mercoledì 6 settembre 2017

STORIE DEL SIGNOR JFK (97) di Francesco Gambaro



Quando l'alluce gli scappò, gli scappò come un topo: agitando la coda. Scomparve dietro uno zoccolo della libreria e di lui, per un po', non si seppe niente. Un topo, commenta JFK, ho generato e cresciuto un topo. Si abbandona in poltrona senza darsi pace, di tanto in tanto alza il piede per controllare, quasi sperando in un suo ritorno. L'alluce, risentito di quel noioso borbottare in alzabandiera caccia fuori gli occhietti tra i racconti di David Garnett e Il bosco delle volpi impiccate di Arto Paasilinna. Un topo a me? Sembrano chiedere quegli occhietti da topo perfettamente disegnati sull'unghia incarnita dell'alluce. E digrigna i denti. JFK mai avrebbe sospettato che il suo estroso allucione, pur deformato dall'artrosi, si fosse dotato di denti, per di più digrignanti. Ma da vecchio stanco si riappacifica con se stesso pensando, dopotutto posso continuare a vivere senza un dito. Anzi, anche senza due. E ricorda il numero di telefono di Daniil Charms, 3208, che agli amici andava ripetendo: facile da ricordare, trentadue denti e otto dita.


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