martedì 12 luglio 2016

STORIE DEL SIGNOR JFK (40) di Francesco Gambaro




Volle scrivere alla fidanzata lontana. Si sedette allo strittoio. Inforcò gli occhiali d'oro che furono del bisnonno del nonno della nonna del babbo e, dopo la prematura, suoi. Ingroppò la penna e si accinse. Aggettivi sostantivi particelle verbi e avverbi non accorsero in suo aiuto. La Montblanc di porcellana targata prima comunione restava sospesa, in stallo a dodici centimetri dalla pergamena di Acireale. Ogni 23 secondi dolcemente iniziava a planare. A 3 centimetri da terra, con brusco risveglio, JFK di scatto la riportava alla primeva. Più volte e più volte il lettore debba immaginarsi il reiterarsi di questa scena. Come di vecchio postprandiale che, ancora chetamente assiso, per colpo o colpa di sonno, lasci ruzzolare la testa sulla spalla e rimbalzi elettrico. Attiva come una pompa petrolifera, JFK inconcludentemente intralciava la mano pizzicandola con esempi di alta letteratura: dal legato Alfieri, al cecato Gabriele (che, per Notturno, consumò dieci Km di striscioline di carta), all'Olesa di Nessun giorno senza una riga. Niente. Su è giù sopra il deserto. La fidanzata aspettava.

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