Si
ritrovò - per caso, durante le sue prime vacanze romane, con la
manina nella mano di suo padre che nemmeno sapeva, da turista incolto
e cocciuto, di essere finito in un museo, perdippiù il giorno
dell'inaugurazione dello show-action di un tale Michelangelo
Pistoletto – dentro il quadro che adorna polveroso la rimessa del
bunker. Questo tale stava a rimirarsi davanti bellissimi specchi,
grandi come una navata di cattedrale, quando tira fuori dal tabarro
un martello grosso così e comincia a colpirli, scheggiandoli e
distruggendoli a uno a uno. A'mbecille! sentì gridare dalla parte
del popolino. Arte povera der cazzo! dalla parte del pubblico
intellettuale. Vide lo scatto istintivo delle gambe dei guardiani
bloccarsi nell'indecisione. Poi, a ogni colpo, le urla di tanti
bambini, lanciati verso l'uscita con le braccia protese in cerca di
salvezza, anche dai genitori. Nel quadro si vedono solo loro,
inseguiti da una informe esplosione colore cobalto. I loro volti sono
invece molto realistici. JFK cerca di individuare il suo. C'era anche
lui che scappava, tra quelle bocche dilaniate dal terrore. Ma dov'è,
ma chi è l'infante JFK? Sembrano tutti maledettamente uguali.
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