Alcuni,
in verità molti ultimamente, mi da fastidio persino sentirli
masticare. Figuriamoci vederli aprire bocca tra un boccone e l’altro.
Lo scricchiolio prodotto dai molari mi da nausea, e pensare che anche
le loro parole escano da quella sentina mi fa rabbrividire. Divento
sempre più intollerante a spettacoli tipo “mandibole che
lavorano”, “bocche che si aprono e chiudono”, “lingue che
schioccano sui palati”, così da tempo non mangio più fuori casa,
declino gli inviti, mi fingo impegnato, ma, se costretto, preferisco
di gran lunga i locali frequentati e rumorosi: riesco a concentrarmi
meglio sul nulla; a non pensare alle carie, alle mezze dentiere, ai
pezzi di carne incastrati tra canini e incisivi. Sere fa però un
pranzo inevitabile. Uno dei commensali che non smette di torturarmi
con sermoni sulla buona e cattiva politica del paese. Non credo ne
capisca molto, ma intanto si fissa con me e non la smette di
tampinarmi. Mastica in maniera innaturale, in modo tanto stomachevole
che a un certo punto - tra le cazzate che dice e quella vista
insopportabile - sono costretto a scappare al bagno. Appena dentro
piscio e mi appoggio contro il muro, faccio lunghi respiri. Uno, due.
Mi viene in testa il monologo di Edward Norton nella 25° ora.
Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo. Ma dalla bocca mi esce soltanto:
“ è vero. è vero. è vero. ormai posso solo farmi travolgere
dall’alcol.” scritto esattamente così, senza rispetto per la
punteggiatura. (Charles Bukowski, pagina 44, Taccuino di un vecchio
sporcaccione). Poi, mi sparo nel locale.
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