Il tentativo di dimostrare la
teoria della “finestra rotta” di Frederic Bastiat, economista, secondo la quale
il vantaggio di 6 franchi ottenuto da un maestro vetraio dalla rottura di un
vetro a opera di un ragazzino sarebbe solo apparente, dato che quei 6 franchi sarebbero
venuti meno ad altri possibili comparti artigianali (calzolai, ad esempio), fa
acqua. Soprattutto nel passaggio in cui l’articolo del Foglio elogia l’occhio
di lince di Bastiat e scredita la miopia di altri economisti in questi termini:
“Poiché il vetro è rotto l’industria vetraria è incentivata nella misura di 6
franchi; è ciò che si vede. Se il vetro non fosse stato rotto sarebbe stata l’industria
delle scarpe (o qualunque altra) a essere incentivata di 6 franchi; e questo è
ciò che non si vede.” Nell’ottica, ovviamente, di uno studio di programmazione
dell’economia su grande o grandissima scala. Ma chi si sente di affermare con
certezza matematica che quei 6 franchi, se risparmiati dalla mancata sostituzione
del vetro, sarebbero stati realmente impiegati in qualche altra cosa? In base a
quale principio, invece, non potevano non essere spesi affatto se non
unicamente per la rottura del vetro? Elevare a teoria il fatto che fare un
viaggio a Parigi piuttosto che a Londra contestualmente
nega il vantaggio di aver visitato la capitale inglese, o, se vogliamo, tutte
le altre città del mondo, è incredibile. Ancor più quando si omette
sfacciatamente l’ulteriore unica possibile eventualità che la confuterebbe : restarsene
a casa.
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