giovedì 5 novembre 2015

CLAC, CLAC, TRE VOLTE di Gaetano Altopiano

Non possiedo oggetti che mi somiglino. Nemmeno i ritratti dei miei antenati. Dovrebbero, fra tutti, essere quelli più somiglianti, molto più di un posacenere, di un candelabro o un’alzatina. Ma neanche i miei antenati mi somigliano. Non più di quanto mi somigli un bicchiere di latta, una calamita, una brocca di creta secca. L’unico oggetto - non riesco a ammettere altro - è una rivoltella: qui riconosco una vaga rassomiglianza. Ho imparato a usarla per il semplice gusto di farlo, non amo sparare: impugnarla, girare il tamburo, sentire il rumore e contare. Clac. Clac. Sei volte. Come quando ripeto un libro - non leggere, mi capite - compitando parola dopo parola per il semplice gusto di farlo. Il polpo comune (Octopus Vulgaris) ha tre cuori. Anche questo è incredibile. Uno che addirittura usa solo per nuotare. Cellule nervose a milioni lungo i tentacoli, proprio come avere centinaia di cervelli. Dopo l’accoppiamento deperisce fino alla morte, che in genere sopraggiunge in un tempo brevissimo.
Di cose nient’altro che tre.
Doris: E son?
Sweeney: Nascita, e copula, e morte. Tutto è qui, tutto è qui, tutto è qui. Nascita, e copula, e morte.”

(Fragment of an Agon, T.S.Eliot, The Waste Land)

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