Già
prima del contatto o contratto sessuale è l'irruenza di certe parti
del corpo. Parti, commilitoni boy scout comunisti e anarchici,
costretti al buio delle carceri anatomiche, protestano la loro
liberazione. In questa primavera dei sensi si sbocconcella di
nascosto il pisello appena raccolto. L'individuo amante sente
rigoglioso in sé l'amato, il frutto rubato di una improvvisata
stagione o festagione. Sente il bisogno di fare del bene a sé
(in età avanzata del male per sé). Alfredo il catanese disse: in
carcere cosa c'è di male a farsi guadare lo scroto, spaccimme contro
spaccimme. E da scarcerato usava chiedere, che spacchio d'ora è? E'
l'ora in cui dovremmo finire, gli faceva eco Mina, subito
correggendosi, in cui dovremmo venire. Così torna nell'amante la
voglia dell'amato. Una voglia, non un tatuaggio (in se e per sé
voluto e non dato), come la marca che marca il bove e non sa e non ha
voglia di essere marcato, come il destino del perseguitato. L'amante
sente animarsi nello stomaco il bambino mai nato. L'enfasi del parto
unito alla felice tragedia dell'uscire. L'amato amante si percuote la
testa e fa cose che altri uomini, chi più chi meno, fanno: tadisce
le regole. Salta di capezzolo in capezzolo e beve il latte che da
ogni capezzolo fuoriesce come quando Stanlio si mette a guardia di
una botte e con la cannula in bocca torna bambino. L'amato cerca
anche il sangue dell'amato. Spesso non lo trova. L'amato cerca
nell'amante, una ragione giustificativa per bere. L'amante è, dunque
la ragione, non l'irrazionalistica passione. L'amato questo lo sa. Lo
sa anche l'amante. Diventa amato amante. Così comincia la produzione
del bene che tutto il mondo muove e ostetriciamente commuove.
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