(a Cettina
Vivirito) Mi chiedo se sia possibile dirimere l'accumulo di immagini
che su fb viaggiano quasi alla velocità della luce. Mi chiedo quanto
un autoritratto di Dalì sia in grado di interrompere il flusso
sconclusionato di fb. Mi chiedo come come come mai fb sia diventata
un mondo per vecchi (che si mandano kartoline di piacere di amore di
amicizia) pur essendo nata come rete ragazzina. Mi chiedo dove
stiano trasvolando quei ragazzi che l'hanno abbandonata. Avendo fatto
tanti mestieri, da portantino a professore, da segretaria (la
signoria vostra è stata nominata segretaria del direttore) a
giornalista, da fesso a coglione, da impiegato a fotografo, mi
chiedo: che senso ha fotografare il Duomo di Milano o Casa Malaparte,
se tutto il mondo è già da tempo in fotografia. Stare in fotografia
non è uno stato di grazia, è lassismo galoppante, prono a immagini
che domani potranno investire come action painting i video di una
decapitazione dell'Isis. Fotografare è un surrogato del vivere,
l'occhio naturale non ha più capacità di curiosare, delega alla
macchinetta pure i selfie (che vogliono significare: così mi ricordo
di me). Si curiosa dopo, in riposo cerebrale, il niente. Se tutti
fotografano avrei voglia di non fotografare più, il solo gesto di
puntare l'apparecchio mi sembra sconveniente, troppo contiguo alla
canea di fotografi della vita che siamo diventati: nessun gesto
privato, solitario, educatamente nascosto. Non si nascondono più né
magistrati né medici che i malati li vanno a trovare solo per
telefono con ricette-mail. Ci fotografiamo tutti e siamo vivi,
Alberto Savinio la chiamava premorte. Savinio dipingeva i bubble gum,
suo fratello De Chirico (che lo aveva obbligato a cambiare il cognome
perché roso dal più terribile dei sette peccati capitali) solo
prospettive, scimmiottando Piero della Francesca. I Bubbbe gum, la
tridimensione, la inventò Alberto Savinio, su un piano di carta che
poi divenne quinte e costumi di scena. Oggi accontentiamoci di
Michelangelo Pistoletto che ci rompe gli specchi, del nostro piccolo
pistoletto e dell'ultima pistolettata di Hans Magnus Henzesberger:
“E' già abbastanza brutto essere condannati alla contemporaneità”.
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