STORIE DEL SIGNOR JFK (42) di Francesco Gambaro
Cosa voglio sapere. Per esempio
perché l'antisudore della scarpa sinistra è completamente
consumato, mentre quello della destra porta bene i suoi anni. Sudore
mancino, scriverà forse il dottore, in soggetto ambidestro.
Finalmente arriva il suo turno. Il dottore si affaccia, dalla soglia
della sua stanza gli fa cenno di entrare. JFK si volta a destra e a
sinistra, cercandosi. Sarà ma a me sembrava che fossi proprio in
sala d'aspetto. Il dottore non si spazientisce, lo chiama sopra la
quinta riga del pentagramma. JFK sta in sala d'aspetto ogni santo
giorno. Parla con signore e signori del più e del meno e dai bambini
accetta con una bella risata l'epiteto scimmia. Gli ricorda il tempo
passato, quando riusciva a saltellare e si nutriva con banane.
L'evoluzione lo ha rovinato, ma i bambini che gli ricordano quello
che era lo mettono in allegria. Quando viene chiamato dal dottore è
come se una scossa lo svegliasse. Gli sfarfalla intorno un burbero
vocalizzo. Così sembra essere diventato il suo nome in gola al
dottore. Non c'è. A destra non c'è. Cerca allora con le zampe
anteriori a sinistra. Si gratta, si scava, vuole a ogni costo
ritrovarsi. Non c'è neanche a sinistra. Si alza senza rispondere.
Senza salutare se ne va, strisciando sui moncherini e lasciando una
scia di sangue sul pavimento ogni santo giorno disinfettato. Il
dottore rivolge gli occhi verso il prossimo. La signora sta
nascondendo un commiserevole sorriso con la mano destra e la testa di
suo figlio con la sinistra. Tocca a lei. Il galantuomo poggia le
spalle alla porta spalancandola per farla passare. Durante il varco i
due si incrociano complici, forse scuotendo la testa per scacciare il
sorriso e evitare di esplodere in indelicato riso. Il bambino
sgattaiola da sotto la gonna della madre e saetta sino al pianerotto.
Un'ultima volta ripete, sgolandosi e sgrammaticandosi, scimia scimia
scimia. JFK rotola e saltella sugli scalini rotondo un riccio.
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