JFK vede a vista d'occhio sbocciare e crescere i suoi capezzoli
mammellari e panciari. Le sue bianche camicie di lino dell'Indostan ne
accentuano plasticamente il sisma. JFK chiama questo suo stadio di vita,
evoluzionismo. Il terremoto corporeo di un ottantaquattrenne, paragonabile
soltanto alle tempeste di testosterone del fu diciassettenne. Le sue mani
tremano d'elettricità futurista e volante. Moncherini, poi solo tronco, poi uno
stupido sputo di sporco sul pavimento. Ma adesso arriva lo straccio. Per un po'
di secoli JFK vagola nello spazio. Poi deve ammettere che spazio è una brutta
parola, significa che devi buttare, che devi liberarti dagli ingombri
accumulati nei secoli. Stacca la spina e ripiomba dentro la sua immacolata camicia.
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