Dovremmo
prendere esempio dalla Cina, sento dire sempre più spesso. Esempio
da come questa nazione abbia saputo diventare il gigante commerciale
e industriale che è, pur non adeguandosi troppo a quello spirito
riformista tanto orgogliosamente rincorso dalle nazioni occidentali,
Italia compresa. Ma parlare di confucianesimo in un paese come il
nostro è una bestemmia: possibile applicare una simile cultura, che
dura dalla dinastia Shang ai giorni nostri, in un posto dove un
principio immutabile come la Giustizia, oggi, non solo si è svuotato
del significato ma viene addirittura confuso con la sua sub-specie
più infima nominata legalità? Ecco uno dei pilastri del
confucianesimo: “Si nomini solo ciò di cui si può parlare, si
parli solo di ciò che si sa fare: le parole non devono contenere
nulla di inesatto; i nomi siano corrispondenti all’oggetto cui si
riferiscono, a cominciare dalle leggi; questo consente di poter
conoscere ogni fatto per quello che veramente è.” Un altro
ammonimento era questo: “solo a brillanti letterati le alte cariche
dello stato.” La legge le facciano i poeti, non dei bruti
specializzati in giurisprudenza.
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