Incontro
la bambina, di buon mattino a passeggio mano nella mano con il padre,
a pochi passi da casa mia. Mi chiede, di botto, usando un tono di
voce che si fa sempre più duro, di una sua scarpa smarrita giorni fa
giocando in strada. So dove si trova e per un solo attimo mi
tenta l’idea di mandare mio figlio a prendergliela in garage dove
l’ho vista in bella mostra fra le altre cianfrusaglie. Ma ho
fretta e i crisantemi che cullo fra le braccia, cominciano a
sfiorire…. Vaghiamo per ore nei viali che attraversano
in lungo e in largo il camposanto prima di trovare la tomba.
Isolata dalle altre, questa, un massiccio parallelepipedo di pietra
color ruggine, emerge dal terreno erboso scostante come un fungo
appenappena spuntato ma non disdegna la tremula ombra bluastra di uno
lanciatissimo cipresso cresciuto nelle immediate vicinanze. Più
e più volte, a turno, inseguiamo con l’indice occhiuto la
spirale di numeri incisi da mani esperte che dal coperchio
s’allarga giùgiù sugli altri lati, in cerca di un ‘ottantatre’
che non c’è. Per di più, una vecchia dal volto ossuto di un
olivastro che denuncia una lunga permanenza in questo luogo ci
molesta di continuo urlandoci contro un potentissimo mantra.
Intimiditi, ci allontaniamo di quel tanto che basta per non avvertire
sulla pelle questa rabbia incontenibile poi, con la cocciutaggine di
chi deve compiere un’azione anche se non ne ricorda più il motivo,
ci rimettiamo sulle tracce della tomba….
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