“Manipolazione
del linguaggio”. Nell’accezione peggiore del termine: “Altopiano,
nei suoi versi, non va al di là della semplice manipolazione del
linguaggio”. Questa l’accusa rivoltami in occasione della mia
tentata partecipazione a un concorso di poesia (rivista Anterem, anno
2008 mi pare). In pratica, capacità di fare una frittata senza mai,
però, riuscire a servirla in tavola. Dare in pagamento un assegno
che non si può incassare o, peggio ancora, correre una corsa che
non si conclude. Non ho argomenti per difendermi, né ne avevo
allora. Tranne il seguente brano che stralcio dalla prima pagina
della rivista appena visitata: “Smarrita è la pace, decaduta è la
sicurezza della prima nominazione. Le parole che pronunciamo sono
ridotte a semplici segni semantici, strumenti d’intesa. Non sono
più essenziali, né in cielo né in terra. Meglio affidarsi a una
scrittura destinata fin dal principio al disordine,
all’anti-discorso, all’incompiutezza, fino alla perdizione”.
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