Tavole rotonde. Tavole
quadrate. A ferro di cavallo. Il nostro è un ovaloide, e siamo in otto. Nove.
Tutte persone importanti, ehilà, tranne il sottoscritto, ovviamente. Si parla
di ribassi d’asta, di costo della mano d’opera, del trend di mercato e di
quanto siano affidabili le imprese che offrono sconti così alti in edilizia,
come mai prima d’ora. Che bello saper dire le cose e dirle nel modo più limpido
possibile. E’ un grande dono la chiarezza, e uno ancor maggiore la sintesi.
Certo. Ma ognuno tira acqua al suo mulino, come potrebbe non essere così? E in
questo tentativo, in barba all’ABC della conversazione, le voci si accavallano,
si incrociano, fino a confondersi del tutto. Come potrebbe non essere così? Dopo
tre quarti d’ora non si è arrivati a niente. Forse perché era questo l’obiettivo:
non arrivare a niente. Non dire niente. Non volere niente. Saluti, strette di
mano. Uno mi fa: ma tu non hai capito un tubo, scherzi? E insiste nel dire che
io non ho capito niente, mentre invece, io, ho capito benissimo. Mi ricordo
allora di averlo sentito gridare, prima: ma mi fai parlare, ripeteva, mi fai
parlare. Due, tre, quattro volte.
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