Dovrei torturarmi con
non facili verifiche circa la natura del cibo che sto mangiando: stabilirne la provenienza
e l’autenticità per l’esattezza. E ammesso che ci riuscissi - il che è
impensabile in questo momento con gli strumenti di cui dispongo - quale sarebbe il mio vantaggio? Attribuire un
valore, fissare una quotazione, condividere il prezzo che mi viene richiesto o
contestarlo con cognizione. Per il resto non credo servirebbe a gran che,
giacché quest’indagine nasce solo per una domanda che ritengo esosa non per la
qualità del cibo che, a prescindere dall’origine, alla vista devo ammettere ottima.
Mentre rifletto, dunque, prendo per buono quello che mi si dice. Decido di
fidarmi, ma dura poco. Questo è salmone selvaggio, questo è carpaccio di
storione, questa è trota salmonata della Norvegia. Ripeto “mentalmente” quello
che il maitre ha appena elencato e qualcosa non torna. Ricordo che gli unici
animali selvatici cui è concesso di essere chiamati “selvaggi” sono i cavalli.
Per il resto l’intera fauna del pianeta allo strato brado è selvatica. Quindi
anche il salmone. Confermo che non lo pagherò una lira.
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