Alcuni,
in verità molti ultimamente, mi da fastidio persino sentirli
masticare. Figuriamoci vederli aprire bocca tra un boccone e l’altro.
Lo scricchiolio prodotto dai molari mi da nausea, e pensare che anche
le loro parole escano da quella sentina mi fa rabbrividire. Divento
sempre più intollerante a spettacoli tipo “mandibole che
lavorano”, “bocche che si aprono e chiudono”, “lingue che
schioccano sui palati”, così da tempo non mangio più fuori casa,
declino gli inviti, mi fingo impegnato, ma, se costretto, preferisco
di gran lunga i locali frequentati e rumorosi: riesco a concentrarmi
meglio sul nulla; a non pensare alle carie, alle mezze dentiere, ai
pezzi di carne incastrati tra canini e incisivi. Sere fa però un
pranzo inevitabile. Uno dei commensali che non smette di torturarmi
con sermoni sulla buona e cattiva politica del paese. Non credo ne
capisca molto, ma intanto si fissa con me e non la smette di
tampinarmi. Mastica in maniera innaturale, in modo tanto stomachevole
che a un certo punto - tra le cazzate che dice e quella vista
insopportabile - sono costretto a scappare al bagno. Appena dentro
piscio e mi appoggio contro il muro, faccio lunghi respiri. Uno, due.
Mi viene in testa il monologo di Edward Norton nella 25° ora.
Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo. Ma dalla bocca mi esce soltanto:
“ è vero. è vero. è vero. ormai posso solo farmi travolgere
dall’alcol.” scritto esattamente così, senza rispetto per la
punteggiatura. (Charles Bukowski, pagina 44, Taccuino di un vecchio
sporcaccione). Poi, mi sparo nel locale.
sabato 30 aprile 2016
PIU' ROMA di Francesco Gambaro
La
natura è Roma, Roma rispecchia la natura. / Vediamo immagini del suo
potere civile / nell'aria trasparente come in un cielo azzurro, / nel
foro dei campi, nel colonnato dei boschi. / La natura è Roma – e
non è il caso, sembra, / di disturbare ancora gli dei: / ci sono le
viscere delle vittime per divinare le guerre, / schiavi per tacere,
pietre per costruire. // Osip Mandelstam, 1914
venerdì 29 aprile 2016
NON SIETE AD ACCRA, EPPURE di Gaetano Altopiano
Oggi
eviterò di esternare per paura di essere frainteso: mi limiterò a
un’istantanea. Corro un serio pericolo a esprimermi con signori che
parlano in una lingua straniera, e io, in più, sconosco le usanze
locali. Sappiate che in una tribù il folclore conta quanto un codice
civile, non importa la latitudine, così vi capita di trovarvi a
Misilmeri e sentirvi invece come se foste ad Accra. Restate
ammutoliti nel vedere come la gente vi scruta e reagisce alla vostra
presenza: vi annusa, vi palpa, come dovesse stabilire la vostra bontà
per il sacrificio all’idolo del focolare. Poi vi allontana, blaterando
vocaboli incomprensibili al vostro orecchio.
FACCIAMOLI SOLDATI di Francesco Gambaro
Foreign
fighter nordafricani, profuchi bebé donete in tuta mimetica.
Addestriamoli come di dovere e, poi, rispediamoli in Libia a
difendere i nostri pozzi. Non saranno 15 mila, caro generale Jean,
saranno 300 mila, belli giovani e morti. Per i nostri pozzi, per i
pozzi vuoti delle nostre teste. E addestriamo anche i nostri figli,
tiriamoli fuori dalla siccità che non riesce a umidire di smegma
nemmeno il disadattato pisello. Mandiamoli a combattere senza giusta
causa, senza voglia, con la competenza dei cecchini, dei tiratori
scelti. Qualcosa la squola italiana e il governo deve fare per questi
nostri ciofani dormienti. Facciamoli soldati.
giovedì 28 aprile 2016
(L'OCCHIAIA. 18.) di Elio Coniglio
La costruzione è circondata da colline scoscese e franose sulle cui sommità possenti animali brucano rumorosamente un’erbetta smeraldina che spunta di continuo tra scontrosi fico d’India. Sul suo tetto c’è uno spesso strato di neve fresca;- Qualcuno, con l‘incoscienza di chi ritenendosi ormai libero dai lacci di questo mondo non si cura più delle delle proprie azioni, lo scoperchia: sotto il carbone ammucchiato sui pavimenti cova un fuoco pronto a divampare al primo alito di vento…
LA CINA di Gaetano Altopiano
Dovremmo
prendere esempio dalla Cina, sento dire sempre più spesso. Esempio
da come questa nazione abbia saputo diventare il gigante commerciale
e industriale che è, pur non adeguandosi troppo a quello spirito
riformista tanto orgogliosamente rincorso dalle nazioni occidentali,
Italia compresa. Ma parlare di confucianesimo in un paese come il
nostro è una bestemmia: possibile applicare una simile cultura, che
dura dalla dinastia Shang ai giorni nostri, in un posto dove un
principio immutabile come la Giustizia, oggi, non solo si è svuotato
del significato ma viene addirittura confuso con la sua sub-specie
più infima nominata legalità? Ecco uno dei pilastri del
confucianesimo: “Si nomini solo ciò di cui si può parlare, si
parli solo di ciò che si sa fare: le parole non devono contenere
nulla di inesatto; i nomi siano corrispondenti all’oggetto cui si
riferiscono, a cominciare dalle leggi; questo consente di poter
conoscere ogni fatto per quello che veramente è.” Un altro
ammonimento era questo: “solo a brillanti letterati le alte cariche
dello stato.” La legge le facciano i poeti, non dei bruti
specializzati in giurisprudenza.
STORIE DEL SIGNOR JFK (29) di Francesco Gambaro
JFK
non sa rispondere alle domande. JFK sa rispondere soltanto alle
risposte. Una risposta è, perché mi fai questa domanda. Gheddafi
sotto il tendone risponde a Arrigo Levi, o a Enzo Biagi (non importa,
uno fotocopia l'altro nel dettaglio micrografico) non c'è domanda
quindi non posso rispondere. JFK tenta altre strade, non siano più
domande o risposte. Si fionda nella stanza della fidanzata. La bacia
appassionatamente chiedendole, si può domandare o rispondere quando
ci si bacia? Come faccio a rispondere, domanda lei, se continui a non
staccare le tue labbra dalle mie.
mercoledì 27 aprile 2016
IL TUO PASSATO NON E' INVITATO di Francesco Gambaro
Mi dico, cosa c'entro
con questo scritto dopo avere scritto. I ricordi li ho sempre
elaborati e trasformati in nonricordi. Mi sento infastidito
rileggendomi, spesso non mi sento. La memoria è l'hardisk, cioè il
morto, il ricordo il file che ne resuscita in un nanosecondo il
nanosecondo da salvare. Non hai niente da salvare, mi dico, il tuo
passato non è invitato, mi dico. Non vorrei continuare a scrivere
così come scrivo. Potrei essere bravissimo a non scrivere. Non
vorrei nemmeno essere bravissimo, vorrei pescare quel verme che ho
dentro, quello che non si fa mai pescare. Mi piacciono i film in cui
l'eroe si serra con un fazzoletto la coscia colpita e poi con un
coltello, innaffiando e innaffiandosi di wisky, scava con un coltello
infuocato per estrarre la pallottola. Nè vorrei raccontare storie.
Solo interruzioni. Trovo insopportabile che le storie scivolino verso
un finale e sottovalutino il passaggio tra inizio e fine. La polpa
dello scrivere sta dalla parte del Galles, tra Inghilterra e Irlanda.
Come in quel film, L'inglese che salì su una collina e scese da una
montagna.
lunedì 25 aprile 2016
VIVA LA MONARCHIA SOCIALE di Francesco Gambaro
Di
bello c'è, bella gente, che in queste giornate di feste comandate,
si arrostino coste di agnello e di maiale, cipolle peperoni patate
sotto brace, si beva molto e, nel finto scenario bucolico, in cui una
signora grida, mamma? Mamma dove sei? Ma ti sei fumata? si dimentichi
di accendere il televisore. Per mezza giornata si è partito unico,
antiparlamento della televisione Il cristodiddiofanculo al
televisore, agognato con scarsa forza nei giorni miseramente
quotidiani, alla faccia della cadenza civile della festa della
repubblica, si inebbria di monarchia familistica.
TOTTI UND GILARDINO di Francesco Gambaro
Quest'anno il campionato italiano non lo vincono le squadre ma, per la prima volta, Totti e Gilardino, i reietti dell'altro pianeta, come ci suggerisce Ursula Le Guin. Povera Juventus, povere società mortimiliardarie, poveri denari sprecati a comprare maiali all'estero.
LA FORTUNA IN SENSO ROMANO: E IO CREDETTI di Gaetano Altopiano
Ero
libero di credere o non credere. Era quello che facevo infatti:
poteva essere esistesse il colpo di fortuna - quello che ti cambia
l’esistenza -, poteva non essere vero. Si sentiva di qualcuno che
una volta l’anno si beccava un superenalotto, o l’eredità
milionaria, ma mai di qualcuno che io avessi conosciuto
personalmente. Le notizie di simili eventi arrivavano da mondi a me
talmente estranei da farmi sospettare, perlappunto, che fossero
sempre inventate. In generale, quindi, io propendevo per il no:
credevo molto poco alla possibilità che la vita potesse anche non
essere regolata da leggi fisiche del tipo “data una certa causa,
avuto un certo effetto”. Ma un giorno, mi capitò il colpo di
sfortuna.
domenica 24 aprile 2016
ROUTINE di Gaetano Altopiano
Se
c’è un piacere immarcescibile, è ritornare alla normalità. La
goduria di riprendere il tran tran è impagabile: mi è
indispensabile rientrare nel circuito, anche se prima
dell’interruzione non ho fatto altro che recriminare un’immeritata
mancanza di varietà. Della routine (la mia) fa parte pure questo
vizio, si sarà capito, ambito che molti altri però non considerano
affatto normale. Io credo di averne ragione. Sfido chiunque a
trascorre la vita in carcere senza sperare giornalmente nel diritto
di poter compiere il prossimo assassinio.
CASA ZEICHEN di Francesco Gambaro
Vedendo
la foto della baracca di Valentino Zeichen, da qualche giorno al San
Camillo per un ictus - in una notte di passeggiate romane al Flaminio
Simone me l'aveva indicata dal finestrino dell'auto, vedi quella è
la sua casa - non posso non pensare alle foto della stanza o
stamberga di Sandro Penna, alla povertà libera dal bisogno di
avercela una casa. Mi colpisce che in quell'unico scaffaletto adibito
a libreria ci siano pochissimi libri. Così che i libri restino
dentro la biblioteca della propria testa e non vengano esibiti come
tanti Eco (mai letti) nei salotti della gente perbene.
Valentino
Zeichen ha sempre rifiutato aiuti dallo Stato (v. legge Bacchelli),
chi volesse contribuire alle spese ospedaliere e postospedaliere può
inviare alla figlia Marta, indirizzo Unicredit:
IBAN:
IT 39 I 02008 05108 0001 10090681
sabato 23 aprile 2016
ENDORSEMENT di Francesco Gambaro
Visto
ieri servizio sul mancato o errato uso del congiuntivo da parte di
politici italiani. Ma è così importante che siano sempre i politici
italiani, per una ragione o per un altra, sotto i riflettori? Sembra
che gli unici attori della vita italiana siano solo loro. “per
essere circonciso” risate a crepapelle. Ma l'avevamo inventato noi
al bar. E Abatantuono al cinema. Visto Di Pietro che, a un
ottantaduenne che chiede ottanta euri ai propri figli per
sopravvivere, ridacchia sulla giacca gialla e i capelli enné del
decuius. Ma s'è visto, si è mai visto allo specchio con quella
faccia da paiolo e gli abiti sciatti e tristi uguali, praticamente
una divisa, a tutta la maggioranza dei parlamentari? Visto ieri il
mitico Cacciari, anche lui impomatato, andare in risciò pedalato da
un servointervistatore per la prima volta sorridere. Non so ma, per
non essere volgare, mi approvo in italiano. Endosrsement ficcatevelo
nel paiolo e, evviva l'indicativo. Forte come un Negroni sbagliato.
A una poetessa dell’ 84 di Gaetano Altopiano
Solo
dopo un’attenta rilettura sono riuscito a non perdere la pazienza:
perché ho provato pena. Raggiunta la certezza ho aperto bene gli
occhi sul testo e ho decido per la mia totale solidarietà agli
illusi. Potevo fare diversamente? Non si è trattato solo di quel
verso rivelatore (così tremendamente stupido) ma dell’intera
poesia che avrà significato per lei (poetessa dell’ 84) e anche
per tutta la giuria qualcosa di molto molto importante. Sono serviti
due minuti per imparare definitivamente una cosa: la poesia non mi
interessa più, se non per quel suo aspetto che (umanamente) tutti
hanno il dovere di soddisfare, il suo bisogno di esigere elemosina.
venerdì 22 aprile 2016
RAGGI CAPUT ROMA di Francesco Gambaro
La
Raggi, con quel viso acqua e sapone, emula dell'astro nascente
Caterina Balivo, ha dietro, oltre le stelle, anche il nome, Virginia,
ovvero, pronta per il matrimonio (i raggi, di sole di giochi di fuoco
di luminarie, già illuminano il suo matrimonio con Capitolino).
Marchini è un bello d'annata, doppia un po' in ritardo la bellezza
la freschezza la leggerezza della Raggi. Ha un piccolo problema
logopedico che, non essendo re Giorgio VI e considerando l'età, non
potrà superare nel breve elettorale. Ha però dietro la
irragiungibile 'zia Simona' che se tornasse a fare telefonate
concittadine per lo sfarfallante costruttore sarebbe una bella botta.
Giachetti ha sempre la stessa giacchetta stazzonata, la barba
incolta, un passato antipartitico, anche se allora si chiamava
Partito Radicale, ha dietro Nichi Vendola che non capì che gli
italiani non erano ancora pronti per politici con l'orecchino. La
Meloni ha dietro Salvini, e qui finisce la storia. In più ha pure la
Rita dalla Chiesa che su ponte Milvio ancora impreca contro di lei
per averle interrotto onore memoria e carriera. Fassina è un
gladiatore del Pd, stanzia ogni santo giorno al Colosseo ma, con quel
suo fisico così androginamente striminzito, vaccelo a pescare
nemmeno per un selfie. Restano Bertolasso e Storiaccio. Fate voi.
Ave.
INTERCETTAZIONI INTERCETTATE di Francesco Gambaro
Non
lo so ti dico. Ma tu sei vedova o non sei vedova? E che domande,
forza. E allora perché non me lo dici quando avete scopato l'ultima
volta. Ma che domanda é? Ma ce lo sai che stai a parlare a telefono
con una ministra. E che mi importa, sono un ministro pure io. Perché
non me lo vuoi dire? Cosa? Quando siete stati a scopare l'ultima
volta. A scopare? Mai. E allora che facevate chiusi nel gabinetto del
presidente il giorno prima che tuo marito... Ma tu mi vuoi bene? E
certo che ti voglio bene se mi rispondi. Uffa. Ma che uffa, o ti apri
con me o non ti apri. Vi stavate a scambiare le carte? Sì, le carte
igieniche. Me lo vuoi dire o non me lo vuoi dire. Senti, ora che è
morto che importanza ha? Per la Procura nessuna ma per me sì, io lo
voglio sapere con che ministra sto. Ma tu mi ami? Se ti confessi. Mi
ami per sempre? Per sempre questo cazzo se non rispondi. Scopavate in
gabinetto vero? Ma che stai a pensare, il nostro era un matrimonio
per contratto. E che diceva questo contratto. Ma tu mi ami uguale se
te lo dico? Uguale uguale uguale. Sicuro? Sicuro sicuro sicuro, dimmi
delle carte. Le carte ci servivano per asciugarci. Cioé? Nel
contratto abbiamo scritto. Che avete scritto? Dio mio mi viene
difficile a dirlo. E dillo amore mio se no ti lascio e torno con mia
moglie. C'era scritto. E tutto quello che c'era scritto l'avete fatto
in gabinetto? L'abbiamo fatto, sino all'ultimo giorno. Amore, avete
scopato l'ultima volta che vi siete visti? Mai. Allora, che c'era
scritto in questo cazzo di contratto matrimoniale. Ci si doveva
chiudere in gabinetto a ogni seduta parlamentare. E Allora. Se te lo
dico non mi lasci, vero? No che non ti lascio e ti firmo tutti gli
emendamenti che vuoi, me la sto facendo addosso dal bisogno di
saperlo. Ecco, che in gabinetto io dovevo pisciargli in bocca e che
poi lui, una volta finito, doveva pisciarmi addosso sulla topina.
Tutto qua?
giovedì 21 aprile 2016
COME STAI, TI SMEMORAI di Francesco Gambaro
Mia figlia, cresciuta
nel postvinilico, scopre che i vecchi lp meritano qualcosa di più di
una tomba e se ne innamora. Al punto che il giorno del suo compleanno
mi regala tre patty pravo d'annata (facciamo così negli ultimi
tempi, al festeggiato l'onere di regalare ai festeggianti).
Significherà qualcosa questa specie di ritorno al passato? Ho avuto
sempre problemi con il conservare. In varie stagioni della mia vita
ho voluto buttare tutto. Ricordo un amico che mi fermò quando
minacciai di regalargli l'intera collana di Sellerio (avuta
proditoriamente data la natura del mio lavoro giornalistico). Ma ci
pensi che tra vent'anni ai tuoi figli potrebbero interessare? Penso
di no, penso che delle affezioni, penso che del nostro passato e
delle cose del nostro passato si debba fare un bel falò e che oggi,
solo per sopravvenuta debolezza, non ho coraggio di farlo.
CHI E' CAUSA DEL SUO MAL PIANGA SE STESSO di Gaetano Altopiano
Riferisco
una scena che lascia di stucco: in via Gaetano Daita, a Palermo, un
vigile sta facendo la multa a se stesso dopo aver parcheggiato in
doppia fila. Incredibile anche quello che accade dopo: non fa che
giustificarsi sperando nella propria clemenza; si è fermato solo un
minuto, sta’ città è impossibile, i vigili stanno appostati come
sciacalli. Ma niente, è irremovibile.
mercoledì 20 aprile 2016
(L'OCCHIAIA. 17.) di Elio Coniglio
La vita?
Una pozza di ore, di giorni, di mesi, di anni.
Il tempo?
Una palude.
UNA COSA, TRA LA COSA E UN’ALTRA COSA di Gaetano Altopiano
Dovrei
prestare orecchio alle non-parole. Deliziarmi di non-suoni. Vedere la
non-televisione, leggere i non-giornali, andare ai non-cinema e
(solo) ai non-concerti e alle non-letture di poesia. Partire per i
non-appuntamenti. Andarmene ai non-viaggi. Guardare l’ora nei
non-orologi e fidarmi (solo) della non-speranza. Vivere di
non-lavoro, prendere un non-anno sabbatico, nel sesso praticare il
non-coitus e fare una non-corte spietata alle donne. Impossibile,
però, spararmi una non-pallottola nella non-tempia.
PRIMAVERA di Francesco Gambaro
Buono quello che mi
dite, quando non mi dite, da uomo allergico agli uomini non posso che
scappare dalla primavera. Vero quello che mi dite, insegne
lampeggianti, bartabacchi fumanti, palazzi piegati come alberi
sottovento e altre cose. Scappo dalla primavera a vetri serrati,
dovrò superare a 230 estate e autunno a occhi chiusi per via della
congiuntivite. Al Pacino in Ferrari in Profumo di donna. Il suono
della primavera però entra a laser dentro l'abitacolo, ditemi se c'è
dell'altro che non mi volete dire. I gerani e le foglie di fico
crescono a vista d'occhio, i maglioni si colorano di rosso. Devo
essere più veloce e non pensare e invece penso per non pensare, non
so ancora perché Bologna si chiami col nome di una donna né perché
Roma in inglese si moltiplichi. Ditemi anche quello che non mi volete
dire. Voi non siete voi e questo, è giusto, non lo volete dire.
Pòllini bastardi della primavera, tra qualche ora sarò in estate e
non vi vedrò più dal retrovisore. Io non sono più io in primavera,
un dio di passaggio, una pattumiera di occhi a rischio, senza mai
pace perché è sempre tardi. Lì dove devo arrivare chi mi aspetta
non mi aspetta. Se arrivo in ritardo rischio di non trovare neanche
chi non mi aspetta. Pedalare pedalare canta nel lettorecd del mio
bolide Piero Ciampi. Perché non volete dirmelo quello che mi volete
dire. Lì, in autunno dove sto arrivando, non è un punto qualsiasi,
è un arduo punto di passaggio, un check point non un semplice
casello autostradale. Scansatevi gente. Una vita che penso e certe
foglie morte che mi aspettano o non mi aspettano. Mi guardano
passare, si alzano in volo sotto gli pneumatici fumanti. Dove è
finita la cartina. Correre correre, non c'è tempo. Sono in ritardo.
La primavera a sirene spiegate, ma spiegate che vuol dire? Stiamoci
freschi se vogliamo farci queste domande a 230 all'ora. Non pensare
non pensare. Il ponte dell'estate intanto è superato. E' superato?
Ma era l'estate o la pandera della polizia che mi inseguiva? Sto
arrivando, agito in avanti le spalle per dare più abbrivio e
speranza di volare. Sto zitto perché le parole dentro l'abitacolo a
ogni sobbalzo sobbalzano anche loro e rischiano di finirmi addosso.
L'importante è tirare dritto, resistendo alle tentazioni dei
distributori di benzina. Gli occhi si stanno liberando
miracolosamente del muco congiuntivo. Non vedo lo stesso. Me lo dite
o non me lo dite, e se non me lo dite perché me lo dite che questo
sarà l'inverno del mio scontento.
martedì 19 aprile 2016
OSTINAZIONE 3 di Gaetano Altopiano
Provare
a interpretare la vita di un altro. Step 1: sentirne le lagne,
ascoltarne i mugugni. Step 2: grattarsi l’orecchio nel medesimo
modo, e, a un certo punto, tossire persino come il nostro
interlocutore. Step 3: afferrare il senso di quello che vuole dire.
Immedesimarsi. Step 4: stupirsi sinceramente di quanta rassegnazione
riesca a produrre.
RISATE PREPAGATE di Francesco Gambaro
Ma avete fatto caso
che, nei nostri amati talk show, prima del pubblico prezzolato ridono
i conduttori? Sono loro la vera claque. Bonfonchiano interrompono
tossiscono cianciafruscolano, ammazzano le barzellette. Giovanni
Creco, Gerardo Floris, Massimo Fazio, Fabio Giletti e quel pendaglino
di Gramellini Ridens.
lunedì 18 aprile 2016
TAGLIARITILLA A TESTA MITTIRIMILLA NE' PERI E JUCARICI A PALLA di Francesco Gambaro
Traduco,
in italiano politicamente corretto, l'escursione dialettale di un
giovine calciatore tusano indirizzatta alla coetanea compagnetta
settenne che non ha ceduto al suo pesante corteggiamento. Ti
taglierei la testa me la metterei tra i piedi e ci giocherei a palla.
(non continuate a dirmi, come fa Emiliano, che è la Puglia la più
bella regione d'Italia).
I VECCHI (10) di Francesco Gambaro
U viri, l'acidduzzi
unn'annu manciatu oggi. La vecchia, ritirandosi, raccoglie il
sottovaso dal suo terrazzino. Si chiude a chiave in casa. Le
domeniche sono giornate difficili perché rubata alle sue abitudini
dalle figlie. Posa il sottovaso in tavola. Con ritrovata piccola fame
mastica, dopo essere stata costretta a masticare merda vegana tutta
la domenica, il pangrattatto, affievolito da gocce d'acqua, e lo
zucchero, e il fico secco dal grembo aperto. Domani preparerà un
piatto uguale per i suoi acidduzzi. Sarà lunedì, finalmente.
ABITI E MONACI di Gaetano Altopiano
Quello
che è del tutto normale nella regione di Monaco di Baviera in un
posto come la città di Palermo susciterebbe quantomeno il ridicolo
(oltre che il rischio di atti di bullismo): imbattersi in frotte di
ragazzi vestiti col costume tradizionale, il trachten; e non solo
dentro le birrerie, durante l’Oktoberfest, ma anche da Vuitton il
sabato pomeriggio. Supponevo, date le premesse, che nei matrimoni non
accettassero intrusioni, scopro invece che hanno una grande apertura
al “dialogo”: ho incontrato un tale in costume abbracciato a una
ragazza col burka.
domenica 17 aprile 2016
I VECCHI (9) di Francesco Gambaro
Se
stendo la pelle del d'orso della mano sinistra con la mano destra la
pelle arriva quasi alle unghie. Una zampa d'orso, sarebbe, se
tagliassi un dito. O ne aggiungessi un sesto. Gli orsi sona animali
rivoluzionari, creano facile le orme e confondono gli umani. Talvolta
solo tre dita per farsi seguire nel mistero di un'impronta. Ma poi
sono lì che ti aspettano, tu spari alla paura e loro ti mangiano
anche se colpiti in fronte. Nel sonno.
sabato 16 aprile 2016
IO LO RICORDO COSI' MIMMO GERRATANA di Francesco Gambaro
da “Qualcosa di rosso”, Perap
1994
“Mi lasciai prendere dai nervi,
mi chiusi in me stesso e mi tagliai un dito con una lattina di
pomodori pelati. E diventai tutto rosso, mi dimenticai dov'ero,
cos'ero e cosa facevo – e ancora adesso ho qualche vuoto di
memoria. Così lasciai fare al sangue e mi ritirai in un angolo –
qualcuno mi chiamò, mi tirò per un braccio, credo che mi fece
perdere i sensi – e mi inventai un paesaggio rosso con fiorellini
viola, marmitte di macchine sparse su dune di sabbia lucidissima e
odore di merda di cavallo. Non mi risvegliai mai più.”
FINE DELL'ULTIMA PALMA (Aprile è il mese più crudele) di Francesco Gambaro
Di
buono c'è che di ogni punteruolo risvegliato che riesco ad abbattere
cento formichine fanno razza, mangiando o incamerando o festeggiando.
IL PIU' MONDO di Francesco Gambaro
Il
+ mondo non te l'aspetti. Zero votanti domani per i triv. Renzino con
giacchetta alla padoan di 2 misure avanti. Uno sfincionello in
cucina, caldo e mai ordinato. La foto di un animalista di genio
mentre cura per la prima volta al mondo l'otite a un gigantesco topo
di fogna. L'eclisse doppia di luna e di sole. Un editoriale di
Casaleggio su La Stampa che resoconta da lì dove si trova. Il video
secretato di Giancarlo Pajetta mentre mostra, tra i banchi del
Parlamento, la foto della Duse nuda ad Almirante durante un suo non
breve intervento per interromperlo. Eclissi parziale con parziale
avvistamento del pianeta Terra. Eclissi totale con totale spegnimento
del computer. Stanotte.
venerdì 15 aprile 2016
IN UNA VASCA DA BAGNO di Francesco Gambaro
In una vasca da bagno una vaschetta con verdura a mollo, due confezioni di detersivo per wc, un vasetto con stelle di natale ancora vive, tracce di uno starnuto sul molo sinistro, una bottiglia di alcol denaturato all’ultimo sgocciolo, due spazzolini da denti, foglie gialle di ginestro galleggianti sul fondalesecco, 7 mollette delle biancheria, ruggine. Questa la scena del crimine. Di qua dalla vasca, la vecchia, stroncata da improvvisa morte, o forse più, stroncata da improvvisa vita. Tutto dentro cinque metri quadrati abitabili.
giovedì 14 aprile 2016
STORIA DELL'ORA DI PRANZO NELL'ERA MILLENNIAL di Francesco Gambaro
Ci
si chiama. Qualcuno risponde. Ma con sms dalla stanza da letto.
Oppure, arrivo, rimanendo incollati alla chat, scusa devo andare mia
madre mi chiama, e che vuole quella stronza, mangiare sempre mangiare
che palle. Si vivono tempi separati. Qualcuno in cucina. Altri
perfino comodi in bagno. Lì la fame non alberga ma, si è in
famiglia, si risponde comunque al richiamo. La cena della sera
divorzia i legami familiari. Si urla A TAVOLA come un verso di una
canzone perduta. Nessuno viene. Chi sta in cucina va a cercare chi
non viene in cucina. Dal secolo passato forse qualcuno accorerebbe.
Come nel film Un piccione seduto su un ramo di Roy Anderson. Nessuno
risponde più, nessuno si trova. Il timballo di patate, appena
sfornato e a rischio di freddarsi, prova a divorarsi da solo.
mercoledì 13 aprile 2016
STORIE DEL SIGNOR JFK (28) di Francesco Gambaro
JFK
fu fermato nel 1977, intorno alle 2 e 41 del 13 aprile. Sceso dalla
sua cinquecento blu fu schienato contro il portone. Cosa ci fa lei
qui, chiesero gli aventi diritto. Abito qui rispose JFK. C'era in
effetti una obiettiva contraddizione tra il palazzo candegginamente
borghese e i suoi vestimenti, conditi di capello lungo blu e
orecchino insù. Sentite, cosa volete, bofonchiò JFK con la bocca
appiattita sul vetro del portone (faceva angolo con la dura
commessura di legno baltico del montante). Gli agenti, intanto,
sfruculiavano nelle sue tasche. Senta disse JFK, io amo l'Arma e sono
figlio di carabiniere, citofonate a mio padre. Certe risposte non si
danno ai poliziotti, non si scambiano poliziotti per carabinieri, sia
pure in una notte a tinte fosche. Anche se bugie bisogna saperle
allunarle. JFK era molto fatto, a sua giustificazione, ma non doveva
spericolarsi in quella incerta diagnostica della situazione. Avrebbe
dovuto mantenersi generico. Manifestare il suo stato confusionale e
approfittare dello schiacciamento della bocca per tacere. Comunque
fu un'esperienza di vita. Sotto la luce dell'unico lampione acceso di
via Saverio Scrofani, dopo che i militi furono andati, due costole e
un canino trotterellarono da soli verso la cinquecento. Blu.
COGLIONI (9) di Gaetano Altopiano
Solo
chi non conosce Vauro Senesi può inorridire davanti ai suoi
tentativi di fare ironia. Provare ancora qualcosa (qualunque cosa)
davanti a una vignetta satirica ha già dell’incredibile,
figuriamoci davanti a una di un signore che è anche tra i meno
originali. Come si può? La materia mi lascia indifferente, e la
considero il più antiquato dei modi di fare stroncatura. Un tuffo
nel passato: andava bene nel 1916 forse (tutti ricorderanno
L’Asino
di Gabriele Galantara) ma oggi sopravvive unicamente grazie alle
claque
partigiane.
C’è di più però: Vauro si conferma anche personaggio sordido.
martedì 12 aprile 2016
'A LINGUA UN CI L'AVI L'OSSA MA RUMPI L'OSSA di Francesco Gambaro
I
proverbi o modi di dire escono dalla bocca dei vecchi come lampi
improvvisi. Ti sorprendono in contropiede e segnano qualcosa che tu
con l'incancrenito esprit de l'escalier, non riesci a percepire in
tempo. Quando finalmente ci sei, i vecchi sono morti. Anche Pascal è
morto, cazzo. Anche Casaleggio.
UN UOVO DA SBALLO di Francesco Gambaro
Non
ho ben capito perché gli americani preferiscono le lattine alla
birra in bottiglia. Forse per lo schiocco, forse per il piacere di
schiacciare la lamiera a sugo finito. Non l'ho capito sino a quando
ho visto negli anni settanta, credo il film fosse L'ultima corvée, i
protagonisti bucare da sotto la lattina puntarla in bocca e poi,
staccando la linguina superiore, spararsela in gola. Uno sballo in
nanosecondi. Che non ho mai avuto il coraggio di provare. Soprattutto
dopo avere visitato in televisione la stanza barricata del mio eroe Pantani
Marco, detto Il Pirata, dopo lo speedball che si era fatto per
scomparire da questo mondo di interpretazioni e retroscena ludici
(Pasolini era un coprofilo e Pelosi un ragazzino ancora non rotto
alle esperienze estreme). Ci ho ripensato oggi all'alba, quando un
mio vicino contadino mi ha regalato un cestino di uova calde. Certe
volte la memoria fa belli scherzi, in automatico ho rotto il culo
dell'uovo ho bucato il suo opposto ed è stato il più bel succhio da
sballo del mondo.
MEMORIE DI UNA CAMERIERA 2 di Gaetano Altopiano
Se
avessi dovuto scrivere battendo sulla tastiera con una sola mano
(tenendo l’altra forzatamente sotto il mento) avrei impiegato il
doppio del tempo di quello impiegato se le avessi usate entrambe?
Determinare a priori eventi di questo tipo è impossibile, seppure un
calcolo ragionevole porterebbe a questa conclusione. Ma il “calcolo
ragionevole” non esiste, mi fa notare la cameriera al piano, mentre
continua a fumare, esiste soltanto “il calcolo” che deriva dal
ragionevole ma è un’altra cosa: è razionale. La risposta è
comunque positiva, mi dice, quasi sicuramente (prendiamolo come dato
definitivo) lei avrebbe impiegato il doppio del tempo. Spegne la
cicca, la quinta, si passa una mano tra i capelli e torna
all’aspirapolvere. Scusi, mi fa, ma lei parlava della destra o
della sua sinistra?
lunedì 11 aprile 2016
LA CALLIGRAFIA DI ARBASINO di Francesco Gambaro
La
calligrafia di Arbasino, rubata un pomeriggio all'Hotel delle Palme
per un convegno, ca va sans dire sul Gruppo 63, esagerata, con volant
grandi quanto i palloncini del Giardino Inglese, le calligrafie di
molte mie compagne di classe, rotondeggianti come le caccole o le
coccole, la calligrafia di Gaetano Testa, piccola, precisa, quasi
infinitesimale come i suoi disegni, quella della casta dei medici,
anche se è un luogo comune tipo i cinesi si mangiano i bambini o
nascondono i loro morti, comprensibile solo dalla casta dei
farmacisti, la mia, chiara di notte ma indecifrabile al mattino,
deceduto Alan Turing giusto il giorno in cui nacqui, ma, ritornando a
Arbasino, ricordo un vegliardo commento che più che sintetizzare
interpreto: la notte vedo dalla finestra questi uomini piegati
davanti al computer, artificialmente illuminati, soli, tanti, e non
capisco.
Sono
contento di essere uno che Arbasino non capisce, che la notte non va
per pulle e teatri, che la notte si sente piegato e che la mattina fa
fatica a rialzare la schiena, un po' perché rincoglionito da quello
che gli occhi hanno visto dalla finestra del computer, un po' da
quello che ha scritto quasi in cogitosuspicione, un po' per la gioia
del fallito che si compiace di non avere scritto e riscritto (il
titolo è vintage) Fratelli d'Italia.
MEMORIE DI UNA CAMERIERA di Gaetano Altopiano
Avendo
davanti ancora un po’ di lavoro da fare e non avendone più alcuna
voglia, guarda dietro per vedere quanto lavoro abbia già fatto.
Scala al piano + corridoio + dieci stanze. Ok. Mi fermo per una
sigaretta e poi vediamo. Cameriera da una ventina d’anni in un
hotel di Monaco di Baviera (sempre lo stesso) divorziata e con una
figlia, non saprebbe proprio far altro: pulire, rimettere in ordine,
passare l’aspirapolvere. Con una mano, in verità, che tutti le
riconoscono: M. è brava, pulita e veloce. Lo sanno tutti. Ci è solo
però che stamattina non ne ha proprio voglia. Non sa cosa si sente.
E’ alla seconda sigaretta e non riesce a muoversi dalla finestra.
Ne fumerà una terza e poi una quarta nel giro della prossima
mezzora, lei ancora non lo sa, né sa ancora che non passeranno le
undici e quel senso di angoscia diventerà insopportabile.
domenica 10 aprile 2016
(L'OCCHIAIA. 16.) di Elio Coniglio
(L'OCCHIAIA. 16.) di Elio Coniglio
La donna è seduta accanto a me sul divano bluoltremare spiaggiato fra le accattivanti penombre della stanza. Ogni volta che squilla il telefono, prima che io riesca a sollevare la cornetta, lei si alza dal divano, si piazza di fronte a me e si toglie un indumento, quando rimane nuda si mette a culo in aria sui morbidi cuscini del divano. Da ora in avanti, ogniqualvolta squilla il telefono, mentre porto la cornetta all’orecchio le do degli schiaffetti o, a seconda del mio uzzolo, dei pizzicotti ora su questa ora sull’altra natica poi avvicino il mio inguine alle sue chiappe scrignute, e lei, immancabilmente, si drizza sulle ginocchia e, contorcendosi come un’anguilla, incolla le sue spalle contro il mio petto…
OGGI NIENTE CRIC di Gaetano Altopiano
Oggi niente cric, per protesta contro ogni tipo di prevaricazione. Compresa la prevaricazione di una protesta contro la prevaricazione
sabato 9 aprile 2016
E LORO DISSERO SUCA, E NOI SUCAMMO (non tutti controvoglia) di Gaetano Altopiano
Rivedere
cose tipo nomine di consulenti stop. Eliminare questa vergogna stop.
Danno erariale incalcolabile stop. Altro che scontrini di panettieri
e parrucchieri stop. Ma loro dicono suca stop.
Sono stanco di fidanzarmi di Francesco Gambaro
Sono stanco di fidanzarmi con donne bellissime, troppe e sempre
bellissime. Da oggi mi fidanzo con uomini bellissimi, maurizio
milani, antonio rezza me medesimo e altri che verranno sino a o ad
adamo, il mio poeta belga preferito, un po' vecchiotto ma meno morto
di jacq.
https://www.youtube.com/watch?v=zXBPeQiYxeI
http://www.infonotizia.it/au-suivant-jacques-brel-testo-traduzione-della-canzone/
https://www.youtube.com/watch?v=zXBPeQiYxeI
http://www.infonotizia.it/au-suivant-jacques-brel-testo-traduzione-della-canzone/
No fly zone di Francesco Gambaro
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TOCCATA DI BRACCIO di Gaetano Altopiano
Anche
se ha raggiunto la sommità dell’impianto espressivo è incapace di
dimenticare la sua vita pre-linguistica. Non riesce proprio a
eradicarla. Sembra brutto, sta male, lui vorrebbe evitare, ma. E’
inerme di fronte alla tirannia della propulsione biologica, e, per
quanto superaccessoriato e moderno trangugia ancora lo stesso vecchio
petrolio. Potrebbe, perciò, andargli diversamente? Ha un cazzetto
non tanto più evoluto di quello di un coleottero (e altrettanto
puteolente) e un sistema digerente che non può non produrre tristi
rumori postprandiali. Un corpo molto poco silenzioso e indiscreto. Ma
il peggio è ancora altro: la pittoresca convinzione che ogni
somiglianza fisica sia un diritto alla confidenza. Ammiccamenti,
strizzatine d’occhio, cenni d’intesa e veri e propri tentativi di
accostamento: la classica toccata di braccio durante una
conversazione.
venerdì 8 aprile 2016
LA CONTESSA LARA di Francesco Gambaro
Nel 1930 la Contessa Lara, scrisse
per Biblioteca Bemporad e illustrazioni di Enrico Mazzanti, il
racconto Una famiglia di topi, niente sapendo, probabilmente, che
Goffredo Benn, già nel 1912, ne aveva scritto sinteticamente. Il
titolo era Bella gioventù: La bocca di una ragazza, che era rimasta
a lungo nel canneto, appariva tutta rosicchiata. Quando le venne
aperto il petto, l'esofago era crivellato di buchi. Si trovò infine
in una pergola sotto il diaframma un nido di giovani topi. Una
piccola sorellina era morta. Gli altri vivevano di fegato e reni
bevevano il freddo sangue ed era quella passata qui una bella
gioventù. E bella e rapida venne anche la loro morte: furono gettati
tutti insieme nell'acqua. Ah, quei musini come squittivano! Nel 935,
come è scritto nella dedica, da Monteluco il 5 settembre, la mia
oltrezia Elsa Natoli, sposa dell'allievo prediletto di Giuseppe
Gentile, Francesco Collotti, e sorella del ribelle Aldo, cofondatore
del Manifesto, regalava a mia madre Una famiglia di topi: A Teresa il
piccolo premio promesso pel suo amore allo studio, con tanti auguri
pel compleanno. Scopro adesso, per via di pagine intonse, che mia
madre non lo lesse, ma un verso, che Benn certo neanche lui poté
leggere, è questo: Il gatto arrivò sul più bello, / e senza un
soffio o un fremito, / gli saltò addosso. 'Zi' grida il monello, /
'Zi' con un lungo gemito, / Lo zio l'udì gridare, ebbe uno stretto,
/ e se ne afflisse assai, / ma disse: eh sì! Dovermi dare retta /
pria di pigliare la cattiva via. / Ora che sei nei guai, / sconta per
quando andavi all'osteria. / Chi quando ha tempo, ricusa l'aiuto, /
lo chiede invano, se il tempo è perduto.//
LA CATTIVA 9 (ZTL uguale Hamer) di Gaetano Altopiano
Io,
certe analogie, per quanto ardite, riesco perfettamente a
spiegarmele. Niente di strano pour
moi:
si parla di risultati, minchia, e dunque. Mentre leggo che la zona a
traffico limitato della città di Palermo secondo il TAR era solo un
tentativo di imposizione fiscale, avendo niente a che vedere con
l’effetto di disinquinamento della città medesima, mi complimento
per il sangue freddo di Orlando tirando una conclusione: quest’uomo
è spinto dalla tensione al puro calcolo - intesa come tendenza al
puro guadagno - e le ragioni “umane” dei cittadini che amministra
hanno per lui valore irrisorio rispetto al suo tendere a un risultato
che ritiene utile. Seconda (meno divertente) conclusione: anche il
dott. Ryke Geerd Hamer è un uomo, seppur di scienza diversa, che
tende al puro calcolo. Colpevole della morte di numerosi pazienti in
tutta Europa a causa della folle teoria anticancro di cui è il
portavoce, padre del povero Dirk Hamer, il ragazzo ucciso nel 1978 da
un colpo di arma da fuoco sparato da Vittorio Emanuele di Savoia (poi
assolto), sostiene che le più gravi malattie sono esclusivamente
ingenerate da traumi psicologici. Due più due.
Guglielmo
Apollinare)
giovedì 7 aprile 2016
DETTO QUESTO di Francesco Gambaro
Sto
ascoltando una trasmissione di rairadiotre su Cinecittà dove ho
sentito, ripetuto 27 volte da attori registi macchinisti giornalisti
e addetti ai lavori, l'aggettivo 'incredibile'. Mi manca molto il
'detto questo' dei politici da talk che, almeno, divide i film in un
primo e in un secondo tempo. Detto questo, non mi state a menare
ancora quella palla semprelastessa di Fellini. Incredibile.
DISSIPAZIONE di Gaetano Altopiano
Riveduto
il senso della seconda legge della termodinamica: in due corpi (di
diversa temperatura e all’interno di un sistema) il calore tende a
diffondersi verso il corpo più freddo e mai il contrario, fino a
quando i due corpi non raggiungono la medesima temperatura. L’energia
spinge la propria forza non per cercare equilibro (classica
interpretazione) ma unicamente per dissiparsi.
L’equilibrio è la condizione definitiva, ma solo conseguente
(dunque secondaria) all’atto della dissipazione. La volontà
non è espandersi. E’ annullarsi.
mercoledì 6 aprile 2016
MERDA PER ME (A.R.) di Francesco Gambaro
Ormai il corpo è così lontano da me che devo ricordarmi di cacare. Merda per me merda per me merda per me
ADDORMENTARSI di Francesco Gambaro
Nella speranza di riuscire a
dormire, ho provato a ricordare quante macchine ho avuto dai miei
primi diciottanni. Facile. Finito subito senza chiudere mezzo occhio.
Allora ho scelto il sudoku, o gli incroci obbligatori adesso non
ricordo: quanti graffi ho collezionato con le mie macchine?
Difficile. Partito da zero e arrivato a zero, senza riuscire a ricordare, senza chiudere occhio.
DE GUSTIBUS DE GUIDI di Gaetano Altopiano
Pensare
che la ministra Guidi piuttosto che per l’interessamento mostrato
per l’azienda del suo compagno poteva semmai essere perseguita, e
ancor prima, per la sua appartenenza alla Commissione Trilaterale
(Leggo dal Fatto Quotidiano 5 aprile *) il cui effetto sulla
democrazia, l’economia, la turbativa del libero mercato della
nostra Nazione sovrana provoca disastri enormemente più gravi di
quelli oggetto dell’odierna indagine, non mi ha fatto un grande
effetto. Ne so qualcosa io di certi gusti
magistrali:
vere e proprie derive che alcune volte hanno fatto tendenza. Mi
spiego: anche il Negroni
ha una sua versione Sbagliata,
riconosciuta e amata da fior di barman e bevitori. Potremmo mai,
però, senza essere in errore, chiamarla soltanto Negroni
?
(*)
Organizzazione internazionale -fondata da Rockefeller - formata da
esponenti governativi, capitani d’industria e banchieri, che ha lo
scopo di affermare la sovranità sovranazionale di una élite
intellettuale “sicuramente
preferibile alle autodeterminazioni nazionali dei secoli scorsi.”
, in evidente palese contrasto con le sovranità nazionali.
lunedì 4 aprile 2016
RICORDI FELICI HAPPY MEMORIES FELIX MEMORIAS di Francesco Gambaro
una pallottola incredibilmente compatta
dura sostanza in morbido involucro
da leccarsela come un cono gelato
da sentirla accolta dall'acqua in un gemito di grazie
svuotato lo stomaco ricolmo di sentimenti
seduto ippopotamo rialzato farfalla
scacciato il malumore in una nuvola di progetti
nella giornata uggiosa un lampo di arancione
recuperato il tempo perduto alla velocità di uno sparo
il biasimo per se stessi profumato
da un candido eureka di vita
e lì fuori ti aspettano con famelico frugale gemito
poi tutto si annerisce la pallottola spuntata
vite eccentrica o sperpero sparpagliato
cerchi anamorfici e scatti impietosamente rallentati
segnano gli anni stiptici e/o diarroici di una ubriaca vecchiaia
https://www.youtube.com/watch?v=LDDBuzxhpn4
domenica 3 aprile 2016
PREFERENZE 2 (Yeats vs Bukowski) di Gaetano Altopiano
PREFERENZE
2 (Yeats vs Bukowski) di Gaetano Altopiano
Improponibile
il duetto Yeats – Bukowski, lo sanno bene quelli che li hanno amati
entrambi: l’uno è il contraltare dell’altro. Il rigore e
l’impegno di Yeats non hanno niente a che dividere con l’adorabile
strafottenza dello scrittore tedesco. In quanto al tempo, però, è
vero fino a un certo punto. Quando il poeta irlandese morì infatti,
nel 1939, Bukowski aveva già19 anni, quindi sarebbe stata
probabilissima un’eventualità del genere anche data l’assoluta
difformità letteraria. Il fatto è che, però, l’accoppiata
sarebbe fatta da due che nella scrittura sono stati diametralmente
opposti. Ma anche questo, in verità, fino a un certo punto. Niente
di più serio della scena in cui l’alter ego di Bukowski, nei
Racconti
di
ordinaria
follia,
dopo un estenuante inseguimento riesce a entrare a casa della donna
tampinata in autobus: lei finalmente apre le gambe, cedendo
all’inevitabile amplesso, e lui che in preda alla più triste delle
desolazioni tenta di penetrarla con la propria testa.
NON TUTTO VA BENE AL SARCHIAPONE di Francesco Gambaro
E
dove sta? Qui e là. Cosa vuoi dire? Che, rimango della mia opinione.
E cioè? Ci sarebbe. Parla chiaro cosa ci sarebbe? Dunque, il fatto
è. Quale fatto? Ecco qui sta il problema, il fatto è qui e là. Non
si sta fermo. Ora sì che la capisco ma, non c'è problema per quelo.
Lo so voi avete fatto tutto quelo che popopopotevate fare. E allora
se lo sa? Ecche non l'avete fermato bene, un poco qui e un poco là.
E non vi sta bene? Non tutto va bene. Certo non è stato un arresto
perfetto ma l'abbiamo pure incorniciato. Non proprio, qui e là non è
riuscito come doveva riuscire. Ah no? La verità. Ma che accidenti
vuole, perché per lei deve essere tutto perfetto. Non tutto va bene,
vede per esempio questa pizza. E che c'ha addì contro sta pizza. Qui
e là non è buona uguale. Vabbé, epperò se la sta a magnà. Qui e
là. Ma lei sta bene con la testa? Non del tutto.
sabato 2 aprile 2016
NONLETTERE AL DIRETTORE di Gaetano Altopiano
Giornata
magra il 2 Aprile del Foglio. In particolare, le lettere pubblicate
nella rubrica apposita che oggi mi sembrano incommensurabilmente
cretine. Mi chiedo con quale criterio Cerasa abbia potuto sceglierle
tra le tante che gli saranno arrivate. La stanchezza del prevedibile
mi si svela più che in molte altre mattine: è intolleranza
conclamata ormai. Davvero devo rompere ogni contatto con queste cose.
IL PELO SUL WATER di Francesco Gambaro
Ella,
ritornando da un vernissage, riconobbe che non era suo il pelo sul
bordo del water. Nè di suo marito. Era rosso, né rosa né blu né
celestino. Finisce qui il mio periodo arlecchino, decise Ella. Lo
raccolse, ringraziò il coniuge fedifrago sfiorandogli il naso con il
pelo. Dormiva beato, starnutì nel sonno. Si chiuse in studio,
inchiodò sul cavalletto il pelo e con esaltata forza d'abbrivio
diede inizio al suo periodo rosso.
venerdì 1 aprile 2016
LE PUTTANE LE PUTTANE (per Lucio Quarantotto) di Francesco Gambaro
Le puttane adesso
mi raccomandano di non perdere lo scontrino. Hanno tanta paura dei
finanzieri, nascosti in tutti gli angoli degli angiporti, pronti a
fotterle con l'uso di piccoli droni a forma e delle dimensioni di
zanzare. Io che posso fare? Le voglio bene e ho più paura di loro.
Guardandomi le spalle, non oso buttarlo nei tombini, lo proteggo con
le dita in tasca, lo porto ogni notte a casa. Ma, ubriaco, quando mi
svesto, lo lascio cadere senza rendermene conto. Così al mattino,
quando ancora russo, mia moglie lo raccoglie da sotto il letto e lo
porta da una sua amica fattucchiera indiana che ci sputa su tre volte
e le dice, da domani notte tuo marito giacerà soltanto con te,
sarebbero 15 euro ma per te figlia fedele, 14 e 50.
https://www.youtube.com/watch?v=6n207zr2-Vs
PARTICOLARI D’ORO di Gaetano Altopiano
Dalla
corrispondenza intrattenuta da Franz Kafka con Felice Bauer (1912)
viene fuori una parte accattivante della natura di quest’uomo: la
sua vita privata. Ossia, i suoi più piccoli particolari. Gli unici
interessanti, per quello che mi riguarda, dato che in generale ogni
biografia è solo frutto di fraintendimento oltre che frutto
esclusivo solo di “quello” che i biografi ritengono importante
rimarcandolo. Non volendo soffermarmi troppo ne riferisco uno su
tutti: la descrizione dei denti della signorina Bauer; una
imbarazzantissima (ancor più che incredibile) protesi d’oro.
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