C'è questo tramvai,
dal giornalismo rotativo al conduzionismo televisivo, dal
magistratorismo silenzioso allo starismo magistrale. Chi li
bacchetta i magistratri che, volendo uscire dalla gabbia dell'algido
linguaggio forense, scrivono, libri, fiction, retroscena corvacei. O
i giornalisti che fanno il salto più lungo della gamba. Il caso di
Massimo Giannini - che, helas, non è un fuoriclasse caro Pietrangelo
Buttafuoco, i fuoriclasse non fanno salti falsi - non pesa tanto per
il perdonabile desiderio di passare al carro dei vincitori, alla
squadra di chi paga di più, al palcoscenico dalle quinte. Stare
davanti la telecamera o scrivere thriller è altro mestiere, e chi ci
è nato dietro le telecamere o tra i libri ha partita vinta
(Camilleri vs Carofiglio). Ma il punto è un altro. Questo tramvai
porta da una cacca, quella rotativa, a un'altra cacca, quella
televisiva, non c'è sostituto-prostituto che sappia più inventare,
prendere le distanze dalle mezze notizie, dai lenti rinvii dal primo
al fantasmatico quarto grado di giudizio. Niente più brilla, la noia
non la addomesticherà Giannini né il futuro best-seller di Ingroia.
Non sarà demerito loro se il tramvai delle loro ambizioni li porterà
a un punto di non ritorno. Il futuro sta lontano dai giornali, dalla
televisione, dalla senescenza precoce che Coloro auspicano
rinascenza.
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