martedì 18 luglio 2017

SULLE RIVE DEL TONTO (11) di Elio Coniglio



Vediamo apparire Francesco proprio da dove non ci saremmo mai sognati giungesse. Benché spinto da un animoso aliseo tusano ha un passo corto, indolente, mesSicano. Perciò, la prima cosa di lui a raggiungerci è un sorriso affettuoso strappatosi dio solo sa come dallo scrignuto groviglio non incolto di barbe, capelli e sopraciglia berbere. Un solo attimo dopo sentiamo la sua voce, una voce che ha il respiro capriccioso di chi ormai da diverse vite ama raccontare e, raccontando, raccontarsi. Parola dopo parola la sua lingua si accende, s’infiamma, incendia il circostante. E come noi, anche l’adolescente un po’ troppo cresciuto seduto al tavolo accanto, senza quasi accorgersene, scorda le golosità e le due pagine fitte di numeri che ha sotto il naso e finisce per ormeggiarsi con le orecchie tese a paletta dentro le sue storie… Un luminello sonnacchioso di luce pomeridiana palermitana, stancannoiatomarcio di saltabeccare tra i rumori assordanti della vicina piazza, s’intrufola nella saletta vetrata, ruba qualcosa dalle nostre labbra poi sgattaiola via lontanolontano giusto mentre noi, nell’imminenza degli ‘Abbracci’ e degli ‘A presto ‘, interrogandoci l’un l’altro non riusciamo ad immaginare chi o cosa potrà mai riempire il vuoto incolmabile che lascerà in questo luogo la nostra assenza…  

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