sabato 30 aprile 2016

ROUTINE N.2 di Gaetano Altopiano



Alcuni, in verità molti ultimamente, mi da fastidio persino sentirli masticare. Figuriamoci vederli aprire bocca tra un boccone e l’altro. Lo scricchiolio prodotto dai molari mi da nausea, e pensare che anche le loro parole escano da quella sentina mi fa rabbrividire. Divento sempre più intollerante a spettacoli tipo “mandibole che lavorano”, “bocche che si aprono e chiudono”, “lingue che schioccano sui palati”, così da tempo non mangio più fuori casa, declino gli inviti, mi fingo impegnato, ma, se costretto, preferisco di gran lunga i locali frequentati e rumorosi: riesco a concentrarmi meglio sul nulla; a non pensare alle carie, alle mezze dentiere, ai pezzi di carne incastrati tra canini e incisivi. Sere fa però un pranzo inevitabile. Uno dei commensali che non smette di torturarmi con sermoni sulla buona e cattiva politica del paese. Non credo ne capisca molto, ma intanto si fissa con me e non la smette di tampinarmi. Mastica in maniera innaturale, in modo tanto stomachevole che a un certo punto - tra le cazzate che dice e quella vista insopportabile - sono costretto a scappare al bagno. Appena dentro piscio e mi appoggio contro il muro, faccio lunghi respiri. Uno, due. Mi viene in testa il monologo di Edward Norton nella 25° ora. Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo. Ma dalla bocca mi esce soltanto: “ è vero. è vero. è vero. ormai posso solo farmi travolgere dall’alcol.” scritto esattamente così, senza rispetto per la punteggiatura. (Charles Bukowski, pagina 44, Taccuino di un vecchio sporcaccione). Poi, mi sparo nel locale. 

PIU' ROMA di Francesco Gambaro




La natura è Roma, Roma rispecchia la natura. / Vediamo immagini del suo potere civile / nell'aria trasparente come in un cielo azzurro, / nel foro dei campi, nel colonnato dei boschi. / La natura è Roma – e non è il caso, sembra, / di disturbare ancora gli dei: / ci sono le viscere delle vittime per divinare le guerre, / schiavi per tacere, pietre per costruire. // Osip Mandelstam, 1914

venerdì 29 aprile 2016

NON SIETE AD ACCRA, EPPURE di Gaetano Altopiano




Oggi eviterò di esternare per paura di essere frainteso: mi limiterò a un’istantanea. Corro un serio pericolo a esprimermi con signori che parlano in una lingua straniera, e io, in più, sconosco le usanze locali. Sappiate che in una tribù il folclore conta quanto un codice civile, non importa la latitudine, così vi capita di trovarvi a Misilmeri e sentirvi invece come se foste ad Accra. Restate ammutoliti nel vedere come la gente vi scruta e reagisce alla vostra presenza: vi annusa, vi palpa, come dovesse stabilire la vostra bontà per il sacrificio all’idolo del focolare. Poi vi allontana, blaterando vocaboli incomprensibili al vostro orecchio. 

FACCIAMOLI SOLDATI di Francesco Gambaro




Foreign fighter nordafricani, profuchi bebé donete in tuta mimetica. Addestriamoli come di dovere e, poi, rispediamoli in Libia a difendere i nostri pozzi. Non saranno 15 mila, caro generale Jean, saranno 300 mila, belli giovani e morti. Per i nostri pozzi, per i pozzi vuoti delle nostre teste. E addestriamo anche i nostri figli, tiriamoli fuori dalla siccità che non riesce a umidire di smegma nemmeno il disadattato pisello. Mandiamoli a combattere senza giusta causa, senza voglia, con la competenza dei cecchini, dei tiratori scelti. Qualcosa la squola italiana e il governo deve fare per questi nostri ciofani dormienti. Facciamoli soldati.

giovedì 28 aprile 2016

(L'OCCHIAIA. 18.) di Elio Coniglio



    La costruzione è circondata da colline scoscese e franose sulle cui sommità possenti animali brucano rumorosamente un’erbetta smeraldina che spunta di continuo tra scontrosi fico d’India. Sul suo tetto  c’è  uno spesso strato di neve fresca;- Qualcuno, con l‘incoscienza di chi ritenendosi ormai libero dai lacci di questo mondo  non si cura più delle delle proprie azioni, lo scoperchia:  sotto il carbone ammucchiato sui pavimenti cova un fuoco pronto a divampare al primo alito di vento…    

LA CINA di Gaetano Altopiano




Dovremmo prendere esempio dalla Cina, sento dire sempre più spesso. Esempio da come questa nazione abbia saputo diventare il gigante commerciale e industriale che è, pur non adeguandosi troppo a quello spirito riformista tanto orgogliosamente rincorso dalle nazioni occidentali, Italia compresa. Ma parlare di confucianesimo in un paese come il nostro è una bestemmia: possibile applicare una simile cultura, che dura dalla dinastia Shang ai giorni nostri, in un posto dove un principio immutabile come la Giustizia, oggi, non solo si è svuotato del significato ma viene addirittura confuso con la sua sub-specie più infima nominata legalità? Ecco uno dei pilastri del confucianesimo: “Si nomini solo ciò di cui si può parlare, si parli solo di ciò che si sa fare: le parole non devono contenere nulla di inesatto; i nomi siano corrispondenti all’oggetto cui si riferiscono, a cominciare dalle leggi; questo consente di poter conoscere ogni fatto per quello che veramente è.” Un altro ammonimento era questo: “solo a brillanti letterati le alte cariche dello stato.” La legge le facciano i poeti, non dei bruti specializzati in giurisprudenza. 

STORIE DEL SIGNOR JFK (29) di Francesco Gambaro



JFK non sa rispondere alle domande. JFK sa rispondere soltanto alle risposte. Una risposta è, perché mi fai questa domanda. Gheddafi sotto il tendone risponde a Arrigo Levi, o a Enzo Biagi (non importa, uno fotocopia l'altro nel dettaglio micrografico) non c'è domanda quindi non posso rispondere. JFK tenta altre strade, non siano più domande o risposte. Si fionda nella stanza della fidanzata. La bacia appassionatamente chiedendole, si può domandare o rispondere quando ci si bacia? Come faccio a rispondere, domanda lei, se continui a non staccare le tue labbra dalle mie.

mercoledì 27 aprile 2016

IL TUO PASSATO NON E' INVITATO di Francesco Gambaro




Mi dico, cosa c'entro con questo scritto dopo avere scritto. I ricordi li ho sempre elaborati e trasformati in nonricordi. Mi sento infastidito rileggendomi, spesso non mi sento. La memoria è l'hardisk, cioè il morto, il ricordo il file che ne resuscita in un nanosecondo il nanosecondo da salvare. Non hai niente da salvare, mi dico, il tuo passato non è invitato, mi dico. Non vorrei continuare a scrivere così come scrivo. Potrei essere bravissimo a non scrivere. Non vorrei nemmeno essere bravissimo, vorrei pescare quel verme che ho dentro, quello che non si fa mai pescare. Mi piacciono i film in cui l'eroe si serra con un fazzoletto la coscia colpita e poi con un coltello, innaffiando e innaffiandosi di wisky, scava con un coltello infuocato per estrarre la pallottola. Nè vorrei raccontare storie. Solo interruzioni. Trovo insopportabile che le storie scivolino verso un finale e sottovalutino il passaggio tra inizio e fine. La polpa dello scrivere sta dalla parte del Galles, tra Inghilterra e Irlanda. Come in quel film, L'inglese che salì su una collina e scese da una montagna.

lunedì 25 aprile 2016

VIVA LA MONARCHIA SOCIALE di Francesco Gambaro




Di bello c'è, bella gente, che in queste giornate di feste comandate, si arrostino coste di agnello e di maiale, cipolle peperoni patate sotto brace, si beva molto e, nel finto scenario bucolico, in cui una signora grida, mamma? Mamma dove sei? Ma ti sei fumata? si dimentichi di accendere il televisore. Per mezza giornata si è partito unico, antiparlamento della televisione Il cristodiddiofanculo al televisore, agognato con scarsa forza nei giorni miseramente quotidiani, alla faccia della cadenza civile della festa della repubblica, si inebbria di monarchia familistica. 

TOTTI UND GILARDINO di Francesco Gambaro





Quest'anno il campionato italiano non lo vincono le squadre ma, per la prima volta, Totti e Gilardino, i reietti dell'altro pianeta, come ci suggerisce Ursula Le Guin. Povera Juventus, povere società mortimiliardarie, poveri denari sprecati a comprare maiali all'estero.

LA FORTUNA IN SENSO ROMANO: E IO CREDETTI di Gaetano Altopiano




Ero libero di credere o non credere. Era quello che facevo infatti: poteva essere esistesse il colpo di fortuna - quello che ti cambia l’esistenza -, poteva non essere vero. Si sentiva di qualcuno che una volta l’anno si beccava un superenalotto, o l’eredità milionaria, ma mai di qualcuno che io avessi conosciuto personalmente. Le notizie di simili eventi arrivavano da mondi a me talmente estranei da farmi sospettare, perlappunto, che fossero sempre inventate. In generale, quindi, io propendevo per il no: credevo molto poco alla possibilità che la vita potesse anche non essere regolata da leggi fisiche del tipo “data una certa causa, avuto un certo effetto”. Ma un giorno, mi capitò il colpo di sfortuna. 

domenica 24 aprile 2016

ROUTINE di Gaetano Altopiano




Se c’è un piacere immarcescibile, è ritornare alla normalità. La goduria di riprendere il tran tran è impagabile: mi è indispensabile rientrare nel circuito, anche se prima dell’interruzione non ho fatto altro che recriminare un’immeritata mancanza di varietà. Della routine (la mia) fa parte pure questo vizio, si sarà capito, ambito che molti altri però non considerano affatto normale. Io credo di averne ragione. Sfido chiunque a trascorre la vita in carcere senza sperare giornalmente nel diritto di poter compiere il prossimo assassinio. 

CASA ZEICHEN di Francesco Gambaro



Vedendo la foto della baracca di Valentino Zeichen, da qualche giorno al San Camillo per un ictus - in una notte di passeggiate romane al Flaminio Simone me l'aveva indicata dal finestrino dell'auto, vedi quella è la sua casa - non posso non pensare alle foto della stanza o stamberga di Sandro Penna, alla povertà libera dal bisogno di avercela una casa. Mi colpisce che in quell'unico scaffaletto adibito a libreria ci siano pochissimi libri. Così che i libri restino dentro la biblioteca della propria testa e non vengano esibiti come tanti Eco (mai letti) nei salotti della gente perbene.
Valentino Zeichen ha sempre rifiutato aiuti dallo Stato (v. legge Bacchelli), chi volesse contribuire alle spese ospedaliere e postospedaliere può inviare alla figlia Marta, indirizzo Unicredit:

IBAN: IT 39 I 02008 05108 0001 10090681


sabato 23 aprile 2016

ENDORSEMENT di Francesco Gambaro




Visto ieri servizio sul mancato o errato uso del congiuntivo da parte di politici italiani. Ma è così importante che siano sempre i politici italiani, per una ragione o per un altra, sotto i riflettori? Sembra che gli unici attori della vita italiana siano solo loro. “per essere circonciso” risate a crepapelle. Ma l'avevamo inventato noi al bar. E Abatantuono al cinema. Visto Di Pietro che, a un ottantaduenne che chiede ottanta euri ai propri figli per sopravvivere, ridacchia sulla giacca gialla e i capelli enné del decuius. Ma s'è visto, si è mai visto allo specchio con quella faccia da paiolo e gli abiti sciatti e tristi uguali, praticamente una divisa, a tutta la maggioranza dei parlamentari? Visto ieri il mitico Cacciari, anche lui impomatato, andare in risciò pedalato da un servointervistatore per la prima volta sorridere. Non so ma, per non essere volgare, mi approvo in italiano. Endosrsement ficcatevelo nel paiolo e, evviva l'indicativo. Forte come un Negroni sbagliato.

A una poetessa dell’ 84 di Gaetano Altopiano



Solo dopo un’attenta rilettura sono riuscito a non perdere la pazienza: perché ho provato pena. Raggiunta la certezza ho aperto bene gli occhi sul testo e ho decido per la mia totale solidarietà agli illusi. Potevo fare diversamente? Non si è trattato solo di quel verso rivelatore (così tremendamente stupido) ma dell’intera poesia che avrà significato per lei (poetessa dell’ 84) e anche per tutta la giuria qualcosa di molto molto importante. Sono serviti due minuti per imparare definitivamente una cosa: la poesia non mi interessa più, se non per quel suo aspetto che (umanamente) tutti hanno il dovere di soddisfare, il suo bisogno di esigere elemosina.


venerdì 22 aprile 2016

RAGGI CAPUT ROMA di Francesco Gambaro




La Raggi, con quel viso acqua e sapone, emula dell'astro nascente Caterina Balivo, ha dietro, oltre le stelle, anche il nome, Virginia, ovvero, pronta per il matrimonio (i raggi, di sole di giochi di fuoco di luminarie, già illuminano il suo matrimonio con Capitolino). Marchini è un bello d'annata, doppia un po' in ritardo la bellezza la freschezza la leggerezza della Raggi. Ha un piccolo problema logopedico che, non essendo re Giorgio VI e considerando l'età, non potrà superare nel breve elettorale. Ha però dietro la irragiungibile 'zia Simona' che se tornasse a fare telefonate concittadine per lo sfarfallante costruttore sarebbe una bella botta. Giachetti ha sempre la stessa giacchetta stazzonata, la barba incolta, un passato antipartitico, anche se allora si chiamava Partito Radicale, ha dietro Nichi Vendola che non capì che gli italiani non erano ancora pronti per politici con l'orecchino. La Meloni ha dietro Salvini, e qui finisce la storia. In più ha pure la Rita dalla Chiesa che su ponte Milvio ancora impreca contro di lei per averle interrotto onore memoria e carriera. Fassina è un gladiatore del Pd, stanzia ogni santo giorno al Colosseo ma, con quel suo fisico così androginamente striminzito, vaccelo a pescare nemmeno per un selfie. Restano Bertolasso e Storiaccio. Fate voi. Ave.

INTERCETTAZIONI INTERCETTATE di Francesco Gambaro




Non lo so ti dico. Ma tu sei vedova o non sei vedova? E che domande, forza. E allora perché non me lo dici quando avete scopato l'ultima volta. Ma che domanda é? Ma ce lo sai che stai a parlare a telefono con una ministra. E che mi importa, sono un ministro pure io. Perché non me lo vuoi dire? Cosa? Quando siete stati a scopare l'ultima volta. A scopare? Mai. E allora che facevate chiusi nel gabinetto del presidente il giorno prima che tuo marito... Ma tu mi vuoi bene? E certo che ti voglio bene se mi rispondi. Uffa. Ma che uffa, o ti apri con me o non ti apri. Vi stavate a scambiare le carte? Sì, le carte igieniche. Me lo vuoi dire o non me lo vuoi dire. Senti, ora che è morto che importanza ha? Per la Procura nessuna ma per me sì, io lo voglio sapere con che ministra sto. Ma tu mi ami? Se ti confessi. Mi ami per sempre? Per sempre questo cazzo se non rispondi. Scopavate in gabinetto vero? Ma che stai a pensare, il nostro era un matrimonio per contratto. E che diceva questo contratto. Ma tu mi ami uguale se te lo dico? Uguale uguale uguale. Sicuro? Sicuro sicuro sicuro, dimmi delle carte. Le carte ci servivano per asciugarci. Cioé? Nel contratto abbiamo scritto. Che avete scritto? Dio mio mi viene difficile a dirlo. E dillo amore mio se no ti lascio e torno con mia moglie. C'era scritto. E tutto quello che c'era scritto l'avete fatto in gabinetto? L'abbiamo fatto, sino all'ultimo giorno. Amore, avete scopato l'ultima volta che vi siete visti? Mai. Allora, che c'era scritto in questo cazzo di contratto matrimoniale. Ci si doveva chiudere in gabinetto a ogni seduta parlamentare. E Allora. Se te lo dico non mi lasci, vero? No che non ti lascio e ti firmo tutti gli emendamenti che vuoi, me la sto facendo addosso dal bisogno di saperlo. Ecco, che in gabinetto io dovevo pisciargli in bocca e che poi lui, una volta finito, doveva pisciarmi addosso sulla topina. Tutto qua?

giovedì 21 aprile 2016

COME STAI, TI SMEMORAI di Francesco Gambaro




Mia figlia, cresciuta nel postvinilico, scopre che i vecchi lp meritano qualcosa di più di una tomba e se ne innamora. Al punto che il giorno del suo compleanno mi regala tre patty pravo d'annata (facciamo così negli ultimi tempi, al festeggiato l'onere di regalare ai festeggianti). Significherà qualcosa questa specie di ritorno al passato? Ho avuto sempre problemi con il conservare. In varie stagioni della mia vita ho voluto buttare tutto. Ricordo un amico che mi fermò quando minacciai di regalargli l'intera collana di Sellerio (avuta proditoriamente data la natura del mio lavoro giornalistico). Ma ci pensi che tra vent'anni ai tuoi figli potrebbero interessare? Penso di no, penso che delle affezioni, penso che del nostro passato e delle cose del nostro passato si debba fare un bel falò e che oggi, solo per sopravvenuta debolezza, non ho coraggio di farlo. 

CHI E' CAUSA DEL SUO MAL PIANGA SE STESSO di Gaetano Altopiano




Riferisco una scena che lascia di stucco: in via Gaetano Daita, a Palermo, un vigile sta facendo la multa a se stesso dopo aver parcheggiato in doppia fila. Incredibile anche quello che accade dopo: non fa che giustificarsi sperando nella propria clemenza; si è fermato solo un minuto, sta’ città è impossibile, i vigili stanno appostati come sciacalli. Ma niente, è irremovibile. 

mercoledì 20 aprile 2016

(L'OCCHIAIA. 17.) di Elio Coniglio



La vita?
Una pozza di ore, di giorni, di mesi, di anni.
Il tempo?
Una palude.

UNA COSA, TRA LA COSA E UN’ALTRA COSA di Gaetano Altopiano




Dovrei prestare orecchio alle non-parole. Deliziarmi di non-suoni. Vedere la non-televisione, leggere i non-giornali, andare ai non-cinema e (solo) ai non-concerti e alle non-letture di poesia. Partire per i non-appuntamenti. Andarmene ai non-viaggi. Guardare l’ora nei non-orologi e fidarmi (solo) della non-speranza. Vivere di non-lavoro, prendere un non-anno sabbatico, nel sesso praticare il non-coitus e fare una non-corte spietata alle donne. Impossibile, però, spararmi una non-pallottola nella non-tempia. 

PRIMAVERA di Francesco Gambaro




Buono quello che mi dite, quando non mi dite, da uomo allergico agli uomini non posso che scappare dalla primavera. Vero quello che mi dite, insegne lampeggianti, bartabacchi fumanti, palazzi piegati come alberi sottovento e altre cose. Scappo dalla primavera a vetri serrati, dovrò superare a 230 estate e autunno a occhi chiusi per via della congiuntivite. Al Pacino in Ferrari in Profumo di donna. Il suono della primavera però entra a laser dentro l'abitacolo, ditemi se c'è dell'altro che non mi volete dire. I gerani e le foglie di fico crescono a vista d'occhio, i maglioni si colorano di rosso. Devo essere più veloce e non pensare e invece penso per non pensare, non so ancora perché Bologna si chiami col nome di una donna né perché Roma in inglese si moltiplichi. Ditemi anche quello che non mi volete dire. Voi non siete voi e questo, è giusto, non lo volete dire. Pòllini bastardi della primavera, tra qualche ora sarò in estate e non vi vedrò più dal retrovisore. Io non sono più io in primavera, un dio di passaggio, una pattumiera di occhi a rischio, senza mai pace perché è sempre tardi. Lì dove devo arrivare chi mi aspetta non mi aspetta. Se arrivo in ritardo rischio di non trovare neanche chi non mi aspetta. Pedalare pedalare canta nel lettorecd del mio bolide Piero Ciampi. Perché non volete dirmelo quello che mi volete dire. Lì, in autunno dove sto arrivando, non è un punto qualsiasi, è un arduo punto di passaggio, un check point non un semplice casello autostradale. Scansatevi gente. Una vita che penso e certe foglie morte che mi aspettano o non mi aspettano. Mi guardano passare, si alzano in volo sotto gli pneumatici fumanti. Dove è finita la cartina. Correre correre, non c'è tempo. Sono in ritardo. La primavera a sirene spiegate, ma spiegate che vuol dire? Stiamoci freschi se vogliamo farci queste domande a 230 all'ora. Non pensare non pensare. Il ponte dell'estate intanto è superato. E' superato? Ma era l'estate o la pandera della polizia che mi inseguiva? Sto arrivando, agito in avanti le spalle per dare più abbrivio e speranza di volare. Sto zitto perché le parole dentro l'abitacolo a ogni sobbalzo sobbalzano anche loro e rischiano di finirmi addosso. L'importante è tirare dritto, resistendo alle tentazioni dei distributori di benzina. Gli occhi si stanno liberando miracolosamente del muco congiuntivo. Non vedo lo stesso. Me lo dite o non me lo dite, e se non me lo dite perché me lo dite che questo sarà l'inverno del mio scontento.

martedì 19 aprile 2016

OSTINAZIONE 3 di Gaetano Altopiano




Provare a interpretare la vita di un altro. Step 1: sentirne le lagne, ascoltarne i mugugni. Step 2: grattarsi l’orecchio nel medesimo modo, e, a un certo punto, tossire persino come il nostro interlocutore. Step 3: afferrare il senso di quello che vuole dire. Immedesimarsi. Step 4: stupirsi sinceramente di quanta rassegnazione riesca a produrre.  

RISATE PREPAGATE di Francesco Gambaro




Ma avete fatto caso che, nei nostri amati talk show, prima del pubblico prezzolato ridono i conduttori? Sono loro la vera claque. Bonfonchiano interrompono tossiscono cianciafruscolano, ammazzano le barzellette. Giovanni Creco, Gerardo Floris, Massimo Fazio, Fabio Giletti e quel pendaglino di Gramellini Ridens.

lunedì 18 aprile 2016

TAGLIARITILLA A TESTA MITTIRIMILLA NE' PERI E JUCARICI A PALLA di Francesco Gambaro




Traduco, in italiano politicamente corretto, l'escursione dialettale di un giovine calciatore tusano indirizzatta alla coetanea compagnetta settenne che non ha ceduto al suo pesante corteggiamento. Ti taglierei la testa me la metterei tra i piedi e ci giocherei a palla. (non continuate a dirmi, come fa Emiliano, che è la Puglia la più bella regione d'Italia).

I VECCHI (10) di Francesco Gambaro




U viri, l'acidduzzi unn'annu manciatu oggi. La vecchia, ritirandosi, raccoglie il sottovaso dal suo terrazzino. Si chiude a chiave in casa. Le domeniche sono giornate difficili perché rubata alle sue abitudini dalle figlie. Posa il sottovaso in tavola. Con ritrovata piccola fame mastica, dopo essere stata costretta a masticare merda vegana tutta la domenica, il pangrattatto, affievolito da gocce d'acqua, e lo zucchero, e il fico secco dal grembo aperto. Domani preparerà un piatto uguale per i suoi acidduzzi. Sarà lunedì, finalmente.  

ABITI E MONACI di Gaetano Altopiano




Quello che è del tutto normale nella regione di Monaco di Baviera in un posto come la città di Palermo susciterebbe quantomeno il ridicolo (oltre che il rischio di atti di bullismo): imbattersi in frotte di ragazzi vestiti col costume tradizionale, il trachten; e non solo dentro le birrerie, durante l’Oktoberfest, ma anche da Vuitton il sabato pomeriggio. Supponevo, date le premesse, che nei matrimoni non accettassero intrusioni, scopro invece che hanno una grande apertura al “dialogo”: ho incontrato un tale in costume abbracciato a una ragazza col burka. 

domenica 17 aprile 2016

I VECCHI (9) di Francesco Gambaro




Se stendo la pelle del d'orso della mano sinistra con la mano destra la pelle arriva quasi alle unghie. Una zampa d'orso, sarebbe, se tagliassi un dito. O ne aggiungessi un sesto. Gli orsi sona animali rivoluzionari, creano facile le orme e confondono gli umani. Talvolta solo tre dita per farsi seguire nel mistero di un'impronta. Ma poi sono lì che ti aspettano, tu spari alla paura e loro ti mangiano anche se colpiti in fronte. Nel sonno. 

sabato 16 aprile 2016

IO LO RICORDO COSI' MIMMO GERRATANA di Francesco Gambaro



da “Qualcosa di rosso”, Perap 1994

“Mi lasciai prendere dai nervi, mi chiusi in me stesso e mi tagliai un dito con una lattina di pomodori pelati. E diventai tutto rosso, mi dimenticai dov'ero, cos'ero e cosa facevo – e ancora adesso ho qualche vuoto di memoria. Così lasciai fare al sangue e mi ritirai in un angolo – qualcuno mi chiamò, mi tirò per un braccio, credo che mi fece perdere i sensi – e mi inventai un paesaggio rosso con fiorellini viola, marmitte di macchine sparse su dune di sabbia lucidissima e odore di merda di cavallo. Non mi risvegliai mai più.”

FINE DELL'ULTIMA PALMA (Aprile è il mese più crudele) di Francesco Gambaro




Di buono c'è che di ogni punteruolo risvegliato che riesco ad abbattere cento formichine fanno razza, mangiando o incamerando o festeggiando.

IL PIU' MONDO di Francesco Gambaro




Il + mondo non te l'aspetti. Zero votanti domani per i triv. Renzino con giacchetta alla padoan di 2 misure avanti. Uno sfincionello in cucina, caldo e mai ordinato. La foto di un animalista di genio mentre cura per la prima volta al mondo l'otite a un gigantesco topo di fogna. L'eclisse doppia di luna e di sole. Un editoriale di Casaleggio su La Stampa che resoconta da lì dove si trova. Il video secretato di Giancarlo Pajetta mentre mostra, tra i banchi del Parlamento, la foto della Duse nuda ad Almirante durante un suo non breve intervento per interromperlo. Eclissi parziale con parziale avvistamento del pianeta Terra. Eclissi totale con totale spegnimento del computer. Stanotte. 

venerdì 15 aprile 2016

IN UNA VASCA DA BAGNO di Francesco Gambaro


In una vasca da bagno una vaschetta con verdura a mollo, due confezioni di detersivo per wc, un vasetto con stelle di natale ancora vive, tracce di uno starnuto sul molo sinistro, una bottiglia di alcol denaturato all’ultimo sgocciolo, due spazzolini da denti, foglie gialle di ginestro galleggianti sul fondalesecco, 7 mollette delle biancheria, ruggine. Questa la scena del crimine. Di qua dalla vasca, la vecchia, stroncata da improvvisa morte, o forse più, stroncata da improvvisa vita. Tutto dentro cinque metri quadrati abitabili.

giovedì 14 aprile 2016

STORIA DELL'ORA DI PRANZO NELL'ERA MILLENNIAL di Francesco Gambaro




Ci si chiama. Qualcuno risponde. Ma con sms dalla stanza da letto. Oppure, arrivo, rimanendo incollati alla chat, scusa devo andare mia madre mi chiama, e che vuole quella stronza, mangiare sempre mangiare che palle. Si vivono tempi separati. Qualcuno in cucina. Altri perfino comodi in bagno. Lì la fame non alberga ma, si è in famiglia, si risponde comunque al richiamo. La cena della sera divorzia i legami familiari. Si urla A TAVOLA come un verso di una canzone perduta. Nessuno viene. Chi sta in cucina va a cercare chi non viene in cucina. Dal secolo passato forse qualcuno accorerebbe. Come nel film Un piccione seduto su un ramo di Roy Anderson. Nessuno risponde più, nessuno si trova. Il timballo di patate, appena sfornato e a rischio di freddarsi, prova a divorarsi da solo.

mercoledì 13 aprile 2016

STORIE DEL SIGNOR JFK (28) di Francesco Gambaro




JFK fu fermato nel 1977, intorno alle 2 e 41 del 13 aprile. Sceso dalla sua cinquecento blu fu schienato contro il portone. Cosa ci fa lei qui, chiesero gli aventi diritto. Abito qui rispose JFK. C'era in effetti una obiettiva contraddizione tra il palazzo candegginamente borghese e i suoi vestimenti, conditi di capello lungo blu e orecchino insù. Sentite, cosa volete, bofonchiò JFK con la bocca appiattita sul vetro del portone (faceva angolo con la dura commessura di legno baltico del montante). Gli agenti, intanto, sfruculiavano nelle sue tasche. Senta disse JFK, io amo l'Arma e sono figlio di carabiniere, citofonate a mio padre. Certe risposte non si danno ai poliziotti, non si scambiano poliziotti per carabinieri, sia pure in una notte a tinte fosche. Anche se bugie bisogna saperle allunarle. JFK era molto fatto, a sua giustificazione, ma non doveva spericolarsi in quella incerta diagnostica della situazione. Avrebbe dovuto mantenersi generico. Manifestare il suo stato confusionale e approfittare dello schiacciamento della bocca per tacere. Comunque fu un'esperienza di vita. Sotto la luce dell'unico lampione acceso di via Saverio Scrofani, dopo che i militi furono andati, due costole e un canino trotterellarono da soli verso la cinquecento. Blu.

COGLIONI (9) di Gaetano Altopiano



Solo chi non conosce Vauro Senesi può inorridire davanti ai suoi tentativi di fare ironia. Provare ancora qualcosa (qualunque cosa) davanti a una vignetta satirica ha già dell’incredibile, figuriamoci davanti a una di un signore che è anche tra i meno originali. Come si può? La materia mi lascia indifferente, e la considero il più antiquato dei modi di fare stroncatura. Un tuffo nel passato: andava bene nel 1916 forse (tutti ricorderanno L’Asino di Gabriele Galantara) ma oggi sopravvive unicamente grazie alle claque partigiane. C’è di più però: Vauro si conferma anche personaggio sordido.


martedì 12 aprile 2016

'A LINGUA UN CI L'AVI L'OSSA MA RUMPI L'OSSA di Francesco Gambaro



I proverbi o modi di dire escono dalla bocca dei vecchi come lampi improvvisi. Ti sorprendono in contropiede e segnano qualcosa che tu con l'incancrenito esprit de l'escalier, non riesci a percepire in tempo. Quando finalmente ci sei, i vecchi sono morti. Anche Pascal è morto, cazzo. Anche Casaleggio.


UN UOVO DA SBALLO di Francesco Gambaro




Non ho ben capito perché gli americani preferiscono le lattine alla birra in bottiglia. Forse per lo schiocco, forse per il piacere di schiacciare la lamiera a sugo finito. Non l'ho capito sino a quando ho visto negli anni settanta, credo il film fosse L'ultima corvée, i protagonisti bucare da sotto la lattina puntarla in bocca e poi, staccando la linguina superiore, spararsela in gola. Uno sballo in nanosecondi. Che non ho mai avuto il coraggio di provare. Soprattutto dopo avere visitato in televisione la stanza barricata del mio eroe Pantani Marco, detto Il Pirata, dopo lo speedball che si era fatto per scomparire da questo mondo di interpretazioni e retroscena ludici (Pasolini era un coprofilo e Pelosi un ragazzino ancora non rotto alle esperienze estreme). Ci ho ripensato oggi all'alba, quando un mio vicino contadino mi ha regalato un cestino di uova calde. Certe volte la memoria fa belli scherzi, in automatico ho rotto il culo dell'uovo ho bucato il suo opposto ed è stato il più bel succhio da sballo del mondo.

MEMORIE DI UNA CAMERIERA 2 di Gaetano Altopiano





Se avessi dovuto scrivere battendo sulla tastiera con una sola mano (tenendo l’altra forzatamente sotto il mento) avrei impiegato il doppio del tempo di quello impiegato se le avessi usate entrambe? Determinare a priori eventi di questo tipo è impossibile, seppure un calcolo ragionevole porterebbe a questa conclusione. Ma il “calcolo ragionevole” non esiste, mi fa notare la cameriera al piano, mentre continua a fumare, esiste soltanto “il calcolo” che deriva dal ragionevole ma è un’altra cosa: è razionale. La risposta è comunque positiva, mi dice, quasi sicuramente (prendiamolo come dato definitivo) lei avrebbe impiegato il doppio del tempo. Spegne la cicca, la quinta, si passa una mano tra i capelli e torna all’aspirapolvere. Scusi, mi fa, ma lei parlava della destra o della sua sinistra?

lunedì 11 aprile 2016

LA CALLIGRAFIA DI ARBASINO di Francesco Gambaro



La calligrafia di Arbasino, rubata un pomeriggio all'Hotel delle Palme per un convegno, ca va sans dire sul Gruppo 63, esagerata, con volant grandi quanto i palloncini del Giardino Inglese, le calligrafie di molte mie compagne di classe, rotondeggianti come le caccole o le coccole, la calligrafia di Gaetano Testa, piccola, precisa, quasi infinitesimale come i suoi disegni, quella della casta dei medici, anche se è un luogo comune tipo i cinesi si mangiano i bambini o nascondono i loro morti, comprensibile solo dalla casta dei farmacisti, la mia, chiara di notte ma indecifrabile al mattino, deceduto Alan Turing giusto il giorno in cui nacqui, ma, ritornando a Arbasino, ricordo un vegliardo commento che più che sintetizzare interpreto: la notte vedo dalla finestra questi uomini piegati davanti al computer, artificialmente illuminati, soli, tanti, e non capisco.

Sono contento di essere uno che Arbasino non capisce, che la notte non va per pulle e teatri, che la notte si sente piegato e che la mattina fa fatica a rialzare la schiena, un po' perché rincoglionito da quello che gli occhi hanno visto dalla finestra del computer, un po' da quello che ha scritto quasi in cogitosuspicione, un po' per la gioia del fallito che si compiace di non avere scritto e riscritto (il titolo è vintage) Fratelli d'Italia.

MEMORIE DI UNA CAMERIERA di Gaetano Altopiano




Avendo davanti ancora un po’ di lavoro da fare e non avendone più alcuna voglia, guarda dietro per vedere quanto lavoro abbia già fatto. Scala al piano + corridoio + dieci stanze. Ok. Mi fermo per una sigaretta e poi vediamo. Cameriera da una ventina d’anni in un hotel di Monaco di Baviera (sempre lo stesso) divorziata e con una figlia, non saprebbe proprio far altro: pulire, rimettere in ordine, passare l’aspirapolvere. Con una mano, in verità, che tutti le riconoscono: M. è brava, pulita e veloce. Lo sanno tutti. Ci è solo però che stamattina non ne ha proprio voglia. Non sa cosa si sente. E’ alla seconda sigaretta e non riesce a muoversi dalla finestra. Ne fumerà una terza e poi una quarta nel giro della prossima mezzora, lei ancora non lo sa, né sa ancora che non passeranno le undici e quel senso di angoscia diventerà insopportabile. 

domenica 10 aprile 2016

(L'OCCHIAIA. 16.) di Elio Coniglio

(L'OCCHIAIA. 16.) di Elio Coniglio


La donna è seduta accanto a me sul divano bluoltremare spiaggiato fra le accattivanti penombre della stanza. Ogni volta che squilla il telefono, prima che io riesca a sollevare la cornetta, lei si alza dal divano, si piazza di fronte a me e si toglie un indumento, quando rimane nuda si mette a culo in aria sui morbidi cuscini del divano. Da ora in avanti, ogniqualvolta squilla il telefono, mentre porto la cornetta all’orecchio le do degli schiaffetti o, a seconda del mio uzzolo, dei pizzicotti ora su questa ora sull’altra natica poi  avvicino il mio inguine alle sue chiappe scrignute, e lei, immancabilmente, si drizza sulle ginocchia e, contorcendosi come un’anguilla, incolla le sue spalle contro il mio petto…                    

OGGI NIENTE CRIC di Gaetano Altopiano

Oggi niente cric, per protesta contro ogni tipo di prevaricazione. Compresa la prevaricazione di una protesta contro la prevaricazione

JE SERAIS MORT di Francesco Gambaro



sabato 9 aprile 2016

E LORO DISSERO SUCA, E NOI SUCAMMO (non tutti controvoglia) di Gaetano Altopiano



Rivedere cose tipo nomine di consulenti stop. Eliminare questa vergogna stop. Danno erariale incalcolabile stop. Altro che scontrini di panettieri e parrucchieri stop. Ma loro dicono suca stop.  

Sono stanco di fidanzarmi di Francesco Gambaro

Sono stanco di fidanzarmi con donne bellissime, troppe e sempre bellissime. Da oggi mi fidanzo con uomini bellissimi, maurizio milani, antonio rezza me medesimo e altri che verranno sino a o ad adamo, il mio poeta belga preferito, un po' vecchiotto ma meno morto di jacq.


https://www.youtube.com/watch?v=zXBPeQiYxeI

http://www.infonotizia.it/au-suivant-jacques-brel-testo-traduzione-della-canzone/

No fly zone di Francesco Gambaro

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TOCCATA DI BRACCIO di Gaetano Altopiano




Anche se ha raggiunto la sommità dell’impianto espressivo è incapace di dimenticare la sua vita pre-linguistica. Non riesce proprio a eradicarla. Sembra brutto, sta male, lui vorrebbe evitare, ma. E’ inerme di fronte alla tirannia della propulsione biologica, e, per quanto superaccessoriato e moderno trangugia ancora lo stesso vecchio petrolio. Potrebbe, perciò, andargli diversamente? Ha un cazzetto non tanto più evoluto di quello di un coleottero (e altrettanto puteolente) e un sistema digerente che non può non produrre tristi rumori postprandiali. Un corpo molto poco silenzioso e indiscreto. Ma il peggio è ancora altro: la pittoresca convinzione che ogni somiglianza fisica sia un diritto alla confidenza. Ammiccamenti, strizzatine d’occhio, cenni d’intesa e veri e propri tentativi di accostamento: la classica toccata di braccio durante una conversazione.  

venerdì 8 aprile 2016

LA CONTESSA LARA di Francesco Gambaro




Nel 1930 la Contessa Lara, scrisse per Biblioteca Bemporad e illustrazioni di Enrico Mazzanti, il racconto Una famiglia di topi, niente sapendo, probabilmente, che Goffredo Benn, già nel 1912, ne aveva scritto sinteticamente. Il titolo era Bella gioventù: La bocca di una ragazza, che era rimasta a lungo nel canneto, appariva tutta rosicchiata. Quando le venne aperto il petto, l'esofago era crivellato di buchi. Si trovò infine in una pergola sotto il diaframma un nido di giovani topi. Una piccola sorellina era morta. Gli altri vivevano di fegato e reni bevevano il freddo sangue ed era quella passata qui una bella gioventù. E bella e rapida venne anche la loro morte: furono gettati tutti insieme nell'acqua. Ah, quei musini come squittivano! Nel 935, come è scritto nella dedica, da Monteluco il 5 settembre, la mia oltrezia Elsa Natoli, sposa dell'allievo prediletto di Giuseppe Gentile, Francesco Collotti, e sorella del ribelle Aldo, cofondatore del Manifesto, regalava a mia madre Una famiglia di topi: A Teresa il piccolo premio promesso pel suo amore allo studio, con tanti auguri pel compleanno. Scopro adesso, per via di pagine intonse, che mia madre non lo lesse, ma un verso, che Benn certo neanche lui poté leggere, è questo: Il gatto arrivò sul più bello, / e senza un soffio o un fremito, / gli saltò addosso. 'Zi' grida il monello, / 'Zi' con un lungo gemito, / Lo zio l'udì gridare, ebbe uno stretto, / e se ne afflisse assai, / ma disse: eh sì! Dovermi dare retta / pria di pigliare la cattiva via. / Ora che sei nei guai, / sconta per quando andavi all'osteria. / Chi quando ha tempo, ricusa l'aiuto, / lo chiede invano, se il tempo è perduto.//

LA CATTIVA 9 (ZTL uguale Hamer) di Gaetano Altopiano



Io, certe analogie, per quanto ardite, riesco perfettamente a spiegarmele. Niente di strano pour moi: si parla di risultati, minchia, e dunque. Mentre leggo che la zona a traffico limitato della città di Palermo secondo il TAR era solo un tentativo di imposizione fiscale, avendo niente a che vedere con l’effetto di disinquinamento della città medesima, mi complimento per il sangue freddo di Orlando tirando una conclusione: quest’uomo è spinto dalla tensione al puro calcolo - intesa come tendenza al puro guadagno - e le ragioni “umane” dei cittadini che amministra hanno per lui valore irrisorio rispetto al suo tendere a un risultato che ritiene utile. Seconda (meno divertente) conclusione: anche il dott. Ryke Geerd Hamer è un uomo, seppur di scienza diversa, che tende al puro calcolo. Colpevole della morte di numerosi pazienti in tutta Europa a causa della folle teoria anticancro di cui è il portavoce, padre del povero Dirk Hamer, il ragazzo ucciso nel 1978 da un colpo di arma da fuoco sparato da Vittorio Emanuele di Savoia (poi assolto), sostiene che le più gravi malattie sono esclusivamente ingenerate da traumi psicologici. Due più due.
Guglielmo Apollinare)


giovedì 7 aprile 2016

DETTO QUESTO di Francesco Gambaro




Sto ascoltando una trasmissione di rairadiotre su Cinecittà dove ho sentito, ripetuto 27 volte da attori registi macchinisti giornalisti e addetti ai lavori, l'aggettivo 'incredibile'. Mi manca molto il 'detto questo' dei politici da talk che, almeno, divide i film in un primo e in un secondo tempo. Detto questo, non mi state a menare ancora quella palla semprelastessa di Fellini. Incredibile.

DISSIPAZIONE di Gaetano Altopiano




Riveduto il senso della seconda legge della termodinamica: in due corpi (di diversa temperatura e all’interno di un sistema) il calore tende a diffondersi verso il corpo più freddo e mai il contrario, fino a quando i due corpi non raggiungono la medesima temperatura. L’energia spinge la propria forza non per cercare equilibro (classica interpretazione) ma unicamente per dissiparsi. L’equilibrio è la condizione definitiva, ma solo conseguente (dunque secondaria) all’atto della dissipazione. La volontà non è espandersi. E’ annullarsi. 

Early in the morning with her eyes di Francesco Gambaro

Early in the morning with her eyes


mercoledì 6 aprile 2016

MERDA PER ME (A.R.) di Francesco Gambaro





Ormai il corpo è così lontano da me che devo ricordarmi di cacare. Merda per me merda per me merda per me

ADDORMENTARSI di Francesco Gambaro




Nella speranza di riuscire a dormire, ho provato a ricordare quante macchine ho avuto dai miei primi diciottanni. Facile. Finito subito senza chiudere mezzo occhio. Allora ho scelto il sudoku, o gli incroci obbligatori adesso non ricordo: quanti graffi ho collezionato con le mie macchine? Difficile. Partito da zero e arrivato a zero, senza riuscire a ricordare, senza chiudere occhio.

DE GUSTIBUS DE GUIDI di Gaetano Altopiano


Pensare che la ministra Guidi piuttosto che per l’interessamento mostrato per l’azienda del suo compagno poteva semmai essere perseguita, e ancor prima, per la sua appartenenza alla Commissione Trilaterale (Leggo dal Fatto Quotidiano 5 aprile *) il cui effetto sulla democrazia, l’economia, la turbativa del libero mercato della nostra Nazione sovrana provoca disastri enormemente più gravi di quelli oggetto dell’odierna indagine, non mi ha fatto un grande effetto. Ne so qualcosa io di certi gusti magistrali: vere e proprie derive che alcune volte hanno fatto tendenza. Mi spiego: anche il Negroni ha una sua versione Sbagliata, riconosciuta e amata da fior di barman e bevitori. Potremmo mai, però, senza essere in errore, chiamarla soltanto Negroni ?


(*) Organizzazione internazionale -fondata da Rockefeller - formata da esponenti governativi, capitani d’industria e banchieri, che ha lo scopo di affermare la sovranità sovranazionale di una élite intellettuale “sicuramente preferibile alle autodeterminazioni nazionali dei secoli scorsi.” , in evidente palese contrasto con le sovranità nazionali.

lunedì 4 aprile 2016

RICORDI FELICI HAPPY MEMORIES FELIX MEMORIAS di Francesco Gambaro


una pallottola incredibilmente compatta
dura sostanza in morbido involucro
da leccarsela come un cono gelato
da sentirla accolta dall'acqua in un gemito di grazie


svuotato lo stomaco ricolmo di sentimenti
seduto ippopotamo rialzato farfalla
scacciato il malumore in una nuvola di progetti
nella giornata uggiosa un lampo di arancione


recuperato il tempo perduto alla velocità di uno sparo
il biasimo per se stessi profumato
da un candido eureka di vita
e lì fuori ti aspettano con famelico frugale gemito


poi tutto si annerisce la pallottola spuntata
vite eccentrica o sperpero sparpagliato
cerchi anamorfici e scatti impietosamente rallentati
segnano gli anni stiptici e/o diarroici di una ubriaca vecchiaia



https://www.youtube.com/watch?v=LDDBuzxhpn4

domenica 3 aprile 2016

PREFERENZE 2 (Yeats vs Bukowski) di Gaetano Altopiano

PREFERENZE 2 (Yeats vs Bukowski) di Gaetano Altopiano

Improponibile il duetto Yeats – Bukowski, lo sanno bene quelli che li hanno amati entrambi: l’uno è il contraltare dell’altro. Il rigore e l’impegno di Yeats non hanno niente a che dividere con l’adorabile strafottenza dello scrittore tedesco. In quanto al tempo, però, è vero fino a un certo punto. Quando il poeta irlandese morì infatti, nel 1939, Bukowski aveva già19 anni, quindi sarebbe stata probabilissima un’eventualità del genere anche data l’assoluta difformità letteraria. Il fatto è che, però, l’accoppiata sarebbe fatta da due che nella scrittura sono stati diametralmente opposti. Ma anche questo, in verità, fino a un certo punto. Niente di più serio della scena in cui l’alter ego di Bukowski, nei Racconti di ordinaria follia, dopo un estenuante inseguimento riesce a entrare a casa della donna tampinata in autobus: lei finalmente apre le gambe, cedendo all’inevitabile amplesso, e lui che in preda alla più triste delle desolazioni tenta di penetrarla con la propria testa.










NON TUTTO VA BENE AL SARCHIAPONE di Francesco Gambaro




E dove sta? Qui e là. Cosa vuoi dire? Che, rimango della mia opinione. E cioè? Ci sarebbe. Parla chiaro cosa ci sarebbe? Dunque, il fatto è. Quale fatto? Ecco qui sta il problema, il fatto è qui e là. Non si sta fermo. Ora sì che la capisco ma, non c'è problema per quelo. Lo so voi avete fatto tutto quelo che popopopotevate fare. E allora se lo sa? Ecche non l'avete fermato bene, un poco qui e un poco là. E non vi sta bene? Non tutto va bene. Certo non è stato un arresto perfetto ma l'abbiamo pure incorniciato. Non proprio, qui e là non è riuscito come doveva riuscire. Ah no? La verità. Ma che accidenti vuole, perché per lei deve essere tutto perfetto. Non tutto va bene, vede per esempio questa pizza. E che c'ha addì contro sta pizza. Qui e là non è buona uguale. Vabbé, epperò se la sta a magnà. Qui e là. Ma lei sta bene con la testa? Non del tutto.

sabato 2 aprile 2016

NONLETTERE AL DIRETTORE di Gaetano Altopiano




Giornata magra il 2 Aprile del Foglio. In particolare, le lettere pubblicate nella rubrica apposita che oggi mi sembrano incommensurabilmente cretine. Mi chiedo con quale criterio Cerasa abbia potuto sceglierle tra le tante che gli saranno arrivate. La stanchezza del prevedibile mi si svela più che in molte altre mattine: è intolleranza conclamata ormai. Davvero devo rompere ogni contatto con queste cose.


IL PELO SUL WATER di Francesco Gambaro




Ella, ritornando da un vernissage, riconobbe che non era suo il pelo sul bordo del water. Nè di suo marito. Era rosso, né rosa né blu né celestino. Finisce qui il mio periodo arlecchino, decise Ella. Lo raccolse, ringraziò il coniuge fedifrago sfiorandogli il naso con il pelo. Dormiva beato, starnutì nel sonno. Si chiuse in studio, inchiodò sul cavalletto il pelo e con esaltata forza d'abbrivio diede inizio al suo periodo rosso.

venerdì 1 aprile 2016

LE PUTTANE LE PUTTANE (per Lucio Quarantotto) di Francesco Gambaro



Le puttane adesso mi raccomandano di non perdere lo scontrino. Hanno tanta paura dei finanzieri, nascosti in tutti gli angoli degli angiporti, pronti a fotterle con l'uso di piccoli droni a forma e delle dimensioni di zanzare. Io che posso fare? Le voglio bene e ho più paura di loro. Guardandomi le spalle, non oso buttarlo nei tombini, lo proteggo con le dita in tasca, lo porto ogni notte a casa. Ma, ubriaco, quando mi svesto, lo lascio cadere senza rendermene conto. Così al mattino, quando ancora russo, mia moglie lo raccoglie da sotto il letto e lo porta da una sua amica fattucchiera indiana che ci sputa su tre volte e le dice, da domani notte tuo marito giacerà soltanto con te, sarebbero 15 euro ma per te figlia fedele, 14 e 50.


https://www.youtube.com/watch?v=6n207zr2-Vs

PARTICOLARI D’ORO di Gaetano Altopiano





Dalla corrispondenza intrattenuta da Franz Kafka con Felice Bauer (1912) viene fuori una parte accattivante della natura di quest’uomo: la sua vita privata. Ossia, i suoi più piccoli particolari. Gli unici interessanti, per quello che mi riguarda, dato che in generale ogni biografia è solo frutto di fraintendimento oltre che frutto esclusivo solo di “quello” che i biografi ritengono importante rimarcandolo. Non volendo soffermarmi troppo ne riferisco uno su tutti: la descrizione dei denti della signorina Bauer; una imbarazzantissima (ancor più che incredibile) protesi d’oro.