Come il Mirmicaleone, quell’essere incoerente
che è metà insetto e metà belva feroce. E muore di fame perché non può
soddisfare contemporaneamente le esigenze alimentari delle sue due nature, che
sono inconciliabili (e come immaginare una formica che sbrana una zebra o un
leone che si sazia con un chicco di grano?).
Me la vedo schizzare via dalle pagine di un
libro di miniature medievali, questa bestiaccia immonda; gironzolare per casa,
arrampicarsi veloce sulle pareti come un grosso scarafaggio. Deve anche
puzzare.
Lo guardo andarsene in giro, scivolare sotto
il tavolo, scomparire nella penombra.
Come lui anch’io. Si capisce che.
Lo osservo con sentimento di fratellanza.
Avendo anch’io più di una natura, devo essere
ridotto davvero male.
Ma intanto la ferita va un poco meglio,
riprendo respiro. Diciamo.
Faccio scivolare la pezza bagnata sulla parte
dolorante e sento una specie di sollievo. Gli impacchi di acqua fredda sulla
faccia non risolvono granché, ma danno un certo conforto.
Attorno a me ruota questa grande stanza quasi
vuota. Odorosa di gesso. Ruota lentamente, insieme alla mia testa.
(da “Misterium sanguinis”, inedito)
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