 240 minuti di noia che diventano più di 300 nella versione integrale. Un supplizio. In Italia, “coraggiosamente”, lo producono Ginevra e Lapo Elkann. Dovremmo tutti andare a vederlo. Essere solidali.

"Di Renzi di Cerasa e di come cadono le foglie" di Francesco Gambaro

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sabato 28 dicembre 2013

"Umanità" di Gaetano Altopiano

L’uomo addetto alla segnalazione, nei cantieri stradali, è il Moviere: stop, via libera, rallentare. Lavoro svolto manualmente ma anche, da un po’, solo un omino meccanico che muove in continuazione una bandiera. In Spagna, ad esempio, nell’88, visto personalmente: dove usavano rulli compressori  larghi quanto le due carreggiate e dove restammo per un’ora buona in colonna. Di quest’omino riconobbi utilità ma non beneficio (dato che il fermo fu provocato dal fatto che si era inceppato a bandiera rossa) e a mia moglie dissi qualcosa a proposito dell’attesa. Lei si limitò ad ascoltare, non rispose. Fissava la mano del manichino che le sembrava (disse) spaventosamente umana.


"L'ultimo broccolo" di Francesco Gambaro

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venerdì 27 dicembre 2013

"Sacrifici inutili, ma inevitabili" di Gaetano Altopiano

I cento migliori ristoranti d’Italia non sono i peggiori. E’ un dato. Mi chiedo, è veramente un’affermazione logica? Potrebbe, ma potrebbe anche non esserlo: il fatto che sia stato “qualcuno” a sancire questo primato fa la differenza. Difatti un ristorante qualsiasi, non necessariamente primo o ultimo di una qualunque classifica, potrebbe essere buono o non buono, migliore, appunto, o peggiore di altri. E’ solo il gusto personale che lo rende diverso. Ma il giornalisticogastronomico stabilisce un podio. I commensali prenotano, si sacrificano, a prescindere dalla verità.

"Parole ingoiate" di Francesco Gambaro

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giovedì 26 dicembre 2013

"Pagine memorabili (e amici insostituibili)" di Gaetano Altopiano

Grazie. Grazie per avermi fatto sapere che la mutazione del cromosoma 8 porta al “daltonismo” totale. Che in genere i daltonici sono meno di uno su trentamila, ma che a Pingelap sono il dieci per cento dell’intera popolazione. Che non solo non distinguono i colori, ma che addirittura non sopportano la luce tanto da uscire all’aperto solo al buio della sera. Pensa. Quello che mi ha lasciato di stucco è però sapere che, a sentirli dire, il chiaroscuro mostra loro variazioni di luminosità normalmente nascoste agli altri esseri umani. Che quella visione non teme confronti coi più accattivanti tra i colori. C’entrerà qualcosa “Film” e Buster Keaton? (Judith Schalansky, Atlante delle isole remote, Bompiani, pagina 98)

"Il momento più bello della mia vita" di Francesco Gambaro

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mercoledì 25 dicembre 2013

"Michele S." di Gaetano Altopiano

Michele Strogoff avrebbe preferito viaggiare d’inverno, piuttosto che in luglio, per come in effetti gli accadde. Poiché, nonostante il freddo non sia certo preferibile al caldo, la neve è talmente abbondante da rendere le pianure della Siberia perfettamente uniformi e percorribili in slitta, mezzo che, come si può immaginare, poteva accorciare di molto quel viaggio. Nel caso non lo sapeste uccise il suo primo orso quando era appena un ragazzo. Oltre alle centinaia di altre bestie che si possono immaginare. Ma questo (tutto questo) non basta: nessuno crede più allo Zar o a animali come il lupo, l’istrice o il gatto selvatico. I miei figli rientrano alle sei del mattino, quando io mi alzo per il primo caffè.

"Giornale del 24" di Gaetano Altopiano

L’oroscopo di oggi gli consiglia: fase crescente, bel tempo, incontri inaspettati, soldi, gioco vincente, baci dai parenti. Auto da cambiare all’anno nuovo e amore a gonfie vele. L’uomo guarda nello specchietto e pensa: fase crescente, incontri inaspettati, soldi, gioco vincente, baci dai parenti. Auto da cambiare all’anno nuovo e amore a gonfie vele. Poi guarda la sua propria faccia che non lo convince. Più si avvicina, più questa non lo convince. Accosta la Fiat 500 e si spara. (Villabate, 23/12).

"Se non l'avete ricordatevelo" di Francesco Gambaro

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domenica 22 dicembre 2013

"Il rasoio che motu proprio" di Nicola Di Maio

il rasoio che motu proprio
disobbedì alla mano e tranciò
di netto tre quarti del mio baffo
(quello destro) acrobata
assieme a un urlo
fece un volo dentro il cesso
il barbiere a consulto
sghignazzò sdentato e greve
meditò allargò le braccia
e risoluto “tagliamo l’altro” disse
(riferendosi al sinistro)
e disse ancora: ad opera compiuta
e a mio conforto: “senza baffi
mi sembra più ragazzo glielo giuro”
e infatti ora mi strizzo l’occhio
e in questo specchio nudo

gioco a dadi con me stesso

"Il misantropo tre (shi wueng)" di Gaetano Altopiano

Il maestro Shi Wueng pratica il Kung Fu interiore. Sarebbe corretto dire “vive” il Kung Fu interiore, dato che l’arte marziale è uno stile di vita, non banalissimo sport.  Il piccolo Wueng a sette anni fece un sogno: sognò che si sarebbe guadagnato da vivere praticando un’arte e a quattordici prese i voti ritirandosi nel convento Shaolin, sui monti Songshan della Cina settentrionale. Scelse di fare la tigre, poi l’orso e alla fine il leopardo. Oggi è una scimmia: trascorre il tempo in meditazione, beve estratto di bambù e non usa più la parola.  


"Il generale Cavalli" di Francesco Gambaro

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sabato 21 dicembre 2013

"Il misantropo due (io)" di Gaetano Altopiano

Volevo precisare meglio. Nel tentativo (maldestro) di aggiustare le cose, di ridare dignità (?) o (soprattutto) di salvare le apparenze, qualcuno reinventa le parole, ovvero le definizioni, convinto che sia necessario se non addirittura indispensabile.  Ci studia sopra e partorisce, letteralmente dico: ma solo aborti di parole. Vuote e fasulle. Inutili, per esempio, a rendere meno infelice la vita agli infelici. Questi signori, un tempo chiamati giustamente “somari” oggi si definiscono “diversamente intelligenti”.       

"Lo spaventapunteruolo di Mondello" di Francesco Gambaro

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venerdì 20 dicembre 2013

"Il misantropo" di Gaetano Altopiano


Bello è: avere pochi rapporti con i propri simili. Bellissimo è: non averne affatto. Sei selettivo amico mio, ami solo il caffé di casa e sei ipercritico nei confronti degli altri. Non sopporti gli odori, detesti anche soltanto sentire parlare. Disumano direi. E te lo dico infatti. Forse dovrei smetterla di chiamarti amico, penso che la definizione adesso non ti si addica, non credi? Trovare un termine più adatto. “Diversamente amico”. Trovato.

"Morte di un water" di Francesco Gambaro

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giovedì 19 dicembre 2013

"Conservazione due" di Gaetano Altopiano

Scoperto finalmente il segreto per rimanere giovani. Non basta soltanto lo sport, il divieto di fumo, una dieta più o meno rigida: il rapporto tra trigliceridi e colesterolo (buono) deve dare un valore inferiore a 2. Meglio se 1 -  1,50. Si è studiato infatti che in alcuni soggetti, i diabetici per esempio, dove questo valore è invece molto più alto, si ha invecchiamento precoce. Ovviamente anche cerebrale. Gli zuccheri, quindi, presenti un po’ dovunque in natura, avrebbero un ruolo fondamentale nella storia dell’evoluzione umana e regole come questa, se osservate, probabilmente cambiano il corso della storia.     

"All'ora che arriva" di Francesco Gambaro

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mercoledì 18 dicembre 2013

"Non muoiono mai" di Gaetano Altopiano

Niente ne sapevo dell’allunaggio cinese, io continuo a lavorare alle ville e giardini del comune, a farmi la mia vita e a sbevazzare come al solito (Taverna del tiro, ndr). Tutto normale. Se può influire sull’andamento dei mercati? E che ne so, non ci capisco niente di queste cose. Forse l’hanno fatto perché  sulla luna c’erano andati i russi e gli americani, prima, solo che quelli hanno fatto un gran rumore e questi ci sono andati in assoluto silenzio. Certo, sti cinesi sono strani in effetti: pagano solo in contanti, non possono fare figli, dormono in dieci nella stessa stanza e spediscono i loro morti nei container. Mai visto funerali. E poi, cacchio, si mangiano pure i cani.    

"In divino veritas" di Francesco Gambaro

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martedì 17 dicembre 2013

"Conservazione" di Gaetano Altopiano

Il Gasometro di Via Remo Sandron. Alle spalle dell’Ucciardone, se consideriamo il carcere dal suo ingresso principale, proprio di fronte, se lo consideriamo dal lato dell’ingresso dei magistrati. Uno scheletro, se lo guardiamo dal basso. Un pozzo gigantesco se guardiamo dall’alto. Né più né meno che il colosseo, ma di travi di ferro, visto nell’insieme. Archeologia urbana anni ’50. Enrico a tavola domenica ore 13: i nostri corpi rimarranno integri e si conserveranno a lungo, molto a lungo. Parliamo di secoli. La carne non subirà alcun mutamento e rimarrà incorrotta. Merito di tutti i conservanti che abbiamo ingerito.  

"Non so se è Renato Tosini" di Francesco Gambaro

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lunedì 16 dicembre 2013

"Satchmo (Bocca di sacco)" di Gaetano Altopiano

Giulio Verne a undici anni scappò di casa. Soffriva di borborigmi, nondimeno scrisse “Vingt mille lieues sous les mers” e inventò il capitano Nemo. Era il 1870. Io vidi per la prima volta il Nautilus in Tivvù, non sul suo libro, nello stesso identico bianco e nero delle pagine del romanzo, all’incirca un secolo dopo e con l’aggiunta delle musiche di Satchmo Armstrong. Tra il ‘70 e il ‘75 direi, in una indimenticabile, bellissima serie televisiva di film per ragazzi che si chiamava “Avventura”. Mi viene la pelle d’oca. Non ricordo nemmeno se ci fosse ancora il secondo canale. Questo, a proposito della scomparsa dell’ultimo indiano d’America (13 dicembre 2013).        

"Il cielo sopra Palemmo"

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domenica 15 dicembre 2013

"(La mia)" di Gaetano Altopiano

See-through, trasparente: quello che vedi e che non vedi. Materia fatta per studiarci dentro, atomi supervuoti, quattordici chilometri tra l’involucro e il primo elettrone, vetro, sostanze gassose, acqua, distillati. Una mano attraverso la quale intravedi le ossa. Una bara di cristallo, mettiamo, la teca di una reliquia. Mezza bottiglia di Vermentino, le calze di Dita von Teese o l’orecchia con tutte le sue venuzze. Vetrine di negozio, carta velina, cellofan. Onde televisive. Elettricità. Radiazioni. L’impronta digitale (la mia) sulla parte interna di un cristallo.   


"Per George Perec a 77 anni 9 mesi e 3198 giorni dalla nascita" di Francesco Gambaro

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venerdì 13 dicembre 2013

"Le vite degli altri" di Gaetano Altopiano

Piazza San Francesco Di Paola, dicembre, Berlino Est. File di persone, uomini perlopiù, leggono i giornali tenuti sottovetro. Mai visto prima. Si alternano a gruppi di cinque, sei, sono davvero in tanti vedo le loro teste, nessuno compra. L’aria è gelida come si fosse nel 66 – 67 e anche il colore del cielo, le auto, a guardare bene, non sono che grigiore assoluto. Dal tabaccaio quasi  mi aspetto il resto in marchi, televisore ben piantato alla parete: affitti, telegiornale Rai, da adesso vanno pagati solo con bonifico, la morsa antievasione dà un’ulteriore, salutare stretta. Bene. Seguono prossimi giorni misure eccezionali stop. Prinz NSU verde, polizia in borghese a comando: il soggetto esce adesso dal negozio tabacchi, presunta direzione via Stabile, procediamo, passo.

"Precettato" di Francesco Gambaro

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giovedì 12 dicembre 2013

"Papa" di Emanuele Diliberto

"Equazioni" di Gaetano Altopiano


Per quanto non sia affatto un amante del lotto, né tantomeno un giocatore, oggi rifletto. Un numero puntato su una qualsiasi ruota (si chiamano così ma ne sconosco il motivo) ha due sole probabilità di risultato: può uscire o non uscire. Nessun’altra. Le due probabilità sono perfettamente uguali, numericamente identiche, cioè cinquanta e cinquanta su cento e questo, ragionevolmente, dovrebbe incoraggiare chi gioca, ed è così infatti: si convince di un più che possibile successo. Nella realtà, però, le cose sono un po’ diverse. Il fatto che statisticamente una volta su due un numero potrebbe essere estratto vuol dire anche che potrebbe non essere estratto mai, e anche questo è noto al giocatore che, ragionevolmente, dovrebbe esserne scoraggiato ma nonostante tutto persevera. E’ convinto che “prima o poi” arriverà il suo momento. Pensiamo ora alle probabilità, appunto, in termini di “successo” o “insuccesso” e al gioco come evento che accade in uno spazio/tempo (il nostro). In questo contesto le due probabilità sono immodificabili da leggi fisiche, tranne nell’ipotesi di malafede, ovviamente. Non dipendono dal numero di tentativi del giocatore, né da altri fattori che non siano soltanto 'il caso'. Un caso che potrebbe non avverarsi mai. Insomma, l’equazione puntata / tempo = vincita (successo) non esiste. Il gioco avrebbe senso in una dimensione senza tempo: il giocatore non avrebbe ragione di sperare, poiché la speranza non esisterebbe, e il numero puntato, non dipendendo dal tempo in termini di evento che accade o può accadere, sarebbe estratto continuamente.      

"L'orologio magico" di Francesco Gambaro

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martedì 10 dicembre 2013

"Promozioni 2" di Gaetano Altopiano

Si dice che Matteo Renzi abbia un rapporto consolidato con la premier tedesca. Si incontrano a quanto pare, o lo hanno fatto diverse volte in passato. Se è vero bisogna ammettere che questa signora ha un talento particolare nel riconoscere i vincenti. O c’è sotto dell’altro? 

"L'importante èèèèèèèèE' VENIRE" di Francesco Gambaro

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lunedì 9 dicembre 2013

"Alé - Renzi stravince" di Emanuele Diliberto

"Promozioni" di Gaetano Altopiano


Perché dovremmo fare altro se non quello che ci piace? Facile. Perché il piacere è il risultato di una selezione: ci arrivi empiricamente e solo dopo avere sperimentato anche il contrario. Il dispiacere. Non solo. Diciamo che il piacere è una serie di dispiaceri che gli sono stati indispensabili, un po’ come operai stanno a fabbrica, dieta sta a linea, sobrietà sta a ottime transaminasi. Promozione del contrario.  

"Né manna né ranocchi" di Francesco Gambaro

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domenica 8 dicembre 2013

"Gazebo" di Emanuele Diliberto

"MIRACOLO" DI Emanuele Diliberto

"La ragazza di Trieste" di Gaetano Altopiano


Non che io sia particolarmente sensibile ma guardare certe foto mi fa veramente effetto. Alcune, poche però, pochissime, scopro che addirittura fanno in me qualcosa di ulteriore: supereffetto. Hanno potere evocativo, di forte incantamento. Quella che ho visto oggi, per esempio (bianconero di Ferreri, Ben Gazzara e Bukowski), inaspettatamente mi ha fatto ricrescere i capelli, reso la pelle nuovamente liscia, mi ha rialzato persino di cinque centimetri. E’ incredibile l’effetto esercitato dall’amore, dall’innamoramento dovrei dire: di botto mi ricordo di una donna per cui stravedevo. Ornella Muti. Magnifica. Il film, ovviamente, è quello di Pasquale Festa Campanile protagonisti lei e Gazzarra. Aveva ventisette anni, io venti.   

"Quando Ernest Hemingwey" di Francesco Gambaro

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sabato 7 dicembre 2013

"Tre volte niente" di Gaetano Altopiano


Niente da fare. Nisba. La mia natura viene sempre fuori. Essere non qualcun’altro, certo, ma qualcos’altro, provarci almeno, in ogni discussione, nelle scelte, cercare di adattarmi a mondo e circostanze in previsione di possibili guadagni. Del tutto inutile. Devo ogni volta camuffare, dissimulare, mistificare, e questo con dispendio di energie che la salute non sopporta e che non portano ad alcun risultato, tanto che puntualmente la voglia viene meno e mi ritiro. Il tema è: avere torto o ragione. Anzi, avere torto o ragione? Un mestiere che non farei mai è l’avvocato, per esempio. Uno di quelli in cui, come a un militare, accade l’irreversibile: si smette definitivamente di essere ciò che si è e si diventa altro: avere ragione, sempre. Aule di tribunale, vita di tutti i giorni, studi professionali (perennemente, insopportabilmente, alle sei del pomeriggio).  

"I buoni coglioni" di Francesco Gambaro

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venerdì 6 dicembre 2013

"Niente 2" di Gaetano Altopiano

Rispetto al fatto che avremmo potuto avere duecentocinquantamilioni di facce diverse, più o meno lo stesso numero di ipotetici caratteri, di diversi modi di pensare, di ammalarci addirittura o di scrivere l’autografo, le nostre possibilità di scelta sono davvero limitate: prendere o lasciare.


"La luna arrosto" di Francesco Gambaro

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giovedì 5 dicembre 2013

"Calderolum" di Emanuele Diliberto


"Niente" di Gaetano Altopiano

Non ho più buoni orgasmi. Non quelli di una volta, intendo. Da ragazzo davvero sentivi il black-out con il mondo, era come tranciare i cavi della luce: più il taglio era secco più eri felice, non per il sesso soltanto, o per il puro piacere, quanto per la soddisfazione di averla personalmente spuntata. Nel minuto seguente ogni azione ti era impossibile, persino quella del pensiero. Per quel minimo, ma equilibrato, soddisfacente spazio di tempo restavi finalmente inattivo. Tutto si interrompeva e tu semplicemente godevi. Non eri in attesa, non speravi in niente.  


"Capelli e capellini" di Francesco Gambaro

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mercoledì 4 dicembre 2013

"Incidenti" di Gaetano Altopiano

Per capire alla perfezione un concetto come “incidente”, provate a pensare a questo: Cate Blanchett viaggia su una corriera in compagnia del marito (Brad Pitt), una strada che si arrampica sul Grande Atlante, in Marocco. Lei si è assopita, la testa poggiata al finestrino, l’uomo segue con gli occhi i tornanti sempre più alti. Sulla cresta di uno dei rilievi, intanto, due pastorelli giocano col fucile del padre. Un’arma da caccia grossa, precisa e potente, che l’uomo ha avuto in regalo da un turista. Puntano verso il burrone, fanno finta, mirano al pullman, ma il più piccolo all’improvviso spara. L’incidente non è altro che un “clang” ovattato: il vetro che si buca. E’ il sussulto della donna; l’uomo che ancora non capisce. Un rivolo di sangue (nemmeno tanto forte) che comincia a colare.   


(da BABEL, di Alejandro Gonzalez Inarritu)

"Quando Gesù entrò in ascensore" di Francesco Gambaro

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martedì 3 dicembre 2013

"Diete di silenzio" di Gaetano Altopiano

eMi piace quando tutti smettono di parlare. E’ un momento d’oro. Quando le idee sono finite, le bocche asciutte, le cose dette e ridette e ognuno rimane in silenzio. Un godimento mistico, giuro. Nessuno, finalmente, deve più dire la sua, si è sollevati dall’obbligo: uomini e donne acquistano dignità e anche lo spazio diventa un luogo di preghiera, si è pronti infine a tacere. Al bar, per esempio, fateci caso: c’è un attimo, ma appena uno, in cui si sentono solo i rumori della natura, scarpe che scricchiolano, delle stoviglie, un colpo di tosse, ma neanche l’ombra delle parola. Io sono ben disposto alla simpatia, all’improvviso disponibile, a qualcuno in quel momento stringerei perfino la mano.


"Il seme di casa mia" di Francesco Gambaro

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lunedì 2 dicembre 2013

"Inaffidabilità" di Gaetano Altopiano


Certe volte il mio stomaco “digerisce durissimo ferro”*. Altre non vuole saperne, nemmeno un semolino o un passato di carote. Niente. Eppure, le mie abitudini sono quasi da caserma: regolarità di orari e di alimenti, poco vino, molto movimento.Vallo a capire. E’ come coi sentimenti, certi giorni volete bene a qualcuno, altri lo detestate, senza che quello abbia fatto in effetti niente di male e senza che voi, dalla vostra, abbiate avvertito alcun mutamento. Lo stesso vale per il lavoro, per il tempo: dover decidere, nessuna voglia, c’è il sole, piove. Oggi non è proprio giornata.








*(M.Moore, il Gerboa)

"Palermo più bella di Parigi" di Francesco Gambaro

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domenica 1 dicembre 2013

"Riccardo" di Gaetano Altopiano

Mi mostra una medaglietta e un diploma. Terza liceo Convitto Nazionale, anno 2012, primo, dico primo, dell’istituto. La scuola è quella di Corso Vittorio Emanuele a Palermo, e lui solo un bambino allungato troppo (avrebbe detto la Munro). Il primo tra duetrecento ragazzi, capite?  Pensavo fossero cose di altri tempi e invece. Si legge: lo studente si è distinto per assiduità, profitto e merito. Firma del Rettore e di due esaminatori. Riccardo ripone gli oggetti  in uno dei cassetti di un mobiluccio all’ingresso. Si scende in trattoria. Non so se essere felice per lui o per me.  

"E' tornato l'arrotino" di Francesco Gambaro

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sabato 30 novembre 2013

"Paletti di terra" di Gaetano Altopiano


L’importante è avere le carte a posto. Quello che pensiamo, cioè, se non condividiamo, considerando assurdo avere le carte a posto, prima ancora che le nostre coscienze, è secondario. Anzi, non conta affatto. Al solito, da noi, si distorcono i concetti: l’onestà non è più far di tutto per evitare quanto umanamente possibile in materia di disonestà, a prescindere dai protocolli, ma solo avere applicato la legge. Che in genere corrisponde alla necessità di trovare un colpevole. Qualcuno su cui scaricare una tensione che è sempre più forte. Un paletto di messa a terra, diciamo.

"Non è Kafka" di Gaetano Altopiano

Un giudice, anzi, una giudice, in un processo per omicidio, accoglie la tesi della difesa che invoca l’infermità mentale dell’imputato. Niente ergastolo. Accolta. Quello che è strano è che la perizia degli psicologi (incaricati dai difensori) sostiene una “temporanea incapacità di intendere e di volere” limitata al solo, esclusivo momento del femminicidio. Giurisprudenza: “L’imputato, nell’attimo dell’assassinio, era incapace di intendere e di volere.” 

(non è Kafka, ma l’omicidio Petrucci, Palermo 19/10/2012)  



"Tanto per accettare" di Francesco Gambaro

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giovedì 28 novembre 2013

"Ragnatele" di Emanuele Diliberto

ragnatele

"Cinque che sembrano venti" di Gaetano Altopiano

“Provi ad assaggiare questo pane, signor mio, non sembra pizza? E questa mortadella, non è in tutto e per tutto un bocconcino di tartufo?” Il pizzicagnolo mi incalza, non riesco a concentrarmi, e intanto la bottega si riempie. Due etti di prosciutto, mozzarella, il pane e un poco di formaggio grattugiato: se non ricordo male è tutto. Colpo di tosse, una signora spinge. “Guardi, la nostra pasta è alle erbe, e ho certi filetti di sgombro che sembrano fettine di salmone”. Ma certo. Certo. Insomma, in questo posto tutte le cose sono qualcos’altro. Il pane è pizza, la mortadella tartufo, la pasta è erba e lo sgombro salmone. “Viene dodici euri” mi fa. Prendo un pezzo da cinque e pago. “Le prenda, dico, e mi dia il resto. Sono cinque, sì, ma non sembrano venti?”    

"Fatti di parmigiano" di Francesco Gambaro

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mercoledì 27 novembre 2013

"Terapie farmacologiche" di Gaetano Altopiano


A proposito di paradossi, eccone uno. Come può una scienza inesatta elevarsi a scienza esatta senza averne titolo? Pensate sia impossibile che uno scolaro che si autopromuova ogni anno alla classe superiore. Giustamente. Gli “Studi di settore” sono lo strumento più iniquo che il sistema tributario abbia potuto escogitare: applicano lo spirito della Medicina Interna che in base alla risposta di certo numero di pazienti stabilisce la bontà di un farmaco, partendo dal presupposto di Uniformità biologica quasi assoluta; tralasciano però (volutamente) l’anamnesi, che è invece indispensabile per l’obiettività di una giusta terapia farmacologia. Non ci si può convincere che le aziende (di ogni certo settore) siano tutte uguali davanti al fisco, solo perché qualcuno lo ha sancito, o anche per comodità. Né si può pensare che tutte le aziende (di ogni certo settore) pur avendo stesso numero di dipendenti, stesso volume d’affari, debbano produrre necessariamente lo stesso reddito. Non è affatto stabilito. La storia di un’azienda, la sua vitalità, quello che può produrre non è mai uguale. E come potrebbe? Geografie, tradizioni, gestioni, le rendono diverse.


"La potenza delle nuvole" di Francesco Gambaro

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martedì 26 novembre 2013

"Muscoli, ossa, cervello", di Gaetano Altopiano


Proprio come una macchina il nostro corpo si usura. Nel tempo, ogni parte di noi si consuma, ogni organo, muscolo, il più piccolo osso. Ci si scopre, a una certa età, a sentire fastidi che non se ne vanno, malumori che non si dissipano, dolori che persistono anche per uno sforzo banale, o per un semplice colpo di freddo. E’ la capacità di recupero che è cambiata. A venti, o trentanni, una contrattura muscolare dura un paio di giorni, a cinquanta, dura due mesi. I tendini, per esempio, sono funi che tirano e un bel giorno improvvisamente mollano: non si riesce più a sollevare un bel niente. Una ferita sanguina più del dovuto, le ernie sgusciano senza rimedio, e anche il cervello non fa eccezione. La nostra capacità di “autoripararci” è venuta meno. O meglio, è venuta meno la volontà: nessuno vuole più essere pronto. Forse per paura di pentirsi?


"A Palermo se ride" di Francesco Gambaro

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lunedì 25 novembre 2013

"Scarpe" di Gaetano Altopiano


La signora Miuccia Prada vende stivali da tremila euro ma va in giro in Clark. Il signor Della Valle proclama l’obbligo del versamento contributivo come bisogno nazionale ma fabbrica le Tod’s in Romania. Imelda Marcos, moglie del dittatore filippino, teneva il popolo alla fame ma aveva più di duemila paia di scarpe. Anche Celine Dion, cantante, ha duemila paia di scarpe. Vigevano è la città con la tradizione calzaturiera più antica. Il New England è famoso soprattutto per due cose: Cape Cod, località di villeggiatura, e Alden, tra le scarpe più esclusive del pianeta. Quelle più care, però, le ha create Christopher Michael Shellis, sono da donna e costano 140.000 sterline. La scarpa meno costosa in assoluto non esiste.


"Frutti morti - la deca danza di Berlusconi e la deca densa dei nobili siciliani" di Francesco Gambaro

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domenica 24 novembre 2013

"Presenze" di Gaetano Altopiano


Qual è il dipinto più inquietante? L’isola dei morti ? Saturno che divora i suoi figli? Le visioni dell’aldilà? No. Né Bocklin, né Goya, né Bosch. La perfezione, anzi, non c’entra niente. L’autore è uno sconosciuto, l’opera prodotta in migliaia di esemplari e alle pareti di ogni cucina che si rispetti. “Il ritratto del vecchio ubriacone”. Mezzo busto di un anziano alcolista con tanto di fiasco di vino e guance avvampate. Sorride, e a ognuno che entra e come facesse occhiolino: sembra voler fare parte della famiglia, esservi ospite, fare l’anfitrione. Invece ha intenzioni agghiaccianti. Non è un simpaticone, sta fingendo, l’autore sapeva benissimo si trattasse di un mostro. E ora lo sapete anche voi. Un violento, picchia la moglie e la tiene senza un quattrino. Sfrutta i figli, non lavora da anni. Un mostro seriale. Il clone vi segue dovunque e in ogni casa che visitate il vecchio è lì a aspettare. Tragicamente presente e ossessivo. A casa dei vostri suoceri, difatti, l’uomo vi fissa anche stasera: corre un brivido. Siete costretti a chiudere gli occhi.


"Vetrine in Palermo" di Francesco Gambaro

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sabato 23 novembre 2013

"Biografie sentimentali di uomini e pesci" di Gaetano Altopiano


In tempi come questi, ancora esistono persone serie? Direi di sì. Le riconosci per la colorazione assunta dalla faccia quando fai loro una domanda. Non è il rossore della timidezza. No. E’ il sangue che promette: giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. E giura, infatti. E infatti mantiene. Un tale Giuseppe Cottone, amico mio, ristoratore, è una di queste. Il suo locale è in centro, ha un nome ridicolo e il posto non è nemmeno granché, ma il pesce è il più buono della città. Garantito. Parola di ristoratore e di amico. E’ lì che ho conosciuto l’Orata. Quella di mare, s’intende. L’Orata vera. Non quella porcheria che spacciano per tale: grassa, tozza, argentata; identica alle compagne per misura, senza sapore e molliccia. No. Quella che ho conosciuto io era una bestia tropicale: liscia, asciutta, sottile; bocca appuntita e bordata di giallo, colore canna di fucile, pinne caudali lunghe e setose. Bellissima. E poi la carne. Magra e ricca di sapore. Le ho voluto bene da subito.


"Un cedro per mia madre" di Francesco Gambaro

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venerdì 22 novembre 2013

"Incomprensioni" di Gaetano Altopiano


Un attimo dopo, zacchete. La bionda, magra alta e fichissima, già trascina il bamboccio in camera da letto. E’ una padrona: gli monta sopra, lo massaggia, lo bacia sul collo, ma l’uomo chissà cosa crede. Col tacco, infatti, di una scarpa chiodo 12 centimetri, a un certo punto lo infilza sulla scapola destra. Quello ancora non capisce. Grida. Crede che sia uno scherzo. Non sa una parola di russo. Ma come? Pensava a una cosa semplice, rilassante, erotica vecchio stile, magari con sigaretta post-coito. Poco prima, al ristorante, lei gli aveva detto: “mi piacciono i tuoi occhi da frocio”, in russo, ovviamente. E lui, ovviamente, non aveva capito. Il film è Italians, lui un candido Carlo Verdone. 

"Alla faccia lontana" di Francesco Gambaro

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giovedì 21 novembre 2013

"Serve qualche abbate?" di Emanuele Diliberto

"Creazioni" di Gaetano Altopiano

Secondo Vito Mancuso (Il Principio Passione) la Creazione dell’universo non sarebbe avvenuta secondo la narrazione della Genesi, nei famosi sette giorni, né, naturalmente, solo secondo aggregamento casuale di particelle in un fatidico attimo di 13,8 miliardi di anni fa, ma continuerebbe tuttora. Quindi, la vita a cui assistiamo non è evoluzione ma creazione. Il tentativo è quello di conciliare l’esistenza di Dio con l’evoluzionismo appunto. Cioè: essendo ancora in atto, la creazione, sarebbe un lavoro che viene sempre più perfezionandosi, spiegando, direi giustificando, la possibilità che il male, in termini di malattie, morte, catastrofi naturali, non si sia esaurito in quanto parte ancora da correggere, o qualcosa del genere. Lo scopo (antropocentrismo) non sarebbe l’Homo Sapiens ma il Sapiens Sapiens, obiettivo finale del Creatore: non più uomini ma solo spirito/sapienza. Al capitolo 5 scopro che l’universo è vuoto al 99%. La materia non esiste. E’ solo un’aggregazione di forze. Quello che non mi è chiaro è: cosa sarebbe il vuoto? Chi spinge le forze?    

"Riunirsi" di Francesco Gambaro

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mercoledì 20 novembre 2013

"Riunioni" di Gaetano Altopiano

Tavole rotonde. Tavole quadrate. A ferro di cavallo. Il nostro è un ovaloide, e siamo in otto. Nove. Tutte persone importanti, ehilà, tranne il sottoscritto, ovviamente. Si parla di ribassi d’asta, di costo della mano d’opera, del trend di mercato e di quanto siano affidabili le imprese che offrono sconti così alti in edilizia, come mai prima d’ora. Che bello saper dire le cose e dirle nel modo più limpido possibile. E’ un grande dono la chiarezza, e uno ancor maggiore la sintesi. Certo. Ma ognuno tira acqua al suo mulino, come potrebbe non essere così? E in questo tentativo, in barba all’ABC della conversazione, le voci si accavallano, si incrociano, fino a confondersi del tutto. Come potrebbe non essere così? Dopo tre quarti d’ora non si è arrivati a niente. Forse perché era questo l’obiettivo: non arrivare a niente. Non dire niente. Non volere niente. Saluti, strette di mano. Uno mi fa: ma tu non hai capito un tubo, scherzi? E insiste nel dire che io non ho capito niente, mentre invece, io, ho capito benissimo. Mi ricordo allora di averlo sentito gridare, prima: ma mi fai parlare, ripeteva, mi fai parlare. Due, tre, quattro volte. 

"La caduta di merda" di Francesco Gambaro

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venerdì 15 novembre 2013

"Riempitivi" di Gaetano Altopiano

Certuni sono baciati dalla grazia. Alcuni li conosco, altri solo di fama. A volte riesco a leggerli direttamente, altre, me li godo al telefono letti da un sacerdote che è un vero esperto nel rintracciarli. Bè, quando succede, credetemi, sono tutto un fremito. Ricordate il mito di Demetra? Sorella di Zeus. Dea della vita e della morte. “Portatrice di stagioni”, pensate. E della mitologia, in generale, cosa ricordate? Mi piace pensare alla lettura come a una graticola sempre sul fuoco: sotto, per quanto soffi vento e faccia tempesta, la brace cova sempre in attesa. Sembra sia spenta, e invece, oplà, ricomincia a covare. Pronta a riaccendersi per sfrigolanti tocchetti di carne. Un grazie a Pietrangelo Buttafuoco per il suo Riempitivo di ieri sul Foglio.

"A prima vista io donna" di Francesco Gambaro

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venerdì 8 novembre 2013

"I soccombenti" di Gaetano Altopiano

Ogni cittadino è un Contribuente. “Contribuente”  è chi contribuisce. Così, almeno, dovrebbe essere. Con-tribuire vuol dire letteralmente concedere un tributo, ossia, offrire una parte di ciò che si ha, ma solo una parte. Per contributo, infatti, si  intende “un apporto” (non un pieno trasferimento) di materia energetica, umana, in questo caso  economica, che affluisce in un bacino già “fatto”, non da realizzare (altrimenti si chiamerebbe diversamente); un atto volontario, quindi, fondato sull’etica e sulla capacità di giudizio: faccio parte di una famiglia, la riconosco un’istituzione, traggo vantaggi da questo, fornisco una forza proporzionata ai miei mezzi. Un atto necessario, certo, ma che andrebbe compiuto solo in base alla disposizione finanziaria di ognuno, nessuno escluso, naturalmente, solo in base a quella. E solo in modo volontario. Esattamente come volontario (e mai nessuno si è sognato di considerarlo diversamente) è l’altro compito del contribuente: partecipare allo sviluppo sociale attraverso l’immissione di parte del suo capitale nell’attivo circolante della vita di tutti i giorni: fare la spesa, vestirsi, investire eccetera). Il concetto di Contribuente, e il suo compito, sono  stati distorti. Il Contributo è  una Tassa, oggi, “un prezzo” da pagare per appartenere all’istituzione, il cui importo, tra l’altro, viene fissato arbitrariamente senza aver sentito le parti. Esponenziale, rispetto alle necessità del richiedente. Ora, uno: tentare di risanare il debito pubblico con questo sistema è assolutamente inutile, anzi, fallimentare. E’ come avere un debito di 1000 euro e cercare di pagarlo dando acconti di 5 centesimi per volta. Vi pare possibile? Due: questo sistema, a lungo andare, ha privato i contribuenti del necessario per poter partecipare a quello sviluppo sociale indispensabile (più dei conti pubblici in ordine) per fare di una nazione una nazione ricca. Da qui la depressione. 


"La mia persiana screpola" di Francesco Gambaro

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sabato 12 ottobre 2013

"Aplomb inglese" di Gaetano Altopiano


Ringraziamo il Governo maltese per la collaborazione. Ringraziamo Barroso, per la visita a Lampedusa. Ringraziamo il Parlamento europeo per il minuto di silenzio osservato in memoria dei morti. Non c’è che dire: il problema dei migranti finalmente non è più solo italiano (ovvero, non più solo siciliano) riferisce Enrico Letta. Non sa quello che dice o è male informato. I nostri fratelli inglesi, ad esempio, da anni se ne accollano a carovane, e di ogni nazione. Provate ad andare di venerdì sera ai magazzini Harrods e vedrete: siriani, libici, iraniani, fiumi di extracomunitari in fila da Gucci, Hermes, Tiffany, e fuori filari di Bentley e Rolls in attesa. Diamine, l’Inghilterra, si è mai lamentata?

"L'occhio destro che s'è mangiato l'occhio sinistro" di Francesco Gambaro

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venerdì 4 ottobre 2013

"I resistenti" di Gaetano Altopiano

Occorre specializzarsi nelle specializzazioni. Specializzarsi nelle specializzazioni delle specializzazioni. Lo dicono i miei ragazzi. Puntare verso il nord geografico, dritto verso il rigore dell’apice dei triangoli. Lassù attende la gloria. Non basta conoscere ottimamente le cose, non più, bisogna filtrare ancora, spremere il succo, filtrare ancora, ancora, e arrivare a distillazione. E’ ovvio che tutto questo, ammesso che abbia un senso (dico io), costa fatica e sacrificio, ma i tempi questo prevedono. Amen. I pantaloni? Sempre più corti e attillati. La cena? Porzioni giapponesi. I corpi? Magrezza, diavolo, magrezza! Studiare fino a spaccarsi la schiena, mirare non a quello per cui ci si sente portati, che è così inutile, ma a quello che pretende il mercato. Al massimo un paio di bicchieri il venerdì sera, nient’altro. Un mondo di mutilati, diceva Bernhard. E le parole? Usarne il meno possibile, e se si può, meglio soltanto all’anglosassone. E poi, velocità, messaggi in codice, nessuna perdita di tempo: questo è determinante. Glenn Gould detestava le persone che parlano senza aver finito di pensare, dunque detestava quasi tutta l’umanità. Erano gli anni 60, mi pare. Parole di Thomas Bernhard.

"Lampedusa, arena per arenati" di Francesco Gambaro

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giovedì 19 settembre 2013

"La minchia a Los Angeles" di Gaetano Altopiano


Te l’avevo promesso. E io, mantengo le promesse. Sono partito col volo delle sette e cinquanta e arrivato col treno delle dieci. Los Angeles è magnifica: città ultramoderna piena di uomini che corrono, di donne che girano scalze, di auto talmente silenziose che rischi lo scontro a ogni incrocio. Ho aperto il cofanetto solo dopo essere rimasto solo con lei. L’albergo era situato in ottima posizione, e la vista sulla città incantevole. Passava un mare di gente sotto, sulla strada. Ottimo. Le faccio: non è roba mia, fai attenzione, me l’hanno prestata. E lei: non me ne importa, basta che scuci i soldoni. Ha aperto la finestra quel tanto che bastava a mettere fuori la canna, e: bum.    

"Chi l'avrebbe detto", di Francesco Gambaro

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martedì 17 settembre 2013

"Vapore acqueo" di Gaetano Altopiano

La sigaretta del signor ics è finta. Non è una sigaretta, infatti, ma un cilindretto che manda vapore acqueo. La tiene dentro un astuccio portato regolarmente al collo. Salva i polmoni, dice, le arterie e tutto quanto e io posso godermi il vizio del fumo in santa pace.  Vero. Dopo una cena con sola insalata romana, posticcio della cotoletta, un bel bicchiere d’acqua al posto di un vinello e un alka seltzer (non si sa mai) tira fuori quel cazzettino e aspira soddisfatto grandi boccate di vuoto. Nulla di nuovo: il signor ics, come vedete,  è abituato a nutrirsi  di niente.  Anzi, piuttosto, direi che anela al niente, non al niente che pensiamo, ovvio, ma a quello che sfacciatamente pretende di essere qualche cosa. Il suo alimento preferito, nutriente, del resto,  facilissimo da trovare. Lo assume in dosi consistenti durante tutta la giornata e anche se sembra un paradosso, ne è totalmente pieno. Ma lui non se ne rende conto, questo è il bello. Pensa (ma non è vero) di avere un’opinione, un’idea precisa delle cose, e soprattutto pensa di essere un elegante. La tragedia si consuma quando tenta di insegnare la vita ai figli: dovreste vederlo con quell’oggetto tra le labbra, gesticolare, sentenziare, sputare milioni di inutili particelle d’acqua. 

"Perché non possiamo dirci moderni" di Francesco Gambaro

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lunedì 16 settembre 2013

"Occupy" di Gaetano Altopiano

OCCUPY 1° settembre 1939, la Germania invade la Polonia dando inizio alla seconda guerra mondiale - 1980, mese e giorno impossibili da determinare, Londra, cellule tumorali iniziano il processo di occupazione del fegato di Richard Cromb, con esito infausto -Fine ‘800 inizi ‘900, Il Cairo, gli egiziani senza casa colonizzano il cimitero della città fondando la Città dei morti viventi - 26 dicembre 2003, Roma, CasaPound occupa uno stabile nel quartiere Esquilino diventando un movimento politico – 24 ottobre ’29, New York, Wall street, il martedì nero nel quale la depressione invade il mondo economico inaugurando una crisi senza precedenti - Gennaio 2005, Palermo, Giuseppe Masi prende senza averne diritto (sine titulo) il posto destinato agli invalidi sull’autobus 226 Stazione C/le Villabate: prime proteste contro le minoranze -Nota I.A.C.P. (istituto autonomo case popolari) del sett.2010, si inviano gli atti alla Procura della Repubblica per l’intromissione abusiva in 24 alloggi di via Ammiraglio Rizzo PA: uno dei denunciati si uccide impiccandosi sulle scale - 30 ottobre 1938, Orson Welles diffonde la notizia di una invasione aliena del pianeta Terra: il primo reality show – settembre 2013 Marineo, la glicemia dilaga nell’apparato circolatorio di Rosario Altopiano, classe ’35, arrivando a valori tra 300 e 320: violenta discussione sulle sue abitudini alimentari - Glossario: OCCUPAZIONE: presa di possesso di posti o luoghi con mezzi legittimi o con l’uso della forza; KRONOS: il tempo che scorre inesorabile; KAIROS: l’attimo dopo il quale niente sarà più come prima;

"Uomo nudo con bandana inguinale" di Francesco Gambaro

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venerdì 13 settembre 2013

La genialata di Cacciari, di Francesco Gambaro

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"Gli ultimi stupidi" di Gaetano Altopiano


Gli ultimi stupidi si incontrano in gruppo a Piazza Repubblica. Si stringono la mano, si abbracciano tutti, secondo le regole degli stupidi che i padri hanno tramandato ai figli. Sono in ritardo, si osserva, ma alle nove fanno in modo di essere seduti al ristorante, cento metri più avanti, in un bel vicolo della città vecchia. Il tavolo è fissato per quell’ora, e un appuntamento è un appuntamento, dicono tra di loro, va rispettato. Quanto la parola data, ogni promessa consegnata, questo dicono. Bisogna ammettere, infatti, che il gruppo sia abbastanza preciso, nei modi e negli abiti. Quell’eleganza e quel gusto tipici degli stupidi di una volta, dalla quale definizione, infatti, deriva siano detti gli ultimi. Tutti inchinano la testa, ogni volta che qualcuno si rivolge all’altro, tutti, indistintamente, vestono abiti scuri. Una di loro, addirittura, una stupida sui sessanta, spicca tra gli altri per quanto oggi la si potrebbe definire antiquata. Infinitamente antiquata. Non un solo particolare, l’ombretto, le scarpe con la fibbia, il biondo troppo chiaro, ma è l’aria della donna che fa pensare appartenga a un altro mondo. Due cose ancora, prima che gli stupidi si salutino: il dolce viene servito in un vassoio smaltato che ha una piccola incrinatura al centro, tra quella che sembra una margherita e un tralcio d’edera; alzando gli occhi (vale solo per gli stupidi seduti dal lato rivolto all’esterno) si possono contare un numero di centocinquanta gru volare verso sud sud-ovest.

"Un grilo s'è 'mpicato" di Francesco Gambaro

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sabato 27 luglio 2013

" La colf della colf " di Corinne Quadarella.


“Signora, io settimana prossima deve partire. Mando lei "mia sorela”.
E questa è la tipica frase che fa gelare il sangue nelle vene di tutte noi anche in pieno solleone. Per poi scoprire che “mia sorela”, altro non è che l’amica della cugina della cognata della zia della suocera della dirimpettaia della “reggente” colf. Ecco, già vedo alcune sopracciglia alzate come a dire “ Ma che vuoi, ti lamenti pure? Beata te che ce l’hai la colf! E io allora che dovrei dire che non ho nessuno su cui contare e faccio tutto da sola? Chiarisco subito che a prescindere dal fatto si tratti di una collaboratrice a ore e solo per un paio di giorni la settimana, o anche fosse “fissa” (per chi può permettersela), voglio capire perché siamo tutte così vulnerabili, (ma proprio ci manca la terra sotto i piedi) quando le persone che lavorano per noi, per la nostra casa e la nostra famiglia si allontanano per motivi personali o di salute, anche solo per poco tempo in qualsiasi periodo dell’anno. Non riusciamo ad accettarlo come loro diritto, almeno non subito, non all’istante, non quando sentiamo pronunciare la fatidica frase. Mi spiego meglio. Certo che lo capiamo, e sappiamo che è negli accordi ed è cosa buona e giusta. Ma abbiamo sempre la sensazione di subire un torto, un sopruso, perché mai? E pensieri come -  ma proprio ora che la casa va chiusa per le vacanze e solo lei che la conosce bene, sa come fare? Ma come, ho passato ore intere a spiegarle ogni angolo, ogni segreto e possibile difetto di questa casa e ora mi tocca ricominciare tutto da capo? Tutte le volte che mi sono raccomandata di - chiudere bene le finestre prima di uscire, (soprattutto quella della cucina, dove gli eventuali ladri, possono passare dal terrazzo di fronte?) E di - ricordati di annaffiare le piante, e fallo solo dopo il tramonto, altrimenti prendono una botta di calore e soffrono. E andando avanti con altre mille fisime simili, tipo - il frigorifero eh, sai come si sbrina, ti ricordi?, l’abbiamo fatto insieme l’anno scorso! Queste sono solo alcune delle raccomandazioni che possiamo dare loro in questo periodo estivo. Nella stagione invernale invece, ci accaniamo per esempio, sul lavaggio a mano dei pull-over (quelli buoni, eh), sulla stiratura “senza piega” dei jeans e molto spesso sull’arieggiare bene gli armadi perché non accumulino troppa polvere portata dai termosifoni. Insomma, istruire una persona che deve/dovrebbe fare le nostre veci nel già faticoso quotidiano, insegnarle ad avere cura delle nostre cose, come vogliamo noi, è già un lavoro solo quello. E ogni tanto succede che,  come per incanto, in un ideale crocevia, tra scope, stracci e sgrassatori in questo continuo viavai di sostituzioni, incontri una persona che intuisce il da farsi e anzi, miracolo! sembra ti legga nel pensiero. Quando questo accade, pensi allora di aver trovato l’angelo custode, ti senti accudita e capita e sempre più serenamente ti affidi. Ecco, ti affidi perché ti fidi. E io mi sono fidata e da molto tempo ne sono contenta. Ecco perché quando l’altro giorno ho di nuovo sentito la frase “Signora, io settimana prossima deve partire”, mi son tremati i polsi.
Riuscirà “sua sorela” a  farmi rimpiangere la colf della colf? 
Buone vacanze.

"Due sistemi di vita" di Francesco Gambaro

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domenica 23 giugno 2013

"Un caffè macchiato" di Corinne Quadarella

Roma, un sabato mattina di fine giugno, quartiere Flaminio.
Incorniciato da una parte dal Palazzetto dello sport di Vitellozzi e Nervi, dall'altra dal Villaggio olimpico delle Olimpiadi del 1960 (una buona annata) e dal recente "Ponte della Musica" che in prospettiva collega via Guido Reni al più famoso Auditorium di Renzo Piano. Non è immobile il Flaminio, cambia e non ha paura di rinnovarsi seguendo le esigenze di un'architettura sempre alla ricerca di spazi che siano spazi sociali, piazze per incontrarsi e incontrare.
L'incolpevole chiusura settimanale del sabato del bar all'angolo di via Fracassini, è stato solo l'inizio dell'avventura di stamattina. Alla ricerca del caffè perduto...... bar del Maxxi apertura ore 12, in settimana chiusura alle 19.
Cioè viene escluso il canonico orario della colazione mattutina, fascia 8-11, che a Roma equivale a un suicidio annunciato. Fumanti cappuccini con cornetto, caffè con schiuma, senza, al vetro, corretto, al gingseng, la fantasia applicata alla torrefazione, supera ormai ogni senso del limite. Per non parlare dei tanti salutisti che avrebbero preso dei meravigliosi centrifugati di frutta e verdura a 6 euro l'uno senza scomporsi. Anzi contorcendosi e snocciolandosi seguendo un'affollatissima lezione di Yoga, in programma sempre al Maxxi, nelle mattine del fine settimana, nello spazio antistante l'ingresso del museo.  Molti "seguaci" di quella che ormai possiamo definire una setta dell'equosolidale e del biologico, con crusca integrale sempre a portata di mano, in perfetto natur-vegano style. Tutti con il proprio tappetino, convinti da un silenzioso e attento Maestro. Ma neanche un caffè, il bar è chiuso.
Si apre a mezzogiorno, si sbraccia una cameriera da dietro il bancone, intravista a malapena dietro la vetrata del portone d'ingresso, dopo aver cercato più volte e inutilmente di aprire forzando quella specie di maniglione antipanico, tanto di moda. E siamo alle 11e30. I fortunati avventori presenti dopo le 12 avranno sicuramente goduto dei cornetti ormai secchi, rimasti nel cartone del fornitore, chissà. Ma anche l'orario dell'aperitivo, o happy hour che dir si voglia, 18-21 per intenderci, viene ritenuto superfluo per i gestori del suddetto esercizio in armi al polo museale di via Guido Reni. Ormai diventato l'happening di ogni buco appena degno di chiamarsi bar, dal centro città ai Castelli romani, la scusa- ritrovo x incontrare/bere/divertirsi/socializzare (ai miei tempi si diceva rimorchiare), è il momento della giornata che tutti aspettano. No, loro chiudono alle 19, non sia mai viene qualcuno!
E per finire in bellezza, ciliegina sulla torta, libreria dell'Auditorium, sempre sab 22 giugno, pomeriggio inoltrato, quando tutti ma proprio tutti, escono a cercare un po' di fresco, pronti a comprarsi anche una muta da sub o una tenda da campeggio, pur d'ingannare la noia d'essere rimasti in città, loro che fanno? Chiudono x inventario.
Io lo farei a gennaio l'inventario, voi no?
Forse sono io che sono strana, ma al primo che mi viene a dire che non c'è lavoro, ce lo mando e con gusto. Dove?
A quel paese sì, ma non in Italia.

L'occhio è un concetto di francesco gambaro

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venerdì 21 giugno 2013

Morto James Gandolfini, viva Tony Soprano! (di Alfonso Leto)


Mi dispiace che sia morto James Gandolfini, il Tony Soprano dell’omonima fiction a tema mafia americana.
Mi dispiace perché era (e rimane)  un attore eccezionale, il mio attore preferito della mia fiction preferita che, da quando è apparsa sui teleschermi, già nel 1999, era lampante la sua caratura rispetto agli altri telefilm di specializzazione poliziesca o criminologica. 
James Gandolfini
Già dalla sigla di apertura filozappiana (“Woke Up This Morning" degli Alabama 3) e, via via (Elvis Costello, i Morfine,  i Cream, Otis Redding, Springsteen…) con la ricercatezza delle musiche (in tutte le puntate di tutte le serie), si notava una cultura e una ricercatezza rare, in quel mondo seriale di produzione; ma le storie, poi, i personaggi, l’attenta scrittura di ogni puntata, l’interpretazione di ogni singolo attore, a cominciare da Gandolfini, appunto, alla moglie Carmela nel film (interpretata dalla superlativa Edie Falco), alla psicologa del boss interpretata magistralmente da Lorraine Bracco. 
Veri momenti di spasso di alto livello, le sedute di Tony Soprano, di cui nessuno deve sapere perché possono essere  -e lo sono-  oggetto di scherno nella “famiglia”: -un mafioso che va dallo strizzacervelli e per di più donna!- Così com’è un vero e proprio tabu "invalidante", per l'organizzazione, se si viene a sapere in giro che un maschio della “famiglia”, (nell’intimità del sesso, coniugale e non) pratica il cunnilingus alla partner. Questi e altri aspetti grotteschi sparsi qui e la in una dimensione quotidiana fatta di soldi, sesso, sacrafamiglia, tradizioni della perduta patria italiana e di un cinismo senza fine: quel cinismo che manca proprio a tutti gli sceneggiati sulla mafia e perfino ai migliori ed enfatici La Piovra e Il Padrino. Ne I Soprano l’enfasi e la retorica sono banditi: si uccide verisimilmente con estrema facilità e banalità (la banalità della banalità del male).  Le storie dei  Soprano sono una rappresentazione fedele della balordaggine e dell’umanità dei mafiosi di grosso calibro come quelli americani e di tutti i loro sottoposti e fiancheggiatori. Guardandoli uno pensa: sono proprio così, ricchi e laidi,  vivono in mezzo a noi, vanno a scuola con i nostri figli, hanno in mano le nostre città, e le mogli sono quasi sempre delle “brave signore” (non scopabili, però, nemmeno col pensiero, pena la morte in una discarica fetente) timorate di dio, angeli sempre freschi di parrucchiere nel focolare arredato di tuttopunto, trasbordante di comforts, di sogni di far laureare i figli nelle migliori università, isteriche ma servizievoli compagne  del buon padre di famiglia estortore, assassino, corruttore, manager della truffa e della morte, che arriva stanco la sera, con i suoi sensi di colpa (ma non per la gente che ha ammazzato, no) per i conflitti con la vecchia madre (dal carattere impossibile) che è stato costretto a mettere in una casa di riposo di gran lusso. Tony Soprano è pronto a tutto pur di garantire questo movimentato paradiso a se e alla sua famiglia.
Per fortuna che i Soprano (per chi volesse approfondire) possono sempre essere visti in  streaming su questo benemerito sito (se non si complica con spam e inserti vari) http://www.italiafilm.tv/telefilm/8989-i-soprano-the-sopranos-streaming-megavideo.html.
Quanto al povero James Gandolfini, mi spiace davvero che sia morto, a cinquantun anni e proprio a Roma ( “Che vergogna morire a cinquant’anni”, disse di se Ettore Petrolini in punto di morte!). 
Era atteso al Festival del cinema di Taormina, dove doveva partecipare a una tavola rotonda insieme al regista Gabriele Muccino. Povero James, morire per risparmiarsi Muccino: che coraggio, che abnegazione!


martedì 11 giugno 2013

" 7 righe" di Corinne Quadarella

Il Grande Fratello  -   Piccole donne
  La Grande bellezza  -   Il Piccolo Lord
      La Grande vallata   -  Dieci Piccoli indiani
           Il Grande Gatsby  -  Piccoli omicidi tra amici
                  Grandi  Speranze  -  Il Piccolo Principe
                    Il Grande Dittatore   -   La Piccola fiammiferaia
                       Il Grande Bluff  -    Questo Piccolo Grande Amore

sabato 8 giugno 2013

"Lettera aperta a chi mi ha ipotizzato elettore di Ignazio Marino" di Fulvio Abbate

Nei giorni scorsi ho inviato questa lettera a chi mi chiedeva di partecipare a un evento culturale, di fatto elettorale, è bene che sia resa pubblica.

Caro ***,
l'altro giorno al telefono ti ho detto che sarei venuto alla tua presentazione, che è, in verità, un momento politico ed elettorale, vista la presenza di Goffredo Bettini, garante di Veltroni, e di altre figure che in questi mesi hanno fiancheggiato il Pd e segnatamente Veltroni, al punto da appartenere pienamente al sistema clientelare di quest'ultimo. In verità, non ci sarò, né andrò a votare per Marino, se lo votino i Lodoli, le Lidia Ravera e tutti i signori e gli altri che in questi anni hanno usufruito di tutti i vantaggi del clientelismo dal volto umano che avete messo in atto in questa città, personalmente la mia posizione è nota e ufficiale da tempo: mai più in mio nome. Non dimentico che, sempre nei medesimi anni, istituzioni culturali che avrebbero dovuto essere inclusive hanno agito ancora una volta in termini clientelari, penso alla Casa delle Letterature e penso ad altre occasioni di democrazia perduta per la città, e ancora resterà agli atti il silenzio di tutti coloro che oggi fiancheggiano il Pd in città nei confronti della vergognosa nomina di Giovanna Melandri alla presidenza del MAXXI. Così come l'uso che il tuo amico Veltroni ha fatto di Pasolini in funzione autoassolutoria.

Con amicizia

Fulvio Abbate

Teledurruti - Nessuno sa stare sul cazzo come la sinistra! Dimmi tu perchè

venerdì 7 giugno 2013

Invito alla lettura: “È l’Europa che ce lo chiede!- Falso!” (di Alfonso Leto)



 Il piccolo ma insidioso libro di Luciano Canfora smonta pezzo per pezzo il tabù dell’europeismo d’accatto, curiosamente condiviso sia dalla sinistra europea che dall’internazionale capitalista; ma la critica è lucida, tridimensionale, non quella xenofoba e idiota di una destra cieca e piccoloborghese. Conviene leggerlo!

  «Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, si sono alleati in una santa caccia spietata contro questo spettro.
  Quale è il partito d'opposizione che non sia stato tacciato di comunista dai suoi avversari che si trovano al potere?...»

    Parafrasando il celebre incipit del “Manifesto” di Karl Marx, potremmo dire di e con  un libro di Luciano Canfora:  “Uno spettro si aggira per la cultura europeista della sinistra - lo spettro dell'euroscetticismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, la Merkel e Draghi, Monti e Hollande, Letta e Van Rompuy…. etc.,  etc., etc.... Qual’è il partito di opposizione che non sia stato tacciato dell’infamante accusa di  antieuropeismo dai suoi avversari che si trovano al potere?” 
    E  possiamo anche chiederci: quale intellettuale o 
economista  o esperto politologo dell’area della sinistra o progressista, in ogni parte del mondo occidentale (Stati Uniti compresi) che si sia permesso di muovere critiche o esprimere motivati dubbi sui vantaggi dell’Europa (non solo per i mercati e gli speculatori) o promuovere  cambiamenti sostanziali del processo d’integrazione comunitaria, specialmente nell’ambito economico e fiscale, non sia stato tacciato dallinfamante accusa di di antieuropeismo (o euroscetticismo)?
Il piccolo ma efficacissimo saggio di Canfora, ha il dono di fare comprendere a noi sudditi comunitari, ma soprattutto a noi libertari o aspiranti/sedicenti tali, sempre attivi nella critica al sistema, specie quando questo sistema lede la nostra stessa sopravvivenza, che l’Europa non è e non può essere un dogma inattaccabile. Già che i dogmi, in  quanto tali, in un aspirante libertario, fanno venire la voglia insopprimibile di munirsi di armi di sfondamento in quanto, ogni dogma nella sua regalità o santità, nasconde sempre più infime e pericolose motivazioni, figuriamoci il dogma politico che nasconde in se il dogma economico di una egemonia neocapitalistica europea che sta macinando giorno dopo giorno l’autonomia politica e democratica dei singoli stati e dei suoi cittadini in nome di un principio d’integrazione europea i cui risultati attuali dimostrano la scarsità di benefici  e l’inefficienza delle istituzioni comunitarie davanti alla crisi economica e finanziaria.
   Leggendo il libro di Canfora, edito già un anno fa ma molto letto ancora oggi, si coglie tutta l’energia di una analisi calcabile sui fatti che si stanno verificando oggi sotto i nostri occhi sempre più increduli, prima e dopo le elezioni della scorsa primavera incluso  l’attuale governo-Letta, che è stato già pre-letto nella sfera di cristallo dell'autore.
    Canfora ne preconizza lucidamente l’incedere dei fatti (in 7 mosse) che poi sono quelle che oggi determinano ciò che lui chiama la nascita  di un  «partito della nazione », l'impalcatura eurocompatibile, su cui si costruisce l'eurozona; in altri termini tutti quei governi della solidarietà nazionale “a norma CEE” che costituiranno il presente e il futuro di ogni stato-membro d'Europa e a cui pare ci dobbiamo rassegnare se non vogliamo essere tacciati del peccato civile e politico (quasi sovversivo) di antieuropeismo=agnosticismo rispetto alla teologia politica di questa Europa.

    Ecco, tra le 7 mosse di questo processo ben descritto da Canfora, iniziatosi con l'abrogazione “del principio proporzionale (…) in omaggio alla religione idolatrica del bipolarismo”, la sesta mossa di un processo che abbiamo visto consumarsi sotto i nostri occhi, prima con il governo Monti e ora proprio con la nascita del governo Letta:
« A questo punto i teorici del “superamento” della distinzione destra/sinistra in quanto concetto obsoleti possono esultare. E difatti esultano. É impressionante che, in Italia, inconsapevoli della gaffe lessicale, alcuni si dispongono addirittura a dar vita a un “Partito della Nazione” (il partito fascista si chiamò per l'appunto “nazionale”, e “nazionali” erano detti i seguaci di franco, mentre “socialista-nazionale” era il partito del Fürer)»

      La settima mossa espone «gli effetti della progressiva assimilazione tra i due poli culminata nella “coesione”» e cioè « il non-voto di coloro che non si riconoscono nella melassa». E Canfora aggiunge: «Ma questo non preoccupa l'ormai coesa élite, (…) anzi gioisce ulteriormente perchè si può sperare di raggiungere i record delle cosidette “grandi democrazie” dove- come negli USA- vota meno della metà degli aventi diritto. Anzi i più sfacciati dicono che il non-voto è un segno di maturità della democrazia».
      Da questo lampante capitolo centrale del libro, Canfora ci espone cosa mai sia questo Partito della Nazione e nel leggerlo vediamo apparire come evocati da una forza di analisi tridimensionale i volti e le situazioni della miserevole politica italiana, senza risparmiare colpi a destra, al centro e a sinistra, e a scanso di equivoci differenziandosi molto, nell'analisi, da altre visioni antieuropee quali quelle della Lega Nord o di altre formazioni o derive governate da una visione xenofoba e qualunquistica.
«L'ideologia dichiarata defunta, ritorna in forme impreviste e alquanto fatue» – continua l'autore - «come ideologia dell'Europa, come valore in se! L'”europeicità” è diventata la nuova ideologia, soprattutto presso la ex sinistra. Qui alligna oramai sempre più spesso il monito intimamente compiaciuto e pensoso: “Ce lo chiede l'Europa!” Un tale ritornello che serve a tappare la bocca a qualunque rilievo critico».

        Nella sua analisi Canfora pone la questione della tanto osteggiata svalutazione dell'euro come possibile soluzione alla crisi, ma sappiamo bene dice il filologo che la Germania è ostile a questo provvedimento in quanto “dalla situazione attuale ha solo vantaggi in quanto “L'eurozona è il suo mercato” e una svalutazione dell'euro l “la detronizzerebbe dalla sua posizione dominante. Ma non è un motivo sufficiente per rinunciarvi, conclude nel capitolo intitolato “Come uscire vivi dalla morsa” “I sudditi hanno pur diritto di alzare la testa”.
       E qui Canfora pone l'argomento di un'altra ostilità forte alla svalutazione dell'euro proveniente dai centri di potere statunitensi (cioè la Trilateral) che vedrebbero il pericolo di una concorrenzialità delle nostre merci e sulla ripresa della nostra economia in ginocchio. Dunque, siamo certi che anche in Europa non vi siano uomini preposti al compito di impedire misure di tal genere?
Il testo prosegue con altri capitoli che delineano anche uno scenario di progressiva uscita (non solo del nostro Paese) da un sistema tutto forgiato sugli interessi di una nuova Internazionale del capitalismo che richiede da parte di noi tutti una re-visione di quel sistema politico, culturale, infine economico, nato come sistema liberatorio di crescita e di libertà dei popoli, si sta trasformando sopra le nostre teste come un vero e proprio ritorno alla schiavitù in virtù del fatto che «la crisi, rapida in fine,  dei sistemi politico-sociali detti del socialismo reale, ha ridato fiato in modo spettacolare al mito dell’eternità del capitalismo».
Insomma, un libro istruttivo e intimamente, esplicitamente eversivo rispetto alla nuova dittatura economica e mentale che si chiama Europa, nuovo tabu intoccabile del nostro tempo al quale pare non c’è modo di sottrarsi, a meno che il ciclico errore antico di ogni tirannia (antica, moderna e contemporanea) non abbia tenuto in conto della raccomandazione di “non mettere nello stesso luogo schiavi che parlano la stessa lingua, onde evitare che si coalizzino e si ribellino”.
Buona lettura.

“È l’Europa che ce lo chiede!- Falso!”-
 Luciano Canfora ed. Idòla-Laterza,
 pagg. 80- Euro, 9,00 “


Alfonso Leto

mercoledì 5 giugno 2013

"La daga delle SS e la sigaretta elettronica" di Fulvio Abbate

Ma tu lo sai che l'una mi fa pensare all'altra? Guarda, e poi dimmi.

"LA TRANSEUCARESTIA" di Alfonso Leto

LUXURIA, BAGNASCO E LA TRANSEUCARESTIA
Ai funerali di don Gallo, l’immagine di Vladimiro Guadagno, che pure avendo scelto di chiamarsi col nome di uno dei sette peccati capitali, ostinatamente in coda a guadagnarsi il pasto eucaristico per mano del cardinale Bagnasco (messo davanti al fatto compiuto) suscita in me – ateo – un’impressione tale che mi chiedo se prima di fare la comunione, Luxuria, abbia letto attentamente istruzioni, posologia ed effetti collaterali.
Alfonso Leto. "ORAL"(II vers.) olio su tavola. 2005
   Dico io, ma con tutti gli dei che ci sono nel mondo, fermo restando che ciascuno può autocotruirsi in kit il suo “personal Jesus”, mandandoselo a prendere da E-Bay, dove si possono acquistare perfino reliquie di santi, è proprio il dio dei cattolici quello per cui Vladimir ha deciso di militare? Ma ne siamo proprio certi? Si, perché quel nome preso in prestito da uno dei sette peccati capitali, mi pare che strida non poco con l’intento religioso. Insomma se aspiri ad accogliere, attraverso le vie gastriche, Gesù nel tuo cuore (questo me lo insegnarono al catechismo le “mie” suore) non puoi chiamarti Luxuria, perdio! O cambi liturgia (e cambi pure officiante che forse è pure meglio) o cambi nome.
   Hai voglia di espiare? Espia, Vladimir: per me può anche valere la massima di Rasputin che dice: “Peccate, fratelli, perché senza peccato non c’è espiazione e senza espiazione non c’è assoluzione, dunque peccate più che potete"; ma dico pure che se un sacerdote ha assolto i tuoi “peccati” si è dimenticato di non assolvere il tuo nome che per sua stessa ammissione è la persona fatta peccato e il peccato fatto persona.   Qualcosa non ha funzionato nelle procedure, ammettiamolo. Almeno Almodovar nel suo “L’indiscreto fascino del peccato” ha avuto più fantasia a chiamare le inquiete religiose Suor Derelitta, Suor Maltrattata da tutti, Suor Topa, suor Perduta.
    Francamente questa insistenza di tanti gay, transgender, e lesbiche, etc. ad accedere ai sacramenti della chiesa cattolica lo trovo un fatto molto curioso, e che per me non depone tanto a favore del loro status e del loro legittimo desiderio religioso (che non m'importa mettere in discussione) bensì della loro pretesa di inventarsi un dio a loro immagine e somiglianza e di andarselo a covare giusto-giusto nel ventre della chiesa cattolica apostolica romana, proprio quella che li ha odiati per duemila anni (se ci mettiamo solo l'era cristiana) fino ai nostri giorni, e trattati come merde, al disotto della sentina da gettare nella Genna, dalla sacra Bibbia fino ad ogni codicillo morale applicato al nuovo Testamento.
   Che molti di loro insistano nel delegare proprio la chiesa cattolica a far da  tramite "istituzionale" e spirituale  con dio e da essa essere per forza riconosciuti lo trovo assai penoso.  Così come ho trovato penoso per il senso teologico dell’eucarestia che dalle mani del cardinale Bagnasco un’ostia consacrata sia finita nella bocca di una persona, rispettabilissima quanto si vuole, che pur chiamandosi Vladimiro Guadagno abbia deciso di chiamarsi Luxuria.  Le cose sono due: o non c’è più religione oppure avrà ragione Woody Allen quando dice che "Dio è gay e fa l'arredatore".

   Io opto per la seconda ipotesi senza alcun problema, ma quel tuo nome, cara Vladimir Luxuria, - ne converrai con me - se leggi meglio indicazioni, posologia ed effetti collaterali, ti accorgi che è controindicato all’assunzione dell’eucarestia. In nome di Dio, pensaci. 

 Alfonso Leto