Consigli
a me stesso per quando sarò vecchio è il titolo di un librino
pubblicato da Henry Beyle le cui edizioni nessun umano, a meno non
sia di razza milanese, dovrebbe mai comprare, in ossequio alla
propria economia familiare, ai futuri lasciti testamentari, al decoro
della propria biblioteca in cui l'oro risiede oltre l'affettazione di
carta pregiata. Consigli a me stesso per quando sarò
vecchio ma, diavolo di un Jonathan Swift, essendo vecchio, devo per
forza ribattezzarlo e riscriverlo in Consigli a me stesso per quando
sarò giovane. Donc: non sposare una donna vecchia. Non cercare la
compagnia di vecchi, anche se sono loro a desiderarlo. Essere
stizzoso, imbronciato, diffidente e, anche pocopoco frocio.
Disprezzare gli usi del tempo, amare i tonti ma, anche, le mode dei
tonti e fare, ton ton ton, guerra alla pace. Vezzeggiare i bambini
sino all'arresto in teatro. Come Bob Dylan, raccontare la stessa
canzone, sempre con lo stesso giro di do. Essere ladro di barboni e
con loro apprezzare lo sgradevole olezzo della cacca rinsecchita tra
i peli del culo. Essere severissimo con i vecchi e obbligarli a
autoeliminarsi. Lasciarsi influenzare dai berlusconi e godere
dell'essere servi. Consigliare a tutti di sproloquiare soprattutto
sopra chi non è disposto ad ascoltarti. Desiderare di non avere
amici piuttosto che avere amici che ti dicano, vacci piano. Parlare
molto, soprattutto di me stesso. Vantarmi della debolezza, della
mancanza di forze, e del non desiderio di gioventù. Prestare
orecchio alle lusinghe, e al piacere della donna vecchia che mi
maneggia con acqua calda nel bidé. Essere perentorio, categorico,
mussoliniano di marmo. Cercare di osservare queste regole, rischiando
di osservarle tutte.
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