martedì 14 marzo 2017

(L'OCCHIAIA. 27.) di Elio Coniglio


 In una qualche maniera scavalco la cancellata, alta, di un bianco immacolato, e, alcuni passi più tardi, mi imbatto nella prima di queste enormi vasche circolari in cemento,  interrate e sparpagliate qua e là, fra le stoppie semi-carbonizzate, nella assolata campagna sicana. Infastidite dalla sguaiata invadenza dei miei sguardi, torme di mosche, si levano in volo dalle putrescenze  ristagnanti in fondo alla vasca: impossibile sfuggire a questa nera moltitudine inciprignita che di continuo accerchia e scontorna la mia figura! Do vane manate a destra e a manca mentre barcollo, stordito dal ronzio assordante, verso la vasca successiva, piena questa e fino all’orlo di un liquido mucillaginoso, maleodorante, infido…  Vinco sul nascere ogni paura, ogni ripugnanza, trattengo il respiro, chiudo gli occhi poi mi tuffo  e nuoto, nuoto finché non raggiungo il fondo… Quando riemergo in superficie la mia pelle riluce sotto i raggi già estivi del sole; - non c’è traccia degli immondi insetti molesti ma una voglia pressante mi spinge dritto verso la prossima vasca…   

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