giovedì 28 aprile 2016

LA CINA di Gaetano Altopiano




Dovremmo prendere esempio dalla Cina, sento dire sempre più spesso. Esempio da come questa nazione abbia saputo diventare il gigante commerciale e industriale che è, pur non adeguandosi troppo a quello spirito riformista tanto orgogliosamente rincorso dalle nazioni occidentali, Italia compresa. Ma parlare di confucianesimo in un paese come il nostro è una bestemmia: possibile applicare una simile cultura, che dura dalla dinastia Shang ai giorni nostri, in un posto dove un principio immutabile come la Giustizia, oggi, non solo si è svuotato del significato ma viene addirittura confuso con la sua sub-specie più infima nominata legalità? Ecco uno dei pilastri del confucianesimo: “Si nomini solo ciò di cui si può parlare, si parli solo di ciò che si sa fare: le parole non devono contenere nulla di inesatto; i nomi siano corrispondenti all’oggetto cui si riferiscono, a cominciare dalle leggi; questo consente di poter conoscere ogni fatto per quello che veramente è.” Un altro ammonimento era questo: “solo a brillanti letterati le alte cariche dello stato.” La legge le facciano i poeti, non dei bruti specializzati in giurisprudenza. 

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